Nei corsi della triennale si `e studiata la semplicit`a del gruppo alterno An per n ≥ 5, per lo pi`u strettamente collegata con la non risolubilit`a di Sn per n ≥ 5.
L’obiettivo di questa tesi `e studiare altre classi di gruppi semplici finiti.
Dato un gruppo G, `e chiaro che il suo centro, chiamiamolo Z, `e normale in G, e quindi l’idea per cercare di costruire un gruppo semplice a partire da G
`e considerare il quoziente G/Z. In questa tesi verr`a fatto questo in due casi particolari: verranno presi in considerazione due gruppi di isomorfismi lineari e verr`a studiata la semplicit`a del loro quoziente rispetto al centro.
I due gruppi studiati sono i seguenti:
1. Il gruppo speciale lineare SLn(F ), che consiste di tutte le trasformazioni lineari invertibili di uno spazio vettoriale sul campo F in s´e, con determi-nante 1.
2. Il gruppo simplettico Spn(F ), che consiste delle B-isometrie di uno spazio vettoriale V di dimensione n sul campo F , dove B `e una fissata forma bilineare alternante non degenere su V . Sar`a chiaro che la scelta di B non influir`a sulla classe di isomorfismo del particolare gruppo simplettico associato a B.
I centri dei gruppi presi in esame verranno a coincidere con il nucleo della loro azione naturale sull’insieme dei sottospazi 1-dimensionali di V (chiamato “spazio proiettivo n − 1-dimensionale”) che “cambia le direzioni”, nel senso che il sot-tospazio 1-dimensionale di V di direzione x ∈ V viene mandato tramite l’iso-morfismo lineare T nel sottospazio 1-dimensionale di V di direzione T (x).
A meno di poche eccezioni, discusse a parte, si dimostrer`a che ognuno dei due gruppi considerati (chiamiamolo G) coincide col suo sottogruppo derivato.
Questo, connesso con due importanti propriet`a dell’azione descritta sullo spazio proiettivo, permetter`a di concludere che il quoziente di G col nucleo dell’azione (e quindi col centro di G) `e un gruppo semplice.
Capitolo 1
Definizioni e strumenti utili
Richiamiamo alcuni concetti utili nel corso della trattazione.
1. Siano G un gruppo, X un insieme. Dare un’azione di G su X, G × X → X
(g, x) 7→ g ∗ x
`
e equivalente a dare un omomorfismo α : G → Sym(X), dove Sym(X) denota il gruppo (rispetto alla composizione) delle applicazioni biiettive di X in s´e. Infatti se `e data un’azione di G su X l’applicazione
G → Sym(X) g 7→ γg: x 7→ g ∗ x
`
e omomorfismo, e se `e dato l’omomorfismo α : G → Sym(X) allora la funzione
G × X → X (g, x) 7→ α(g)(x)
determina un’azione di G su X. Il nucleo dell’omomorfismo α associato all’azione si dice nucleo dell’azione e se tale nucleo consiste del solo elemento identico l’azione si dice fedele. Data un’azione arbitraria di G su X si pu`o costruire un’azione fedele facendo agire il quoziente G/ker(α) su X tramite (gker(α), x) 7→ gx.
2. Dato un gruppo G, e dati a, b ∈ G, il commutatore di a e b (nell’ordine)
` e
[a, b] := aba−1b−1
Indichiamo con G0 il sottogruppo derivato di G, o commutatore di G, definito da
G0 := h{[a, b] | a, b ∈ G}i Si hanno i seguenti fatti:
(i) Se γ : G → G `e automorfismo allora γ(G0) = G0. In particolare G0E G.
(ii) Se N E G allora G/N `e abeliano se e solo se N ≥ G0. Prova:
(i) Notiamo che
γ([a, b]) = γ(aba−1b−1) = γ(a)γ(b)γ(a)−1γ(b)−1= [γ(a), γ(b)]
quindi γ(G0) ≤ G0, e che se h, k ∈ G allora h = γ(a), k = γ(b) per qualche a, b ∈ G e quindi [h, k] = γ([a, b]). Da cui G0 ≤ γ(G0).
(ii) Se (e solo se) G/N `e abeliano, (G/N )0 = {1G/N} = {N }, quindi [aN, bN ] = N per ogni a, b ∈ G, il che impica
N = [aN, bN ] = (aN )(bN )(a−1N )(b−1N ) = (aba−1b−1)N = [a, b]N cio`e [a, b] ∈ N . Quindi G0 ≤ N . Se invece G0 ≤ N allora [a, b] ∈ N per ogni a, b ∈ G, quindi [aN, bN ] = [a, b]N = N cio`e (G/N )0 = {N }.
3. Dato un campo F , Ln(F ) denota l’insieme degli isomorfismi lineari V → V , dove V `e uno spazio vettoriale su F di dimensione n. Si tratta di un gruppo rispetto alla composizione, che chiameremo gruppo lin-eare. Scelta una base di V , possiamo certamente identificare Ln(F ) con il gruppo delle matrici n × n invertibili a entrate nel campo F (essendo le colonne di una di tali matrici le immagini della base scelta rispetto al corrispondente isomorfismo, scritte nella base scelta). L’applicazione
(Ln(F ), ◦) → (F∗, ·) T 7→ det(T )
`
e omomorfismo suriettivo di gruppi. Per il primo teorema di omomorfis-mo per i gruppi Ln(F )/ker(det) ∼= F∗ quindi tale quoziente `e abeliano.
Denoteremo ker(det) con SLn(F ), e lo chiameremo gruppo speciale lineare. E normale in L` n(F ) in quanto nucleo di un omomorfismo.
Riepilogando, la seguente sequenza `e esatta:
{1} → SLn(F ) ,→ Ln(F )det→ F∗→ {1}
Definizione 1 (azioni transitive, k-transitive). Un’azione di un gruppo G su un insieme S si dice transitiva se scelti comunque x1, x2 ∈ S esiste g ∈ G tale che
gx1= x2
Equivalentemente vi `e una sola orbita. Si dice k-transitiva se scelte comunque due k-ple di elementi distinti (x1, ..., xk), (y1, ..., yk) ∈ Gk esiste g ∈ G tale che
(gx1, ..., gxk) = (y1, ..., yk) Chiaramente la 1-transitivit`a `e la transitivit`a.
Definizione 2 (azioni primitive). L’azione del gruppo G sull’insieme S si dice primitiva se `e transitiva e le uniche partizioni di S che sono stabilizzate dall’azione indotta di G su P (S) sono {S} e {{x} | x ∈ S}.
Osserviamo ora che nella definizione precedente la richiesta che l’azione sia tran-sitiva `e superflua se |S| > 2, ma non lo `e se |S| = 2. Infatti G agisca su S in modo primitivo, e consideriamo la partizione di S in G-orbite,
S = [
x∈S
Ox
Certamente G stabilizza tale partizione, in quanto per ogni g ∈ G, gOx = Ox. Ma allora per la primitivit`a, o Ox = S per ogni x ∈ S, ovvero l’azione
`e transitiva, oppure Ox = {x} per ogni x ∈ S, ovvero l’azione lascia fisso ogni elemento, cio`e `e l’azione identica. Ma tale azione stabilizza qualunque partizione, dunque l’unica speranza `e che non esistano altre partizioni se non quelle ovvie, ovvero |S| = 2. In tal caso l’azione identica `e primitiva ma non transitiva.
Proposizione 1. Sia S insieme con pi`u di due elementi. Un’azione di un gruppo G su S non `e primitiva se e solo se esiste un sottoinsieme proprio A di S con almeno 2 elementi tale che dato g ∈ G, gA = A oppure gA ∩ A = ∅.
Dimostrazione. Sufficienza. Valga la seconda asserzione. Presi g1, g2∈ G si ha g1A = g2A oppure g1A ∩ g2A = ∅ (usando l’ipotesi con g = g2−1g1). Sia
B := S \ [
g∈G
gA
Allora g1B ∩ g2A = ∅ per ogni g1, g2 ∈ G, quindi per ogni g ∈ G, gB ⊆ B.
Quindi dato g ∈ G, g−1B ⊆ B, da cui moltiplicando per g, B ⊆ gB. Ma allora gB = B, quindi
{gA | g ∈ G} ∪ {B}
costituisce una partizione non banale di S stabilizzata da G.
Necessit`a. L’azione non sia primitiva. Allora esiste una partizione π(S) stabi-lizzata da G a cui appartiene un sottoinsieme proprio A di S con |A| ≥ 2. Ma allora dato g ∈ G, gA = A oppure gA ∩ A = ∅.
Lemma 1. Sia G un gruppo che agisce su un insieme S con pi`u di due elemen-ti.
(1) Se l’azione `e 2-transitiva allora `e primitiva
(2) Se l’azione `e primitiva e H E G non `e contenuto nel nucleo, H agisce tran-sitivamente su S
(3) Se H ≤ G agisce transitivamente su S allora G = HStab(x) per ogni x ∈ S, dove lo stabilizzatore `e inteso in G.
Dimostrazione. (1) Sia A un sottoinsieme proprio di S contenente due elementi distinti x e y. Per la proposizione 1 per mostrare che l’azione `e primitiva basta
mostrare che esiste g ∈ G tale che gA ∩ A 6= ∅ e gA 6= A. Poich´e l’azione `e 2-transitiva esiste g ∈ G tale che gx = x e gy 6∈ A. Allora x ∈ gA 6= A.
(2) Partizioniamo S nelle orbite dell’azione di H su S. Poich´e H E G, g(Hx) = H(gx) per ogni g ∈ G, x ∈ S (ghx = (ghg−1)gx). Quindi G stabilizza la partizione di S nelle orbite dell’azione di H. Poich´e H non `e contenuto nel nucleo dell’azione di G esiste un x ∈ S la cui H-orbita `e diversa da {x}, il che esclude che la partizione in H-orbite sia ∪x∈S{x}. Ma allora poich´e l’azione `e primitiva c’`e una sola H-orbita, e quindi l’azione di H su S `e transitiva.
(3) Siano x ∈ S, g ∈ G. Allora esiste h ∈ H tale che hx = gx. Allora h−1g ∈ Stab(x) e dunque g ∈ HStab(x).
Lemma 2 (di Iwasawa). Sia G un gruppo che agisce su un insieme S con pi`u di due elementi, e sia K il nucleo dell’azione. Allora G/K `e semplice se sono verificate le seguenti condizioni:
(1) L’azione `e primitiva (2) G = G0
(3) Esiste x ∈ S tale che Stab(x) contenga un sottogruppo normale abeliano Ax
tale che G sia generato dai coniugati gAxg−1, g ∈ G.
Dimostrazione. Sia H E G contenente propriamente K. Basta mostrare che H = G, perch´e ogni sottogruppo normale L > {1G/K} di G/K `e del tipo H/K con K < H E G (e precisamente con H = {h ∈ G | hK ∈ L}), quindi se H = G, L = G/K. H `e transitivo su S per il lemma 1 (2). Detto x ∈ S che soddisfi la condizione (3), per il lemma 1 (3) G = HStab(x). Sia G∗ = HAx. E un gruppo perch´` e h1a1h2a2 = h1(a1h2a−11 )a1a2 ∈ HAx. Mostriamo che `e normale in G.
Detto g ∈ G, esistono h00∈ H, l ∈ Stab(x) tali che g = h00l e quindi se a ∈ Ax e h ∈ H si ha
ghag−1= ghg−1gag−1= h0h00lal−1(h00)−1 con h0= ghg−1∈ H. Detto a0 = lal−1∈ Ax,
ghag−1= h0h00a0(h00)−1= h0h00a0(h00)−1(a0)−1a0 = h0h00h000a0 ∈ HAx
dove h000= a0(h00)−1(a0)−1 ∈ H. Quindi HAxE G.
Ne segue che gAxg−1≤ HAx per ogni g ∈ G. Quindi per la condizione (3), G∗= HAx= G
Ma se a ∈ Ax, Ha = aa−1Ha = aH e dunque HAx = AxH. Per il secondo teorema di omomorfismo per i gruppi,
G/H = AxH/H ∼= Ax/(Ax∩ H)
Ma Ax`e abeliano, quindi Ax/(Ax∩ H) ∼= G/H `e abeliano. Ci`o significa che H contiene G0= G e quindi H = G.
Capitolo 2
Il gruppo speciale lineare modulo il suo centro
2.1 Generazione
Alcune notazioni: d’ora in poi F denoter`a un campo, eij denoter`a la matrice quadrata avente 1 nel posto (i, j) e zero altrove, e dato b ∈ F , se i 6= j Tij(b) denoter`a la matrice 1 + beij. Dal fatto che il prodotto delle matrici A e B `e definito per componenti
(AB)sl=X
p
AspBpl
ricaviamo che il prodotto eabecdvale eadse b = c, altrimenti vale 0. Ovvero eabecd= δbcead
Un altro semplice risultato `e che dato b ∈ F, Tij(b) `e invertibile e ha come inversa Tij(−b), infatti
Tij(b)Tij(−b) = (1 + beij)(1 − beij) = 1 − b2e2ij= 1
Inoltre poich´e Tij(b) `e una matrice triangolare, il suo determinante `e il prodotto degli elementi diagonali, che `e 1, quindi Tij(b) ∈ SLn(F ).
Lemma 3. SLn(F ) `e generato dalle matrici elementari Tij(b).
Dimostrazione.
Osservazione 1. Se F `e un campo e A ∈ Mn(F ) allora A `e equivalente a una matrice del tipo
diag(d1, ..., dr, 0, ..., 0) :=
d1 0
. .. dr
0 0
dove di6= 0 ∀i = 1, ..., r, e r `e il rango di A. Si ha P AQ = diag(d1, ..., dr, 0, ..., 0) ove P e Q sono prodotti di matrici del tipo Tij(b) e Pij = 1 + eij+ eji− eii− ejj. Dimostrazione. Si pu`o passare da una matrice quadrata A di ordine n e rango r a una diagonale del tipo dell’enunciato facendo solo le seguenti operazioni:
1. Sostituire la riga i Ri con Ri+ bRj per qualche b ∈ F, j ∈ {1, ..., n} \ {i}
(equivalentemente, moltiplicare a sinistra per Tij(b))
2. Sostituire la colonna i Cicon Ci+bCjper qualche b ∈ F, j ∈ {1, ..., n}\{i}
(equivalentemente, moltiplicare a destra per Tij(b))
3. Scambiare le righe i e j per qualche i 6= j (equivalentemente, moltiplicare a sinistra per Pij)
4. Scambiare le colonne i e j per qualche i 6= j (equivalentemente, moltipli-care a destra per Pij)
Per dimostrarlo usiamo l’induzione sull’ordine n mostrando che una matrice del tipo
tramite le operazioni sopra descritte, se a116= 0, si pu`o portare a
A0=
Innanzitutto, se A = 0 non c’`e niente da dimostrare. In caso contrario tramite scambi di righe e/o colonne possiamo far comparire nella posizione (1,1) un termine non nullo, quindi possiamo supporre a11 6= 0. Ora basta sommare alla riga i la riga −ai1a−111R1 e alla colonna i la colonna −a1ia−111C1 per ogni i = 2, ..., n per ricondurci alla matrice voluta. Si procede per induzione su B0: se `e la matrice nulla abbiamo finito, altrimenti ripetiamo tale procedimento.
Nel nostro caso una matrice A ∈ SLn(F ) `e equivalente a una della forma diag(p1, ..., pn) come nell’osservazione precedente. Osservando che se i 6= j
Fij := (1 + eij)(1 − eji)(1 + eij)(1 − 2eii)
= (1 − eji+ eij− eijeji)(1 − 2eii+ eij− 2eijeii)
= (1 − eii+ eij− eji)(1 − 2eii+ eij)
= 1 − 2eii+ eij− eii+ 2eii− eij+ eij− eji+ 2eji− ejj = Pij
ricaviamo che possiamo rimpiazzare le Pij con matrici del tipo Tij(b) e 1 − 2eii.
a sinistra nella fattorizzazione di P , a destra nella fattorizzazione di Q, e poi moltiplicare per gli inversi di tali fattori (i fattori stessi) in modo da eliminarli ottenendo ancora una matrice diagonale (prodotto di matrici diagonali). Ot-teniamo cos`ı una matrice diagonale equivalente ad A avendo fatto su A solo operazioni elementari su righe e colonne.
Quindi possiamo ridurci al caso in cui P e Q sono prodotti di matrici del tipo Tij(b). Per mostrare che A stesso `e prodotto di matrici di tale tipo poich´e P AQ = diag(p1, ..., pn) basta ricondursi al caso A = diag(p1, ..., pn), poich´e evidentemente det(P ) = det(Q) = 1. In altre parole mostrato il risultato per diag(p1, ..., pn) esso varr`a anche per A = P−1diag(p1, ..., pn)Q−1 perch´e come abbiamo visto l’inversa di Tij(b) `e di tale tipo. Ora det(A) = 1 implica
d1...dn= 1 quindi ogni di`e invertibile.
Osservazione 2. diag(d−1, d) si pu`o scrivere come prodotto di Tij(b) con i 6= j.
con i Di che sono prodotti di matrici del tipo Tij(b). Otteniamo che A = D1−1D2−1...D−1n−1
`e ancora prodotto di matrici Tij(b), il che `e sufficiente per concludere.
Lemma 4. Se n 6= 2 oppure |F | 6∈ {2, 3}, e se n ≥ 2, SLn(F ) coincide col suo sottogruppo derivato (gruppo commutatore).
Dimostrazione. Per il lemma 3 basta mostrare che le Tij(b) appartengono al sottogruppo derivato. Osserviamo che se n ≥ 3 prendendo i, j ∈ {1, ..., n}
distinti e k 6= i, j otteniamo
Tij(b) = Tik(b)Tkj(1)Tik(−b)Tkj(−1) = Tik(b)Tkj(1)Tik(b)−1Tkj(1)−1 soluzioni, al pi`u F conterr`a lo 0 e tali due soluzioni, quindi F avr`a cardinalit`a
≤ 3. Analogamente per T21(b). Questo conclude la dimostrazione.