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Interventi normat

Nel documento Autoassicurazione e gestione del rischio (pagine 46-49)

AUTOASSICURAZIONE E ASSICURAZIONE NELLA RESPONSABILITÀ CIVILE MEDICA

7. Interventi normat

7.1. Legge Balduzzi 8 novembre 2012, n. 189

In tale contesto si inserisce il d.l. 13 settembre 2012, n. 158, poi convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189 a seguito di un travagliato iter di conversione.

La risposta legislativa appare incentrata sulla figura dell’operatore medico piuttosto che sulle strutture sanitarie.

Il segnale che si coglie è quello di una diminuita pressione sul versante penale nei confronti del medico.

Da notare che solo all’art. 3-bis si rinviene un diretto riferimento all’obbligo per le strutture sanitarie di attivarsi in merito alle problematiche della gestione del rischio e della prevenzione dei sinistri, peraltro senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Ma veniamo alla disposizione su cui, come vedremo, si è concentrata l’attenzione degli interpreti che, nel testo definitivamente approvato, prevede, all’art. 3 che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

Data la particolare formulazione normativa adottata, si è posto immediatamente il problema in dottrina circa la possibile interpretazione del richiamo alla colpa civilistica in contesto aquiliano (art. 2043 c.c.), contenuto nel 1° comma dell’art. 3 della legge.

Ci si è chiesti se – in buona sostanza – la locuzione “resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile”, nel contesto normativo di collocamento, possa essere inteso come adesione del legislatore al modello di responsabilità extracontrattuale, in luogo di quello adottato dalla giurisprudenza che colloca il rapporto medico/paziente anche in un contesto di tipo contrattuale.

Ad oggi, il Tribunale di Torino (Dott. Scovazzo, sentenza 14 febbraio 2013) ha ritenuto che il riferimento all’art. 2043 c.c., lungi dal rappresentare una svista o dimenticanza, esprima al contrario una scelta legislativa - chiara e coerente con la ratio ispiratrice dell’intervento normativo – in favore di un modello di responsabilità diverso da quello sposato dalla giurisprudenza prevalente.

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- il legislatore ha inteso smentire l’elaborazione giurisprudenziale del contratto da “contatto”, operando una scelta chiara (e congruente con la finalità di contenimento degli oneri risarcitori della sanità pubblica) in favore dei criteri della responsabilità aquiliana;

- la previsione che - nei casi di irrilevanza penale della condotta del medico – “resta fermo” l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. – non può che significare che tale obbligo sia dato per scontato nei casi penalmente rilevanti, in cui la condotta del medico sia qualificabile in termini di colpa grave o dolo; - l’art. 2043 c.c. è dunque la norma che disciplina ogni ipotesi di

responsabilità civile sia del medico pubblico dipendente sia della struttura pubblica in cui questi opera, giacché “a tali soggetti, operatori del Servizio Sanitario Nazionale, è dedicata la novella in esame, non essendo – è da notare – ipotizzabile un diverso regime di responsabilità tra il medico e la struttura”.

Tale interpretazione risulta in forte discontinuità e contraddizione rispetto alla giurisprudenza precedente e ricolloca l’azione risarcitoria all’interno della responsabilità aquiliana, con conseguente spostamento dell’onere probatorio tutto a carico della parte attrice e applicazione del regime quinquennale di prescrizione.

Di segno diametralmente opposto è invece la posizione assunta dal Tribunale di Arezzo (Dott. Sestini) con sentenza del 14 febbraio 2013 (pronunciata, per singolare coincidenza, nella stessa data della decisione torinese di cui sopra si è detto.

Qui si sostiene infatti che “l’art. 3, 1° comma l. n. 189/12 non impone alcun ripensamento dell’attuale inquadramento contrattuale della responsabilità sanitaria.

La responsabilità solidale della struttura, nel cui ambito operano i sanitari che verrebbero riassoggettati al regime aquiliano, conserverebbe comunque natura contrattuale, in virtù del contratto di ‘spedalità’ o ‘assistenza sanitaria’ che viene tacitamente concluso con l’accettazione del paziente.

L’art. 3, pertanto, si limiterebbe:

- (nel primo periodo) a determinare un’esimente in ambito penale per la colpa lieve,

- a fare salvo (nel secondo periodo) l’obbligo risarcitorio, senza richiamo alla disciplina dell’illecito contrattuale e

- a sottolineare (nel terzo periodo) la rilevanza delle linee guida e delle buone pratiche nel concreto accertamento della responsabilità e quantificazione del danno (con portata sostanzialmente ricognitiva degli attuali orientamenti giurisprudenziali)”.

Conclude il giudice aretino osservando che ragionando diversamente (ossia ritenendo che il richiamo all’art. 2043 imponga il ripristino del modello aquiliano) si dovrebbe pervenire – a rigore – alla conseguenza di dover applicare lo schema extracontrattuale anche alle fattispecie, per così dire, pacificamente contrattuali (ovvero quelle del rapporto paziente/ospedale).

Il legislatore si sarebbe insomma limitato a ribadire, sia pure attraverso un’infelice formulazione, che in ambito civile non si introduce alcuna esimente e rimangono ferme le generali regole risarcitorie.

Da ultimo, si segnala la decisione del Tribunale di Milano (Dott. Gattari), con sentenza luglio 2014, n. 9693 che ha così argomentato:

- la norma dell’art. 3 della Legge Balduzzi non si applica alla struttura sanitaria, per la quale resta ferma la disciplina della responsabilità contrattuale

- la disposizione di legge non ha esclusivo contenuto penale in quanto vi sono richiami alla colpa civile ed al risarcimento del danno;

- essa si applica al medico che non abbia stipulato un contratto di prestazione sanitaria

- da quanto sopra si ricava che non trattasi di mera svista o errore ma di una precisa scelta legislativa.

In senso opposto va segnalata la decisione del Tribunale di Brindisi, sentenza 18 luglio 2014 – dott. Natali.

7.1. La legge Balduzzi e i parametri risarcitori

Il decreto Balduzzi ha esteso l’applicazione delle tabelle previste dagli artt. 138 e 139 Codice delle Assicurazioni, utilizzate nella liquidazione del danno biologico nei sinistri derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti, per il risarcimento del danno alla persona da RC sanitaria.

La ratio della riforma sembrerebbe riconducibile alla necessità di fissare criteri di liquidazione del danno che limitino il ricorso a soggettività valutative; tuttavia, il contesto in cui la riforma si è originata potrebbe rimandare a finalità di contenimento della spesa pubblica.

Esigenze affini avevano indotto il legislatore ad adottare il cd. sistema tabellare per contenere gli aumenti delle spese per l’assicurazione RCA degli automobilisti, sulle quali incidevano significativamente i costi per le imprese di assicurazione.

Ecco, dunque, che il legislatore ha ritenuto di applicare le tabelle della RCA anche al danno biologico maturato per fatto imputabile alla responsabilità del sanitario, sia per le c.d. “micropermanenti” (lesioni con postumi invalidanti compresi tra l’1% ed il 9%), sia per le lesioni all’integrità fisica di valore superiore.

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Per le lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100% di invalidità), l’art. 138 del codice rinvia all’adozione di una futura tabella ministeriale la determinazione dei criteri di liquidazione.

8. Il fenomeno dell’autoassicurazione nella RC medica: motivazioni a

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