MEMBRI DELL’EST”, CON PARTICOLARE RIGUARDO A REPUBBLICA CECA E POLONIA
1. Cenni introduttivi sulle transizioni costituzionali negli ordinamenti dell’ex Unione Sovietica: il particolare ruolo guida del diritto internazionale e di quello dell’Unione
Europea.
L’analisi dell’apertura all’ordinamento internazionale ed a quello comunitario nei Paesi dell’Europa centro-orientale non può prescindere da uno studio relativo alle transizioni costituzionali che hanno condotto tali ordinamenti alla democrazia, poiché è proprio in quest’arco temporale che si apprezza la netta rottura rispetto ad un passato totalitario ed autarchico, in cui l’impronta dualista era estremamente marcata. In effetti, all’epoca del regime socialista, il diritto internazionale non aveva alcuna valenza nell’interno dell’ordinamento interno se non recepito con normativa nazionale e, anche in questo caso, la capacità normativa riconosciuta al diritto internazionale era piuttosto scarsa. D’altronde, le Carte internazionali dei diritti erano viste come espressione di una ideologia borghese, ma, soprattutto, di quella ipocrisia tipica dell’ovest, in cui alla solennità della proclamazione non corrispondeva mai una effettività nella tutela dei diritti442. Dunque, la ratifica di taluni trattati internazionali da parte dei Paesi appartenenti al blocco comunista non coincideva con la loro volontà di adempiere agli obblighi assunti, perseguendo, piuttosto, la ratifica dei trattati perseguiva esclusivamente il raggiungimento delle finalità generali dello Stato. La violazione dei diritti dei singoli e, di conseguenza, di un trattato internazionale, non poteva essere invocata davanti al giudice, poiché a questo non era riconosciuta la competenza di controllare né la costituzionalità delle norme né la loro convenzionalità, all’interno di un sistema in cui non erano istituite le Corti costituzionali443. Non era, dunque, casuale il silenzio delle Costituzioni in merito ai
442 Cfr. O. POLLICINO, Allargamento dell’Europa ad Est…, cit., p. 187.
443 In realtà vi era qualche eccezione, costituita dalla Yugoslavia che aveva istituito la propria Corte
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rapporti con l’ordinamento internazionale, non soltanto perché questi erano inesistenti, ma anche a causa del loro valore, atteso che le Carte fondamentali non erano altro che un semplice manifesto politico nel periodo del regime comunista444.
Tale situazione subirà un cambiamento radicale durante le transizioni costituzionali445 successive al crollo del Muro di Berlino, poiché la rottura con il precedente assetto comunista indurrà i Paesi dell’Europa centro-orientale ad individuare proprio nel diritto internazionale una guida verso la democratizzazione. Dunque, la fase più importante del cammino ideale attraverso la transizione dei regimi comunisti può essere individuata nella formulazione di nuove Carte costituzionali o di Costituzioni ampiamente modificate446.
L’esame dei processi che hanno condotto alla democratizzazione dei Paesi dell’Europa centro-orientale tende, spesso, a concentrarsi sugli avvenimenti post 1989, ma si tratta di un’analisi sommaria e non in grado di mettere in luce cause fondamentali che hanno portato alla dissoluzione dell’Unione Sovietica447
e, in particolare, i meccanismi che
sembra, invece, da considerare il caso della Cecoslovacchia, in cui, con legge costituzionale, era stata prevista l’istituzione di una Corte federale e di Corti costituzionali nei due stati federati, poiché tale previsione non ha mai trovato attuazione.
444 Cfr. M. GANINO, Democrazia e diritti umani nelle Costituzioni dei Paesi dell’Europa orientale, in M.
GANINO, G. VENTURINI (a cura di), L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, Milano, 2002, p. 115.
445 La transizione costituzionale deve essere definita come la fine della legittimazione nei confronti di un
determinato assetto statale, che determina, come conseguenza, la legittimazione nei confronti di un altro assetto costituzionale diverso da quello precedente. La transizione avviene, di solito, su due livelli, poiché la prima fase è quella descrittiva, durante la quale il popolo, pur avendo deciso di non legittimare più il governo esistente, non si è ancora espresso sulla transizione. Nel momento in cui la società sceglie di legittimare un nuovo assetto costituzionale attraverso un atto espresso, dalle libere elezioni in favore dell’adozione di una nuova Costituzione, si entra nella fase prescrittiva, che conclude la transizione. Il punto d’approdo della transizione potrebbe, dunque, essere un governo non democratico, poiché se il popolo è libero e sovrano deve esercitare il proprio diritto di scelta. In tal senso, è la volontà del popolo ad acquistare un valore fondamentale e non l’accettazione o la negazione della democrazia, poiché se il popolo è libero deve poter scegliere la propria forma di Stato, anche se tale scelta comporterà la negazione della libertà. Tale questione, tuttavia, è ancora aperta, poiché non vi è una veduta unanime su quale debba essere il punto d’arrivo di una transizione costituzionale. Altro elemento fondamentale, ma esclusivamente ascrivibile alla peculiarità delle transizioni dei Paesi socialisti, è il dato economico, poiché il passaggio ad una democrazia implica l’accoglimento dei principi dell’economia di mercato. In tal senso, la variabile economica diviene fondamentale nello studio sulle transizioni costituzionali dei Paesi dell’ex Unione Sovietica. All’interno di tale processo è necessario distinguere la fase della transizione da quella del consolidamento, poiché se la prima è quel periodo intermedio tra il vecchio ed il nuovo assetto costituzionale, il secondo è un processo di cristallizzazione dei nuovi valori. Sul significato di transizione S. GAMBINO, Diritto costituzionale comparato ed europeo ,cit.; G. DE VERGOTTINI, Le transizioni costituzionali, Bologna, 1998; L. MEZZETTI, Teoria e prassi delle transizioni costituzionali e del consolidamento democratico, Padova, 2003; N. BOBBIO, N. MATTEUCCI, G. PASQUINO, Dizionario di Politica, Torino, 1990.
446
L. MEZZETTI, Teoria e prassi delle transizioni costituzionali e del consolidamento democratico, cit., pp. 180 e ss.
447 In Polonia, in effetti, numerose importanti trasformazioni hanno luogo nel decennio precedente a tale data:
si pensi al’esperienza di Solidarnosc, che precede di molto il crollo del muro di Berlino ed incide in maniera irreversibile sulla transizione polacca.
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hanno spinto i singoli ordinamenti a cercare un’autonomia448
. In tal senso, il mutamento del dettato costituzionale costituisce l’elemento centrale nel processo di democratizzazione dei Paesi dell’est, poiché il Testo fondamentale cessa di essere un manifesto politico e diviene l’atto che fonda ed organizza uno Stato democratico, indipendente e sovrano. Tuttavia, la transizione si considera conclusa allorquando i nuovi principi proclamati diventano effettivi e le nuove istituzioni iniziano a funzionare in maniera democratica. Tale definizione è ancora più ricca di significato quando si esaminano le transizioni dell’Europa centro-orientale, poiché la loro ampiezza per nulla è paragonabile a fenomeni di democratizzazione conosciuti fino a quel momento. Dunque, per comprenderne la portata è necessario soffermarsi, quantomeno in maniera sommaria, sulle caratteristiche fondamentali dello Stato socialista, inteso come quella fase intermedia che avrebbe condotto alla società comunista, prendendo le mosse da un’affermazione per nulla scontata ed in virtù della quale è possibile riconoscere un ordine costituzionale dello Stato socialista, malgrado il suo carattere transitorio. Tale forma di Stato, in effetti, si caratterizzava per una serie di principi comuni relativi al funzionamento ed alla struttura degli organi449. In primo luogo, il concetto della separazione dei poteri non trovava accoglimento nel modello socialista, a causa della preminenza delle assemblee elettive sugli altri organi del potere statale, dipendenti in tutto dalle prime. Di conseguenza, la concentrazione del potere era particolarmente marcata e, senza dubbio, favorita dal ruolo guida di un partito unico o egemonico450, che trovava espresse previsioni costituzionali volte a garantire le sue finalità. Tuttavia, il fine ultimo dello Stato socialista, almeno da un punto di vista teorico, era rintracciabile nel raggiungimento della società comunista, elemento che rendeva necessaria la garanzia della partecipazione dei cittadini all’attività pubblica attraverso strumenti di democrazia diretta. Così caratterizzato, il
448 La fase della dissoluzione si avvia con il governo Gorbacev, a partire dal 1985, allorquando i pilastri del
diritto socialista iniziano a sgretolarsi sotto la spinta delle contraddizioni insite al loro interno. Tra il 1988 ed il 1990, l’URSS introduce elementi tipici dello Stato liberale, quali la “proprietà del cittadino sovietico”. Quasi un decennio prima della dissoluzione del regime socialista, in Polonia era stato introdotto e si era consolidato un sistema di giustizia amministrativa, il quale svolgeva un compito fondamentale, quello di controllare la legittimità degli atti dell’amministrazione. È chiaro che gli esiti di tale controllo non hanno avuto impatto notevole, almeno fin quando il regime ha continuato la sua attività, ma è il sistema in sé a rappresentare una spinta verso la democratizzazione. In particolare, Cfr. M. MAZZA, La Giustizia costituzionale in Europa Orientale, Padova, 1999; J.J. LINZ, STEPAN A., L’Europa post-comunista, Bologna, 2000; P. BISCARETTI DI RUFFIA, Le costituzioni di sette stati di recente ricostruzione, Milano, 1996.
449 Cfr. M. GANINO, Democrazia e diritti umani nelle Costituzioni dei Paesi dell’Europa orientale, in M.
GANINO, G. VENTURINI (a cura di), L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, cit., p. 121.
450 Cfr. M. GANINO, La designazione dei candidati nel procedimento elettorale degli Stati socialisti europei
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costituzionalismo socialista si basava su un potere pubblico illimitato, fondando, di fatto, uno Stato totalitario.
Appare, dunque, evidente la notevole differenza tra le transizioni costituzionali conosciute dai Paesi occidentali successivamente alla Seconda guerra mondiale e le trasformazioni sperimentate nell’est Europa, ove gli sforzi ed i tempi sono stati diversi a causa dei cambiamenti radicali dovuti al socialismo, poiché in tali Paesi al mutamento politico ha dovuto affiancarsi quello economico. In effetti, la pianificazione economica a livello statale ha imposto a tali ordinamenti un processo di modernizzazione e privatizzazione, tendente a dar vita ad una economia di mercato. Non va, poi, sottovalutato un dato rilevante, atteso che le transizioni non assumono gli stessi connotati in ogni ordinamento dell’est; si pensi alla peculiare esperienza delle Repubbliche baltiche, che riprendono quell’evoluzione interrotta da una “parentesi illegittima”451
, riportando in vigore le Costituzioni precedenti alla costituzione dell’URSS. Ciò le distinguerà dagli altri ordinamenti, sia nel modo di intendere sovranità ed indipendenza, che nel grado di apertura agli altri ordinamenti.
Tuttavia, l’elemento che rende le transizioni costituzionali dell’Europa centro- orientale, ma ancor più la fase del consolidamento democratico, un unicum all’interno del panorama europeo è il ruolo svolto dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa, poiché tali organizzazioni hanno ispirato e, per certi versi, guidato il lungo cammino verso la democratizzazione. In effetti, i requisiti minimi di accesso all’Unione Europea hanno avuto un impatto positivo sul rafforzamento della democrazia nell’est d’Europa, atteso che l’obiettivo di divenire membri dell’Unione ha indotto i relativi Stati a mettere in atto le riforme necessarie a soddisfare i criteri di Copenaghen452. In particolare: il rispetto dei
451 Cfr. L. MONTANARI, Le nuove democrazie dell’Europa centro-orientale, in P. CARROZZA, A. DI
GIOVINE, G.F. FERRARI, Bari, 2011, p. 515.
452 Durante il Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, ed in vista dell’allargamento ad est dell’UE, sono
stati elaborati i tre criteri fondamentali, successivamente codificati nel Trattato di Amsterdam, che devono essere soddisfatti per poter aderire all’Unione. Tali criteri, possono schematizzarsi in criterio politico, in virtù del quale il Paese candidato deve aver raggiunto una stabilità istituzionale tale da garantire il rispetto della democrazia, dello Stato di diritto, la garanzia dei diritti dell’uomo e la protezione delle minoranze. Tale criterio è da intendersi come precondizione essenziale; in secondo luogo, il criterio economico, ovvero la necessità che lo Stato candidato abbia un’economia di mercato stabile, tale da essere in grado di far fronte alle spinte concorrenziali del mercato unico europeo; infine, il criterio giuridico, dunque la capacità di adempiere agli obblighi inerenti all’adesione all’UE. I criteri sono enunciati nella formula “il raggiungimento di una stabilità delle istituzioni tale da garantire il rispetto della democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell'uomo e il rispetto e la tutela delle minoranze; l’esistenza di una economia di mercato funzionante nonché la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione; la capacità dei paesi candidati di assumersi gli obblighi dell’appartenenza, inclusa l'adesione agli obiettivi di un'Unione politica, economica e monetaria” Sul punto, in particolare Cfr. B. NASCIMBENE, Le procedure di adesione all’Unione Europea, in M. GANINO, G. VENTURINI (a cura di), L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, cit.; M. CARTABIA, Allargamento e diritti fondamentali nell’Unione europea.
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requisiti politici è da intendersi come condizione preclusiva per l’avvio dei negoziati, che possono invece essere iniziati anche nel caso di mancato raggiungimento di taluni parametri di natura economica e giuridica, con la previsione di periodi transitori. In tal senso, la peculiarità di tali transizioni risiede nella volontà e nell’impegno dell’Unione Europea di sostenere i processi di democratizzazione dell’Europa centro-orientale e nell’impatto, inteso nel senso di codifica, dei criteri di Copenaghen sul costituzionalismo di tali ordinamenti. Si tratta di un fenomeno peculiare, poiché in nessun altro Stato si rintraccia un ruolo così fondamentale svolto dalle organizzazioni internazionali nel corso del consolidamento democratico. Tuttavia, una precisazione appare necessaria, poiché l’intervento dell’Unione si registra nella fase successiva all’approvazione delle Costituzioni all’interno di questi ordinamenti; ciò significa che l’influenza sul dato testuale è pressoché minima, dal momento che le revisioni costituzionali prodotte in vista dell’adesione hanno scarsa rilevanza; al contrario dell’attuazione legislativa del dettato costituzionale, rispetto alla quale si registra una significativa incidenza delle indicazioni dettate in ambito comunitario. Si pensi alle leggi che hanno innovato quasi ogni ramo dell’ordinamento: l’organizzazione del potere giudiziario, l’amministrazione, il decentramento territoriale, le modalità di tutela dei diritti hanno registrato significative trasformazioni, che si sono affiancate ad un’opera di rinnovamento della legislazione civile, commerciale e penale. Dunque, i valori dell’Unione ispirano ed orientano il consolidamento della democrazia nell’Europa centro-orientale, contribuendo in maniera significativa all’attuazione del nuovo ordine costituzionale post 89.
Tuttavia, l’esame di tali transizioni costituzionali non può prescindere dal ruolo svolto dalle Corti costituzionali453 di tali ordinamenti, poiché esse hanno avuto un ruolo fondamentale nel rendere operative le previsioni democratiche e nella salvaguardia dei diritti fondamentali, divenendo dei veri e propri “custodi” delle transizioni. Ad esse è
Dimensione politica e dimensione individuale in S. GUERRIERI, A. MANZELLA, F. SDOGANI (a cura di), Dall’Europa a Quindici alla grande Europa. La sfida istituzionale, Bologna, 2001; L. CAPPUCCIO, Le condizioni di adesione all’Unione Europea, in S. STAIANO (a cura di), Giurisprudenza costituzionale e principi fondamentali, Torino, 2006;S. GOZI, “I Balcani e la Grande Europa: tra allargamento e vicinato”, in S. GAMBINO (a cura di), “Costituzionalismo europeo e transizioni democratiche”, Milano, 2003; M. KALDOR, I. VEJVODE, Democratization in Central and Eastern Europe, London, New York, 2002. Le
conclusioni dei consigli europei sono reperibili in
www.europa.eu.int/european_council/conclusions/index.htm.
453 Già la loro istituzione appare un elemento fondamentale per il consolidamento della democrazia, dal
momento che durante il periodo socialista vi erano dei giudici nominati e dipendenti dal potere legislativo. La nascita delle Corti costituzionali mette in luce la volontà di rompere con il passato autoritario, ponendo al vertice del sistema delle fonti la Carta costituzionale, la quale necessita di un organo ad hoc per essere difesa da eventuali attacchi provenienti dagli altri poteri statali. Cfr. L. MONTANARI, Le nuove democrazie dell’Europa centro-orientale, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI, cit., p. 536.
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spettato un duplice compito, da un lato, quello di eliminare le palesi ingiustizie derivanti da norme precedenti alla Costituzione454 e, dall’altro, quello di garantire diritti riconosciuti per la prima volta all’interno degli ordinamenti dell’est455. In tale prospettiva, il diritto internazionale – e questo è l’ulteriore elemento di peculiarità – “assiste” l’opera delle Corti, costituendo una fonte di garanzia ulteriore per i cittadini456. Le Corti sono, dunque, coinvolte in maniera diretta, poiché a loro è richiesto di accelerare il processo di consolidamento della democrazia, giudicando ciò che resta del precedente regime, ma, altresì, gettando le basi per il nuovo assetto democratico457. I compiti ad esse conferiti sono particolarmente ampi, dal momento che le nuove Costituzioni dell’est hanno potuto osservare con attenzione quali erano state le funzioni che le Corti dell’ovest si sono attribuite in via pretoria, verbalizzandole all’interno dei Testi fondamentali458
. Tuttavia, l’elemento di notevole interesse è la connessione creata dalle Corti tra diritto interno e diritto internazionale. Come si vedrà più avanti, le Costituzioni dell’est sono particolarmente aperte al diritto internazionale, differenziandosi significativamente dagli ordinamenti dell’ovest. In effetti, attraverso l’applicazione del dettato costituzionale, i supremi giudici hanno fatto entrare negli ordinamenti un diritto più garantista e capace di
454 Invero, ad ogni Corte costituzionale è richiesto di rendere operativo il nuovo assetto costituzionale, ma
non sempre esse si riconoscono il potere di pronunciarsi sulle norme precedenti all’adozione della Costituzione. In tal senso, appare emblematica la prima sentenza della Corte costituzionale italiana, la n. 1/1956, con la quale il Giudice delle leggi “Afferma la propria competenza a giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge anche se anteriori alla entrata in vigore della Costituzione”. In Italia, in effetti, la Corte costituzionale ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di consolidamento della democrazia, “depurando” l’ordinamento dalle norme adottate durante il regime fascista. È, d’altronde, quello accade nell’est Europa.
455 Ciò, in taluni casi, equivale a proteggere la democrazia. Si pensi alle vicende del Tribunale costituzionale
polacco, che si è trovato ad annullare diverse leggi di riforma poste in essere durante la presidenza Kaczinski, tanto da essere definito il nemico della maggioranza.
456 Cfr. A. DI GREGORIO, Giustizia costituzionale e diritto internazionale nei Paesi dell’Europa centro-
orientale e balcanica, in M. GANINO, G. VENTURINI (a cura di), L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, Milano, 2001, p. 285.
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Cfr. S. BARTOLE, Riforme costituzionali nell’Europa centro-orientale. Da satelliti comunisti a democrazie sovrane, Bologna, 1993; ID, Modelli di giustizia costituzionale a confronto: alcune recenti esperienze dell’Europa centro-orientale, in Quaderni costituzionali, 2/1996. L’Autore mette in luce l’accoglimento del modello kelseniano nell’organizzazione della giustizia costituzionale, con degli adattamenti tipici del costituzionalismo dell’est.
458 Per ciò che attiene alle modalità di accesso alla giustizia costituzionale, convivono forme di controllo
preventivo e astratto e forme di controllo successivo, sia incidentali che dirette. L’articolazione della giustizia costituzionale nell’est Europa suscita particolare interesse, in particolare per ciò che riguarda l’actio popularis, ovvero la possibilità concessa ai singoli di impugnare una legge in via d’azione ed indipendentemente dal loro coinvolgimento; altrettanto importante appare l’iniziativa ex officio concessa alle Corti. Le peculiarità sono rintracciabili anche relativamente al parametro di controllo, costituito tanto dalle Carte fondamentali, quanto dai trattati internazionali ratificati. Peraltro, a molte Corti spetta il compito di “proteggere la democrazia” sul modello tedesco, come nel caso polacco, il cui art. 188 Cost. concede alla Corte il potere di giudicare l’attività e la finalità dei partiti politici. Per un’analisi della giustizia costituzionale nell’est Europa, almeno Cfr. A. DI GREGORIO, Giustizia costituzionale e diritto internazionale nei Paesi dell’Europa centro-orientale e balcanica, in M. GANINO, G. VENTURINI (a cura di), L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, cit., p. 308.
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ampliare le previsioni interne, con il risultato di far compiere un passo in avanti in particolare nella salvaguardia dei diritti fondamentali. Dunque, facendo dei trattati internazionali un fondamentale parametro di costituzionalità, le Corti sono riuscite ad innalzare i livelli di tutela, imprimendo una svolta nel processo di democratizzazione459.
Dunque, il dato testuale assume un ruolo fondamentale, poiché è sulla base di questo che le Corti sono riuscite ad attribuire particolare forza al diritto internazionale; ma è stata, senza dubbio, l’opera delle Corti a dar vita ad una svolta, dal momento che a loro si deve l’operatività del dettato costituzionale e, in taluni casi, ovvero laddove le Costituzioni non menzionavano direttamente il diritto internazionale come parametro di costituzionalità, anche la capacità di includere tale diritto nel blocco di costituzionalità, attraverso
reasoning argomentativi particolarmente eloquenti.
Emerge fin da subito un ruolo differente del diritto internazionale rispetto all’ovest,