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Introduzione al liquidity stress test 3

Nel documento Liquidity stress test: un caso applicato (pagine 75-79)

Come precedentemente accennato la gestione del rischio di liquidità richiede che l’analisi e la misurazione del rischio sia condotta anche in condizioni di stress.

Per l’analisi in condizioni di stress è necessario che la banca identifichi dei processi e delle tecniche di simulazione delle condizioni di mercato che possono portare al sopraggiungere di condizioni di stress.

Identificare possibili scenari avversi che possono impattare negativamente sull’operatività della banca è necessario per una gestione prudenziale e permette una quantificazione preventiva dell’esposizione al rischio dell’istituto e una migliore valutazione delle riserve di liquidità a copertura della propria operatività.

Naturalmente la definizione di stress test è un precetto regolamentare imposto dalle Autorità di Vigilanza per accertare la stabilità del sistema finanziario ma è anche strumento di gestione interna per una migliore analisi delle condizioni della banca e della sua esposizione al rischio; un corretto utilizzo degli stress test permette all’istituto di credito una miglior prevenzione e l’identificazione di fattori di mitigazione del rischio.

Esistono sostanzialmente due tipi di stress test:

stress test univariato, o analisi di sensibilità, che valuta il movimento di una singola variabile sull’esposizione complessiva della banca;

stress test multivariato, o analisi di scenario, che valuta l’esposizione della banca al movimento di un insieme di variabili correlate che costituiscono uno scenario ipotetico avverso.

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Fig.3.4. Esempio di applicazione di un liquidity stress test. Fonte: Schwizer. (2013).

La prima operazione necessaria per la creazione di uno stress test è l’identificazione dei fattori che portano ad un aumento dell’esposizione al liquidity risk.

Questo primo passo per la strutturazione di un liquidity stress test è cruciale in quanto pone in essere un insieme di assunzioni su probabili fonti di rischio alle quali la banca è esposta. Tali assunzioni nascono dall’evoluzione storica della banca, dalle sue principali fonti di raccolta, dalla struttura del proprio portafoglio di attività e dal mercato di riferimento e devono perciò tenere in considerazione ipotetiche evoluzioni di scenari sia a livello di prodotto che di divisa che infine di controparte.

Anche i Regolatori, Comitato di Basilea, fornisce una lista, seppur non esaustiva, delle principali fonti di esposizione ai rischi:

 improvvisa illiquidità dei mercati di riferimento con conseguente erosione del valore degli asset fino a quel momento definiti come liquidi;

 improvviso ritiro dei depositi da clientela retail;

 mancato rinnovo di finanziamenti da clientela wholesale garantiti e non;  riduzione del rating;

 improvviso aumento dei margini di garanzia su collateral e derivati per peggiorame nto del rating e successivo accrescimento del rischio reputazionale;

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 accresciuto assorbimento di liquidità per attività fuori bilancio.

Una volta definiti i fattori di principale esposizione al rischio è necessario definire degli scenari di stress ipotetici e la loro relativa probabilità di manifestarsi nella realtà: la regola principe nella definizione degli scenari di stress è che la loro natura deve ipotizzare delle condizio ni avverse alla banca ma pur sempre realistiche tenendo anche conto della natura dei fattori che hanno portato alla situazione di tensione e alla possibile durata della situazione di shock prevista, uno shock di breve termine o prolungato.

Come si può notare dai fattori di shock previsti dal Comitato di Basilea eventi critici che possono portare ad una situazione di tensione di liquidità, all’interno di un istituto di credito , possono far riferimento principalmente a due macro aree: la banca stessa e il mercato.

Qualora i fattori di rischio che innescano la crisi derivino dalle caratteristiche specifiche della banca e dalla sua attività di business lo scenario si definirà idiosincratico e verrà ricondotto a una ridotta capacità di wholesale funding, una riduzione del credito disponibile, un aumento dei margini di garanzia oppure un aumento degli haircut applicati per l’ottenimento di finanziamenti anche con controparte BCE.

Qualora i fattori di rischio derivino da condizioni di mercato come problemi di illiquidità oppure ridotta profondità del mercato interbancario lo scenario non sarà direttamente collegato all’operatività della banca ma intaccherà la sua posizione sui mercati per questo lo scenario si definisce market-wide.

È naturale pensare che nel mondo reale le due macro aree sopra evidenziate siano tra loro collegate e vi sia un certo livello di dipendenza; qualora si ipotizzi la creazione di uno scenario che tenga conto di questo collegamento esso si definirà scenario ibrido.

Dopo aver identificato gli scenari che possono intaccare la situazione di liquidità della banca si devono valutare le conseguenze di questi ambienti sull’istituto ipotizzando l’ammontare dei flussi di cassa attesi per ciascuno scenario sfavorevole all’interno del bucket temporale di interesse.

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 Approccio storico: questo approccio sfrutta la conoscenza storica della banca, l’esperienza passata e le situazioni di stress che l’hanno coinvolta in passato, qualora non fosse possibile ricondurre l’analisi alla storia dello stesso istituto per una variazio ne della sua dimensione oppure per una variazione dell’ambiente cui si riferisce l’approccio storico permette di far riferimento a intermediari con caratteristiche simili;  Approccio statistico: questo approccio utilizza i dati storici per identificare delle

distribuzioni dei fattori di rischio per identificare delle ipotesi di shock statisticame nte realistiche che possono colpire l’operatività dell’intermediario;

 Approccio judgement-based: tale approccio non si basa su dati storici ma ha una natura più soggettiva in quanto si fonda su ipotesi poste in essere dal top management con l’apporto del risk management, di consulenti esterni ed infine dalle Autorità di Vigilanza.

I risultati ottenuti dall’applicazione degli stress test permettono di analizzare e misurare la robustezza della banca, tale analisi permette anche la quantificazione del liquidity buffer necessario per una prudente operatività della stessa banca in funzione della tolleranza al rischio identificata dal top management.

L’applicazione di questi modelli può individuare anche le strategie e le politiche migliori per l’attenuazione del rischio aiutando nello sviluppo di piani di emergenza (Contingency Funding

Plan, CFP), come richiede la normativa.

L’applicazione degli stress test è richiesta a livello consolidato ma essa può essere estesa ad ogni entità interna al gruppo, ad esempio, se vi sono limitazioni nella circolazione della liquid ità all’interno del gruppo, ed è preferita e auspicabile per un miglior controllo del rischio.

La frequenza di applicazione degli stress test deve essere legata alla dimensione della banca o del gruppo e al suo grado di esposizione ai diversi rischi specifici cui è legata: l’analisi e il monitoraggio dei fattori di rischio, la definizione di scenari di stress e l’applicazione di test sulle grandezze della banca permette un monitoraggio continuo della sua esposizione al rischio e di definire così piani di gestione di un’ipotetica eccessiva esposizione al rischio.

Nonostante l’interesse del mercato mondiale sulla gestione del rischio di liquidità sia accresciuta non esiste ancora un modello generale ottimale di stima del rischio di liquid ità

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capace di cogliere le molteplici sfaccettature e connessioni del rischio di liquidità con le altre variabili del mercato e interne alla banca stessa.

Nel documento Liquidity stress test: un caso applicato (pagine 75-79)