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La prevenzione delle lesioni da sovraccarico all'arto superiore nell'arrampicata : una revisione della letteratura e un'indagine sullo stato della conoscenza degli arrampicatori sul territorio

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale _______________________________________________

Corso di Laurea in Fisioterapia Bachelor Thesis

Di

Isa Baggi e Nicola Moretti

LA PREVENZIONE DELLE LESIONI DA SOVRACCARICO ALL’ARTO

SUPERIORE NELL’ARRAMPICATA: UNA REVISIONE DELLA

LETTERATURA E UN’INDAGINE SULLO STATO DELLA

CONOSCENZA DEGLI ARRAMPICATORI SUL TERRITORIO.

Direttore di Tesi: Luca Scascighini

Anno accademico 2014/2015 Luogo e Data: Manno, 31 Luglio 2015

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale _______________________________________________

Corso di Laurea in Fisioterapia Bachelor Thesis

Di

Isa Baggi e Nicola Moretti

LA PREVENZIONE DELLE LESIONI DA SOVRACCARICO ALL’ARTO

SUPERIORE NELL’ARRAMPICATA: UNA REVISIONE DELLA

LETTERATURA E UN’INDAGINE SULLO STATO DELLA

CONOSCENZA DEGLI ARRAMPICATORI SUL TERRITORIO.

Direttore di Tesi: Luca Scascighini

Anno accademico 2014/2015 Luogo e Data: Manno, 31 Luglio 2015

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ABSTRACT

OBIETTIVI

L’obiettivo di questo lavoro di tesi consiste nell’individuare le principali lesioni e sindromi da sovraccarico localizzate all’arto superiore dovute dall’arrampicata e identificarne l’eziopatogenesi. Dopo di che si vuole mettere a confronto i dati epidemiologici estrapolati dalla letteratura scientifica e far emergere eventuali correlazioni con la popolazione locale di arrampicatori. Infine si vuole rilevare tramite un questionario lo stato di conoscenza e l’interesse della popolazione di arrampicatori in merito alla prevenzione di dette lesioni.

METODI

La revisione della letteratura è stata effettuata sulle banche dati scientifiche PubMed e PEDro. Sono stati inoltre consultati dei libri e degli articoli scientifici d’approfondimento. In aggiunta, sono state condotte tre interviste a personaggi significativi nel mondo dell’arrampicata e con conoscenze approfondite di tecnica, allenamento e aspetti medici.

Secondariamente sono stati somministrati dei questionari a un campione della popolazione di arrampicatori per raccogliere informazioni in merito allo stato di conoscenza e al bisogno della popolazione di maggiori nozioni in merito a queste problematiche. I dati sono stati poi analizzati e incrociati con quanto emerso dalla letteratura e dalle interviste.

RISULTATI

La stringa di ricerca utilizzata sulla banca dati PubMed ha prodotto 36 articoli. Attraverso i criteri d’inclusione e d’esclusione stabiliti sono stati selezionati 8 articoli. Sia dalla letteratura che dalle risposte ai questionari emerge che le lesioni da sovraccarico risultano essere le più frequenti tra tutte le lesioni legate all’arrampicata sportiva, con una particolare incidenza a livello delle dita. Nel contempo la conoscenza delle lesioni tipiche a cui sono esposti gli arrampicatori, e la conoscenza di metodi e buone pratiche per evitare le suddette lesioni sono ancora scarse. Vi è per contro un buon interesse da

parte della popolazione di arrampicatori consultati.

Gli intervistati hanno posto l’accento sull’importanza della prevenzione nei termini di riscaldamento, rinforzo specifico e stabilizzazione, cautela nell’effettuare alcuni movimenti, ascolto del proprio corpo e rispetto dei tempi di adattamento. Nonostante ciò, gli stessi intervistati sono concordi nell’affermare che praticando l’arrampicata per lungo tempo è inevitabile soffrire di alcuni dolori o lesioni.

CONCLUSIONI

Appare di fondamentale importanza produrre le informazioni necessarie e proporre soluzioni che gli arrampicatori possano applicare nella loro pratica sportiva al fine di evitare le lesioni da sovraccarico. Da una parte dunque è necessario intervenire sulla popolazione di principianti, al fine di indirizzarli verso le corrette abitudini da assumere durante l’arrampicata fin dall’inizio. L’altro bersaglio della prevenzione dovrà essere la popolazione degli arrampicatori assidui (quella più soggetta a lesioni), mettendo l’accento sull’importanza del “prevenire anziché curare”.

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INDICE

  1. MOTIVAZIONE PERSONALE ... 1 2. INTRODUZIONE ... 2 2.1. Partecipazione ... 2 2.2. Accenni di anatomia ... 2 2.3. Epidemiologia ... 3

2.4. Lesioni acute e sindromi da sovraccarico ... 4

2.5. Storia e tipi di arrampicata ... 4

2.6. Scale della difficoltà ... 4

2.7. Tecniche di presa ... 5

2.7.1. Open grip ... 6

2.7.2. Full crimp grip ... 6

2.7.3. Climbing Crack ... 6

2.7.4. One finger pocket ... 6

2.8. La prevenzione nell’arrampicata ... 7

2.9. Obiettivi ... 7

3. METODOLOGIA ... 8

3.1. Ricerca della letteratura ... 8

3.2. Selezione degli articoli ... 8

3.2.1. Criteri d’inclusione ... 8

3.2.2. Criteri d’esclusione ... 8

3.2.3. Processo di raccolta dati ... 9

3.3. Questionario ... 9

3.3.1. Somministrazione del questionario ... 9

3.3.2. Raccolta dati ... 9

3.3.3. Analisi dei dati ... 9

3.4. Interviste ... 10

3.4.1. Nina Caprez ... 10

3.4.2. Reto Pezzoli ... 10

3.4.3. Marco Pagani ... 10

3.4.4. Analisi dei dati ... 10

4. RISULTATI ... 11

4.1. Letteratura ... 11

4.1.1. Diagramma ... 11

4.1.2. Descrizione degli articoli ... 12

4.1.2.1. Articolo n°1 ... 12 4.1.2.2. Articolo n°2 ... 14 4.1.2.3. Articolo n°3 ... 14 4.1.2.4. Articolo n°4 ... 15 4.1.2.5. Articolo n°5 ... 18 4.1.2.6. Articolo n°6 ... 19 4.1.2.7. Articolo n°7 ... 20 4.1.2.8. Articolo n°8 ... 21

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4.2. Interviste ... 22

4.2.1. Nina Caprez ... 23

4.2.1.1. Risultati ... 23

4.2.2. Dr. Med. Reto Pezzoli ... 24

4.2.2.1. Risultati ... 24

4.2.3. Marco Pagani ... 25

4.2.3.1. Risultati ... 25

4.3. Questionari ... 26

4.3.1. Correlazioni ... 26

4.3.1.1. Dati descrittivi - genere ... 26

4.3.1.2. Dati descrittivi– età e anni d’arrampicata ... 26

4.3.1.3. Dati descrittivi – BMI ... 27

4.3.1.4. Dati descrittivi – frequenza d’arrampicata ... 27

4.3.1.5. Dati descrittivi lesioni – livello d’arrampicata ... 28

4.3.1.6. Dati descrittivi lesioni – disciplina ... 28

4.3.2. Tipi di lesioni ... 29

4.3.3. Recidiva ... 29

4.3.4. Trattamento ... 29

4.3.5. Aspetti legati alla prevenzione ... 29

5. DISCUSSIONE ... 30

5.1. Dati emersi dagli articoli scientifici ... 30

5.1.1. Chiarimenti ... 33

5.1.2. Tipologie di arrampicata e rispettivi dati epidemiologici ... 34

5.1.3. Fattori di rischio e prevenzione ... 35

5.1.4. Figure sanitarie ... 35

5.2. Dati emersi dalle interviste ... 35

5.3. Dati emersi dai questionari ... 36

5.4. Limiti ... 39 5.5. Punti forti ... 39 6. CONCLUSIONI ... 40 7. RINGRAZIAMENTI ... 41 8. BIBLIOGRAFIA ... 42 8.1. Articoli ... 42 8.2. Libri ... 45 8.3. Sitografia ... 46 8.4. Iconografia ... 46 9. ALLEGATI ... 47

9.1. Intervista a Nina Caprez ... 47

9.2. Intervista a Reto Pezzoli ... 49

9.3. Intervista a Marco Pagani ... 52

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1. MOTIVAZIONE PERSONALE

Sin da piccoli i nostri genitori ci hanno trasmesso l’amore per il movimento e la natura, in particolare la montagna. Grazie a loro abbiamo imparato ad apprezzare la soddisfazione derivante dallo sforzo nel raggiungere una meta. Entrambi continuiamo a coltivare questa passione e ci siamo ritrovati a condividere allenamenti di arrampicata in falesia e in palestra. Frequentando questo ambiente, non è raro imbattersi in discussioni riguardo la tecnica d’arrampicata, teorie sull’allenamento e le frequenti lesioni che possono indurre l’arrampicatore a fermarsi per un periodo di riposo. Alcuni amici che arrampicano ad un alto livello tecnico, sapendo che stiamo studiando per diventare fisioterapisti, ci hanno chiesto qualche consiglio riguardo diagnosi e trattamento della problematica subita. Dopo aver intuito che per il climber1 non sempre è chiaro il motivo che porta alla lesione e dopo esserci personalmente fatti qualche domanda sull’allenamento più adatto, abbiamo convenuto che il tema dell’arrampicata sportiva potesse prestarsi bene per il nostro lavoro di tesi. Si tratta infatti di un tema che ci appassiona e incuriosisce, dal quale sono sorti dubbi riguardo questioni anatomo-patologiche, bio-meccanica delle strutture coinvolte e programma di allenamento ideale. Inoltre pensiamo che la popolazione di arrampicatori, sia che pratichi la disciplina a livello amatoriale che competitivo, potrebbe trarre dal nostro lavoro informazioni importanti per la sua attività sportiva. Desideriamo inoltre che il nostro lavoro sia di utilità anche per medici e fisioterapisti, per comprendere meglio le caratteristiche di questo mondo con cui, visto l’aumento della partecipazione e degli infortuni, potranno sempre più trovarsi confrontati.

Abbiamo dunque effettuato piccole ricerche che ci aiutassero a confermare le nostre intuizioni. Da queste è emerso che recentemente l’arrampicata sportiva è diventata sempre più popolare, portando ad un aumento del numero di palestre d’arrampicata. Nell’arrampicata tradizionale gli infortuni sono causati prevalentemente da incidenti traumatici, cause climatiche e ambientali o dalla mancanza di un adeguata sicurezza (Peters 2001). Per contro, le particolarità dell’arrampicata sportiva e la grande partecipazione a questo sport hanno portato alla nascita di lesioni e sindromi da sovraccarico, localizzate maggiormente all’arto superiore (Schweizer 2012).

Abbiamo costatato che riguardo il trattamento delle lesioni menzionate esistono già molte conoscenze scientifiche. Data l’incidenza di dette lesioni, indirizzare la tesi verso il tema della prevenzione di problematiche causate dal sovraccarico, ancora poco indagato, ci è parsa una scelta opportuna. Riteniamo infatti che possa essere di utilità a tutti gli arrampicatori (qualsiasi sia il grado tecnico acquisito) e alle figure sanitarie che hanno a che fare con questa tipologia di pazienti e pensiamo sia una tematica fresca dalla quale possono nascere ulteriori ricerche. Come viene riportato nell’articolo di Della Santa e Kunz (1990):

“La miglior terapia è la prevenzione”

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2. INTRODUZIONE

2.1. Partecipazione

Negli ultimi venticinque anni, l’arrampicata sportiva è diventata sempre più popolare, portando ad un aumento delle palestre di arrampicata. In svizzera la prima palestra è stata aperta a fine anni ottanta e attualmente il loro numero è circa una sessantina (Schweizer 2012). In Ticino sono presenti una cinquantina di siti di arrampicata, tra falesie e palestre2.

L’aumento del numero delle palestre disponibili offre allo sportivo la possibilità di allenarsi negli orari a lui più congeniali e durante tutte le stagioni. La sicurezza è maggiormente garantita e questo permette di osare avventurarsi attorno se non oltre i propri limiti tecnici e fisici. Le abilità tecniche della persona possono così aumentare in breve tempo ma non sempre rispettando i periodi di adattamento richiesti dal corpo e senza l’esperienza data dal tempo. Se nell’arrampicata tradizionale venivano maggiormente sollecitati gli arti inferiori, la natura dell’arrampicata sportiva richiede agli arti superiori di supportare la maggior parte del peso del corpo di procedere con movimenti esplosivi e dinamici (Todd et al. 1998). Le caratteristiche appena descritte possono portare a sovraccarichi e infortuni delle strutture anatomiche, in particolare degli arti superiori.

2.2. Accenni di anatomia

Mano e avambraccio formano un‘unità funzionale importantissima per questo sport e vengono spesso maltrattati. L’allenamento di un arrampicatore è indirizzato verso l’incremento della forza delle dita e della mano: spesso sono proprio i metodi d’allenamento a provocare infortuni e sindromi da sovraccarico.

29 ossa, 38 muscoli e 3 nervi maggiori costituiscono mano e avambraccio. I muscoli rappresentano l’unità attiva ma sono presenti strutture passive quali tendini, legamenti, capsule articolari e pulegge. Ulna e radio costituiscono lo scheletro dell’avambraccio. Tra queste due ossa corre la membrana interossea che ripartisce tra di loro forza e pressione. L’articolazione del polso permette la flessione, l’estensione e le inclinazioni laterali. Le rotazioni sono a carico dell’avambraccio. Le ossa carpali che formano il polso sono collegate tra loro con tanti legamenti, piccoli e rigidi. L’apice di questi archi è posto sul lato palmare e forma un legamento forte chiamato Retinaculum flexorum, il quale delimita palmarmente il cosiddetto tunnel carpale, canale all’interno del quale corrono i flessori delle dita e il nervo mediano. L’articolazione metacarpo-falangea, situata alla base delle dita, permette la flessione, l’estensione, la rotazione e movimenti laterali (in misura limitata), utilizzando in flessione i piccoli muscoli della mano. I movimenti laterali permettono di accavallare le dita o di sovrapporle. Questa articolarità viene impiegata in arrampicata per arcuare una presa o tenere un buco. Le articolazioni interfalangea prossimale (PIP) e distale (DIP) permettono i movimenti di flesso-estensione. L’eccessiva estensione e l’eccessivo movimento laterale, necessari per l’arrampicata di dita in fessura, vengono impedite dalla capsula articolare e dai legamenti collaterali posti sui lati di ogni dito. I due gruppi di muscoli dell’avambraccio sono detti flessori ed estensori. I flessori superficiali delle dita si inseriscono sull’epicondilo mediale del omero e le rimanenti inserzioni si trovano sul radio e sull’ulna, appena sotto il gomito e si diramano fino alle dita. A causa delle inserzioni così distanti, quando gomito e dita sono flessi (come accade nell’arrampicata) la zona è

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3 sottoposta a grande tensione. Questo è uno dei motivi per cui i tendini degli scalatori spesso subiscono sindromi da sovraccarico. I flessori profondi hanno origine da radio e ulna. L’inserzione è costituita da un grosso tendine che si divide in tendini e muscoli più piccoli lungo la diramazione verso la mano e le dita. Ogni dito ha un muscolo flessore superficiale e uno profondo. Il tendine del muscolo superficiale si biforca nelle dita, inserendosi nella falange media in due punti. Il tendine del flessore profondo attraversa le diramazioni del flessore superficiale e si inserisce nella falange distale. Questa separazione ci consente di muovere in modo distinto la falange mediale e quella distale. Il muscolo flessore superficiale soffre di una condizione detta di “insufficienza funzionale”, perché diventa più debole in certe posizioni. Per intenderci, se si flette al massimo il polso fino a portare il palmo della mano quasi a contatto con l’avambraccio, sarà difficile o impossibile stringere il pugno. Il muscolo fornisce una grande forza quando il polso si trova in posizione opposta, di sovra-estensione, determinando una pre-tensione dei flessori delle dita e permettendo agli estensori di applicare forza alla mano. Ecco perché quando arcuiamo una piccola presa e ci serve il massimo della forza, assumiamo questa posizione. Non dobbiamo dimenticare che quando è richiesto il massimo della forza entrano in gioco anche i muscoli estensori. Ecco perché sarebbe utile allenare gli estensori quanto i flessori. I piccoli muscoli della mano hanno un’importante influenza sulla coordinazione del movimento delle dita. Nell’unità funzionale muscolo-tendinea, il punto debole è rappresentato dal tendine. Se avviene il fenomeno dell’ipertrofia, tendine e legamenti non accrescono le loro dimensioni alla stessa velocità del muscolo: questo può significare avere un muscolo più forte di quanto lo sia il tendine corrispondente. Un’altra problematica riguarda il tendine nella sua inserzione ossea. Dato che i tessuti di congiunzione sono diversi e il punto di unione sul quale si focalizza la forza muscolare è piccolo, questa zona tende a soffrire di infortuni. Gran parte del nutrimento dei tendini è fornito dai piccoli vasi sanguigni contenuti nelle guaine tendinee e distribuito tramite il liquido presente all’interno della guaina. Le lacerazioni della guaina e le sue infiammazioni (tenovaginiti), peggiorano ulteriormente il flusso sanguigno e la nutrizione già carente in alcune zone delle guaine. I tendini flessori corrono all’interno delle guaine. Nelle dita, le guaine sono tenute in posizione da cinque legamenti circolari chiamati “pulegge”. La prima puleggia si trova a livello della prima piega del palmo della mano, mentre le altre si trovano nella prima falange, nell’articolazione interfalangea prossimale e nell’articolazione interfalangea distale. Queste strutture entrano in tensione in varie posizioni delle dita. Nell’arcuare appigli con le dita, su piccole superfici e con un’iperestensione dell’articolazione interfalangea distale, le pulegge sopportano grandi tensioni e attriti. Un movimento brusco può portare alla loro rottura completa o parziale. Inoltre, ripetuti stress e microtraumi a queste strutture possono provocare sindromi da sovraccarico. (Hochholzer e Schoeffl 2007).

2.3. Epidemiologia

Backe et al. (2009) indicano che gli incidenti traumatici contano solo il 7% delle lesioni totali nell’arrampicata, contro il 93% rappresentato da problematiche di sovraccarico. Hochholzer e Schoeffl (2007, 29), elencando una rassegna di lesioni e sindromi da sovraccarico in arrampicata negli ultimi 10 anni, mostrano che oltre l’80% delle lesioni e sindromi da sovraccarico si concentrano all’arto superiore. Il 69% dei problemi è rappresentato da sindromi da sovraccarico e il 31% da lesioni acute. Inoltre si ritiene che la lesione più frequente sia quella della rottura delle pulegge e la sindrome da sovraccarico che ricorre maggiormente la tenovaginite delle dita mentre sono in aumento le problematica alle spalle e ai piedi.

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2.4. Lesioni acute e sindromi da sovraccarico

Le lesioni acute sono quelle causate da traumi acuti e l’esito potrebbe essere la rottura di un legamento o la frattura di un osso. Tipico dell’arrampicatore sportivo è scivolare sull’appoggio del piede mentre tiene una presa monodito. Le sindromi da sovraccarico si presentano invece in seguito a lunghi periodi di sollecitazioni a carico di una specifica zona del corpo, quando manca l’equilibrio tra ciò che è ragionevole e ciò che è troppo stressante per il fisico della persona. Sono lesioni che s’instaurano lentamente, creando microtraumi che, accumulati, possono portare a danni irreversibili. Generalmente queste lesioni colpiscono il tessuto connettivo, coinvolgendo quindi tendini, guaine tendinee e capsule articolari (Hochholzer e Schoeffl 2007).

2.5. Storia e tipi di arrampicata

Per comprendere la natura delle lesioni che interessano questo studio è necessario capire da dove nascono i tipi di arrampicata e le principali differenze tra queste discipline. Nel 1786 con la scalata del Monte Bianco da parte di Michel Gabriel Paccard e Jacques Balmat nasce l’interesse per l’alpinismo (Lourens 2007). Ai suoi albori è un’attività praticata principalmente da gentiluomini inglesi con l’obiettivo di ascendere le alpi.3 L’arrampicata su roccia nasce come costola dell’alpinismo e prende piede a partire da metà dell’Ottocento con un notevole sviluppo nel corso del ventesimo secolo. La disciplina dell’arrampicata sportiva nasce verso la fine degli anni settanta: l’arrampicata a bassa quota su brevi pareti rocciose non viene più praticata esclusivamente come allenamento in vista del raggiungimento di una vetta ma inizia a prendere piede come disciplina a sé stante con caratteristiche sportive. Lo scopo che si prefigge l’arrampicata sportiva è quello di ottenere la migliore performance di movimento nel completare un itinerario su una parete attrezzata. Questa si suddivide in arrampicata libera e artificiale. Contrariamente a quello che suggerisce il nome, l’arrampicata libera non presuppone l’assenza di corde. L’equipaggiamento viene infatti adoperato come protezione in caso di caduta (Lourens 2007) mentre per quanto riguarda l’arrampicata artificiale i punti di ancoraggio vengono utilizzati per aiutarsi nella progressione (Arrampicata Sportiva 2015). Verso gli anni cinquanta nasce negli Stati Uniti un altro tipo di arrampicata detto bouldering, che consiste nello scalare blocchi alti in media tre o quattro metri, senza ausili di sicurezza se non i crash pad, ovvero materassini da posizionare al suolo e gli spotter, altri arrampicatori che si posizionano ai piedi del masso con lo scopo di proteggere la persona da eventuali cadute, facendola atterrare sul materassino. A differenza dell’arrampicata sportiva o classica, richiede solitamente sforzi di breve durata ma molto intensi, che raggiungono in media i sette-otto movimenti.

In passato le vie da percorrere non erano eccessivamente ripide e offrivano ampi appoggi e appigli. Grazie allo sviluppo di nuovi materiali tecnici, i climbers possono ora scalare pareti strapiombanti e raggiungere gradi di difficoltà sempre maggiori, che superano il nono grado (francese). Questo motivo insieme ad altri che citeremo in seguito, contribuiscono alla nascita di sindromi da sovraccarico.

2.6. Scale della difficoltà

Nell’arrampicata ci si avvale di scale di valutazione della difficoltà, con la quale viene gradata la via o il problema. Per comprendere alcuni dati di questo studio, è necessario dare alcune delucidazioni. Uno dei primi sistemi di valutazione della difficoltà è stato inventato dagli inglesi, ma ha subito dei cambiamenti nel corso degli anni. Per rappresentare meglio il grado tecnico, fu ideato un altro sistema che alle cifre aggiunge

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5 una suddivisione in a, b e c. Negli anni trenta gli americani adottano il sistema europeo che utilizza una semplice classificazione da 1 a 64. Nei primi anni cinquanta i leggendari scalatori Royal Robbins e Don Wilson modificarono il sistema suddividendolo ulteriormente e crearono lo Yosemite Decimal System, tutt’ora in uso. Non sono gli unici sistemi di valutazione esistenti: nella figura 1 sono riportati i sistemi di classificazione della difficoltà nell’arrampicata più diffuse. In ogni caso la classificazione rimane ancora oggi argomento di accesi dibattiti, in quanto varia da paese a paese ed è basato su impressioni soggettive (Lourens 2007).

2.7. Tecniche di presa

Un ultimo chiarimento dev’essere dato per poter comprendere meglio questo studio. Per risolvere il problema che la parete propone, l’arrampicatore si avvale di diverse tecniche e prese. In base al tipo di roccia e alla sua conformazione, il climber si muove nella maniera a lui più opportuna per oltrepassare l’ostacolo. Esistono vari tipi di appigli per le mani, che si possono riconoscere in base alla loro forma. Di seguito descriviamo le 4 prese di base che vengono utilizzate frequentemente dagli arrampicatori secondo Jebson e Steyers (1997). La posizione che deve assumere la mano per adattarsi alla presa induce forze di trazione che possono, a lungo andare, lesionare i tessuti molli dell’arto superiore.

4 I gradi da 1 a 3 indicano una passeggiata o una semplice arrampicata, il grado 4 un’arrampicata più impegnativa ma senza corda, il grado 5 un’arrampicata libera più dura e il 6 un’arrampicata artificiale. Figura  1:    tabella  internazionale  delle  difficoltà  

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2.7.1. Open grip

Viene utilizzata per afferrare prese larghe. L’articolazione interfalangea prossimale è flessa di circa 80° e genera così più flexion torque5. Questa presa spesso si tramuta poi nella presa detta crimp, nel momento in cui il climber si spinge verso l’alto per proseguire sulla via.

2.7.2. Full crimp grip

Viene utilizzata per afferrare prese piccole, di circa due centimetri di profondità. L’articolazione interfalangea prossimale viene flessa oltre i 90° mentre l’articolazione interfalangea distale é iperestesa. Il pollice spesso viene posto sopra l’indice per aumentare la forza di tenuta.

2.7.3. Climbing Crack

Le dita o l’intero braccio (a dipendenza dell’ampiezza della fessura) vengono inserite nella fessura: su di loro agiscono alte forze di torsione. (Schweizer 2012).

2.7.4. One finger pocket

L’anulare o il dito medio sono utilizzati in una posizione quasi totalmente estesa per sostenere tutto il peso del corpo, mentre le altre dita sono completamente flesse. L’articolazione interfalangea prossimale è flessa di circa 10-20 gradi e l’interfalangea distale di circa 40 gradi. Le articolazioni interfalangee delle dita adiacenti si trovano appunto in massima flessione, provocando un aumento della forza massima di flessione del 48 percento (Schweizer 2002).

5 In fisica : « momento meccanico », da non confondere con il termine « torsione ».

Figura  2:  open  grip  

Figura  3:  full  crimp  grip  

Figura  4:  climbing  crack  

Figura  5:  one  finger   pocket  

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2.8. La prevenzione nell’arrampicata

Per quanto riguarda il trattamento delle lesioni indagate in questo studio, esistono in letteratura numerose evidenze. Non si ritiene dunque necessario concentrarsi su questo aspetto già noto. Viene ritenuto più utile focalizzare la tesi sulla tematica della prevenzione nell’ambito dell’arrampicata per diminuire il rischio di sviluppare lesioni e sindromi causate dal sovraccarico, dato che si tratta di un tema poco indagato ma di grande rilevanza data la crescente partecipazione e l’aumento di problematiche.

2.9. Obiettivi

Gli obiettivi di questa tesi sono molteplici. Innanzitutto si desidera individuare le principali lesioni e sindromi da sovraccarico localizzate all’arto superiore dovute dall’arrampicata e identificarne l’eziopatogenesi. Dopo di che si vuole mettere a confronto i dati epidemiologici estrapolati dalla letteratura scientifica e far emergere eventuali correlazioni con la popolazione locale di arrampicatori. Infine si vuole rilevare lo stato di conoscenza e l’interesse della popolazione di arrampicatori in merito alla prevenzione di dette lesioni.

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3. METODOLOGIA

Le ricerche di background hanno evidenziato la presenza di una vasta letteratura che descrive le lesioni tipiche dell’arrampicata, mostrando però nel contempo una lacuna per quanto concerne la prevenzione delle suddette lesioni. La metodologia scelta è stata dunque: da un lato la ricerca di letteratura scientifica per raccogliere informazioni medico-tecniche precise su anatomia, eziopatogenesi, diagnosi e trattamento, dall’altro lato la somministrazione di questionari a un campione della popolazione di arrampicatori per raccogliere informazioni in merito allo stato di conoscenza e al bisogno della popolazione di maggiori nozioni in merito a queste problematiche. Ci si è presto resi conto che nell’ambito dell’arrampicata c’è un fattore che non può essere tralasciato, ovvero l’esperienza. La sola letteratura e le modeste conoscenze tecniche della pratica sportiva in possesso degli autori di questo lavoro non ci permettevano di fornire tutte le risposte necessarie. Si è così deciso di proporre delle interviste a personaggi significativi.

3.1. Ricerca della letteratura

La ricerca della letteratura è stata svolta mediante le banche dati PubMed e PEDRO. Sono inoltre stati consultati dei libri e le pubblicazioni del dottor Andreas Schweizer. PEDRO non conteneva nessun articolo specifico relativo al nostro tema.

La ricerca su PubMed è stata dapprima vaga: da questa prima ricerca di background abbiamo potuto stabilire le seguenti parole chiave unite dagli operatori booleani OR e AND.

• Mountaineering (termine MeSH), rock climbing, sport climbing, indoor climbing, boulder, climbing;

• Cumulative trauma disorder (termine MeSH), overuse.

La costruzione della stringa di ricerca ha infine portato alla seguente:

("mountaineering"[MeSH Terms] OR (rock climbing[All Fields]) OR sport climbing[All Fields] OR (indoor climbing[All Fields]) OR boulder[All Fields] OR climbing[All Fields]) AND ("cumulative trauma disorders"[MeSH Terms] OR overuse[All Fields]).

3.2. Selezione degli articoli

I seguenti criteri sono stati applicati per decidere quali articoli tenere in considerazione:

3.2.1. Criteri d’inclusione

• Oggetto dello studio: problematiche legate all’arrampicata; • Struttura coinvolta: arti superiori;

• Tipo di lesione: lesioni da sovraccarico.

3.2.2. Criteri d’esclusione

• Oggetto dello studio: approcci chirurgici e metodi diagnostici non clinici; singola lesione;

• Struttura coinvolta: arti inferiori, tronco e testa; • Disegno dello studio: case study;

• Tipo di lesione: lesioni acute; • Popolazione: non umani;

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9 • Datazione: articoli più vecchi dell’anno 20006; articoli pubblicati oltre il 18 febbraio

2015.

3.2.3. Processo di raccolta dati

La visione del titolo e dell’abstract degli articoli ha permesso di eliminare buona parte della letteratura che non corrispondeva ai criteri sopra citati, la lettura degli articoli rimanenti ha portato all’esclusione di altri articoli.

3.3. Questionario

Nella strutturazione del questionario da sottoporre al campione di arrampicatori sul suolo ticinese si sono volute indagare diverse tematiche. Tra queste le ipotesi citate negli articoli letti: i diversi autori ipotizzano che età, BMI, frequenza di arrampicata, livello di difficoltà, tipo di arrampicata, abbiano un’influenza sull’incidenza delle lesioni indagate in questo lavoro di tesi. In secondo luogo si è voluto scoprire quanti climbers abbiano già avuto problematiche fisiche legate all’arrampicata, di che tipo queste siano state e a chi si fossero rivolti per trattarle. Un terzo aspetto che è stato investigato è quello relativo alla prevenzione: alcune domande miravano a far emergere la conoscenza del campione riguardo le lesioni descritte in letteratura e all’esistenza di metodi preventivi, in particolare si è sondato cosa gli stessi arrampicatori facessero per evitare di farsi male arrampicando. Non da ultimo il questionario aveva anche lo scopo di indicare l’esistenza di una categoria idonea (e con la volontà necessaria) a seguire un programma di prevenzione. Il questionario si compone di domande chiuse e domande aperte, lasciando spazio a precisazioni e commenti da parte dei partecipanti.

3.3.1. Somministrazione del questionario

Il questionario è stato somministrato agli utenti del centro di arrampicata Evolution di Taverne, previo consenso del gestore, a partire dal 15 gennaio 2015.

3.3.2. Raccolta dati

I questionari sono stati raccolti alla fine del mese di febbraio 2015 e le risposte alle domande codificate in un foglio Excel. Per facilitare questo compito è stato creato un code book in modo da velocizzare la digitalizzazione dei dati e da facilitarne in seguito l’analisi. Per quanto riguarda le domande aperte, entrambi gli autori di questo lavoro di tesi hanno visionato separatamente i questionari, provando a raggruppare le risposte. Dopodiché c’è stato un confronto e si è giunti a definire delle categorie di senso comuni.

3.3.3. Analisi dei dati

I dati raccolti sono stati analizzati tenendo conto delle ipotesi iniziali di questo lavoro. Sono state calcolate le correlazioni tra il numero di soggetti aventi subito lesioni e la loro età, genere, il loro BMI, la frequenza con cui arrampicano, la disciplina che praticano maggiormente. Si è analizzato il sito degli infortuni e stabilito quali erano le lesioni più frequenti. Sono state estrapolate informazioni relative alla conoscenza dei soggetti in merito alla prevenzione delle lesioni, al loro interesse e alla loro disponibilità a conoscere e mettere in atto delle misure preventive nel loro allenamento, come anche a che figura sanitaria si sono rivolti gli infortunati e se la problematica si è presentata più volte.

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3.4. Interviste

Delle interviste semi-strutturate sono state effettuate a esperti nel campo dell’arrampicata, dell’allenamento e della medicina. Nonostante il parere d’esperto abbia la valenza più bassa nell’ambito scientifico, in questo specifico campo l’esperienza empirica è un valore aggiunto che non può essere trovato in letteratura.

3.4.1. Nina Caprez

La prima intervista è stata fatta a Nina Caprez, arrampicatrice svizzera di livello mondiale. Nina è nata nel 1986 e ha incominciato ad arrampicare all’età di 11 anni. Ora alle competizioni preferisce vie lunghe in falesia ma pratica anche il bouldering. Ha salito vie di grado 8c+ (scala francese).

Le domande erano mirate a far emergere lo stato di conoscenza e le credenze relative alla prevenzione tra gli atleti d’élite. S’indagava inoltre la messa in atto di misure preventive nel programma d’allenamento e se l’atleta avesse già avuto problematiche legate all’arrampicata. L’intervista è stata svolta in francese, registrata consensualmente e in seguito trascritta.

3.4.2. Reto Pezzoli

La terza intervista è stata fatta al dottor Reto Pezzoli, medico generalista FMH. Il dottor Pezzoli oltre ad avere una certificazione in medicina generale e un attestato di formazione complementare in medicina sportiva, pratica l’arrampicata a livello amatoriale e può vantare di aver affrontato vie di alta difficoltà: arrampica infatti da oltre quarant’anni ed è stato tra i pionieri dell’arrampicata moderna in Ticino. Le domande miravano a indagare le credenze di un arrampicatore esperto con vaste conoscenze mediche, le conoscenze specifiche delle lesioni descritte in questo lavoro di tesi e la casistica di persone infortunate durante l’arrampicata nel territorio ticinese. Si è inoltre voluto capire, dal punto di vista di un medico, che importanza viene data alla figura del fisioterapista nella riabilitazione peraltro molto settoriale dell’arrampicatore e nell’azione preventiva verso questa categoria. Non da ultimo, il tema centrale di questo lavoro è stato con lui approfondito: la prevenzione delle lesioni da sovraccarico agli arti superiori. L’intervista è stata registrata consensualmente e in seguito trascritta.

3.4.3. Marco Pagani

La seconda intervista è stata fatta a Marco Pagani, istruttore d’arrampicata, docente di sport e istruttore diplomato di arrampicata. La sua passione lo spinge a tenersi informato ed aggiornato sulla tematica della prevenzione degli infortuni. Oltre ad essere arrampicatore di alto livello (supera il grado 8), si impegna a chiodare nuove vie sul territorio ticinese. Si possono trovare ulteriori informazioni sul suo sito internet “www.verticalemotions.ch”. Essendo istruttore, Pagani ha a che fare con molti arrampicatori: dal principiante che vuole apprendere i rudimenti al giovane atleta che necessita di un piano d’allenamento preciso e di supervisione per migliorare la tecnica. Di conseguenza le domande erano mirate a far emergere il suo parere relativo all’allenamento, ai rischi, alle lesioni e alla prevenzione di quest’ultime. L’intervista è stata registrata consensualmente e in seguito trascritta.

3.4.4. Analisi dei dati

Dalle trascrizioni delle interviste sono stati elaborati dei testi che riassumono gli argomenti emersi e sui quali l’intervistato poneva l’accento. In particolare si sono confrontate le credenze relative alla dinamica delle lesioni e all’impatto delle attività di prevenzione.

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4. RISULTATI

4.1. Letteratura

La strategia di ricerca presentata nel capitolo precedente ha permesso di reperire 36 articoli sulla banca dati PubMed. Di questi 24 sono stati scartati dopo la visione del titolo o dell’abstract in quanto non pertinenti al tema di questo lavoro. Dei restanti 12 articoli, altri 4 non corrispondevano ai criteri d’inclusione o rientravano nei criteri d’esclusione stabiliti. Si è potuto dunque restringere il numero di articoli a 8.

4.1.1. Diagramma

La figura 6 illustra il processo di selezione degli articoli.

36 articoli prodotti

dalla stringa di ricerca • 9 scartati in quanto trattavano altre Visione di titolo ed abstract: parti del corpo o altri aspetti

• 4 scartati in quanto trattavano di interventi, diagnostica strumentale o altri sport

• 4 scartati perché riferiti a singole lesioni

• 7 scartati in quanto non riferiti alle lesioni oggetto di questo studio 12 articoli rimasti

Lettura articolo: • 4 scartati perché in

tedesco

8 articoli oggetto della revisione della letteratura

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4.1.2. Descrizione degli articoli

In questa sezione verranno riassunti gli articoli oggetto di questa revisione.

4.1.2.1. Articolo n°1

SPORT CLIMBING FROM A MEDICAL POINT OF VIEW. (Swiss Medical Weekly)

La maggior parte delle lesioni nell’arrampicata sono dovute al sovraccarico piuttosto che a traumi acuti e riguardano soprattutto la spalla. Con lo sviluppo di questo sport, la localizzazione degli infortuni è cambiata considerevolmente: nell’alpinismo classico le lesioni sono dovute alle rare cadute e possono causare fratture dell’arto inferiore, del tronco o della testa. Mentre nell’arrampicata sportiva è quasi inevitabile la caduta in quanto l’atleta spinge al suo limite la performance. La difficoltà delle vie, l’inclinazione della parete e le piccole prese causano pattern di lesioni differenti. Questa nuova varietà di patologie dovrebbe essere conosciuta da medici e terapisti che lavorano nel campo della medicina sportiva. Il 67% delle problematiche su 604 infortuni riguarda l’arto superiore e la spalla (Schoffl et al. 2003), mentre nel bouldering oltre l’80% (Josephsen et al. 2007). Le dita e le spalle sono le zone maggiormente colpite.

Questo articolo propone uno sguardo sulle principali e specifiche lesioni associate all’arrampicata sportiva e al bouldering.

ü Lesioni delle pulegge dei tendini flessori delle dita

La “crimp grip position” viene utilizzata dagli arrampicatori più del 90% delle volte (Bollen 1990; Marco et al. 1998). La posizione che assumono le dita causa attrito tra i tendini flessori e le pulegge (Schweizer 2003; Schoffl et al. 2009). Viene così danneggiata questa unità funzionale e possono verificarsi strappi o rotture delle pulegge.

Nel dito medio e nell’anulare la puleggia A2 è coinvolta da una e mezzo a due volte di più rispetto la A4. Il miglior modo per prevenire infortuni alle pulegge è un corretto riscaldamento ed evitare la crimp grip position. Vengono consigliati esercizi di flessione delle dita con una gomma di silicone e un aumento graduale del peso sulle dita in flessione arrampicato 20-30 minuti. È stato dimostrato che nei primi 100-120 movimenti d’arrampicata l’ammontare del “bowstringing7” fisiologico dei tendini flessori mostra un incremento che supera il 30%. Viene dunque raccomandato di scalare 3-4 vie con almeno 40 movimenti o di arrampicare 8-12 problemi con intensità crescente per chi pratica il bouldering (Schweizer 2001).

La tenosinovite cronica dei tendini flessori è la seconda problematica più frequente nei climbers.

ü Lesioni causate dalla presa “one or two finger pockets”

In vie difficili d’arrampicata sportiva, particolarmente su pareti di calcare, piccolissime cavità, chiamate prese monodito o bidito, sono profonde a sufficienza per ospitare la

7 La forza esercitata sul tendine durante la flessione del dito provoca la sua separazione dall’osso e sembra formarsi un arco.

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13 falange distale di una o due dita. Assumere questa posizione significa aumentare del 50% la forza di flessione massimale applicata sulle fibre della muscolatura dell’avambraccio (Schweizer 2001). L’utilizzo di questa tecnica induce forze in direzioni differenti sul tendine del FDP, dalla quale originano i muscoli lombricali che possono conseguentemente subire uno strappo o una rottura.

ü Fessure (crack climbing): durante l’arrampicata di fessure, alte forze di torsione agiscono sulle dita e questo può provocare fratture, strappo dei legamenti o la dislocazione delle articolazioni delle dita.

ü Il polso: può subire fratture distali del radio, lesioni ai legamenti, frattura dello scafoide.

ü Le articolazioni delle dita di giovani arrampicatori

Arrampicare frequentemente su vie impegnative e tenere piccole prese induce dei cambiamenti ossei nelle articolazioni delle dita (Hahn et al. 2012). Se l’arrampicata induce artrosi degenerativa è ancora oggetto di dibattito (Bolle et al. 1994; Sylvester et al. 2006). Vengono però descritti cambiamenti a lungo termine nelle articolazioni di arrampicatori, visibili alle radiografie: formazione di osteofiti, sclerosi sub-condrale e avvicinamento della rima articolare. Per prevenire lo sviluppo di questi cambiamenti viene raccomandato di non utilizzare la crimp-grip-position con una flessione dell’articolazione interfalangea prossimale che supera gli 80-90° e di cercare di mantenere nell’articolazione interfalangea distale una flessione di circa 5-15° (Moor et al. 2009). Questa presa deve essere evitata soprattutto da bambini e giovani adolescenti (Hochholzer et al. 2005; Pfeifer et al. 2000).

ü Problemi neurologici e di altri tessuti molli dell’arto superiore: sindrome del tunnel carpale (Peters 2001), compressione dei nervi digitali (Ghiggio et al. 1991), cisti gangliari in prossimità delle puleggie A1 e A2, epicondilite o epitrocleite.

Sindrome del tunnel supinatore: si tratta di un problema che origina dal nervo radiale al gomito e prossimalmente all’avambraccio.

Per prevenire sindromi da sovraccarico e uno squilibrio muscolare, viene consigliato un rinforzo degli antagonisti dei flessori e degli intra-rotatori dell’arto superiore.

ü La spalla: l’arrampicata richiede un ampio ROM della spalla e alte forze vengono trasmesse a questa articolazione. La maggior parte delle patologie alla spalla sono dovute ad un carico eccessivo e alla ripetizione di micro-traumi.

Possono verificarsi tendinite del bicipite, SLAP (lesione al cercine della spalla), borsite sub-acromiale.

Per la prevenzione di queste problematiche viene raccomandato il regolare esercizio degli antagonisti dei rotatori interni e dei flessori della spalla. I giovani arrampicatori dovrebbero inoltre evitare di sostenere l’intero peso del loro corpo con i muscoli della spalla rilassati durante i movimenti dinamici.

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4.1.2.2. Articolo n°2

ACUTE INJURIES AND OVERUSE SYNDROMES IN SPORT CLIMBING AND BOULDERING IN AUSTRIA: A DESCRIPTIVE EPIDEMIOLOGICAL STUDY. (The

Central European Journal Of Medicine)

Secondo l’articolo di Jones et al. circa il 50% dei climbers hanno sofferto di una lesione negli ultimi 12 mesi (Jones et al. 2008). Problematiche nell’arrampicata sono molto frequenti e più della metà riguardano polso e mano (Logan et al 2004). Secondo un altro studio il 90% di tutte le lesioni riguardano la parte superiore del corpo e le estremità superiori (Largiader et al. 1993).

Questo studio vuole valutare le lesioni e le sindromi da sovraccarico nell’arrampicata sportiva e nel bouldering in Austria e investigare come varia l’incidenza di tali problematiche tra specifici gruppi di climbers.

In questo studio è stato somministrato un questionario per valutare (a) caratteristiche demografiche antropometriche, (b) esperienza d’arrampicata e livello di abilità e (c) informazioni riguardo lesioni legate all’arrampicata. Sono stati raccolti i questionari di 193 arrampicatori, 133 uomini e 60 donne. L’indagine è stata condotta tra l’estate del 2009 e quello del 2010, tramite un sito web visitato da arrampicatori austriaci. Sono stati esclusi arrampicatori minorenni e con meno di 6 mesi di esperienza d’arrampicata. Sono state riportate 374 lesioni e sindromi da sovraccarico da parte di 130 partecipanti (67,4%). Il 56,7% degli infortuni riguarda strappi e rotture delle pulegge delle dita, epicondilite laterale del gomito e rotture o fratture dell’articolazione della caviglia. Il 71,1% delle lesioni riportate coinvolgono l’arto superiore, il 23,5% l’arto inferiore e il 20% il tronco. I risultati di questo studio suggeriscono che il rischio di soffrire di sindromi da sovraccarico, dipende dal genere (l’uomo ha un rischio maggiore rispetto la donna), dall’età e dall’esposizione a stress dovuto all’arrampicata. Il “climber’s elbow” è una problematica che si riscontra frequentemente in questa popolazione: si tratta di tendinite cronica dei muscoli bicipite brachiale e brachiale. Altre diagnosi tipiche sono il gomito del tennista e del golfista. In questo studio le lesioni appena nominate vengono citate sotto la voce “epicondilite" e raggiungono il 13.1% di tutte le problematiche.

4.1.2.3. Articolo n°3

INDOOR ROCK CLIMBING: WHO GETS INJURED? (British Journal of Sports

Medicine)

Le sindromi da sovraccarico ammontano ad oltre l’80% delle lesioni che si verificano nelle palestre indoor d’arrampicata (Humphries 1998; Rooks et al. 1995; Shea et al. 1992). Alcune ricerche suggeriscono che il 75-90% dei climbers probabilmente svilupperanno una sindrome da sovraccarico localizzata all’arto superiore (Rooks et al. 1995; Shea et al. 1992; Holtzhausen et al. 1996). La problematica più comune viene chiamata “climber’s finger” (Humphries 1998; Bollen 1988; Preston et al. 1990) nella quale viene danneggiato il sistema delle pulegge dei tendini flessori delle dita. La puleggia A2 è quella che subisce lesioni più frequentemente. Studi precedenti hanno dimostrato che la puleggia A2 dell’anulare viene lesionata nel 26% degli arrampicatori

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15 che fanno competizione e che nel 69% delle lesioni alla mano è proprio quest’area del terzo e del quarto dito ad essere colpita (Bollen 1988).

L’obiettivo di questo studio è determinare la frequenza delle lesione da sovraccarico nelle palestre indoor d’arrampicata, i siti più comuni che vengono colpiti da queste problematiche e i fattori che influenzano la probabilità che il climber soffra di questa problematica arrampicando in una palestra.

Vengono distribuiti 300 questionari a spettatori e concorrenti dell’ “Entre Prises World Climbing Championship” tenutosi durante 3 giorni a Birmingham nel 1999, con l’obiettivo di indagare le sindromi da sovraccarico. L’unico criterio d’inclusione nel campione consiste nell’aver già arrampicato in una palestra indoor. 5 questionari sono stati scartati e i restati 295 sono stati oggetto di analisi.

Il 44% degli intervistati ha subito una lesione da sovraccarico, il 19% in più di una parte del corpo. Il sito più comune è alle dita. Viene dimostrato che la probabilità di subire un infortunio durante l’arrampicata è maggiore negli uomini che arrampicano da più di 10 anni vie difficili. Inoltre il rischio è maggiore nei boulderisti o negli arrampicatori che fanno vie da primo e minore per chi arrampica in “top rope”.

Concludendo, si osserva che molti climbers subiscono infortuni. Le persone a rischio maggiore sono quelle più abili e che si cimentano in questo sport con maggior dedizione. Gli arrampicatori dovrebbero essere consapevoli dei fattori che inducono problematiche da sovraccarico e riconoscere i segni e sintomi di un’imminente lesione.

4.1.2.4. Articolo n°4

ORTHOPEDIC PROBLEMS IN SPORT CLIMBING. (Wilderness and Environmental

Medicine)

Lo sviluppo del materiale tecnico d’arrampicata insieme all’aumento delle richieste che vengono fatte al corpo dello sportivo, ha causato la nascite di specifiche lesioni e sindromi da sovraccarico localizzate maggiormente nell’arto superiore, dove viene richiesta forza massimale e resistenza. Queste lesioni coinvolgono in primo luogo tessuti molli, legamenti, tendini e capsule articolari, che richiedono un lungo tempo di adattamento e conseguentemente anche i muscoli, che si adattano più rapidamente alle richieste (Limb 1995; Öttl et al. 1997, Bollen 1994; Burtscher et al. 1987; Leal et al. 1987).

Questo articolo presenta una panoramica sulle problematiche ortopediche come lesioni acute, sindromi da sovraccarico e fratture, che può subire chi pratica l’arrampicata sportiva.

Arto superiore: circa il 75% degli arrampicatori sportivi soffre di sindromi da sovraccarico o lesioni all’arto superiore a causa dello stress dato dalle pareti artificiali verticali o strapiombanti. Le strutture maggiormente coinvolte sono le dita e il polso, che rappresentano il 60% delle problematiche. Il restante 40% è suddiviso equamente tra gomito e spalla (Bollen 1994; Rooks 1997; Bollen 1990; Bollen 1988; Shea et al. 1992). L’articolazione interfalangea prossimale delle dita della mano è la maggiormente

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16 coinvolta. La tipica crimp-grip position è spesso causa di lesioni alle strutture delle dita, soprattutto del terzo e quarto dito.

Accusare rigidità e deficit di mobilità alla mattina presto sono i primi sintomi di sovraccarico. Se si tratta di un problema cronico, segni e sintomi includono gonfiore alla capsula articolare, dolore alla pressione e al movimento e in alcuni casi instabilità dell’articolazione. Alla risonanza magnetica è possibile osservare ipertrofia del legamento collaterale e versamento cronico nell’articolazione con sinovite. Cambiamenti degenerativi consistono nella formazioni di piccoli osteofiti e ingrossamento dell’area articolare.

Le forze di taglio che agiscono tra tendine e guaina tendinea, specialmente quando le dita si aggrappano a piccole prese, possono indurre a tenosinovite dei flessori. Anche in questo caso il terzo e il quarto dito sono i più coinvolti (Rooks 1997; Bannister et al. 1986; Holtzhausen et al. 1996; Robinson 1993; Heuk et al. 1992; Öttl et al. 1997; Leal et al. 1987; Haas et al. 1995; Bollen 1990; Bollen 1988; Bollen 1994; Della Santa et al. 1990; Hochholzer et al. 1997;Hochholzer et al. 1991; Keinath 1992; Krause et al. 1987; 1995;Rotman 1987; Wyatt et al. 1996; Rohrbough et al. 1998).

Per alleviare i sintomi del sovraccarico, deve essere identificato l’errore nello stile d’arrampicata che produce la problematica e opportuni cambiamenti devono essere applicati. Questi includono la diminuzione del peso che viene scaricato sull’arto superiore, evitare la crimp-grip position e applicare un programma meno stressante, inserendo un riscaldamento, aumentando i tempi di riposo e effettuando esercizi di stretching. In alcuni casi è necessaria la cessazione dell’attività sportiva per un determinato periodo.

La distorsione o la rottura del legamento collaterale delle articolazioni delle dita è possibile se l’arrampicatore sta utilizzando un mono-dito e cade o gli scivolano via dagli appoggi i piedi: in questo modo alte forze di taglio vengono trasmesse a carico delle dita. Questo incidente può provocare instabilità all’articolazione (Öttl et al. 1997; Bollen 1990; Holtzhausen et al. 1996, Robinson 1989). Particolare attenzione dev’essere posta alle pulegge delle dita. Si tratta di dense strutture anulari che mantengono la sede del tendine flessore digitale profondo e superficiale. La crimp-grip position trasmette forze elevate a queste strutture, soprattutto alla puleggia A2, localizzata a metà della falange prossimale. È infatti la lesione più frequente tra gli arrampicatori. Questa lesione normalmente avviene se il climber cade o scivola e coinvolge più frequentemente il dito anulare e quello medio (Öttl et al. 1997; Bannister et al. 1986; Bollen 1990; Bollen 1988; Holtzhausen et al. 1996; Krause et al. 1987; Robinson 1993; Wyatt et al. 1996; Heuk et al. 1992; Kascenska et al. 1992; Gabl et al. 1992; Lin et al. 1989; Manske at al. 1977; Moutet et al. 1993; Osius 1992; Wilhelm et al. 1990).

Il problema più comune che colpisce il polso è la sindrome del tunnel carpale, presente in circa il 10% degli arrampicatori d’élite. Per quanto riguarda il gomito, possono verificarsi epicondilite laterale e mediale, tendinite del muscolo brachiale (climber’s elbow) e tendinite al tricipite. Infatti frequenti stress sulle inserzioni dei tendini provocano microtraumi e conseguentemente tendinite. In questi casi è necessario che la forza del climber sia bilanciata tra flessori ed estensori e bisogna seguire quotidianamente esercizi di stretching.

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17 Le problematiche che concernono la spalla sono comuni dato che gran parte dell’arrampicata viene fatta con le mani posizionate sopra la testa. Il dolore che viene accusato può essere causato da un impingement (primario o secondario) o da tendinite del bicipite. L’impingement primario può essere causato da uno squilibrio e da lesioni della cuffia dei rotatori dovuti ad errori nell’allenamento. L’impingement secondario può nascere da lesioni del labbro superiore (SLAP) che porta ad instabilità dell’articolazione. Anche in questo caso la causa può essere ricondotta alla posizione che assumono le braccia e alle forze che si applicano quando ci si spinge per proseguire la via (Burtscher et al. 1987; Rooks 1997; Hochholzer et al. 1993; Hirasawa et al. 1983)

L’articolo prosegue menzionando fratture e infortuni all’arto inferiore, che sono meno comuni nell’arrampicata sportiva rispetto all’arto superiore.

Figura  7:  Immagine  intraoperatoria  della  rottura  delle  pulegge  A2  e  A3  

Conclusioni: quando un terapista tratta un arrampicatore sportivo, deve essere a conoscenza delle sindromi da sovraccarico e delle lesioni tipiche relative a questo sport che è in rapida crescita. Inoltre deve caricarsi di buona pazienza e prendersi il tempo di spiegare al paziente nel dettaglio queste problematiche e il programma di riabilitazione che deve seguire se non vuole incappare in recidive che portano alla cronicità del problema. Non deve essere sottovalutata la prevenzione che consiste nel riscaldamento, sessioni di stretching e schemi di allenamento con incremento graduale e periodi di riposo.

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4.1.2.5. Articolo n°5

OVERUSE INJURIES IN THE ELITE ROCK CLIMBER. (Medicine & Science in Sports

& Exercise)

Prima del 1986 la letteratura inglese riguardo l’arrampicata su roccia si focalizzava su lesioni causate da traumi generati durante le cadute oppure su problematiche dovute all’altitudine (Addiss et al. 1989: Bowie at al. 1988; Cavaletti et al. 1990; Ferris 1963; Houston 1960, McLennan et al. 1982, Schussman et al. 1982). Dopo di che numerosi autori hanno riconosciuto che il trend riguardo le problematiche legate all’arrampicata si è spostato a favore di lesioni dovute al sovraccarico. Numerosi studi basati su questionari hanno dimostrato che la maggior parte delle lesioni da sovraccarico colpisce l’arto superiore, più precisamente l’articolazione interfalangea prossimale delle dita della mano (Bannister et al. 1986; Bollen 1988; Della Santa et al. 1990; Largiader et al.. 1993; Maitland 1992; Shea et al. 1992).

La guaina del tendine flessore che si trova nella mano è una struttura che include una serie di spessi tunnel fibrosi o pulegge. queste strutture tengono il tendine flessore vicino allo scheletro durante tutto l’arco di movimento. La loro rottura può causare “bowstringing”, ovvero la separazione del tendine dall’osso durante la flessione del dito. Il sistema delle pulegge dei tendini flessori, include cinque pulegge anulari, dall’A1 all’A5. Le pulegge più importante nella prevenzione del “bowstringing” risultano essere l’A2, attaccata alla falange prossimale delle dita e l’A4, attaccata alla falange media. Bollen sostiene che il 26% di 67 arrampicatori che sostengono competizioni subiscono la rottura della puleggia in zona dell’articolazione prossimale delle dita (Bollen et al. 1990). Nell’arrampicata agonistica si possono incontrare molte altre problematiche all’arto superiore, come epicondilite del gomito, dolori cronici alla spalla, lesioni croniche al legamento collaterale e “contratture fisse durante la flessione nell’articolazione interfalangea prossimale“(Bollen 1990; Bollen et al. 1990). Venne pubblicato un caso di sindrome del tunnel carpale acuta, conseguente a sovraccarico e indicò come possibile predisposizione queste condizioni negli arrampicatori (Lewis et al. 1993).

L’obiettivo di questo studio è di esaminare un gruppo di arrampicatori élite per la prevalenza di rotture delle pulegge e descrivere altre sindromi che si riscontrano spesso in questa popolazione.

Metodo: 42 concorrenti dell’American Sport Climbing Federation National Championship del 1995 sono stati esaminati tramite la somministrazione di un questionario che indaga le lesioni e tramite la valutazione dell’arto superiore.

Risultati: il numero delle lesioni ammonta a 126. Di queste, il 63% si situa alla mano, il 37% altrove nell’arto superiore. Solo un atleta non ha riportato problematiche. La Tabella 2 riporta la prevalenza delle lesioni subite da questa popolazione. Non sono state trovate associazioni tra il numero delle lesioni e l’età del climber o il livello di abilità.

Noduli al tendine flessore possono essere apprezzati alla palpazione del palmo di molti arrampicatori. Gli arrampicatori che soffrono di dolori alla puleggia A2 sono significativamente più anziani (età media di 30,7 ± 8,2 anni contro 22,6 ± 5,9 anni) di quelli che non soffrono questo dolore.

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19 I risultati di questo studio suggeriscono un possibile gruppo di lesioni acute e croniche tipiche del sovraccarico e che si possono facilmente riscontrare nella popolazione di arrampicatori d’élite. Alcune di queste, come la rottura delle pulegge e la deformazione della giunzione muscolo-tendinea, sono entità relativamente nuove e meno conosciute dai medici sportivi.

4.1.2.6. Articolo n°6

ROCK CLIMBING INJURY RATES AND ASSOCIATED RISK FACTORS IN A

GENERAL CLIMBING POPULATION. (Scandinavian Journal of Medicine & Science in

Sports)

Molti studi effettuati principalmente in palestre indoor d’arrampicata, riportano che il 75-90% delle lesioni dovute all’arrampicata sono causate dal sovraccarico e colpiscono soprattutto dita e polso. Tra queste lesioni troviamo tendiniti, sindrome del tunnel carpale e fratture da stress. (Bollen 1988; Limb 1995; Rooks 1997; Schöffl et al. 1999; Patrick 2001; Martinoli et al. 2005¸ Jones et al. 2007) .

L’obiettivo di questo studio è esaminare gli indici infortunistici e correlare i fattori di rischio in un campione rappresentativo di climbers.

Uno studio retrospettivo (cross-sectional retrospective study design) è stato usato per valutare gli indici degli infortuni riferiti da un campione casuale di climbers, membri dell’Associazione di arrampicatori svedesi. Un sondaggio è stato inviato per posta a 606 arrampicatori e il tasso di risposta è stato del 63%. I dati riportati riguardano la propria storia di arrampicata, le pratiche di sicurezza e il conto delle lesioni fino ad ora subite. 46 questionari sono stati scartati. 355 questionari (63,4%) sui rimanenti 560 sono tornati compilati. Le donne rappresentano il 30% del campione e gli uomini il restante 70%. Risultati: è emerso che il 93% delle lesioni riportate sono causate da un sovraccarico prevalentemente a scapito dell’arto superiore. Le aree più colpite sono dita e polso, con infiammazione ai tessuti. Il 30% dei climbers riportano almeno una lesione. Essere uomo, con un BMI relativamente alto e praticare bouldering sono fattori associati ad un maggior rischio di infortunio. L’alta percentuale di lesioni da sovraccarico suggerisce che le ore e il carico di allenamento devono essere incrementati gradualmente e gli arrampicatori dovrebbero effettuare controlli regolari per valutare segni e sintomi del sovraccarico.

I nostri risultati sono d’accordo con alcune raccomandazioni che ritengono inappropriato che principianti e soprattutto adolescenti, in cui ossa e legamenti non sono completamente sviluppati, seguano programmi di allenamento progettati per atleti a livello agonistico. (Dennis et al. 2005; Caine et al. 2006; Magra et al. 2007; Morrison and Schöffl 2007). Un graduale incremento e un programma di allenamento versatile con l’accento sulle competenze richieste dalle vie d’arrampicata (Morrison and Schöffl 2007), così come il riscaldamento e il taping alle articolazione delle dita, sono stati precedentemente suggeriti per prevenire lesioni (Bollen 1990; Bollen et al. 1990; Rooks 1997), sebbene non ci siano chiare evidenze riguardo il ruolo preventivo del taping alle dita. La prevenzioni di lesioni da sovraccarico deve prevedere un equilibrio tra carico eseguito sistematicamente e periodi di riposo, iniziando immediatamente, anche a livello principiante. Il numero dei giorni di allenamento in armonia con i tempi di

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20 adattamento del corpo dell’arrampicatore, il carico e le ripetizioni durante l’attività, devono essere adattate all’età del climber e alla sua esperienza d’arrampicata. Inoltre è necessario che tutti gli scalatori riconoscano tempestivamente i segni e i sintomi delle lesioni da sovraccarico.

4.1.2.7. Articolo n°7

THE EPIDEMIOLOGY OF ROCK-CLIMBING INJURIES. (British Journal of Sports

Medicine)

Studi precedenti hanno convenuto che arrampicatori indoor élite sono particolarmente suscettibili a lesioni da sovraccarico alle dita, causati dalle forze coinvolte (Bollen et al. 1990; Wright et al. 2001; Rohrbough et al. 2000; Vigouroux et al. 2006). Relativamente poco è conosciuto riguardo le lesioni che si subiscono in sedi outdoor o che colpiscono gli arrampicatori amatoriali.

Obiettivo: questo studio vuole determinare la prevalenza e la natura delle lesioni dell’arrampicata su roccia e i fattori predittivi associati a dette lesioni in un gruppo diversificato di climbers.

Figura  8:  Taping  prossimale  per  la  puleggia  A2   secondo  il  dr.  Schweizer

Figura  9:  Taping  sopra  l'articolazione   interfalangea  prossimale  per  la  puleggia  A2   secondo  il  dr.  Schweizer

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21 205 arrampicatori attivi sono stati reclutati da 5 sedi di arrampicata outdoor e 6 palestre indoor dell’Inghilterra. Il tasso di risposta è stato del 98%: 163 maschi e 38 femmine in età compresa tra 16 e 62 anni. Questi arrampicatori sono stati selezionati dalle varie palestre per ottenere un campione che non differisce molto in età e anni d’esperienza nell’arrampicata. Hanno poi completato un questionario anonimo nel quale è stato richiesto di indicare il sito anatomico di qualsiasi lesione subita degli ultimi 12 mesi. Le lesioni sono state poi suddivise per categorie, a dipendenza della loro natura: causate da una caduta, da sovraccarico oppure risultanti da movimenti stressanti dell’arrampicata. Inoltre è stato loro richiesto di indicare se si sono rivolti a qualche figura sanitaria per il trattamento delle problematiche riscontrate.

Risultati: il 50% degli arrampicatori hanno subito almeno una lesione negli ultimi 12 mesi, causando un totale di 275 lesioni anatomiche distinte. Di queste, il 10% dei climbers hanno subito lesioni acute risultanti da cadute, il 33% ha accusato lesioni croniche dovute dal sovraccarico e il 28% ha risentito di lesioni acute causate da specifici e logoranti movimenti dell’arrampicata. La categoria del bouldering è l’unico fattore a predire lesioni relative ai sopracitati movimenti energici. Arrampicare con costanza nelle diverse discipline e ad alti livelli di difficoltà tecniche, potrebbe aumentare il rischio di lesioni da sovraccarico soprattutto alle dita e alla schiena. Il 38% dei climbers ha ricercato consiglio o un trattamento negli ultimi 12 mesi. Le principali risorse sono stati il fisioterapista (18%), il consiglio di altri arrampicatori (14%) e il dottore (11%).

Le lesioni in arrampicatori amatoriali sono frequenti. La frequenza d’arrampicata e la difficoltà tecnica sono associate alle lesioni (soprattutto traumi cumulativi all’arto superiore). Queste si verificano sia in arrampicatori che frequentano sedi interne che in quelli che optano per l’arrampicata all’aperto.

4.1.2.8. Articolo n°8

INJURY PATTERNS AND SAFETY PRACTICES OF ROCK CLIMBERS. (The Journal

of Trauma)

Con l’aumento della popolarità dell’arrampicata si è verificata anche una crescita del numero delle lesioni (Williamson 2003). Risulta dunque importante determinare quali sono le problematiche più ricorrenti. In uno sport come l’arrampicata, dove il materiale tecnico è sempre in evoluzione e la probabilità di subire una lesione è elevata, si ritiene importante studiare la loro causa da vari punti di vista per ottenere informazioni riguardo la loro prevenzione.

Uno degli scopi di questo studio è esaminare le principali lesioni che colpiscono gli arrampicatori sia che frequentano palestre indoor che outdoor. Altro obiettivo è investigare la sicurezza e l’allenamento utilizzati da questa popolazione. Questa ricerca potrebbe essere di interessare per gli operatori sanitari e aiutare studi futuri con l’obiettivo di identificare pratiche di sicurezza e interventi per la prevenzione di lesioni d’arrampicata.

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