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6. GLI INTERVENTI NECESSARI

6.6. Interventi per la verticalizzazione

Se il discorso sulla concentrazione incontra decisi ostacoli, non me-no intransigenti some-no in genere le opposizioni ad ogni tentativo di in-staurare almeno una unificazione della gestione commerciale: eviden-temente il duro colpo subito dalla cooperazione di secondo grado con il fallimento dell'Asti Nord suscita ancora timori e apprensioni.

Iniziativa recente è stata quella dell'UVI-Asti, Unione Vinicola Cooperative Piemontesi, promossa dalla cantina di Maranzana: essa avrebbe dovuto raggruppare 10 cantine che avevano dato l'adesione di massima (subordinata all'approvazione dei soci), allo scopo di con-centrare l'offerta, regolarizzare i prezzi, potenziare e valorizzare la produzione (anche con l'imbottigliamento e l'invecchiamento), com-mercializzare, assistere tecnicamente i produttori e assumere insomma

tutte quelle iniziative proprie di un organismo di secondo grado parti-colarmente evoluto,, sull'esempio di consorzi operanti in Emilia, Ro-magna e Trentino (1). Le assemblee dei soci di 8 cantine su 10 hanno però respinto a netta maggioranza l'iniziativa. Indubbiamente hanno influito, oltre ai timori su esposti, anche le preoccupazioni per talune limitazioni che il regolamento interno, già predisposto avrebbe impo-sto alla libertà d'azione delle cantine e dei soci: l'uniformare gli orari di lavoro nelle cantine, l'attenersi alle direttive della Commissione Tec-nica circa il calendario vendemmiale e la produzione dei vini, il dover mettere a disposizione di altre cantine l'eccedenza di capienza, l'accet-tare i quantitativi di correttivo distribuiti, ecc...

Altra iniziativa non concretizzata era stata quella dell'Associazione Produttori Nicesi Vini d'Origine, che si prefiggeva tra l'altro la valo-rizzazione del vino barbera di pregio di Nizza e dintorni, anche attra-verso il miglioramento dei vigneti.

Recentissimamente, è sorta ad Asti un'iniziativa per l'istituzione di un Consorzio di secondo grado tra cantine sociali piemontesi, a re-sponsabilità limitata, di dimensioni che potrebbero essere regionali od anche solo interprovinciali. Hanno già dato l'adesione di massima al Consorzio 24 cantine sociali, di cui 16 astigiane, 7 alessandrine e una cuneese; tra esse figurano ben 17 cantine comprese nel presente studio: Cassine, Ricaldone, Alice Nuova e Alice Sessame, Castelrocchero (la maggiore), Maranzana, Mombaruzzo, Fontanile, Castel Boglione, Ca-lamandrana, Nizza, Castelnuovo Belbo, Agliano Fonti e Agliano Sale-re, Mombercelli, Montaldo Scarampi e Rocchetta Tanaro. L'iniziativa ha per il momento ancora un'impostazione embrionale, ma si vanno facendo strada con ponderazione le linee operative da seguire. È auspi-cabile il massimo appoggio degli enti pubblici a questo Consorzio, che potrebbe costituire il germe di una più diffusa verticalizzazione della-cooperazione enologica e che già ora si propone oltretutto fini (come la promozione dei consumi in nuove aree potenziali è la diffusione dei vi-ni piemontesi) che coinvolgono positivamente non solo le cantine so-ciali, ma l'intero settore vitivinicolo del Piemonte.

A proposito di iniziative di secondo grado, va citata anche una inte-ressante proposta avanzata a suo tempo dalla CCIAA di Asti, relativa a un Consorzio tra cantine ed enti pubblici per coordinare l'attività delle cantine sotto gli aspetti gestionale amministrativo e commerciale, per risanare le situazioni finanziarie precarie, per imbottigliare e com-mercializzare parte della produzione corrente, per invecchiare il vino di pregio. L'iniziativa (come del resto era anche nelle intenzioni dei promotori dell'UVI-Asti) sarebbe stata estensibile a tutta la Regione.

(1) Le cantine interessate erano quelle di Maranzana, Mombaruzzo, Fontanile, Alice Nuova, Ricaldone, Cassine, le 2 di Castelrocchero, Nizza e S. Stefano Belbo.

Il Consorzio dovrebbe articolarsi su un Ufficio di coordinamento (cui sarebbe demandata tra l'altro l'assistenza tecnica, amministrativa e contabile), su un Centro di imbottigliamento e commercializzazione, e su una Banca dei vini (per l'invecchiamento). Per realizzare il piano, si proporrebbe la costituzione di una Società semplice per l'Ufficio di coordinamento e di un'unica Società commerciale per il Centro di im-bottigliamento e di commercializzazione (1). Il finanziamento avrebbe luogo per lo più ad opera delle banche, ma per l'Ufficio di coordina-mento anche da parte di CCIAA e Provincia, mentre il capitale sociale del Centro sarebbe sottoscritto da tutti gli aderenti. La proposta è inte-ressante anche per il fatto di coinvolgere nell'iniziativa Enti pubblici, fatto di enorme valore anche psicologico. V'è però da pensare se i tem-pi siano maturi per realizzazioni del genere; tanto per fare un esemtem-pio, l'assistenza tecnica, amministrativa e contabile da parte dell'Ufficio di coordinamento non sarebbe certamente gradita alle cantine (sia pure con qualche eccezione).

Analogamente, non sono forse maturi in Piemonte i tempi per uno sviluppo generalizzato della cooperazione di secondo grado; non di-mentichiamo che è ancora da superare l'individualismo dei singoli: co-me si può prescindere dal desiderio di autonomia che pervade una gran parte delle cantine? V'è poi da considerare la difficoltà, sempre sotto-valutata, di smerciare il prodotto senza avvalersi della normale rete di intermediazione; forse la clientela delle cantine sociali potrebbe essere conservata, ma essa è a sua volta dipendente, in gran parte, dai grossi-sti e mediatori che fanno da tramite con le cantine. Una rete di smercio efficiente ed autonoma potrà ipotizzarsi solo se assumerà adeguato svi-luppo la cooperazione di consumo, o quella tra dettaglianti, alle quali ci si potrebbe agganciare con reciproco vantaggio; il processo di razio-nalizzazione della commercializzazione è però troppo lento per poter concepire a breve termine soluzioni soddisfacenti e agevole cammino per la cooperazione di secondo grado. In ogni caso, eventuali iniziative dovrebbero essere sostenute e appoggiate molto validamente dagli enti pubblici, che dovrebbero altresì fronteggiare in proprio ogni situazione eventuale di disagio.

Iniziative forse meno impegnative ma molto sentite possono invece essere assunte sin d'ora, e in primo luogo quelle per diffondere il con-sumo di vini piemontesi, in particolare di barbera e moscato; non va dimenticato infatti che i vini di pregio sono poco noti sulle piazze este-re, e che il vino di massa è handicappato dalla concorrenza di vino di altre regioni e dai sospetti di sofisticazione nutriti dal consumatore,

(1) Le Società potrebbero essere costituite in linea di massima, inizialmente, dalla CCIAA di 'isti, dall'Amministrazione provinciale di Asti, dagli istituti di credito, dalla Finanziaria Piemon-tese e dalle cantine sociali.

sospetti dovuti alle effettive frodi continuamente praticate da operato-ri disonesti ma non dalle cantine sociali. Altra iniziativa potrebbe esse-re quella di costituiesse-re un centro di imbottigliamento che provveda a raccogliere la parte migliore del prodotto delle cantine, e a iniziarne una prima valorizzazione che le singole cantine solo in qualche caso riescono a compiere (imbottigliamento, propaganda, vendita diretta parziale anche senza un'apposita rete commerciale); si tratterebbe in sostanza di un centro più con funzione iniziatrice e promozionale, che non di vera e propria commercializzazione, che potrebbe ancora essere svolta dalle cantine con le modalità usuali, in attesa d'un consolida-mento dell'iniziativa e di positivi sviluppi del marketing. Altra iniziati-va a carattere promozionale potrebbe essere quella di un Ente di coor-dinamento per le cantine sociali, già in altre sedi auspicato.

6.7. Altri interventi

In sostanza gli interventi essenziali sono stati trattati nei capitoli precedenti; altri tuttavia ve ne sono, di importanza non certo trascura-bile, di cui va tenuto conto in idonea sede. Tra essi non si può fare a meno di ricordare quelli per alleviare le conseguenze di calamità natu-rali, e quelli per stroncare le sofisticazioni.

Per quest'ultimo aspetto, già anticipato in trattazioni precedenti, la portata del problema è tale da richiedere una decisa e indifferibile azio-ne dei pubblici poteri, con modalità che non è il caso di puntualizzare in questa sede. Ovviamente si dovrà intervenire, più che a debellare il fenomeno (invalso presso i piccoli produttori) del miglioramento della qualità (o meglio del grado alcoolico) mediante lo zuccheraggio, a im-pedire la fabbricazione di vino mediante la manipolazione di uve sca-denti o addirittura con i noti sistemi mai abbastanza deprecabili di so-fisticazione vera e propria, sistemi che purtroppo continuano a essere praticati con alquanta ampiezza e disinvoltura, mal contrastati da un'azione vigilatrice e repressiva troppo ridotta per essere efficace (per non parlare, purtroppo, di casi addirittura di connivenza con i sofisti-catori).

Per quanto riguarda le calamità naturali, è noto in particolare il ruolo negativo esercitato dalle grandinate, causa concomitante del fal-limento di alcune iniziative per aver provocato carenza di conferimenti o eccessivo scadimento della qualità delle uve. Quando pure fosse ri-solto il problema a livello dei produttori (oggi soggetti ad aliquote assi-curative alquanto onerose, e scoperti da ogni azione protettiva diretta quale quella con mezzi aerei), rimane pur sempre il fatto del danno pa-tito dalle cantine. All'uopo operano tuttavia le previdenze della recente

Legge Regionale 14 gennaio 1974 n. 1, che concede, alle cantine che la-vorano minori quantità di uva a causa di eccezionali avversità atmosfe-riche, contributi in conto capitale sino a 450 lire per quintale conferito

in meno (650 £./q. in casi particolari); la legge fruisce di un finanzia-mento annuo di 200 milioni (1).

(1) Già si è riferito come la concessione dei contributi sia subordinata allo svolgimento di pra-tiche burocrapra-tiche particolarmente onerose per le segreterie delle cantine.

Parte seconda

A) Individuazione degli elementi strategici influenti