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CAPITOLO 4: DATI SPERIMENTAL

4.4 INTERPRETAZIONE DEI DATI

L’isterectomia rappresenta una procedura di frequente esecuzione nel corso della chirurgia per prolasso degli organi pelvici, sebbene non vi siano a tutt’oggi dati consistenti sul fatto che l’isterectomia rappresenti un vantaggio per l’esito dell’intervento di riparazione del prolasso103. Un recente studio sugli interventi

eseguiti per prolasso nel Regno Unito, ha evidenziato come il 77% degli intervistati effettui la colporrafia anteriore come intervento di scelta per il prolasso della parete anteriore, l’82% l’isterectomia associata a correzione del prolasso nel caso di prolasso utero-vaginale, ed il 75% la colporrafia posteriore o colpoperineoplastica104. Pertanto, l’isterectomia concomitante alla riparazione del prolasso rappresenta ancora l’intervento standard nella maggior parte dei casi nel mondo e, nel nostro studio, essa ha rappresentato la tecnica di elezione in base alle caratteristiche cliniche delle pazienti e delle loro aspettative.

Trattandosi di pazienti in età postmenopausale, l’isterectomia è stata associata in tutti i casi all’annessiectomia bilaterale, e tale intervento costituisce, secondo molti autori, l’intervento di elezione in postmenopausa per gli indubbi vantaggi in termini di scomparsa del rischio oncologico utero-annessiale105-106. Inoltre, le paventate ripercussioni negative dell’isterectomia sulla sessualità non sono state dimostrate in maniera conclusiva in letteratura107. Ancora, non vi sono dati certi che la preservazione dei legamenti utero-sacrali e cardinali, che si può realizzare sia con l’isterectomia subtotale, sia con l’intervento di Manchester o con altre tecniche, possa esporre, nel follow-up a lungo termine, a diversi tassi di recidiva del prolasso. Tuttavia, si può prevedere con ragionevole fiducia che la recente letteratura sul ruolo degli androgeni nella modulazione della libido in postmenopausa108 e il progressivo interesse del settore uro ginecologico verso la chirurgia protesica conservativa contribuiranno a diminuire il tasso di isterectomie associate a correzione del prolasso.

La colporrafia anteriore è caratterizzata, secondo i dati della letteratura, da un tasso di recidive che varia dal 20 al 40%, se si considera solamente la riparazione del prolasso anteriore. Colombo109 e coll. hanno analizzato i risultati di uno studio prospettico randomizzato a lungo termine che prevedeva il trattamento di casi di

incontinenza urinaria da sforzo associata a prolasso anteriore mediante uno dei due interventi chirurgici: colposospensione secondo Burch e colporrafia anteriore. La colporrafia anteriore è capace di ripristinare l'anatomia pelvica ma è gravata da un tasso di recidiva dell'incontinenza da sforzo del 52% (soggettivo) e del 42% (obiettivo), mentre si osserva un tasso del 3% di recidiva di prolasso anteriore superiore al II grado. La tecnica di Burch si associa, invece, a una performance terapeutica inversa. Le conclusioni dello studio indicano che in presenza di entrambi i difetti nessuna delle due tecniche è raccomandabile.

Le pazienti incluse nel nostro studio erano caratterizzate da incontinenza di lieve entità o sporadica, mentre i casi con piu' di 7 episodi alla settimana o con esami urodinamici che deponevano che IUS di terzo grado sono stati esclusi dallo studio.

Il successo terapeutico della plicatura suburetrale110 per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo varia dal 34 al 91%. Pertanto, la “International Consultation on Incontinence del 2004” ha suggerito che la colporrafia anteriore può essere ancora considerata una tecnica utilizzabile per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo in donne che preferiscono sacrificare la possibilita’ di diventare perfettamente continenti a fronte di un ridotto rischio di complicanze operatorie” 111. Ciò appare tanto più valido attualmente grazie alla disponibilità delle tecniche di sling di terza generazione, che possono essere impiegate in caso di comparsa di incontinenza occulta (e in caso di persistenza o aggravamento dell’incontinenza da sforzo preesistente) mediante un intervento mini invasivo112. La TVT profilattica associata all’isterectomia ed alla riparazione del prolasso è ritenuta non necessaria da molti autori, poiché può associarsi a comparsa di complicanze e rischia di essere capace di impedire la comparsa di incontinenza latente solo in una consistente minoranza di pazienti. Non esistono attualmente studi che possano chiarire in maniera chiara e definitiva se i migliori outcomes risultino associati alla TVT concomitante ad isterectomia e colporrafia anteriore oppure alla TVT eseguita successivamente a recidiva della IUS dopo colporrafia.

Secondo i dati emersi dal presente studio, lo stadio medio del prolasso anteriore si è mantenuto significativamente inferiore ai valori prechirurgici, ma si sono osservati dei casi di recidiva di prolasso anteriore complessivamente del 16%. Tuttavia, anche tali pazienti hanno nel complesso riferito un miglioramento della

sintomatologia generale associata al prolasso, come dimostrato dal personale punteggio PGI che riflette il miglioramento dei sintomi del prolasso in termini di qualità di vita, a conferma del fatto che le alterazioni anatomiche e le alterazioni funzionali non sono sempre coincidenti. Ciò non diminuisce l’impatto del tasso di recidive, ma dimostra che accanto alla valutazione oggettiva è utile affiancare sempre più il punto di vista della paziente e le sue aspettative riguardo l’intervento chirurgico. Inoltre, il punteggio della PGI è sicuramente influenzato dalla buona performance della riparazione apicale e posteriore.

Merita una qualche menzione il fatto che tutta la popolazione coinvolta nello studio sia stata caratterizzata dal non utilizzo di terapia ormonale sostitutiva. Non sono noti studi che abbiano affrontato in maniera sistematica il problema dei fattori di rischio coinvolti nel fallimento della chirurgia ricostruttiva del prolasso anteriore. Pertanto, la recidiva può rappresentare non solo il fallimento nell’identificazione e riparazione di tutte le strutture anatomiche coinvolte nel difetto, ma anche l’indebolimento, lo stiramento ed il cedimento di strutture anatomiche che risentono degli effetti dell’invecchiamento e della carenza estrogenica.

Migliori risultati sono stati ottenuti per quanto attiene lo stadio del prolasso dei segmenti apicale e posteriore.

Il questionario KHQ ha fornito risultati interessanti sul miglioramento della qualità di vita (relativa ai sintomi urinari) dei soggetti trattati. Quasi tutti i domini, ad eccezione della percezione del proprio stato generale di salute, delle misure di

severità dei sintomi e del dominio sonno/energia sono stati caratterizzati da risultati

statisticamente significativi rispetto ai valori preintervento, mentre per il dominio

rapporti interpersonali si è osservato un valore statisticamente maggiore dei valori

medi preoperatori.

Il Questionario PGI si è dimostrato un utile strumento per valutare gli esiti dell’intervento, sulla base della percezione soggettiva dei pazienti di: eventuale miglioramento, peggioramento o mancanza di modificazioni dei sintomi preoperatori, pur con i limiti correlati alla totale soggettività della valutazione da parte della paziente. Come emerge dal grafico n 1, la media dei valori riscontrati è stata superiore a 1 (percezione di un lieve miglioramento) per 4 dei 7 sintomi, con valori superiori a 2 (molto migliorato) solo per il sintomo relativo al senso di peso o

protrusione dovuto al prolasso, mentre i sintomi incontinenza urinaria da sforzo e defecazione ostruita sono stati caratterizzati da punteggi medi di poco inferiori a 1

(lieve miglioramento). In sostanza i maggiori successi per le pazienti hanno riguardato il miglioramento dei sintomi associati alla sindrome della vescica iperattiva (quali urgenza, incontinenza da urgenza, nicturia), in accordo con i recenti dati della letteratura113, mentre il piu’ basso punteggio associato alla IUS si può spiegare con il fatto che, pur essendosi osservata in tutti i casi la diminuzione del numero degli episodi di IUS (testimoniata dal diario minzionale), il vero goal del trattamento è rappresentato, dal punto di vista della paziente, dallo stato di perfetta continenza, cioè l’abbandono dell’utilizzo di presidi, quali panni e assorbenti, il cui utilizzo è stato dimostrato influire negativamente sulla qualità di vita dei soggetti.

Il sintomo dispareunia è risultato caratterizzato da un punteggio medio di poco inferiore a 1 (lievemente migliorato). Ciò è indubbiamente un dato positivo, e si accorda bene con il fatto che la chirurgia fasciale è esente da rischi associati, a differenza della chirurgia protesica in cui l’erosione e la flogosi associate ai biomateriali sono dei riconosciuti fattori di alterazione della funzione sessuale in questi soggetti. Tuttavia, data la multifattorialità della funzione sessuale, è arduo poter valutare, solamente sulla base della PGI, l’eventuale contributo della chirurgia del prolasso alle modificazioni della pareunia. In questo senso, appare molto interessante l’approfondimento dello spettro sintomatologico sessuologico da effettuarsi magari in ulteriori studi su pazienti da sottoporre a chirurgia uroginecologica, mediante l’utilizzo di questionari appositi sulla funzione sessuale.

Il punteggio medio relativo al sintomo defecazione ostruita è risultato di poco inferiore a 1 (lievemente migliorato). Accanto alla mancanza di recidive del prolasso del segmento posteriore, tale risultato si accorda con i dati della letteratura che identificano nel repair vaginale l’intervento di scelta per la correzione del rettocele. Infatti, due studi randomizzati che hanno analizzato il trattamento trans-anale versus trattamento vaginale in casi di solo rettocele sintomatico, hanno riportato risultati superiori per il trattamento vaginale114-115.

Le conclusioni di una recente Cochrane sul management chirurgico del prolasso116 indicano che non vi sono sufficienti dati che supportino l’utilizzo di una rete protesica nella chirurgia del prolasso, sebbene i risultati ottenuti con le meshes

sembrino superiori alla chirurgia fasciale tradizionale nella prevenzione delle recidive del prolasso anteriore. La stessa metanalisi sottolinea la limitatezza dei dati riportati nei vari studi sulle complicanze operatorie, sui sintomi intestinali e sulla funzione sessuale.

Pur con i limiti derivanti dal numero dei soggetti inclusi e dal numero di mesi di follow-up, i risultati della presente ricerca forniscono un importante contributo allo studio dei sintomi urinari, sessuali e intestinali delle donne affette da prolasso degli organi pelvici, in cui il ripristino dell’anatomia non dovrebbe rappresentare il solo criterio di valutazione degli esiti della chirurgia e, in ogni caso, non dovrebbe essere slegato dalla valutazione degli aspetti funzionali e relativi alla qualità di vita dei soggetti trattati.

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