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ALTRE MISURE

6. INTERNATI E MISURE DETENTIVE DI SICUREZZA

Gli “internati”, come vengono definiti, sono persone che in passato hanno commesso dei reati, hanno avuto una condanna e l‟hanno interamente espiata. Pur avendo pagato interamente il loro debito con la giustizia, rimangono reclusi con la motivazione che potrebbero commettere in futuro altri reati. Le persone internate non sono dunque "detenute", ma vengono private della libertà in via cautelare e dovrebbero rapidamente entrare in un circuito virtuoso di recupero anche attraverso la possibilità di svolgere attività lavorativa. Il periodo di detenzione va da uno a quattro anni a seconda dei casi. Una volta terminato questo periodo è il magistrato di sorveglianza che valuta la pericolosità sociale dell‟internato ed eventualmente un'ulteriore permanenza nella struttura, che non prevede una scadenza

definita26. Al 31 dicembre 2011 risultano 1.549 internati distribuiti in ospedali psichiatrici giudiziari, case di lavoro e case di cura e custodia e rappresentano il 2,3% della popolazione detenuta.

L‟internamento è una misura molto discussa e, come dichiarato dalla Corte costituzionale in più sentenze, non può

26 Dal sito del Dap: "Le misure di sicurezza sono dei provvedimenti speciali che si

applicano nei confronti di autori di reato considerati socialmente pericolosi. Si distinguono dalla pena in quanto non hanno funzione retributiva, ma solo una funzione rieducativa del reo. Per questo motivo si applicano anche ai soggetti non imputabili. La durata della loro applicazione è fissata dalla legge nel minimo. Se la pericolosità persiste, la misura viene rinnovata e fissato un nuovo termine per un ulteriore esame, in caso contrario può essere revocata dal tribunale di sorveglianza anche prima della scadenza del termine. Le misure personali detentive sono l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, l’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.

L’art. 216 del codice penale prevede che siano assegnati a colonia agricola o a

casa di lavoro coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali

o per tendenza; coloro che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza, commettono un nuovo delitto, non colposo, che sia ulteriore manifestazione della abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere; le persone condannate o prosciolte negli altri casi indicati espressamente nella legge agli artt. 212, 215, 224, 226 e 231 del codice penale. L'art. 218 del codice penale attribuisce al giudice il potere di stabilire se la misura di sicurezza debba essere eseguita in una colonia agricola o in una casa di lavoro, tenuto conto delle condizioni e attitudini della persona a cui il provvedimento si riferisce. Il provvedimento può essere modificato nel corso dell’esecuzione in rapporto all’evoluzione della personalità del soggetto.

La misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di cura e custodia, disciplinata dagli artt. 219-221 del codice penale, è stabilita per gli autori di delitto non colposo, condannati ad una pena diminuita a causa dell'infermità psichica o della cronica intossicazione derivante da alcool o da sostanze stupefacenti oppure affetti da sordomutismo. L'ordine di ricovero è eseguito dopo che la pena restrittiva della libertà personale sia stata scontata o sia altrimenti estinta".

applicarsi automaticamente27. Non è sufficiente il fatto che vi sia l‟attribuzione di delinquente abituale o professionale perché automaticamente si possa procedere in questa direzione, essendo richiesta un‟esplicita verifica della pericolosità effettiva da parte del giudice di sorveglianza che, figura in generale molto importante, in questa circostanza costituisce una condizione di legittimità vera e propria per una misura che altrimenti sarebbe troppo esposta alla possibilità di arbitrio.

Il punto maggiormente critico è che la funzione rieducativa che dovrebbero avere queste strutture, attraverso l‟avviamento al lavoro e il reinserimento nella società, si scontra con le condizioni materiali di una vera e propria reclusione in strutture carcerarie spesso fatiscenti e sovraffollate, in cui è difficile praticare un lavoro. Una delegazione della Commissione ha visitato nel 2009 la Casa di reclusione di Favignana. Sull'isola il regime di trattenimento delle persone internate - come quello dei detenuti - è particolarmente penoso perché la casa di reclusione è stata ricavata in un'antica costruzione difensiva del XII secolo con le camere detentive ricavate nel fossato del castello, umide, sovraffollate e senza doccia; trattandosi di un istituto che si trova su un isola i collegamenti sono particolarmente difficili, il rapporto con il magistrato di sorveglianza è reso estremamente arduo dal fatto che il magistrato di sorveglianza di riferimento si trova attualmente a Palermo, con i problemi amministrativi e logistici che questo comporta, nella casa di lavoro è presente un numero consistente

di internati affetti da patologie di tipo psichiatrico e anche i tossicodipendenti sono molti.

La situazione critica riscontrata a Favignana caratterizza molte altre strutture di questo tipo e sarebbe auspicabile dare spazio e affrontare la condizione degli internati nel dibattito in corso sul sistema carcerario. Si riportano le parole degli internati della casa lavoro di Saliceta San Giuliano di Modena tratte da un appello del 23 gennaio 2012: “Noi tutti assistiamo con sgomento

e preoccupazione agli ultimi risvolti politici in tema di materie penitenziarie”, scrivono, sottolineando il sollievo nel vedere la

problematica del sovraffollamento all‟attenzione del Parlamento.

“Quello che ci lascia sgomenti è che non abbiamo assistito a una sola discussione dove fosse posta al centro della questione anche la casa di lavoro e coloro che ne sono ospitati, gli internati ci rifiutiamo di credere che essere una sparuta minoranza in quest’oceano di problematiche carcerarie ci condanni e confini nel limbo del dimenticatoio”.