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L’interesse di Gellio nei confronti delle istituzioni e delle legg

Sono tramandati attraverso i commentarii di Gellio vari aspetti della vita politica, giuridica, amministrativa dell’antica Roma. Non solo gli aspetti pubblico- istituzionali sono presi in considerazione, ma anche quelli privati vengono narrati con dovizia di particolari. Si parla di usi e consuetudini legate alle cariche magistratuali del comportamento pubblico e privato dei magistrati ed anche di fatti curiosi di cui quest’ultimi sono protagonisti. Da tutto ciò emerge un quadro abbastanza completo del mondo istituzionale romano.

Varie notizie riguardanti la storia delle istituzioni romane sono note solo grazie alle Notti attiche. L’interesse di Gellio per la storia delle istituzioni è coerente con il progetto di favorire la coesione sociale e l’impegno culturale dei ceti dominanti nell’età da Nerva agli Antonini.86

Gellio prende in considerazione le funzioni dei magistrati, molte delle quali sono mutate dopo l’avvento dell’impero, perché assunte direttamente dal princeps. Nei secoli l’organizzazione politico-amministrativa romana è cambiata, ma Gellio rievoca antiche tradizioni di natura politico-giuridica ormai mutate che hanno spesso lasciato traccia nei costumi e nel linguaggio suo contemporaneo.

Le scienze giuridiche occupano un posto importante nell’opera di Gellio. Spesso si è teso a minimizzare il loro ruolo a favore di un più ampio spazio concesso agli interessi linguistici, ma proprio la presenza dell’interesse verso le scienze giuridiche e le istituzioni ci aiuta a completare il quadro della concezione culturale gelliana.

Gellio anche se si trova a vivere in un contesto politico e culturale ormai mutato, rispetto agli intellettuali del periodo, per così dire, classico, prende parte attiva al dibattito sui contenuti dell’educazione che deve ricevere il civis romanus. Egli si impegna per la formazione di un civis consapevole della propria partecipazione

all’amministrazione degli affari pubblici e privati. Lo ius civile doveva essere una materia non troppo conosciuta, anche se indispensabile per i cives. 87

Dalla lettura delle Notti attiche emerge da parte di Gellio, un’elevata conoscenza dei giuristi e delle opere giuridiche. Le opere dei giuristi costituiscono una parte non secondaria della biblioteca “virtuale” di Aulo Gellio, che mostra grande attenzione per queste opere.88

Le opere giurisprudenziali citate nelle Notti attiche appartengono per la maggior parte a giuristi che si erano occupati di storia della lingua o di storia culturale e politica. Varie opere della “biblioteca” di Gellio erano ormai trascurate dalla giurisprudenza a lui contemporanea.89

Egli riscontra nei giuristi suoi contemporanei una certa superficialità, carenza di conoscenze interdisciplinari ed anche gravi lacune nel campo di loro competenza, dove avrebbero dovuto avere conoscenze specifiche approfondite.

Non solo i grammatici erano considerati ignoranti del linguaggio giuridico, ma anche gli stessi giuristi lo erano.

Egli trova inoltre che la giurisprudenza stessa manchi di principi generali per districarsi nei casi dubbi.

Gellio non ha avuto un vero e proprio maestro per le scienze giuridiche, mentre ha avuto maestri che lo hanno guidato nel campo delle discipline letterarie e della filosofia. Ha curato la sua formazione facendosi una cultura sui libri, ha potuto toccare con mano l’inadeguatezza e l’ignoranza dei giurisperiti e dei funzionari del suo tempo, ed ha percepito la mancanza di princìpi generali.90

Negli anni in cui Gellio scrive la sua opera, era diffuso il bisogno di recuperare il modello tradizionale di lingua, mantenendo il rispetto per i caratteri originari nella formazione delle parole.

Gellio privilegia nell’indagine linguistica quelle parti del sapere giuridico che già per Cicerone conservavano l’effigies antiquitatis (De orat. 1. 193), ovvero, oltre all’omne ius civile, il diritto pontificale e le leggi delle Dodici Tavole.

87 Querzoli 2002, pp. 148-149

88 Querzoli 2002, p. 146

89 Querzoli 2002, p. 157

Egli conosceva sia le opere dei giuristi più antichi sia quelle del contemporaneo Sesto Cecilio Africano. Fra i giuristi antichi citati ricordiamo: Fabio Pittore, probabilmente non lo storico, ma un pontefice appartenente alla gens Fabia,91 dalla sua opera Gellio trae un ampio stralcio a proposito delle cerimoniae che erano imposte al flamen Dialis ed un altro passo, più breve, riguardo i pontefici; Sesto Elio Peto Cato, che il giurista Sesto Pomponio nell’ Enchiridion, ricordava come autore dei cunabula iuris – gli “inizi” del diritto – è ricordato da Gellio per una citazione contenuta nei Reprehensa Scaevolae capita di Servio Sulpicio Rufo (NA 4. 1. 20).

Servio Sulpicio Rufo era secondo Gellio, non solo iuris civilis auctor, ma anche

vir bene litteratus (NA 2. 10. 1) e aetatis suae doctissimus (NA 7. 12. 1). A

proposito di Marco Antistio Labeone che iuris civilis disciplinam principali studio

exercuit e aveva dato responsa de iure publico ai richiedenti (NA 13. 10. 1), Gellio

scrive che egli non era privo di nozioni anche delle ceterae bonae artes, possedendo una conoscenza profonda in particolare della grammatica, della dialettica e delle litterae antiquiores altioresque. Ateio Capitone è definito da Gellio publice privatique iuris peritissimus (NA 20. 10. 1). Sempronio Tuditano, esperto di diritto pubblico e autore di Annales e di Libri magistratuum è menzionato attraverso il De auspiciis di Messala. Gellio cita Valerio Messala come esperto di ius sacrum e proprio grazie a lui ci sono stati tramandati due frammenti del testo di Messala De auspiciis (NA 13. 15).

Gellio cita di Masurio Sabino un liber dal titulus De furtis di cui si discute l’appartenenza ai libri iuris civilis o al commento all’editto del pretore urbano (NA 21. 18). Gellio conosceva di Masurio Sabino anche i due libri iuris civilis.92

Numerose erano poi le opere catoniane citate nelle Notti attiche contenenti notizie sullo ius publicum e privatum.93 Varrone, uno degli autori più citati da Gellio, presenta competenze anche in campo giuridico.

Sesto Cecilio è l’unico giurista contemporaneo citato nell’opera e ciò denota un atteggiamento polemico da parte di Gellio nei confronti della cultura sua

91 Astarita 1993, p. 121

92 Querzoli 2002, pp. 149-155

contemporanea. Questo atteggiamento è riscontrabile anche nelle testimonianze personali di Gellio.94

Vi è un doppio livello di confronto fra sapere giuridico e letterario nell’eruditio civile del lettore delle Notti attiche. I giuristi di cui Gellio cita le opere impiegano ad un livello “alto” il linguaggio della scienza giuridica, molto superiore al livello dei giuristi frequentati da Gellio.95

Gellio lascia perdere le leggi moderne e si concentra sulla storia della legge, confermando anche in questo campo il suo persistente interesse per tutto ciò che è antico. Nei passi di natura legale cita spesso Catone, ma non Cicerone, l’unica volta in cui compare Cicerone si parla della sistematizzazione dello ius civile (NA 1. 22. 7).

La scienza giuridica possiede una sua storia culturale che è interessante conoscere dalle origini dell’ordinamento romano per seguirne l’evoluzione. Le parole e le espressioni dell’ordinamento originario sono state tramandate dagli editti e dalle leggi. Perciò è importante la propedeuticità della grammatica, della conoscenza linguistica, come afferma Gellio, il quale cerca di risalire alle origini delle leggi, non per rimpianto degli antichi costumi, o per interessi di natura etimologica, ma per spiegare il presente.96

Gellio era consapevole, come del resto lo era anche Varrone, che si poteva contrastare l’oblio della lingua risalendo alle origini del latino, non solo del latino letterario, ma anche, proprio per la sua antichità, di quello giuridico.97

Egli cerca di ricostruire e spiegare il significato di termini che alla sua epoca hanno perduto o mutato il loro significato originario.

Per questo motivo Gellio ricorre alla grammatica, perché gli fornisca gli strumenti adatti per risolvere questioni giuridiche. Gellio non si interessa alla legge in funzione delle sue sfumature linguistiche e grammaticali, ma fa uso di tali discipline in funzione della comprensione della legge.

94 Astarita 1993, p. 151

95 Querzoli 2002, pp. 161-162

96 Astarita 1993, p. 152

Egli non fa questo perché animato da un sentimento nostalgico nei confronti del passato, ma perché desideroso di comprendere il presente e di dare un’applicazione pratica alle sue conoscenze.

La ricostruzione della lingua originaria diventava inoltre strumento di ricostruzione del passato, i cui “sacerdoti” erano grammatici colti e veteres

iurisconsulti.98

Gellio ha verso le scienze giuridiche e il mondo della politica un approccio interdisciplinare, egli infatti crede che per comprendere meglio e cercare una soluzione alle più diverse questioni, sia necessario un approfondimento culturale che tenga conto di conoscenze linguistiche e filosofiche.

Le scienze giuridiche, secondo Gellio, necessitano di una teoria che sia regolata da un metro di giudizio etico.99

Dalle questioni trattate e dagli episodi narrati relativi alle varie cariche istituzionali, emerge un’implicita valutazione etica da parte di Gellio e la sua visione conservatrice.

Gellio, considera se stesso come un funzionario colto che applica la sua cultura ad azioni pratiche. L’ipotesi di una pratica del tutto staccata dalla teoria o di una teoria che non ha alcuna applicazione pratica risulta per lui inammissibile, in particolare per quanto riguarda gli argomenti di natura giuridica.100

L’interesse nutrito da Gellio sia per la vita pubblica che per la vita privata di chi rivestiva cariche politiche è in linea anche con i suoi interessi antiquari.

Egli tratteggia un ritratto a tutto tondo del mondo romano. Dalle Noctes Atticae appare un quadro ben delineato della Roma del II secolo d.C. e delle istituzioni che la governavano.

È la Roma dei magistrati che appare in quest’opera, non la Roma degli imperatori.

98 Querzoli 2002, p. 161

99 Astarita 1993, p. 152

Capitolo IV