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5. DISCUSSIONE

9.2. Intervista a Reto Pezzoli

Separazione tra medicina generale e medicina sportiva?

“La medicina generale con l’arrampicata non c’entra niente. Voglio dire che se tu non arrampichi non capirai mai il problema che ha l’arrampicatore. In generale il medico generalista può anche trovare l’epicondilite ma la difficoltà con queste problematiche da overuse sta nel capire il meccanismo che ha portato al sovraccarico. Tante volte sono cose un po’ nascoste: un generalista non può sapere la differenza che c’è tra una presa a tacchetta e una a monodito. Quindi essenzialmente i pazienti arrampicatori si vedono nell’ambito della medicina sportiva. Sono frequenti le lesioni banali e sono rare quelle gravi, che comunque vanno a finire quasi sempre dal dr. Schweizer, che è ormai molto conosciuto in Svizzera.”

1. Quanti pazienti arrampicatori vedi per problemi legati alla pratica sportiva? “Pochi. Vedo parecchia gente che arrampica ma spesso non per problemi legati all’arrampicata.”

2. Quali problematiche o patologie riscontri più spesso tra questi? (Traumatiche vs. sovraccarico,…) Quanto sono frequenti le problematiche alla spalla? Secondo te bisogna includerle nel nostro lavoro?

“Problemi cutanei a parte, con la pelle che si può lacerare sempre e ovunque, c’è il problema delle prese: aumentando il grado di difficoltà diminuisce la dimensione delle prese per cui ci si trova sempre più sulla punta delle dita. C’è dunque il

sovraccarico delle articolazioni e delle pulegge. La lesione più temuta è quella delle pulegge, perché raramente vanno a finire in un intervento chirurgico ma nella maggior parte dei casi richiedono stop di mesi, cosa che l’arrampicatore non vuole

50 mai fare, così tende ad anticipare il rientro, non tenendo conto dei tempi di

guarigione biologici. Se la puleggia impiega sei mesi a guarire è inutile andare dopo 5 mesi e mezzo a fare delle prese monodito. Questo è un problema che c’è in tutti gli sport, quello di voler anticipare il rientro.

Una lesione che ho visto solo una volta è la rottura dei lombricali durante una presa monodito. Risalendo nell’avambraccio ci sono i problemi ai tendini dei flessori, che possono fare tendiniti, il tunnel carpale (dove si gonfiano i tendini fino a comprimere il nervo). Salendo ancora c’è l’epicondilalgia, che però è talmente frequente nella popolazione normale che risulta difficile sapere se sia dovuta all’arrampicata oppure no. C’è in seguito la spalla, che è un grosso capitolo a sé: di nuovo, l’arrampicata ha cambiato la verticalità. Adesso, soprattutto nel boulder, la spalla ha un

movimento ampissimo e deve caricare tantissimo in posizioni estreme. Altrimenti raramente si possono avere problemi alle ginocchia dovuti alle rotazioni, mentre nel bacino non si riscontra praticamente niente. Le lesioni sono principalmente quelle, poi bisogna dire che l’arrampicata non è uno sport per chi vuole fare la manicure: con le varie artrosi, noduli, e così via.”

3. Ritieni le lesioni delle pulegge dei tendini flessori un evento dovuto al sovraccarico? “Il problema delle pulegge è che, soprattutto nel boulder, arrivi a delle tensioni soprafisiologiche. Carichi il 100% su una piccola presa e basta niente perché diventi il 110%, ad esempio con lo scivolamento di un piede. Si tratta quindi di un incidente, anche una puleggia sana può rompersi in un singolo momento. La puleggia è una struttura passiva e non mi sembra sia soggetta a usura, salta in modo traumatico.” 4. Si tratta prevalentemente di arrampicatori esperti, principianti o “medi”? Qual è il

paziente arrampicatore “tipico”, se esiste?

“È irrilevante, nel senso che il principiante carica meno ma in compenso fa più errori. Quello bravo invece si spinge verso i limiti fisiologici, carica di più. Di incidenti ne capitano di più tra quelli bravi, anche perché loro sì che sovraccaricano, mentre il principiante che arrampica una volta a settimana no.”

5. Quanto sono coscienti i pazienti arrampicatori delle cause delle loro problematiche da sovraccarico? Quanto sono coscienti della possibilità di prevenire queste

problematiche?

“Mi sembra che ci sia sempre di più un’attenzione al riscaldamento, alla

preparazione, lo vedo in palestra. Una volta si cominciava con un paio di vie facili e poi via, si arrampicava. Adesso vedo invece i giovani che si riscaldano, fanno stretching, fanno un po’ di boulder facile; è davvero cambiato l’approccio. Secondo me la nuova generazione è molto più attenta. Con il Pan Gullich però, anche se ci si scalda bene e ci si prepara, rimane comunque un allenamento di una certa

violenza, per le dita.”

6. Tu stesso come medico e arrampicatore, che misure di prevenzione metti in atto quando arrampichi? Cosa consigli?

“Io seguo i consigli del dr. Schweizer. Lui sostiene che ci vogliano circa cento movimenti per ritenere di essere un po’ caldo. Prima di tutto c’è l’avvicinamento: se vai in palestra, scendi dalla macchina e sei lì è un conto, mentre se devi camminare 20 minuti per arrivare in falesia cominci a scaldarti. Di solito faccio una, due, tre vie un po’ facili, per la scioltezza, e poi comincio ad arrampicare. Io non sto lì alla base

51 della falesia a fare esercizi di ginnastica o altro, però mi capita, salendo, di

cominciare ad allenare le dita. Una volta mi sono stupito di vedere due

arrampicatori fortissimi su una via di quarto grado: hanno cominciato con tre o quattro tiri lì proprio per scaldarsi.”

7. Quali ritieni siano le misure preventive più importanti? Stretching, riscaldamento, rinforzo specifico, attenzione a evitare o perlomeno non ripetere alcune prese,… “Sicuramente il riscaldamento. Cioè, aumentare un po’ la temperatura dei muscoli a un po’ più di 37 gradi, come suggerisce la fisiologia. Per quanto riguarda lo

stretching, gli specialisti hanno l’impressione che non vada fatto direttamente prima dello sforzo ma nei tempi morti. Se voi misurate la forza massima dopo la seduta di stretching questa risulterà decisamente ridotta. Di conseguenza viene fatto in altri momenti, per non perdere forza importante nell’attività sportiva. Ovviamente lo stretching è importante, specialmente per la mobilità delle anche. Per le spalle invece bisogna fare attenzione a non aumentare l’instabilità. Sicuramente anche un allenamento di forza e di stabilità soprattutto della scapola andrebbe fatto. La forza degli avambracci la fai arrampicando, mentre la scapola può avere problemi dovuti al nostro lavoro, alle posture che assumiamo tutti i giorni, per cui bisognerebbe davvero stabilizzarla bene.”

8. Pensi sia possibile raggiungere alti livelli nell’arrampicata senza avere dolori o altre problematiche croniche?

“No, impossibile. Nello sport in generale, devi essere al 100% e dare il 101%, a quel momento qualcosa salta sempre. Piuttosto puoi dire che ci sono atleti fortunati che riescono a fare una stagione senza infortuni. La media della popolazione deve prevedere durante l’anno un periodo di 2-4 settimane con qualche acciacco che limita o fa diminuire l’allenamento. Ad ogni modo lo sport di alto livello oggi giorno è incompatibile con l’avere sempre delle strutture sane.”

9. Come vedi la figura del fisioterapista nella prevenzione? Ad es. nei corsi di arrampicata

“Se il fisioterapista arrampica è sicuramente utile. Per quanto riguarda stabilità, riscaldamento, taping, e così via, il fisioterapista è sicuramente la figura più indicata. I taping specifici per le dita però il fisioterapista standard non li sa fare. Il

fisioterapista secondo me è più importante del medico, perché il medico vede il paziente quando si fa male, ma il fisioterapista potrebbe intervenire prima. Soprattutto se è un fisioterapista che arrampica, in un contesto come le palestre potrebbe proprio fare formazione, come anche nei corsi del CAS e altri.”

10. Come vedi il fisioterapista nella presa a carico del paziente arrampicatore infortunato?

“Ancora una volta, se il fisioterapista non è un arrampicatore, fa il suo mestiere e basta. Il problema non è solo la guarigione, che in parte va avanti da sola e segue i tempi biologici, ma durante la guarigione devi tenere l’atleta in ottime condizioni, e poi il passaggio dalla fine della guarigione al top della forma: qui subentra il

fisioterapista o il preparatore atletico, che deve essere qualcuno che se ne intende dello sport specifico.”

11. L’arrampicata praticata con metodo può essere preventiva o utile per altre problematiche, nella tua esperienza?

52 “Diciamo che se uno arrampica ottiene anche questi effetti collaterali benefici. Andare ad arrampicare per quello probabilmente è troppo complicato, è meglio affidarsi alle tecniche di allenamento a secco. L’arrampicata prevede che bisogna essere in 2, bisogna spostarsi, avere del materiale, una certa attitudine mentale. L’effetto benefico c’è ed è un effetto collaterale dell’arrampicata, ma non manderei nessuno ad arrampicare apposta per ottenere questi benefici.”

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