La dottrina interessatasi del tema ha, in passato, profuso i propri sforzi
interpretativi nel tentativo di identificare quei contratti commerciali -
generalmente ricondotti alle fattispecie dell’agenzia, somministrazione,
distribuzione, subfornitura, franchising e licenza di marchio - che, in quanto
fonte di una posizione di soggezione di un’impresa rispetto ad un’altra e
condizione per la sopravvivenza dell’impresa debole
217, venivano considerati
quali indici presuntivi di una posizione di controllo esterno
218.
Sebbene tale orientamento abbia a lungo dominato l’elaborazione
dottrinale della fattispecie in esame, è stata già da tempo avvertita l’esigenza
di una sua nuova e diversa ricostruzione
219.
Mentre, infatti, la tesi tradizionale si fondava sull’erronea
identificazione della posizione di dipendenza economica, nascente da tali
contratti, con la più complessa relazione di controllo esterno, una più attenta
ricostruzione di quest’ultima fattispecie conduce, invece, a ritenere che i
contratti con cui venivano tradizionalmente identificati i ‹‹particolari vincoli
217 Aderivano a tale orientamento, FRE’ – SBISA’, cit., p. 245; ANGELICI, La partecipazione
azionaria nelle società per azioni, cit., p. 334; PAVONE LA ROSA, Divagazioni in tema di “controllo” e “gruppo” nelle aggregazioni societarie, cit, p. 584.
218 Ritenere sussistente il controllo in tutte queste tipologie di contratti, secondo
SPOLIDORO, Gruppi di società e gruppi di imprese, cit., p. 2204, condurrebbe a rinvenire il controllo contrattuale in un elevato numero di casi, in contrasto con il senso comune e con la rarità delle decisioni giurisprudenziali, che di fatto, in tali ipotesi lo ravvisano.
219 ABBADESSA, I gruppi di società nel diritto italiano, cit., pp. 105 ss.; PAVONE LA ROSA,
Tipologia dei vincoli di ''controllo'' e dei ''gruppi'' societari, cit., p. 584; CAMPOBASSO, Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, cit., p. 290; GALGANO, Il nuovo diritto societario, cit., p. 277;
MUSSO, Il controllo societario mediante “particolari vincoli contrattuali”, cit., p. 33. LAMANDINI, Il
controllo. Nozioni e tipo nella legislazione economica, cit., p. 154, secondo il quale la ‹‹sopravvenuta
alluvione di discipline sul controllo›› pare aver introdotto elementi alla cui luce il tema merita nuovo approfondimento anche nel senso di valutare la convenienza della ricostruzione proposta. RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 43, afferma che la ricerca sul tema non deve essere indirizzata verso un progressivo arricchimento dell’elencazione delle figure contrattuali che più frequentemente possono dar luogo a fenomeni di controllo esterno, in quanto un approccio casistico, per quanto dettagliato, non riesce ad evitare il sorgere di lacune e di ipotesi non considerate.
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contrattuali››, pur potendo di frequente dare origine a fenomeni di controllo
esterno, non sono inscindibilmente ad esso collegati
220.
E’ necessario, in proposito, ribadire le considerazioni svolte in sede di
analisi dell’elemento dell’influenza dominante per rilevare come, qualificato
l’accertamento del controllo esterno quale quaestio facti, risulta
imprescindibile la valutazione in concreto del contenuto del vincolo e della
sua idoneità a creare una situazione di influenza dominante sull’attività della
controllata globalmente intesa
221, avente le caratteristiche delineate nel
precedente capitolo.
Tale influenza, necessariamente effettiva e positiva, non può, dunque,
ricorrere per effetto della mera esistenza di un vincolo generante una
posizione di debolezza di una delle parti solo potenzialmente rilevante ai fini
del controllo
222.
220 Tale orientamento, originariamente sostenuto da PASTERIS, op. cit, pp. 27 ss., è stato
successivamente abbandonato dalla dottrina prevalente nel tentativo di “oggettivazione” dei presupposti del controllo esterno. Per la ricostruzione dei termini del dibattito sul tema, RIMINI Il controllo contrattuale, cit., pp. 21 ss., ove ampi riferimenti bibliografici. In giurisprudenza, il Tribunale di Torino, sentenza 21 aprile 1986, cit., ha sottolineato come l’influenza esercitabile in virtù della mera posizione di mercato non può ritenersi discendere da un vincolo contrattuale inter partes, che attribuisca all’impresa forte il potere di condizionare l’altrui attività. L’opzione in favore di tale tesi, secondo il Tribunale, consente di delimitare l’ambito applicativo della norma, altrimenti dilatabile in modo eccessivo.
221 In tal senso, Cass. 27 settembre 2001, n. 12094, in Soc., 2002, p. 316, secondo la quale,
‹‹escluso che nel quadro attuale della normativa di riferimento esista una specifica tipologia di contratti di dominio o di controllo di impresa e dovendosi desumere il carattere ‹‹esistenziale›› del vincolo non dal tipo di contratto ma dal concreto atteggiarsi del suo contenuto, che lo renda, nel caso singolo, vitale per la controllata, ne consegue che l’accertamento circa l’attitudine o meno di un dato rapporto negoziale a porre una delle parti in quella particolare situazione di predominio caratteristica del controllo esterno, ex art. 2359, n. 3 c.c., si risolve, in definitiva, in una quaestio facti››.
222 Secondo SBISA’, Società controllate e società collegate, cit., p. 342, non basta l’astratta idoneità
del vincolo a costituire la condizione di sopravvivenza dell’impresa, ma occorre che l’influenza dominante risulti in concreto da particolari vincoli di subordinazione, ulteriori rispetto alla disciplina tipica dell’accordo. Per l’A., non può, quindi, ritenersi esistente ‹‹una tipologia contrattuale unitaria tale da integrare di per se stessa gli elementi costituitivi della fattispecie. In altre parole, non è il tipo di contratto che di per sé comporta l’esistenza del rapporto di controllo, ma il concreto atteggiarsi del suo contenuto, come è messo in luce dall’uso, nella definizione dell’art. 2359, n. 3 dell’aggettivo ‹‹particolari››, che sta ad indicare quei vincoli che caratterizzano il contratto nel singolo caso››. Nello stesso senso MANZINI, Abuso del controllo
contrattuale societario esterno, Dir. Prat. soc. 2002, p. 75 ss., il quale ribadisce che l’influenza
dominante deriva da un predominio economico e fattuale e non da una situazione di supremazia che possa essere preventivamente definita da un punto di vista giuridico, con la
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In altre parole, non è possibile individuare in fattispecie contrattuali
astrattamente considerate degli indici presuntivi di controllo esterno che
assumano la stessa forza e lo stesso valore delle soglie partecipative rilevanti
ai sensi dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2 c.c.
223. Aderendo a tale impostazione,
infatti, si finirebbe col neutralizzare le evidenziate e significative differenze
strutturali esistenti tra le diverse fattispecie disciplinate dalla norma, ma,
soprattutto, si accederebbe ad un’applicazione della stessa
ingiustificatamente rigida, siccome non sostenuta da adeguati elementi
testuali.
Pare, invece, che tale impostazione debba essere completamente
ribaltata, in quanto una corretta ricostruzione della fattispecie presuppone
un’analisi dell’accordo esistente tra le imprese che, pur assumendo la forma
di un ordinario contratto, si caratterizzi per la presenza di un vincolo di
subordinazione ulteriore rispetto alla normale disciplina tipologica
dell’accordo
224, da cui discenda l’attribuzione ad una delle parti contraenti di
un potere di ingerenza “qualificato” sulla gestione dell’altrui impresa.
conseguenza che ‹‹l’elemento determinante non è in nessun caso il tipo di contratto ma il grado di dipendenza economica che ad esso consegue››.
223 Rileva in proposito RIMINI, Il controllo contrattuale, cit., p. 86, che la dimostrazione
dell’esistenza della fattispecie del controllo esterno non può beneficiare, a livello normativo, di presunzioni assolute in senso tecnico, ma è solo possibile fare affidamento sulla presenza di taluni indici rilevatori che risultino in grado di ‹‹alleggerire l’onus probandi››.
224 MUSSO, Il controllo societario mediante “particolari vincoli contrattuali”, cit., p. 35,
esemplificativamente rileva che, perché un contratto possa dar luogo a controllo, è richiesta l’attribuzione ad una parte di poteri eccedenti, anche per la quantità, la misura dei normali contratti di commercio, non essendo, viceversa, sufficiente una situazione forte di mercato da parte di un contraente. Del pari, non dà luogo a controllo il vincolo che preveda una dipendenza meramente tecnica, funzionale alla corretta esecuzione del contratto che non si traduca in una dipendenza decisionale e gestionale. Vanno, pertanto, distinti i vincoli, pur intensi, ma produttivi di effetti naturali o usuali da quelli ulteriori che condizionano l’intera attività di una delle parti in favore dell’altra e che ne eliminano l’autonomia decisionale o gestionale anche negli aspetti diversi dall’oggetto principale dell’accordo. CARBONE, Un
contrastato caso di “controllo esterno” tra società di capitali, in Corr. giur., 2001, p. 1430, ritiene che i
vincoli contrattuali rilevanti ex art. 2359 c.c. siano contratti ordinari che per il loro contenuto o per le clausole ivi inserite e per i vincoli imposti ed accettati dalla controllata finiscono con l’attribuire ad uno dei contraenti una situazione di predominio, una posizione contrattualmente dominante rispetto alla controparte che ‹‹al di là dell’apparente autonomia giuridica è alla totale dipendenza economica della prima››. Sull’interpretazione dell’espressione ‹‹particolari vincoli contrattuali›› come ‹‹vincoli che caratterizzano il contratto nel singolo caso››,
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Tuttavia, nonostante la limitata e più recente giurisprudenza occupatasi
del tema tenda ad allontanarsi dalla tradizionale impostazione per
privilegiare un giudizio di natura casistica, non giunge sino al punto di
abbandonare il riferimento ad una necessaria situazione di soggezione
economica, ancora qualificata come elemento indispensabile della
fattispecie.
Ed, infatti, le linee guida tracciate dai giudici di merito e di legittimità per
l’esame del contenuto dei vincoli contrattuali sembrano seguire una duplice
direzione: da un lato, viene evidenziata la necessità di valutare l’esistenza di
un accordo da cui derivi una posizione di soggezione economica di una
parte nei confronti dell’altra, idonea a rappresentare la condizione di
sopravvivenza dell’impresa debole
225; d’altro canto, si considera
imprescindibile la verifica dell’attribuzione alla controparte di poteri di
ingerenza determinanti sulla gestione di quest’ultima, dotati della necessaria
stabilità e, soprattutto, anomali rispetto alle caratteristiche tipiche del
contratto stipulato
226.
Solo all’esito della verifica della sussistenza di entrambe le condizioni,
secondo tale ricostruzione, sarebbe possibile valutare se la posizione di
subordinazione di una delle società rientri nelle conseguenze “tipiche” del
vincolo, assumendo un carattere meramente tecnico o strumentale rispetto
alla corretta esecuzione del negozio o, al contrario, determini il passaggio da
una situazione di mera forza contrattuale, di cui un’impresa può
in relazione al concreto atteggiarsi del loro contenuto ed a prescindere dal particolare tipo contrattuale anche PENNISI, La responsabilità della banca nell’esercizio del controllo in forza di covenants finanziari, cit., p. 630; FRE’ – SBISA’, cit., pp. 479 ss.
225 In tal senso, Cass. 27 settembre 2001, n. 12094, cit., secondo la quale sussiste una
‹‹situazione di controllo per l'influenza dominante (…) in virtù di particolari vincoli contrattuali, in presenza, appunto, di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità d’impresa della società cosiddetta controllata››.
226 Tribunale di Pescara, 2 febbraio 2009, cit., p. 2829, con nota di PERRINO, Il gruppo di