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Introduzione

Nel documento I CONSUMI NEL TERZO MILLENNIO (pagine 93-96)

Nei capitoli precedenti ho condotto un’analisi socio-economica della nostra società, partendo dalle considerazioni e riflessioni di Giampaolo Fabris contenute nel suo lavoro La

società post-crescita, pubblicato nel 2010. Mi sono soffermata in particolare su tre aspetti:

quello del tempo, focalizzandomi sul modo in cui le persone lo impiegano in una società ultraveloce che sembra essersi arrestata forzatamente solo qualche mese fa a causa della crisi sanitaria mondiale provocata dal nuovo Coronavirus; su quello delle emozioni e delle relazioni, vissute oramai sempre di più da remoto (specialmente via social media, divenuti un nostro naturale prolungamento in particolare negli ultimi anni) piuttosto che di persona, che sia per scelta o per necessità; infine, sull’aspetto della tradizione, delle radici e dell’autenticità e del loro valore, che, in un panorama economico iperconnesso e globalizzato, si va spesso a disperdere, cosa che è sembrata attenuarsi (sempre per cause di forza maggiore) durante il

lockdown degli scorsi mesi, specie per quello che riguarda il settore alimentare, settore appunto

utilizzato da me come termometro dello stato di ritorno o meno alle radici e alla tradizione “italiane”.

In una società avvezza a ogni genere di consumo quindi, da quello delle ore del proprio tempo a quello delle emozioni e dei momenti di intimità immortalati dagli smartphones e condivisi sulle piattaforme sociali, oltre che a quello dei beni più classici (come quelli di prima necessità eccetera), ho voluto fotografare e riportare, al fine di un confronto, tre “momenti”

93 nello specifico degli ultimi decenni, con la speranza di notare un’evoluzione verso una direzione più sostenibile della società che Fabris, dieci anni fa, credeva sarebbe stata possibile già nel 2020: il 2010, sapientemente analizzato e descritto dall’autore, punto di arrivo rappresentativo dei trend degli anni ma soprattutto dei decenni precedenti ad esso; il 2020 (fino al mese di febbraio escluso, mese dal quale ha avuto inizio la crisi pandemica mondiale), anno anche in questo caso esemplificativo dei trend del decennio 2010-2020; infine, il nostro passato più prossimo, e cioè quel “momento” che potremmo più efficacemente descrivere come una vera e propria nuova fase o era per la nostra società e per le economie mondiali, fase cominciata da Febbraio 2020 con l’inizio della quarantena e prolungatasi fino a maggio/ giugno circa, quando poi sono state sospese le restrizioni relative alla mobilità. Una fase, quest’ultima, che ha portato a dei mutamenti nel nostro modo di vivere e a delle conseguenze di cui possiamo avvertire un inevitabile prolungamento anche nel nostro presente. Ne stiamo infatti da una parte vivendo gli strascichi, mentre da un’altra parte temiamo possa esserci un ritorno di un'altra chiusura, blocco alle nostre abitudini pregresse, in quanto il virus continua a evolvere e mutare mentre la scienza lotta contro il tempo alla ricerca di un vaccino. Una consapevolezza dello stato attuale delle cose, questa, che desta non poche preoccupazioni in tutti noi, costringendoci a vivere in un clima di costante precarietà, incertezza e sospensione che ci spaesa non poco.

Nell’arco della fase di elaborazione e stesura di questa tesi ho maturato l’idea che potesse essere utile andare ad approfondire quale fosse il sentiment generale delle persone relativamente all’esperienza del lockdown da noi tutti vissuta negli ultimi mesi. Nello specifico ho deciso di interessarmi ai possibili mutamenti che questa crisi può aver portato nelle tendenze di fondo della vita di ogni giorno. In alcuni casi molte delle abitudini che avevamo nella nostra precedente vita quotidiana (specie quelle malsane) sono state riviste e modificate definitivamente o quasi alla luce dei nuovi avvenimenti: una situazione drammatica ed eccezionale quella del Covid-19 che ha però scosso la maggior parte delle coscienze nel mondo relativamente a tanti aspetti della nostra vita in società come anche nel privato. In altri casi certi usi e certe abitudini sono stati mutati solo momentaneamente e in maniera forzata per il tempo della quarantena, per poi ritornare a condurre la vita di sempre (o quasi) al momento della riapertura.

Alla luce di queste riflessioni e in conclusione all’analisi da me sin qui condotta, adotterò in quest’ultimo capitolo un approccio sperimentale che ritengo utile nonché opportuno (seppure nei limiti dell’indagine da me condotta, come chiarirò a breve) per comprendere a fondo la

94 portata dell’impatto che l’esperienza del Covid-19 ha avuto sulle abitudini, sui valori, sugli ideali e le tendenze di noi tutti.

A questo scopo, ho strutturato un questionario che ho somministrato ad un campione casuale di persone, di varia provenienza geografica nonché differenti fasce d’età, condizione e status occupazionale. Il mio intento quindi, non è quello di ricavare dei dati scientifico-statistici, in quanto sarebbe impossibile per diverse ragioni: si tratta infatti di un’indagine qualitativa (il questionario consta di sole domande aperte), ma, soprattutto, è stata sottoposta ad un gruppo volontario e casuale di persone, peraltro esiguo (10 persone). Per queste ragioni, tale questionario non può dirsi rappresentativo a livello statistico-quantitativo della situazione generale in Italia: tuttavia, esso compone un mosaico di impressioni e percezioni raccolte da rappresentanti dei più disparati ambiti geografici, di età e di stato professionali, e ne riporta pertanto l’esperienza diretta e dettagliata in forma di intervista imperniata su cinque domande.

Tale analisi servirà dunque a fare emergere eventuali cambi di direzione nelle abitudini degli “italiani” che potrebbero essere stati consequenziali all’esperienza della quarantena cui siamo stati sottoposti durante la Fase 1. Il mio intento quindi è quello di raccogliere percezioni e ipotetici cambiamenti nelle tendenze di fondo dei nostri connazionali, al fine di capire se, dopo l’esperienza di questo arresto forzato vi siano stati cambiamenti di tendenza. Il lockdown ha portato con sé tutta una serie di conseguenze, come la sensazione di una dilatazione del tempo, la riscoperta del valore delle relazioni umane, l’invasione da parte dei dispositivi elettronici a tutto tondo stavolta anche come unici mezzi possibili per rimanere in contatto con la nostra rete di conoscenze, l’improvviso ritorno della voglia di dedicarsi all’arte culinaria e alla preparazione di pietanze fatte in casa e tradizionali e tanti altri effetti di cui abbiamo fatto menzione nel precedente capitolo. È stato possibile e sarà possibile anche in futuro pensare di poter modificare il nostro modo di vivere in una direzione più sostenibile, facendo tesoro dell’esperienza e delle consapevolezze maturate durante il periodo del lockdown che ha rivoluzionato le nostre vite? Quest'esperienza è riuscita a fornirci qualche spunto in più di riflessione rispetto al modus vivendi che abbiamo da sempre adottato fino a febbraio 2020 e mai o raramente messo in discussione, oppure si è trattata di una parentesi che adesso, in una fase di riapertura e parziale ritorno alle vecchie abitudini, avremo voglia di chiudere? Eviteremo di attingervi al fine di trarne degli spunti utili per ripensare ad un nuovo modello socio-economico, (così come Fabris circa una decina di anni fa, aveva invece sperato che sarebbe

95 avvenuto), o viceversa esso ha rappresentato un punto di svolta e un'opportunità, oltre che una crisi, nel nostro modo di vivere?

Nel documento I CONSUMI NEL TERZO MILLENNIO (pagine 93-96)