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Le interferenze tra controllo esterno ed interno: il cd controllo

Nel documento Il controllo contrattuale (pagine 58-61)

L’attribuzione di una necessaria connotazione effettiva all’influenza

dominante nel controllo esterno, differentemente dal suo carattere

meramente potenziale nel dominio interno, comporta evidenti implicazioni

pratiche in termini di prova dell’esistenza della posizione di controllo

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ed

assume particolare rilievo ai fini della soluzione del problema relativo alla

ipotizzabilità di un cumulo tra le sue diverse forme.

L’art. 2359 c.c. non fornisce sul punto alcuna indicazione, limitandosi a

dettare dei criteri volti all’individuazione delle fonti delle diverse posizioni di

dominio

130

, apparentemente configurate quali fattispecie ‹‹autonome ed

alternative››

131

.

La previsione normativa, tuttavia, nell’attribuire alla società che dispone

della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria della controllata la

posizione di sua controllante interna, differentemente dalle norme esaminate

in tema di bilancio consolidato, non subordina l’acquisto di tale ruolo

all’assenza di ulteriori situazioni di eterodirezione della stessa controllata.

Tale circostanza impedisce di escludere che possano configurarsi

contemporaneamente ed in capo a soggetti diversi le condizioni per

l’esistenza di una posizione di controllo esterno ed interno

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, circostanza

che si verifica, ad esempio, là dove una società detenga una partecipazione

maggioritaria - ai sensi dell’art 2359, co. 1, n. 1 c.c. - in una società sottoposta

al controllo contrattuale di una terza società.

129 LAMANDINI, Il controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 69. 130 LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., p. 397.

131 RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 115

132 Qualifica tale fattispecie come ‹‹controllo plurimo eterogeneo››, RIMINI, Il controllo

contrattuale, cit., p. 115 e ss., il quale ritiene che il controllo mediante partecipazione e quello

contrattuale rappresentino ‹‹due vettori autonomi di influenza dominante››, non necessariamente alternativi. A tanto consegue, per l’A., la possibilità di una contemporanea sussistenza, in capo a soggetti diversi, delle condizioni idonee a far sorgere una relazione di controllo interno e una di controllo esterno.

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Analoga è, poi, la situazione in cui una società controlla

contrattualmente un’altra, a sua volta controllante internamente una terza

società. In tal caso, infatti, il controllo esterno esercitato sulla società

intermedia si propagherà alla società a valle con la conseguente sussistenza,

in capo a quest’ultima, di una relazione di controllo interno intercorrente con

la società intermedia ed una di controllo esterno, indiretto, intercorrente con

la prima controllante

133

.

In entrambe le ipotesi, sulla base delle considerazioni svolte, il

controllo esterno, purché effettivamente esercitato, potrà coesistere con una

situazione di controllo interno, anche solo potenziale.

Potrebbe, infatti, verificarsi l’ipotesi in cui al socio di maggioranza

venga, di fatto, precluso il potere di assumere le decisioni di competenza

dell’assemblea ordinaria

134

, quanto meno nella misura in cui esse coincidano

con quelle che la controllante esterna ha il potere di influenzare.

Del pari, non può escludersi l’eventualità, peraltro non remota, in

conseguenza del diverso ambito oggettivo delle due forme di controllo, che

in capo al socio di maggioranza permanga il potere deliberativo e, dunque, la

possibilità di determinare la volontà assembleare, mentre in capo alla

controllante esterna sussista il potere di influenzare l’organo amministrativo

e, conseguentemente, le decisioni di sua competenza, rientranti nell’oggetto

del vincolo.

133 FIGA’ – TALAMANCA, Direzione e “proprietà transitiva” del controllo di società, cit., p. 337, nt.

22, propone in proposito, una distinzione convenzionale tra ‹‹controllo indiretto››, limitato alla fattispecie di frazionamento, in cui il controllo non si realizza in capo alla società intermedia, bensì in capo alla sola controllante mediante il cumulo della disponibilità di partecipazioni singolarmente inidonee ad attribuire il controllo e ‹‹controllo mediato››, relativo all’ipotesi in cui la fattispecie si realizza in capo alla società intermedia per poi propagarsi transitivamente alla sua controllante.

134 LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., p. 396, secondo il quale il controllo plurimo

disgiunto rileva con riferimento alle ipotesi in cui la detenzione della partecipazione azionaria di maggioranza, assoluta o relativa, non si accompagna né all’effettivo esercizio dell’influenza dominante né alla semplice titolarità potenziale del relativo potere e tanto in conseguenza della stabile eterodirezione della società partecipata da parte di soci o terzi, in virtù di contratti di dominio cd. deboli che attribuiscono a soggetti diversi dal titolare della partecipazione di maggioranza il potere di direzione e coordinamento.

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L’ammissibilità del controllo plurimo disgiunto presuppone, tuttavia, la

qualificazione della previsione di cui all’art. 2359, nn. 1 e 2, c.c. come

precetto a carattere imperativo

135

, che riconnette alla sussistenza delle

condizioni individuate dalla norma l’attribuzione della relativa posizione di

dominio interno, indipendentemente dall’accertamento in concreto del suo

effettivo esercizio o della sua potenziale esercitabilità

136

.

Chi abbia, invece, interesse a dimostrare l’esistenza della relazione di

controllo esterno, per le considerazioni innanzi svolte, oltre a dover

necessariamente provare che l’influenza derivante dal vincolo sia dotata dei

necessari requisiti di rilevanza, intensità e stabilità dovrà, altresì, dimostrare il

concreto esercizio dei poteri contrattualmente attribuiti alla controllata.

Lungi dal rimanere questione meramente teorica, l’esatta

determinazione della posizione assunta da ciascuna delle società coinvolte

nella relazione di controllo e l’attribuzione dei ruoli di controllante e

controllata assume rilievo pratico in termini di disciplina, incidendo

sull’individuazione dei soggetti rispetto ai quali l’acquisto di partecipazioni

può provocare l’inquinamento degli organi sociali o, eventualmente,

135 La tesi della natura di presunzione assoluta della disposizione contenuta al n. 1 dell’art.

2359 c.c. è pressoché unanime in dottrina: CANDI, cit., p. 63; ANGELICI, cit., p. 333; LAMANDINI, Il controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 52; NOTARI, La

nozione di controllo nella disciplina antitrust, cit., p. 338; FIGA’ – TALAMANCA, cit., p. 338.

LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., pp. 398 ss., ricollega il carattere imperativo della norma alla sua natura definitoria nonché all’uso dell’espressione ‹‹sono considerate›› nel primo comma dell’art. 2359 c.c., cui si contrappone l’espressione ‹‹si presume››, utilizzata nell’ultima parte dell’ultimo comma della norma.

136 A voler ragionare differentemente, dovrebbe leggersi nelle fattispecie delineate dall’art.

2359 c.c. una mera presunzione relativa di controllo con la conseguenza che, in presenza di una pluralità di potenziali controllanti, tale ruolo potrebbe essere attribuito esclusivamente alla società che in concreto risulti esercitare il relativo potere. Ne conseguirebbe che, ad esempio, nell’ipotizzata situazione di controllo mediato, ove risultasse che le decisioni orientate dalla controllante interna fossero a loro volta espressione dell’influenza dominante derivante dal vincolo su cui si fonda il controllo esterno su di essa esercitato, la relazione di controllo intercorrerebbe esclusivamente tra controllante in via contrattuale e società terza, per il tramite dei voti espressi, per conto della prima, dalla società intermedia. Tale interpretazione troverebbe conforto nella previsione dell’ultima parte del secondo comma dell’art 2359 c.c.

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l’annacquamento del capitale

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ed ai quali risultano, conseguentemente,

applicabili i limiti normativi.

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