• Non ci sono risultati.

Presentiamo ora il workflow di inversione geostatistica implementato per la caratterizzazione sismica di un reservoir, suddividendolo per chiarezza in due step principali eseguiti in successione:

• Caratterizzazione spaziale e temporale della proprietà di interesse dai dati osservati e simulazione stocastica degli starting models, utilizzando l’algoritmo di Simple Kriging; • Co-simulazione congiunta, utilizzando l’algoritmo di Collocated Co-Kriging, di modelli di

impedenza acustica e facies lito-fluide eseguita in maniera iterativa e guidata da una funzione di correlazione tra dato osservato e dato sintetico che deve essere massimizzata.

Primo step:

I dati osservati di cui si dispone, di solito, all’inizio di un’inversione geostatistica post-stack sono il dato sismico osservato (figure 3.18 e 3.19) e i dati di well-log che comprendono in questo caso informazioni riguardanti l’impedenza acustica e la litologia. Si focalizza l’attenzione su inversioni sintetiche in cui il modello vero simula una situazione realistica di depositi torbiditici con sequenze shale-sand.

Fig. 3.18 Esempio di dato sismico osservato afflitto da rumore gaussiano scorrelato con rapporto segnale/noise di 5 dB. Passo di campionamento spaziale di 25 m e passo di campionamento temporale di 2 ms.

Fig. 3.19 A sinistra è mostrato il dato sismico osservato privo di noise; a destra viene raffigurato il rumore gaussiano correlato che viene imposto sul dato osservato ottenendo un rapporto segnale/noise di 5 dB. In entrambi i casi è stato utilizzato un gain = 150. Passo di campionamento spaziale di 25 m e passo di campionamento temporale di 2 ms.

Il dato sismico osservato è stato ottenuto convolvendo le tracce di riflettività del modello di impedenza acustica reale con un’ondina di Ricker, figura 3.20, con frequenza di picco di 50 Hz e fase zero. Il passo di campionamento spaziale è di 25 metri mentre quello temporale è stato fissato a 2 ms.

Fig. 3.20 L’immagine mostra in alto l’ondina di Ricker utilizzata per generare il dato osservato con frequenza di picco di 50 Hz; in basso il relativo spettro di ampiezza.

Assumiamo nel nostro studio di avere a disposizione due pozzi rispettivamente ad una coordinata spaziale di 350 m e 725 m, figura 3.21.

Fig.3.21 In alto i dati di impedenza acustica e in basso le informazioni sulle facies litologiche dei due pozzi disponibili.

Le informazioni estrapolate dai pozzi vengono catalogate come hard-constraints durante entrambi gli step di inversione geostatistica. Ciò equivale a dire che i modelli predetti saranno costretti a rispettare perfettamente queste informazioni.

Occorre ora andare a definire quelli che sono i soft-constraints e per farlo analizziamo le informazioni di impedenza acustica presenti nei pozzi. Da questi dati è possibile definire il primo e il secondo momento statistico, rispettivamente media e varianza, poiché sono input indispensabili per l’inversione.

Come affermato in precedenza, le prime fasi principali della geostatistica prevedono l’analisi della variabilità spaziale della proprietà in esame. Essendo in possesso di pozzi esclusivamente verticali possiamo andare a definire la variabilità verticale direttamente dai dati di impedenza acustica. Per farlo ci avvaliamo della funzione di autocorrelazione applicata ad entrambi i pozzi e di seguito mediata per avere un’unica funzione rappresentante le principali caratteristiche, come mostrato in figura 3.22.

Fig. 3.22 Funzioni di autocorrelazione, con ampiezze normalizzate, delle impedenze acustiche lungo i pozzi in alto e funzione di autocorrelazione mediata in basso.

Per valutare la variabilità laterale della proprietà ci affidiamo invece al dato sismico poiché si assume che pozzi orizzontali non siano disponibili. Applichiamo stavolta la funzione di autocorrelazione ad ogni campione temporale del dato sismico, in senso quindi orizzontale, e mediamo le funzioni di autocorrelazione così ottenute per averne una unica da prendere come riferimento (figura 3.23).

Fig. 3.23 Funzione di autocorrelazione laterale, con ampiezza normalizzata, sul dato sismico osservato.

Grazie a queste funzioni di correlazione laterale e verticale, ed essendo a conoscenza che correlogrammi e variogrammi sono interscambiabili in un’analisi geostatistica, possiamo definire i modelli di variogramma spaziale e temporale, che servono da guida nell’inversione, per stabilire le interdipendenze tra tutti i punti del grid del reservoir.

Si assume quindi un variogramma gaussiano stazionario, equazione 3.13, spazialmente invariante, avente come parametro 𝛼 = 85 (figura 3.24) per la correlazione spaziale laterale e 𝛼 = 0,003 (figura 3.25) per la correlazione temporale verticale:

Fig. 3.24 Semivariogramma sperimentale laterale in blu; semivariogramma gaussiano in rosso e sill in verde, corrispondente al valore di varianza del dato sismico. ℎ corrisponde al vettore distanza tra le coppie di punti.

Fig. 3.25 In alto i variogrammi sperimentali verticali dei due pozzi e il variogramma gaussiano scelto; in basso il variogramma sperimentale laterale e il variogramma Gaussiano scelto. ℎ corrisponde al vettore distanza tra le coppie

di punti.

Si sottolinea il fatto che i variogrammi Gaussiani assunti appena mostrati costituiscono una semplificazione della dipendenza spaziale e temporale dell’impedenza del modello ‘vero’ di riferimento considerato nella fase di inversione. Sono semplificazioni della reale variazione di impedenza del modello ‘vero’ anche l’assunzione di stazionarietà dei variogrammi e della covarianza a priori. Queste semplificazioni vengono sempre fatte nella pratica in quanto non abbiamo abbastanza informazioni per determinare con precisione come la covarianza e il variogramma variano spazialmente, sia perché la reale variazione delle proprietà del sottosuolo è spesso talmente complessa che diventerebbe troppo complicato modellarla correttamente.

I variogrammi Gaussiani appena definiti sono utilizzati ora per andare a definire la matrice simmetrica di covarianza del modello di figura 3.26. Questa matrice rappresenta i gradi di interdipendenza di ogni punto con tutti gli altri punti del grid del reservoir. Per costruirla applichiamo un primo prodotto di Kronecker tra la varianza calcolata dai dati dei pozzi e il variogramma Gaussiano verticale, dopodiché applichiamo un secondo prodotto di Kronecker tra la matrice appena calcolata e il

variogramma Gaussiano laterale. Come si può intuire, il massimo della dipendenza sarà lungo la diagonale principale dove abbiamo il valore della varianza nota mentre, allontanandoci dalla diagonale principale, diminuirà il grado di interdipendenza.

Fig. 3.26 A sinistra la matrice di covarianza del modello; a destra un suo ingrandimento. Il valore massimo corrispondente alla varianza del dato di impedenza acustica disponibile si trova sulla diagonale principale della matrice. Gli elementi fuori dalla diagonale indicano il pattern di covarianza spaziale e temporale che codifica il variogramma Gaussiano assunto.

Una volta impostati sia gli “hard” che i “soft” constraints si procede alla prima fase di simulazione geostatistica per generare i primi modelli di partenza (starting models) che saranno successivamente aggiornati durante il processo di inversione iterativo al fine di matchare i dati osservati. Gli step seguenti servono nella generazione di tali starting models:

1. Stabiliamo la finestra mobile rettangolare da utilizzarsi nella simulazione geostatistica per la ricerca dei valori noti da poter correlare ad ogni iterazione. Si utilizzano come riferimento il correlogramma Gaussiano sia temporale che spaziale, impostando una soglia corrispondente al range di correlazione (figura 3.27). In questo modo evitiamo che rientrino nella finestra dei valori troppo lontani per influenzare la proprietà nel punto attualmente considerato;

2. Creiamo un percorso casuale come in figura 3.28 (che varia ad ogni iterazione) da seguire per effettuare la stima di Kriging che comprenda ogni posizione del grid del reservoir, selezionata in modo unico, escluse le posizioni note relative ai pozzi;

Fig. 3.28 Esempio di percorso casuale seguito dall’algoritmo per la stima della proprietà.

3. Se la finestra mobile, che ha come posizione centrale il punto in cui si sta stimando la proprietà, non ha individuato punti noti al suo interno, si prende come riferimento il valore della media delle impedenze note.

4. Si utilizza quindi questo valore medio per estrarre il valore predetto da una distribuzione di probabilità Gaussiana che ha come varianza la varianza delle impedenze note. Si inserisce il valore predetto nelle impedenze note a priori e si passa all’iterazione successiva;

5. Se sono stati individuati valori noti, impostiamo il sistema di Kriging composto da:

a. Matrice di Kriging 𝐶𝑖𝑗: costruita estrapolando dalla matrice di covarianza del modello le covarianze spaziali valutate per i vettori distanza tra i punti noti (𝑖𝑗);

b. Vettore di Kriging 𝐶0𝑖: costruito estrapolando dalla matrice di covarianza del modello le covarianze spaziali calcolate per i vettori distanza tra i punti noti (𝑖) e la posizione dove si effettua la stima;

6. Invertiamo e moltiplichiamo la pseudo inversa della Matrice di Kriging per il Vettore di Kriging ottenendo così il vettore dei pesi;

7. Calcoliamo un valore di impedenza predetta tramite la formula di Simple Kriging e la corrispondente varianza di Kriging;

8. Estraiamo un valore casuale da una distribuzione di probabilità Gaussiana che ha come media il valore di impedenza predetto con SK e come varianza, la varianza di Kriging;

9. Il valore di impedenza appena estratto viene inserito tra i valori noti a priori per le successive iterazioni;

10. Applichiamo tale procedimento a tutti i punti del grid per ottenere un modello di impedenza predetto;

11. Ripetiamo il procedimento dal punto 3 per un numero di volte stabilito dall’utente (nel nostro caso 10) generando così un insieme di modelli predetti che rispettano i vincoli soft e hard imposti;

Fig. 3.29 Convoluzione delle tracce di riflettività dei modelli generati con un’ondina sorgente per ottenere i sismogrammi sintetici.

12. Una volta generati i modelli di impedenza, si convolvono le tracce di riflettività con un’ondina e si generano i corrispondenti sismogrammi sintetici (figura 3.29) necessari nel secondo step di inversione geostatistica;

13. Si applica la classificazione Bayesiana (figure 3.30 e 3.31) delle facies per generare dai modelli di impedenza acustica i rispettivi modelli di facies lito-fluide anch’essi indispensabili per il secondo step di inversione. Per farlo occorrono:

a. Vettore di addestramento che contiene le impedenze note dei pozzi; b. Vettore contenente le rispettive facies lito-fluide;

c. Probabilità a priori delle facies calcolate in base all’occorrenza di queste all’interno dei pozzi;

Fig. 3.31 L’immagine mostra la classificazione bayesiana delle facies lito-fluide dai modelli di impedenza generati con Simple Kriging.

I modelli di impedenza appena ottenuti possono essere mediati in un unico modello più rappresentativo e statisticamente più significativo. Da questo modello si genera il sismogramma sintetico che viene poi correlato al dato sismico osservato. Il coefficiente di correlazione globale sul modello medio viene solamente utilizzato durante le iterazioni del secondo step per monitorare l’andamento dell’inversione e verificarne la convergenza ma non influenza il processo di aggiornamento dei vari modelli.

Fin qui si è reso necessario utilizzare una matrice di covarianza del modello unica poiché il Simple Kriging assume una distribuzione della proprietà Gaussiana in tutto il modello, ignorando di conseguenza le facies. Nel secondo step di inversione però aggiorniamo i modelli prendendo in considerazione le facies litologiche ed una distribuzione della proprietà gaussiana all’interno di ciascuna facies, in accordo quindi con una Gaussian-mixture. Per questo motivo è necessario sostituire la matrice di covarianza precedentemente calcolata con altre matrici di covarianza che rappresentino la covarianza spaziale e temporale delle rispettive facies, in questo caso una per le ‘sand’ e una per le ‘shale’.

Prima di procedere con il secondo step di inversione occorre quindi andare a definire tali matrici. Definiamo una matrice di covarianza per le ‘sand’, nella figura 3.32 in alto, calcolando dai valori di impedenza dei well-log relativi alle sabbie il valor medio e la varianza che, dopo aver applicato un doppio prodotto di Kronecker con i variogrammi Gaussiani impostati in precedenza, permettono la creazione di tale matrice. Medesimo procedimento viene svolto per definire la matrice di covarianza delle ‘shale’, nella figura 3.32 in basso.

Fig. 3.32 Matrici di covarianza del modello per ‘sand’ in alto e ‘shale’ in basso.

Si conclude quindi il primo step di inversione ottenendo come output i modelli di impedenza acustica predetti, i modelli di facies associati ed infine i rispettivi sismogrammi sintetici. Questi ouput costituiscono i nuovi input per il secondo step di inversione.

Secondo step:

I seguenti passaggi descrivono il metodo di co-simulazione congiunta di impedenza e facies lito- fluide rispettando i medesimi vincoli “hard” e “soft” imposti nel primo step di inversione, con la differenza che ogni modello di impedenza viene simulato sotto l’ulteriore guida della variabile discreta, rappresentata dalle facies.

1. I modelli generati fin qui con Simple Kriging verranno aggiornati iterazione dopo iterazione. L’idea è quella di utilizzare le “porzioni” migliori dei modelli predetti dell’iterazione corrente al fine di guidare l’aggiornamento dei modelli di impedenza per l’iterazione successiva, sempre rispettando i vincoli hard e soft imposti. A tal fine si utilizzerà il Collocated Co- Kriging come di seguito descritto. Occorre per prima cosa andare a definire ad ogni iterazione

la variabile secondaria del Collocated Co-Kriging che guiderà l’aggiornamento dei vari modelli predetti:

a. Si suddivide in finestre temporali, di uguale lunghezza adeguata, il sismogramma osservato e tutti i sismogrammi predetti generati. La lunghezza temporale della finestra deve essere pari ad almeno la lunghezza dell’ondina;

b. Si applica la funzione di correlazione trace-by-trace, finestra per finestra, tra dato sismico osservato e sintetici, in modo da poter identificare le porzioni del modello che meglio fittano il dato osservato (figura 3.33);

Fig. 3.33 Schema di correlazione in finestre (1,2,3) tra tracce del sismogramma osservato e rispettive tracce dei sismogrammi sintetici predetti.

c. Si salvano le relative posizioni delle porzioni migliori in modo da poter estrarre le corrispondenti sezioni dai modelli di impedenza generati nel primo step, come mostrato in figura 3.34.

Fig. 3.34 Estrazione delle migliori porzioni di impedenza dai modelli generati: si estrae la porzione che fornisce un coefficiente di correlazione più alto e si inserisce nella rispettiva posizione. Si effettua questo procedimento per tutte le finestre.

d. Si genera così un modello di impedenza ‘best’, figura 3.35, che viene utilizzato come variabile secondaria. Tale modello, è quindi costituito dalle porzioni degli attuali modelli predetti che meglio riproducono (localmente) il dato osservato. Questo modello “best” cambierà ad ogni iterazione in dipendenza dei vari modelli predetti correnti e del loro fitting col dato osservato (si veda figura 3.36); insieme a tale modello si ottiene anche una matrice delle stesse dimensioni che contiene i coefficienti di correlazione “best” tra dato predetto e osservato. Tali coefficienti saranno i pesi che determineranno l’entità dell’aggiornamento dei vari modelli predetti.

Fig. 3.35 Modello di impedenza “best” che contiene tutte le porzioni migliori dei modelli generati.

Fig. 3.36 Evoluzione del modello di impedenza best’ nel corso delle iterazioni (1, 10, 20)

Dalla figura 3.36 si può osservare come il modello di impedenza best si aggiorni con l’avanzare delle iterazioni avvicinandosi sempre più al modello predetto finale. Ciò testimonia la progressiva convergenza dell’inversione in cui i modelli predetti tendono ad avvicinarsi, iterazione dopo iterazione, al modello vero.

È proprio questa caratteristica che permette all’algoritmo di generare valori di impedenza che sempre più si avvicinano ai valori del modello reale. Insieme a tale modello di impedenza “best” se ne otterrà uno delle stesse dimensioni che contiene, finestra per finestra, i valori dei coefficienti di correlazione locali tra dato predetto e osservato generati delle porzioni corrispondenti del modello “best”. Il peso esercitato dal modello “best” nell’aggiornamento dei modelli predetti dipenderà appunto da tale modello di correlazione “best”: più la correlazione si avvicinerà ad uno più i modelli predetti saranno “spinti” verso il modello best.

È logico quindi pensare che migliore è il modello di impedenza “best” utilizzato per aggiornare i modelli predetti, più vicini al modello reale saranno i modelli predetti stessi. Inoltre, aggiornando di conseguenza anche i modelli di facies predetti, sarà sempre più corretta l’assegnazione della facies di appartenenza del valore predetto.

Una volta definito il modello di impedenza di correlazione “best” è necessario utilizzarlo al fine di aggiornare i modelli di impedenza dell’iterazione corrente. A tal fine si utilizza un Collocated Co- Kriging in cui la variabile primaria sono i modelli di impedenza predetti, quella secondaria è il modello di impedenza “best”, mentre il coefficiente di correlazione tra le due è fornito, punto per punto, dal corrispondente valore del modello di correlazione “best”. In tal modo si spingeranno i modelli predetti verso il modello “best” e l’entità di questo aggiornamento, posizione per posizione nel modello, dipenderà dal valore del coefficiente di correlazione “best” corrispondente. Si noti però che il modello impedenza “best” è frutto di una selezione di porzioni eterogenee che fittano meglio il dato e perciò è privo di continuità spaziale e temporale così come definite dai variogrammi assunti. L’utilizzo del Collocated Co-Kriging permette dunque di far avvicinare i modelli predetti a quello “best” preservando i vincoli hard e soft (es. variogrammi) imposti. Nella figura 3.37 viene mostrato l’aggiornamento dei coefficienti di correlazione locale associati ai modelli “best” di figura 3.36.

Fig. 3.37 L’immagine mostra l’aggiornamento nel corso delle iterazioni (1, 10, 20) della matrice dei coefficienti di correlazione locale suddivisi in finestre sulla base dei quali vengono aggiornati i modelli di impedenza predetti.

Quindi si procede con l’aggiornamento tramite Collocated Co-Kriging:

2. Al fine di aggiornare i modelli di impedenza, si definisce nuovamente la finestra mobile per la ricerca dei valori di impedenza noti mantenendo le stesse impostazioni usate per il precedente step di inversione;

3. Simuliamo nuovamente un cammino casuale che comprenda ogni posizione del grid, selezionata in modo unico, escluse le posizioni note dei pozzi;

4. Entra ora in gioco il vincolo rappresentato dalla variabile discreta delle facies lito-fluide: l’informazione contenuta in questa variabile svolge un ruolo di guida nella simulazione della proprietà di interesse perché è proprio sulla base di questa informazione a priori che viene predetto il valore di impedenza associato a quella posizione. Possono verificarsi 6 casi, sintetizzati in figura 3.38, suddivisi in due categorie:

a. La finestra mobile individua valori noti da poter correlare:

I. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘sand’ quindi si estrapola dai valori noti nella finestra solo quelli relativi alle ‘sand’; usiamo le posizioni di questi valori per andare a leggere il grado di interdipendenza nella matrice di covarianza del modello relativa alle ‘sand’.

II. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘shale’ quindi si estrapola dai valori noti nella finestra solo quelli relativi alle ‘shale’; usiamo le posizioni di questi valori per andare a leggere il grado di interdipendenza nella matrice di covarianza del modello relativa alle ‘shale’.

III. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘sand’ ma non ci sono valori relativi a questa classe litologica all’interno della finestra; si usa quindi come matrice di Kriging solo il valore di varianza relativa alle ‘sand’. IV. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘shale’ ma non

ci sono valori relativi a questa classe litologica all’interno della finestra; si usa quindi come matrice di Kriging solo il valore di varianza relativa alle ‘shale’.

b. La finestra mobile non individua valori noti da poter correlare:

V. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘sand’; si agisce come nel caso (III) considerando come matrice di Kriging solo il valore di varianza relativa alle ‘sand’.

VI. La posizione corrente corrisponde nel modello di facies ad una ‘shale’; si agisce come nel caso (IV) considerando come matrice di Kriging solo il valore di varianza relativa alle ‘sand’.

Fig. 3.38 Sintesi delle possibili situazioni riscontrate.

5. Si costruisce la matrice di Kriging a seconda del caso riscontrato, come in figura 3.39: a. Per i casi I e II si necessita della costruzione del vettore di cross-covarianza 𝐶𝑥𝑧𝑖0, dove

𝑥 corrisponde alla variabile primaria nei punti noti e il termine 𝑧 corrisponde alla variabile secondaria, il modello di impedenza “best”, nel punto in cui si effettua la stima. Sotto l’assunzione di Markov, questa matrice di cross-covarianza corrisponde ad una versione della matrice di covarianza della variabile primaria scalata dai coefficienti di correlazione riferiti alle porzioni migliori (calcolati al punto 1);

b. Per i casi III, IV, V, VI invece la matrice di Kriging si riduce alla varianza delle rispettive classi litologiche.

Documenti correlati