• Non ci sono risultati.

La tesi tradizionale: critica

Nel documento Il controllo contrattuale (pagine 92-96)

La dottrina interessatasi del tema ha, in passato, profuso i propri sforzi

interpretativi nel tentativo di identificare quei contratti commerciali -

generalmente ricondotti alle fattispecie dell’agenzia, somministrazione,

distribuzione, subfornitura, franchising e licenza di marchio - che, in quanto

fonte di una posizione di soggezione di un’impresa rispetto ad un’altra e

condizione per la sopravvivenza dell’impresa debole

217

, venivano considerati

quali indici presuntivi di una posizione di controllo esterno

218

.

Sebbene tale orientamento abbia a lungo dominato l’elaborazione

dottrinale della fattispecie in esame, è stata già da tempo avvertita l’esigenza

di una sua nuova e diversa ricostruzione

219

.

Mentre, infatti, la tesi tradizionale si fondava sull’erronea

identificazione della posizione di dipendenza economica, nascente da tali

contratti, con la più complessa relazione di controllo esterno, una più attenta

ricostruzione di quest’ultima fattispecie conduce, invece, a ritenere che i

contratti con cui venivano tradizionalmente identificati i ‹‹particolari vincoli

217 Aderivano a tale orientamento, FRE’ – SBISA’, cit., p. 245; ANGELICI, La partecipazione

azionaria nelle società per azioni, cit., p. 334; PAVONE LA ROSA, Divagazioni in tema di “controllo” e “gruppo” nelle aggregazioni societarie, cit, p. 584.

218 Ritenere sussistente il controllo in tutte queste tipologie di contratti, secondo

SPOLIDORO, Gruppi di società e gruppi di imprese, cit., p. 2204, condurrebbe a rinvenire il controllo contrattuale in un elevato numero di casi, in contrasto con il senso comune e con la rarità delle decisioni giurisprudenziali, che di fatto, in tali ipotesi lo ravvisano.

219 ABBADESSA, I gruppi di società nel diritto italiano, cit., pp. 105 ss.; PAVONE LA ROSA,

Tipologia dei vincoli di ''controllo'' e dei ''gruppi'' societari, cit., p. 584; CAMPOBASSO, Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, cit., p. 290; GALGANO, Il nuovo diritto societario, cit., p. 277;

MUSSO, Il controllo societario mediante “particolari vincoli contrattuali”, cit., p. 33. LAMANDINI, Il

controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 154, secondo il quale la ‹‹sopravvenuta

alluvione di discipline sul controllo›› pare aver introdotto elementi alla cui luce il tema merita nuovo approfondimento anche nel senso di valutare la convenienza della ricostruzione proposta. RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 43, afferma che la ricerca sul tema non deve essere indirizzata verso un progressivo arricchimento dell’elencazione delle figure contrattuali che più frequentemente possono dar luogo a fenomeni di controllo esterno, in quanto un approccio casistico, per quanto dettagliato, non riesce ad evitare il sorgere di lacune e di ipotesi non considerate.

90

contrattuali››, pur potendo di frequente dare origine a fenomeni di controllo

esterno, non sono inscindibilmente ad esso collegati

220

.

E’ necessario, in proposito, ribadire le considerazioni svolte in sede di

analisi dell’elemento dell’influenza dominante per rilevare come, qualificato

l’accertamento del controllo esterno quale quaestio facti, risulta

imprescindibile la valutazione in concreto del contenuto del vincolo e della

sua idoneità a creare una situazione di influenza dominante sull’attività della

controllata globalmente intesa

221

, avente le caratteristiche delineate nel

precedente capitolo.

Tale influenza, necessariamente effettiva e positiva, non può, dunque,

ricorrere per effetto della mera esistenza di un vincolo generante una

posizione di debolezza di una delle parti solo potenzialmente rilevante ai fini

del controllo

222

.

220 Tale orientamento, originariamente sostenuto da PASTERIS, op. cit, pp. 27 ss., è stato

successivamente abbandonato dalla dottrina prevalente nel tentativo di “oggettivazione” dei presupposti del controllo esterno. Per la ricostruzione dei termini del dibattito sul tema, RIMINI Il controllo contrattuale, cit., pp. 21 ss., ove ampi riferimenti bibliografici. In giurisprudenza, il Tribunale di Torino, sentenza 21 aprile 1986, cit., ha sottolineato come l’influenza esercitabile in virtù della mera posizione di mercato non può ritenersi discendere da un vincolo contrattuale inter partes, che attribuisca all’impresa forte il potere di condizionare l’altrui attività. L’opzione in favore di tale tesi, secondo il Tribunale, consente di delimitare l’ambito applicativo della norma, altrimenti dilatabile in modo eccessivo.

221 In tal senso, Cass. 27 settembre 2001, n. 12094, in Soc., 2002, p. 316, secondo la quale,

‹‹escluso che nel quadro attuale della normativa di riferimento esista una specifica tipologia di contratti di dominio o di controllo di impresa e dovendosi desumere il carattere ‹‹esistenziale›› del vincolo non dal tipo di contratto ma dal concreto atteggiarsi del suo contenuto, che lo renda, nel caso singolo, vitale per la controllata, ne consegue che l’accertamento circa l’attitudine o meno di un dato rapporto negoziale a porre una delle parti in quella particolare situazione di predominio caratteristica del controllo esterno, ex art. 2359, n. 3 c.c., si risolve, in definitiva, in una quaestio facti››.

222 Secondo SBISA’, Società controllate e società collegate, cit., p. 342, non basta l’astratta idoneità

del vincolo a costituire la condizione di sopravvivenza dell’impresa, ma occorre che l’influenza dominante risulti in concreto da particolari vincoli di subordinazione, ulteriori rispetto alla disciplina tipica dell’accordo. Per l’A., non può, quindi, ritenersi esistente ‹‹una tipologia contrattuale unitaria tale da integrare di per se stessa gli elementi costituitivi della fattispecie. In altre parole, non è il tipo di contratto che di per sé comporta l’esistenza del rapporto di controllo, ma il concreto atteggiarsi del suo contenuto, come è messo in luce dall’uso, nella definizione dell’art. 2359, n. 3 dell’aggettivo ‹‹particolari››, che sta ad indicare quei vincoli che caratterizzano il contratto nel singolo caso››. Nello stesso senso MANZINI, Abuso del controllo

contrattuale societario esterno, Dir. Prat. soc. 2002, p. 75 ss., il quale ribadisce che l’influenza

dominante deriva da un predominio economico e fattuale e non da una situazione di supremazia che possa essere preventivamente definita da un punto di vista giuridico, con la

91

In altre parole, non è possibile individuare in fattispecie contrattuali

astrattamente considerate degli indici presuntivi di controllo esterno che

assumano la stessa forza e lo stesso valore delle soglie partecipative rilevanti

ai sensi dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2 c.c.

223

. Aderendo a tale impostazione,

infatti, si finirebbe col neutralizzare le evidenziate e significative differenze

strutturali esistenti tra le diverse fattispecie disciplinate dalla norma, ma,

soprattutto, si accederebbe ad un’applicazione della stessa

ingiustificatamente rigida, siccome non sostenuta da adeguati elementi

testuali.

Pare, invece, che tale impostazione debba essere completamente

ribaltata, in quanto una corretta ricostruzione della fattispecie presuppone

un’analisi dell’accordo esistente tra le imprese che, pur assumendo la forma

di un ordinario contratto, si caratterizzi per la presenza di un vincolo di

subordinazione ulteriore rispetto alla normale disciplina tipologica

dell’accordo

224

, da cui discenda l’attribuzione ad una delle parti contraenti di

un potere di ingerenza “qualificato” sulla gestione dell’altrui impresa.

conseguenza che ‹‹l’elemento determinante non è in nessun caso il tipo di contratto ma il grado di dipendenza economica che ad esso consegue››.

223 Rileva in proposito RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 86, che la dimostrazione

dell’esistenza della fattispecie del controllo esterno non può beneficiare, a livello normativo, di presunzioni assolute in senso tecnico, ma è solo possibile fare affidamento sulla presenza di taluni indici rilevatori che risultino in grado di ‹‹alleggerire l’onus probandi››.

224 MUSSO, Il controllo societario mediante “particolari vincoli contrattuali”, cit., p. 35,

esemplificativamente rileva che, perché un contratto possa dar luogo a controllo, è richiesta l’attribuzione ad una parte di poteri eccedenti, anche per la quantità, la misura dei normali contratti di commercio, non essendo, viceversa, sufficiente una situazione forte di mercato da parte di un contraente. Del pari, non dà luogo a controllo il vincolo che preveda una dipendenza meramente tecnica, funzionale alla corretta esecuzione del contratto che non si traduca in una dipendenza decisionale e gestionale. Vanno, pertanto, distinti i vincoli, pur intensi, ma produttivi di effetti naturali o usuali da quelli ulteriori che condizionano l’intera attività di una delle parti in favore dell’altra e che ne eliminano l’autonomia decisionale o gestionale anche negli aspetti diversi dall’oggetto principale dell’accordo. CARBONE, Un

contrastato caso di “controllo esterno” tra società di capitali, in Corr. giur., 2001, p. 1430, ritiene che i

vincoli contrattuali rilevanti ex art. 2359 c.c. siano contratti ordinari che per il loro contenuto o per le clausole ivi inserite e per i vincoli imposti ed accettati dalla controllata finiscono con l’attribuire ad uno dei contraenti una situazione di predominio, una posizione contrattualmente dominante rispetto alla controparte che ‹‹al di là dell’apparente autonomia giuridica è alla totale dipendenza economica della prima››. Sull’interpretazione dell’espressione ‹‹particolari vincoli contrattuali›› come ‹‹vincoli che caratterizzano il contratto nel singolo caso››,

92

Tuttavia, nonostante la limitata e più recente giurisprudenza occupatasi

del tema tenda ad allontanarsi dalla tradizionale impostazione per

privilegiare un giudizio di natura casistica, non giunge sino al punto di

abbandonare il riferimento ad una necessaria situazione di soggezione

economica, ancora qualificata come elemento indispensabile della

fattispecie.

Ed, infatti, le linee guida tracciate dai giudici di merito e di legittimità per

l’esame del contenuto dei vincoli contrattuali sembrano seguire una duplice

direzione: da un lato, viene evidenziata la necessità di valutare l’esistenza di

un accordo da cui derivi una posizione di soggezione economica di una

parte nei confronti dell’altra, idonea a rappresentare la condizione di

sopravvivenza dell’impresa debole

225

; d’altro canto, si considera

imprescindibile la verifica dell’attribuzione alla controparte di poteri di

ingerenza determinanti sulla gestione di quest’ultima, dotati della necessaria

stabilità e, soprattutto, anomali rispetto alle caratteristiche tipiche del

contratto stipulato

226

.

Solo all’esito della verifica della sussistenza di entrambe le condizioni,

secondo tale ricostruzione, sarebbe possibile valutare se la posizione di

subordinazione di una delle società rientri nelle conseguenze “tipiche” del

vincolo, assumendo un carattere meramente tecnico o strumentale rispetto

alla corretta esecuzione del negozio o, al contrario, determini il passaggio da

una situazione di mera forza contrattuale, di cui un’impresa può

in relazione al concreto atteggiarsi del loro contenuto ed a prescindere dal particolare tipo contrattuale anche PENNISI, La responsabilità della banca nell’esercizio del controllo in forza di covenants finanziari, cit., p. 630; FRE’ – SBISA’, cit., pp. 479 ss.

225 In tal senso, Cass. 27 settembre 2001, n. 12094, cit., secondo la quale sussiste una

‹‹situazione di controllo per l'influenza dominante (…) in virtù di particolari vincoli contrattuali, in presenza, appunto, di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità d’impresa della società cosiddetta controllata››.

226 Tribunale di Pescara, 2 febbraio 2009, cit., p. 2829, con nota di PERRINO, Il gruppo di

93

naturalmente disporre, ad una vera e propria posizione di controllo esterno

sull’impresa debole

227

.

Nel documento Il controllo contrattuale (pagine 92-96)