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Capitolo II L’evoluzione della responsabilità civile

3. Gli interessi da armonizzare nel quadro della responsabilità

3.1 L’interesse della sicurezza

Tra queste sensibilità certamente spicca su tutti, naturalmente, l’interesse della sicurezza. E si tratta di un interesse la cui definizione si lega imprescindibilmente alla concezione di prodotto: se ciò è vero mentre scriviamo, ossia nel momento in cui i veicoli attualmente in circolazione sono caratterizzati da un livello molto pervasivo di controllo del mezzo da parte del conducente umano, cioè in quanto intendibili in generale come prodotti, diviene ancor di più sostenibile dal momento in cui tale interdipendenza vada diminuendo con l’aumento della capacità di controllo da parte degli ADAS, vale a dire ove la condotta su strada dei veicoli dipenda dai veicoli stessi in quanto sistemi programmati per la guida autonoma e non in quanto

69 guidati dal conducente umano. D’altronde, nella possibilità futura di una apposita ed innovativa normativa sulla progettazione, la fabbricazione e la distribuzione di veicoli autonomi e della introduzione di disposizioni chiare sulla responsabilità civile coerentemente con tale nuovo fenomeno, l’attuale normazione sui prodotti può essere un punto di riferimento da cui partire ai fini di una proposta quanto più esaustiva. Perciò emerge, ad ogni modo, la definizione di sicurezza data in quanto finalità cui l’azione legislativa deve protendere, ossia nella sua distinzione di safety e security, nella prevenzione di sinistri casuali e di “attacchi esterni” (cyber risk). Eppure, è necessaria al contempo una prospettiva ulteriore, che tenga conto di una nozione di sicurezza maggiormente tecnica e certamente più utile ai fini dell’attribuzione della responsabilità. In questo corre in aiuto esattamente la normativa europea49 e la normativa

nazionale50 in merito ai prodotti e alla tutela del consumatore

attualmente in vigore, le cui disposizioni intrecciano la concezione di sicurezza con quella di difetto del prodotto stesso. Rispetto al produttore infatti si dispone che “immette sul mercato solo prodotti

49 Art. 6, Direttiva 85/374/CEE

50 Art. 117 e anche gli artt. 103 e 104 del Codice del Consumo, Decreto legislativo n°206 del

70 sicuri” e definisce l’assunto per cui un prodotto ritenuto difettoso è un prodotto insicuro.

3.1.1 La nozione di difetto e l’applicabilità della normativa a tutela del consumatore

La nozione di difetto rientra nella più grande categoria del vizio, ma si differenzia da questo in quanto il vizio costituisce una caratteristica che non comporta di per sé un rischio inaccettabile per l’utilizzatore del prodotto o per i terzi che vi entrano in contatto ma, al più, dei rischi accettabili dall’ordinamento. Il difetto, invece, sostanzia una caratterizzazione del prodotto tale per cui questo non sia in grado di offrire la sicurezza che ci si può legittimamente attendere dal prodotto stesso, tenuto conto di determinate circostanze, ossia una caratteristica in grado di ledere interessi ritenuti fondamentali per l’ordinamento, come l’incolumità o finanche la vita dell’individuo51. Ai fini di una circoscrizione del

71 difetto, inoltre, emergono dalla normativa in modo più o meno implicito tre profili essenziali: il profilo scientifico del difetto, ossia un accertamento dello stesso da parte di esperti del settore non secondo una certezza ma secondo un alto indice di probabilità; il secondo profilo relativo al rispetto delle regole tecniche afferenti all’area di riferimento, presenti a prescindere dalla loro forma di trasmissione e diffusione (scritta o non scritta). In ciò la legge diviene punto di riferimento essenziale nel dettare standard obbligatori52; e

in ultimo la difettosità del prodotto può essere accertata come tale se la verifica dell’esistenza del difetto avviene in una qualsiasi parte del mondo53.

Ai fini della definizione del concetto di responsabilità assumono perciò rilievo due elementi: la legittima aspettativa che il consumatore nutre nei confronti del produttore e, per estensione, del prodotto a ché questo sia sicuro; alcuni parametri di riferimento definiti dalla legislazione.

52 Per approfondire si veda Loi, Art. 5 Prodotto Difettoso, Nuove Leggi Civ. Comm., 1989, 545

ss.

72 3.1.2 Il limite della legittima aspettativa

Quanto alla legittima aspettativa, assume rilievo sia rispetto alla progettazione (produttore-progettista), sia rispetto all’informazione (produttore-informatore) messa in campo da parte del produttore, nei confronti del potenziale acquirente rispetto al prodotto. Relativamente alla progettazione54, guardando a quanto concepito negli Stati Uniti, si avrebbe una responsabilità derivante da una mancata prevedibilità, tanto nei confronti del prodotto, ossia del suo funzionamento, quanto nei confronti dell’uso che di questo se ne potrebbe fare. In tal senso andrebbe condotta una analisi del rischio che garantisca il rispetto degli standard di sicurezza, il cui unico limite, in definitiva, è rappresentato proprio dalle legittime aspettative dei consumatori. In caso contrario sarebbe sostenibile l’addebito della responsabilità sul produttore-progettista, così come sul produttore-fabbricatore, qualora si dimostrasse che fosse possibile adottare un modello più sicuro. A ciò basterebbe la semplice prova che un modello più sicuro sia stato adottato, ad esempio, da un’altra casa produttrice o, per il solo caso del

54 Bertolini, Robot As a Product: The Case for a Realistic Analysis of Robotic Applications and

Liability Rules, 5(2) LIT 214–247, 2013, http://web.jus.unipi.it/summer-lisbon/wp- content/uploads/sites/3/2014/06/Bertolini_Robots-as-Products.pdf, 239

73 fabbricante, nella stessa serie del prodotto in questione. Ciò è sostenibile in base all’articolo 117 del Codice del Consumo, che al comma 3° stabilisce che sarà sufficiente dimostrare che il prodotto presente è difforme rispetto alla serie in quanto “non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie”. In tal senso diviene più semplice per il consumatore dimostrare il difetto rispetto ai casi del produttore-progettista, per il quale dovrebbe provare una carenza di attenzione in fase progettuale, e al caso del produttore-informatore, poiché si ha una “immediata qualificazione in termini di difettosità (della sicurezza del prodotto)”55. Anche in questo caso, inoltre, la disciplina tedesca di

recente approvazione si conferma un modello, sia per quanto riguarda il progetto che per quanto concerne la fabbricazione del veicolo stesso. Si dispone infatti nella Sezione VIa, articolo 63, che, ai fini di un più celere accertamento della responsabilità, il veicolo debba obbligatoriamente essere in grado di registrare e memorizzare quando vi è un guasto o quando richieda al conducente di prendere possesso del mezzo.

74 3.2 Il valore dell’informazione e delle circostanze relative al prodotto

Per quanto riguarda il secondo aspetto, ossia alla comunicazione cui è tenuto il produttore-informatore, partendo dalla normativa attualmente in vigore, questa si potrebbe applicare ai veicoli autonomi, con riferimento alla comunicazione in merito alle funzionalità del veicolo autonomo (si parla in questo caso di warning defects). Comunicazione che si lega a stretto giro con uno dei parametri fissati dalla normativa europea e nazionale a tutela dei consumatori, che tiene in considerazione il modo in cui il prodotto viene presentato e il modo in cui il consumatore viene informato. Il rischio, invero già palesatosi nella definizione più generica di security, è insito più specificamente nell’utilizzo errato che potrebbe derivare da una informazione inidonea, a causa della quale il consumatore medio potrebbe aver sopravvalutato le funzionalità e la sicurezza del prodotto in questione, essendo stato cioè indotto a fare valutazioni non sorrette da elementi oggettivi. E questo stesso rischio potrebbe perfino essere potenzialmente ancora più elevato a causa di

75 una comunicazione non solo inefficace, ma finanche illusoria: è più che probabile, infatti, che il modo in cui tali prodotti verranno presentati, ossia la pubblicizzazione di questo nuovo tipo di veicoli possa essere costruita in modo tale da rendere il più appetibile possibile il loro acquisto, distorcendo la figurazione delle qualità del prodotto stesso. Il ruolo della normativa in tale ambito è chiaro nell’imporre alle case produttrici un modus operandi ai fini di una presentazione del prodotto e le istruzioni per l’utilizzo di questo a ché non inducano il potenziale acquirente del prodotto a sopravvalutarne o a sottovalutarne le effettive capacità, ma si prospetta necessaria una normativa ancora più incisiva e specialistica in grado di affrontare la questione in modo particolare, stante sia la rilevanza degli interessi in gioco, sia la novità del prodotto stesso. Potrebbe, di conseguenza, a tal fine rivelarsi utile non solo una serie di disposizioni, già in vigore56, atte a dare al consumatore medio delle informazioni quanto

più chiare e fruibili, ma anche disposizioni che delimitino nel caso specifico l’uso della pubblicità per i veicoli a guida autonoma. Certo tali misure non sarebbero bastevoli: come già espresso

76 precedentemente, sarebbe quantomeno auspicabile anche una delimitazione al design da adottare nella progettazione e nella fabbricazione di veicoli a guida autonoma, in modo tale da garantire un intervento efficiente del conducente in aggiunta alla soluzione sopradetta di una registrazione dei dati raccolti a proposito del ruolo di quest’ultimo sul mezzo e dei guasti eventualmente subiti dal veicolo stesso, sulla scia della disciplina tedesca; potrebbe rivelarsi inoltre utile una proposta di rivisitazione dell’educazione alla guida, a ché sia maggiormente conforme all’uso dei nuovi dispositivi, in modo da evitare, nel migliore dei casi, una improvvisazione nell’uso del veicolo e nel peggiore una minore sicurezza sulle strade, riducendo così l’esternalità positiva scaturente dall’introduzione dei veicoli autonomi. D’altro canto, come autorevolmente sostenuto da Schellekens57, informare i consumatori dei rischi ridotti ma non

annullati nell’utilizzo di un veicolo autonomo, ad esempio tramite un “avviso” dei pericoli che si corrono utilizzando tale mezzo, non può di certo costituire una giustificazione per ridurre la sicurezza complessiva del mezzo ma anzi quell’informazione deve essa stessa

77 essere giustificata tramite un aumento della sicurezza complessiva del sistema di bordo.

Si presta in questo modo il fianco al secondo elemento rilevante in tema di sicurezza, ossia le circostanze, ovvero i parametri, cui le normative europea e nazionale fanno riferimento per ritenere come “sicuro” un prodotto. In ciò la disposizione dettata all’art. 117 è chiara: “il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite; l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere; il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione”. Ebbene tali circostanze fungono attualmente da cornice alla comprensione del concetto di prodotto più o meno sicuro e possono con ogni probabilità ritenersi utili anche con riguardo ai veicoli autonomi. Anche in questo caso, d’altronde, si fa riferimento ad ogni fase di vita del veicolo, dalla progettazione, passando per la fabbricazione, la comunicazione fino all’utilizzo il quale, se compiuto secondo dei canoni di “prevedibilità”, ossia secondo un uso proprio, potrebbe rendere

78 difficile l’esonero della responsabilità a carico del produttore qualora non avesse adottato gli opportuni accorgimenti.

4. Il rischio di sviluppo

Ma certamente la legislazione, attuale e futura, tiene e dovrà tenere in debita considerazione una sensibilità ulteriore e distinta da quella della sicurezza, ossia l’interesse della collettività a godere dei vantaggi della tecnologia quantunque questa non si dimostri con assoluta certezza sicura e capace di garantire la totale incolumità per il pubblico dei consumatori cui si rivolge, secondo un generale ideale di progresso materiale della società. Ciò viene a rendere necessaria la ricerca di un punto di equilibrio, da parte della normativa che verrà, tra un margine di rischio per la sicurezza accettabile e altresì inestinguibile al fine di introdurre sul mercato un prodotto i cui benefici sono accertati, quelli sì, essere superiori rispetto agli svantaggi che ne potrebbero derivare, e la tutela dei consumatori stessi rispetto a dei danni in realtà prevedibili. Svantaggi invero impossibili da rilevare e correggere al momento della messa in circolazione del prodotto, ma che anzi verrebbero allo scoperto

79 soltanto tramite un utilizzo dello stesso prodotto su larga scala. A questo proposito torna utile la definizione di Bertolini58 di

foreseeability, ossia di possibilità di previsione che nel caso in questione si riduce ad una impossibilità traducibile nel “non sapere di non sapere”. È una considerazione che diviene ancor più vera nel momento in cui si tratti di prodotti “nuovi”, ossia le cui funzionalità entrino per la prima volta a contatto con una vasta platea di individui, come può essere un veicolo autonomo. È, in altre parole, il così detto rischio di sviluppo, ossia quella scriminante che permetterebbe al produttore di non avere a carico la responsabilità in caso di danni causati dalla condotta del veicolo poiché, al momento della messa in circolazione del prodotto, non poteva essere a conoscenza del difetto del prodotto stesso stante la piena osservazione delle conoscenze scientifiche del settore utilizzate al momento della progettazione, della fabbricazione e dell’introduzione sul mercato59. Si tratta invero

di una normativa già presente all’articolo 118 del Codice del Consumo, comma 1, lettera e), che prevede l’esclusione della

58 Bertolini, Robot as Product op. cit., 240 ss.

59 Per approfondire si veda Castronovo, La nuova responsabilità civile, III ed., Milano, 2006, 701

80 responsabilità del produttore “se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso”.

Ci si trova così dinnanzi ad un interesse, quello della collettività a godere dei vantaggi della tecnologia, che scaturisce e trova conforto necessariamente dalla tutela prestata al produttore, sia tramite una flessibilità della legislazione che gli permetta, pur con i dovuti limiti imposti dalle conoscenze tecniche al momento della progettazione e della messa in circolazione del prodotto, di introdurre sul mercato il prodotto stesso; sia, al contempo, garantendo una normativa sulla responsabilità che non sia particolarmente onerosa per il produttore stesso. Porre tali limiti potrebbe in effetti far desistere gli sviluppatori a progredire nello sviluppo tecnologico o quantomeno a ritardare la diffusione della tecnologia presso i consumatori (il così detto chilling effect, ossia effetto di dissuasione), con un relativo ritardo nella fruizione di vantaggi già appurati come altamente probabili. Certo, limitare la responsabilità del produttore non può, d’altra parte, sfociare in un esonero della responsabilità che avrebbe l’effetto opposto, ossia aprirebbe le porte alla possibilità di introdurre sul

81 mercato veicoli che non abbiano sufficienti standard di sicurezza. D’altro canto, è condivisibile quanto proposto da Schellekens60,

secondo cui persiste di per sé la necessità di una prova ulteriore della riduzione dei sinistri e delle vittime stradali, fattibile solo grazie ad un utilizzo su ampia scala dei veicoli a guida autonoma, costituisce un motivo in più per introdurre sul mercato tali prodotti, i quali potranno definirsi come costruiti secondo “lo stato dell’arte” dal momento che produrranno, al massimo, lo stesso ammontare di incidenti causati con un veicolo guidato da un conducente umano, sia in termini di numero di incidenti sia in termini di gravità dei sinistri. In tal modo si contribuirebbe a definire la legittima aspettativa dei consumatori, che abbia come colonna portante la sicurezza dimostrata dal prodotto che più si avvicina, per utilizzo e funzionalità, ad un veicolo a guida autonoma: un veicolo tradizionale con conducente umano, per quanto persistano notevoli differenze nella condotta posta in essere da un conducente umano e da un veicolo autonomo. Nel perfezionare tale livello di sicurezza e tale aspettativa, un ruolo è giocato certamente dalla normativa sulla

60 Palmerini e al, op. cit., 2014, 59

82 responsabilità quale “deterrente” a dover migliorare le garanzie di sicurezza a disposizione dei veicoli.

5. La soggettività giuridica come viatico per la

responsabilità civile

5.1 Diverse proposte per diverse sfumature di soggettività

Quantunque gli interessi e i soggetti coinvolti in tale questione siano chiari o comunque dai contorni abbastanza definiti, sono disparati i viatici proposti per poter raggiungere “un’efficiente allocazione” della responsabilità. Tra i più originali e meno condivisibili ve ne è certamente uno che merita di essere riportato, ossia quello relativo alla soggettività giuridica dei veicoli a guida autonoma (e in generale dei robot).

È vero infatti che la crescita tangibile della quantità e della qualità delle “relazioni” tra l’essere umano e le nuove tecnologie ha posto degli interrogativi non soltanto in ambito scientifico ma anche in ambito giuridico e non solo sotto un profilo prettamente etico. Una delle questioni cardine proposta dalla dottrina giuridica è quella della

83 possibile attribuzione della capacità giuridica e la conseguente definizione di una nuova persona giuridica. L’attribuzione della capacità giuridica, ossia l’imputabilità di diritti e obblighi o, più in generale, di situazioni giuridiche soggettive61, è un tema che affonda

le radici della sua discussione in tempi risalenti. Una questione postasi in prima battuta, tradizionalmente, è quella della attribuzione della capacità giuridica a soggetti diversi dalle persone fisiche, quali ad esempio le società. In tal senso la categorizzazione italiana, seppure di forte influenza francese, si pone in contrapposizione con quella del Code Napoléon, equiparando i così detti “corpi morali” alle persone fisiche. Tali classificazioni si insediano nel solco della teoria della finzione, secondo una ricostruzione che vede nella capacità e nella soggettività un artificio giuridico in grado di investire soggetti che prescindono da caratteristiche predefinite o particolari. Diverse sono state le tesi avanzate, sia in termini “negativi”, attributivi cioè dei diritti della collettività ai singoli individui che ne sono membri, sia in termini “analitici”, volti ad esaltare la soggettività dell’ente collettivo in quanto tale62. Il dibattito sulla

61 Breccia e al., Diritto Privato, Tomo primo, Utet Giuridica, seconda edizione, 2012, 85 62 Più approfonditamente Paolo Zatti, Persona giuridica e soggettività, Cedam, 1975

84 istituzione di persone giuridiche non è, ad ogni modo, l’unica caratteristica intorno al tema. Probabilmente proprio tale confronto fa sorgere quella che è forse, a tal proposito, la cifra primaria dell’ordinamento italiano e non solo: una sorta di dicotomia tra il riconoscimento della capacità giuridica ed il mancato riconoscimento, distinguendo quindi all’interno del mondo giuridico gli “attori” in coloro che sono persone fisiche e giuridiche e coloro che non hanno capacità giuridica. Guardando alla disciplina delle collettività, ma non solo, si è da tempo elevato il dibattito relativo all’attribuire o meno lo status di persona giuridica anche ai “robot”, intesi nel senso più ampio del termine, e quindi anche ai veicoli a guida autonoma. Mentre però il senso della necessità della capacità giuridica per gli enti collettivi è facilmente riscontrabile in una più agile capacità di contrarre con terze parti e quindi divenire titolari di diritti e al tempo stesso di obblighi in modo più funzionale rispetto al gruppo di singoli, che così si scherma dietro le società stessa, tale necessità trova invero più difficoltà ad emergere rispetto ai “robot” e più ancora rispetto ai veicoli autonomi. Ciò non soltanto per la novità rappresentata da una tecnologia agli albori e tuttora in (seppure rapida) evoluzione per la quale ancora si stenta a definirne delle

85 caratteristiche consolidate, quanto anche per via della motivazione posta, in modo più o meno esplicito, alla base della questione sull’attribuzione della personalità giuridica ai veicoli a guida autonoma: la responsabilità. Ci si trova quindi ad illustrare un fenomeno di speculazione quasi inverso e al contempo, per certi versi, speculare a quello avvenuto rispetto alle collettività: mentre per queste ultime la prima ragione del riconoscimento della personalità si è figurata come una maggiore funzionalità della capacità di relazionarsi con gli altri operatori giuridici, nel caso dei veicoli a guida autonoma e in generale dei robot trova spazio preponderante la preoccupazione opposta, ossia quella della responsabilità rispetto a possibili danni verso persone o cose. Ed è probabilmente questo il motivo principale per cui l’ipotesi di un riconoscimento non ha ad oggi trovato appoggio in seno alla dottrina maggioritaria, la quale si

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