L’attribuzione di una necessaria connotazione effettiva all’influenza
dominante nel controllo esterno, differentemente dal suo carattere
meramente potenziale nel dominio interno, comporta evidenti implicazioni
pratiche in termini di prova dell’esistenza della posizione di controllo
129ed
assume particolare rilievo ai fini della soluzione del problema relativo alla
ipotizzabilità di un cumulo tra le sue diverse forme.
L’art. 2359 c.c. non fornisce sul punto alcuna indicazione, limitandosi a
dettare dei criteri volti all’individuazione delle fonti delle diverse posizioni di
dominio
130, apparentemente configurate quali fattispecie ‹‹autonome ed
alternative››
131.
La previsione normativa, tuttavia, nell’attribuire alla società che dispone
della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria della controllata la
posizione di sua controllante interna, differentemente dalle norme esaminate
in tema di bilancio consolidato, non subordina l’acquisto di tale ruolo
all’assenza di ulteriori situazioni di eterodirezione della stessa controllata.
Tale circostanza impedisce di escludere che possano configurarsi
contemporaneamente ed in capo a soggetti diversi le condizioni per
l’esistenza di una posizione di controllo esterno ed interno
132, circostanza
che si verifica, ad esempio, là dove una società detenga una partecipazione
maggioritaria - ai sensi dell’art 2359, co. 1, n. 1 c.c. - in una società sottoposta
al controllo contrattuale di una terza società.
129 LAMANDINI, Il controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 69. 130 LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., p. 397.
131 RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 115
132 Qualifica tale fattispecie come ‹‹controllo plurimo eterogeneo››, RIMINI, Il controllo
contrattuale, cit., p. 115 e ss., il quale ritiene che il controllo mediante partecipazione e quello
contrattuale rappresentino ‹‹due vettori autonomi di influenza dominante››, non necessariamente alternativi. A tanto consegue, per l’A., la possibilità di una contemporanea sussistenza, in capo a soggetti diversi, delle condizioni idonee a far sorgere una relazione di controllo interno e una di controllo esterno.
56
Analoga è, poi, la situazione in cui una società controlla
contrattualmente un’altra, a sua volta controllante internamente una terza
società. In tal caso, infatti, il controllo esterno esercitato sulla società
intermedia si propagherà alla società a valle con la conseguente sussistenza,
in capo a quest’ultima, di una relazione di controllo interno intercorrente con
la società intermedia ed una di controllo esterno, indiretto, intercorrente con
la prima controllante
133.
In entrambe le ipotesi, sulla base delle considerazioni svolte, il
controllo esterno, purché effettivamente esercitato, potrà coesistere con una
situazione di controllo interno, anche solo potenziale.
Potrebbe, infatti, verificarsi l’ipotesi in cui al socio di maggioranza
venga, di fatto, precluso il potere di assumere le decisioni di competenza
dell’assemblea ordinaria
134, quanto meno nella misura in cui esse coincidano
con quelle che la controllante esterna ha il potere di influenzare.
Del pari, non può escludersi l’eventualità, peraltro non remota, in
conseguenza del diverso ambito oggettivo delle due forme di controllo, che
in capo al socio di maggioranza permanga il potere deliberativo e, dunque, la
possibilità di determinare la volontà assembleare, mentre in capo alla
controllante esterna sussista il potere di influenzare l’organo amministrativo
e, conseguentemente, le decisioni di sua competenza, rientranti nell’oggetto
del vincolo.
133 FIGA’ – TALAMANCA, Direzione e “proprietà transitiva” del controllo di società, cit., p. 337, nt.
22, propone in proposito, una distinzione convenzionale tra ‹‹controllo indiretto››, limitato alla fattispecie di frazionamento, in cui il controllo non si realizza in capo alla società intermedia, bensì in capo alla sola controllante mediante il cumulo della disponibilità di partecipazioni singolarmente inidonee ad attribuire il controllo e ‹‹controllo mediato››, relativo all’ipotesi in cui la fattispecie si realizza in capo alla società intermedia per poi propagarsi transitivamente alla sua controllante.
134 LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., p. 396, secondo il quale il controllo plurimo
disgiunto rileva con riferimento alle ipotesi in cui la detenzione della partecipazione azionaria di maggioranza, assoluta o relativa, non si accompagna né all’effettivo esercizio dell’influenza dominante né alla semplice titolarità potenziale del relativo potere e tanto in conseguenza della stabile eterodirezione della società partecipata da parte di soci o terzi, in virtù di contratti di dominio cd. deboli che attribuiscono a soggetti diversi dal titolare della partecipazione di maggioranza il potere di direzione e coordinamento.
57
L’ammissibilità del controllo plurimo disgiunto presuppone, tuttavia, la
qualificazione della previsione di cui all’art. 2359, nn. 1 e 2, c.c. come
precetto a carattere imperativo
135, che riconnette alla sussistenza delle
condizioni individuate dalla norma l’attribuzione della relativa posizione di
dominio interno, indipendentemente dall’accertamento in concreto del suo
effettivo esercizio o della sua potenziale esercitabilità
136.
Chi abbia, invece, interesse a dimostrare l’esistenza della relazione di
controllo esterno, per le considerazioni innanzi svolte, oltre a dover
necessariamente provare che l’influenza derivante dal vincolo sia dotata dei
necessari requisiti di rilevanza, intensità e stabilità dovrà, altresì, dimostrare il
concreto esercizio dei poteri contrattualmente attribuiti alla controllata.
Lungi dal rimanere questione meramente teorica, l’esatta
determinazione della posizione assunta da ciascuna delle società coinvolte
nella relazione di controllo e l’attribuzione dei ruoli di controllante e
controllata assume rilievo pratico in termini di disciplina, incidendo
sull’individuazione dei soggetti rispetto ai quali l’acquisto di partecipazioni
può provocare l’inquinamento degli organi sociali o, eventualmente,
135 La tesi della natura di presunzione assoluta della disposizione contenuta al n. 1 dell’art.
2359 c.c. è pressoché unanime in dottrina: CANDI, cit., p. 63; ANGELICI, cit., p. 333; LAMANDINI, Il controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 52; NOTARI, La
nozione di controllo nella disciplina antitrust, cit., p. 338; FIGA’ – TALAMANCA, cit., p. 338.
LAMANDINI, Artt. 2359 - 2359 quinquies, cit., pp. 398 ss., ricollega il carattere imperativo della norma alla sua natura definitoria nonché all’uso dell’espressione ‹‹sono considerate›› nel primo comma dell’art. 2359 c.c., cui si contrappone l’espressione ‹‹si presume››, utilizzata nell’ultima parte dell’ultimo comma della norma.
136 A voler ragionare differentemente, dovrebbe leggersi nelle fattispecie delineate dall’art.
2359 c.c. una mera presunzione relativa di controllo con la conseguenza che, in presenza di una pluralità di potenziali controllanti, tale ruolo potrebbe essere attribuito esclusivamente alla società che in concreto risulti esercitare il relativo potere. Ne conseguirebbe che, ad esempio, nell’ipotizzata situazione di controllo mediato, ove risultasse che le decisioni orientate dalla controllante interna fossero a loro volta espressione dell’influenza dominante derivante dal vincolo su cui si fonda il controllo esterno su di essa esercitato, la relazione di controllo intercorrerebbe esclusivamente tra controllante in via contrattuale e società terza, per il tramite dei voti espressi, per conto della prima, dalla società intermedia. Tale interpretazione troverebbe conforto nella previsione dell’ultima parte del secondo comma dell’art 2359 c.c.