• Non ci sono risultati.

I processi geostatistici appena descritti sono spesso associati ad un elevato costo computazionale di ogni iterazione, data la loro lenta convergenza verso un buon data fitting. In questo lavoro di tesi viene implementato un ulteriore aggiornamento che migliori la velocità di convergenza rispetto all’inversione acustica globale geostatistica descritta da Azevedo e Soares (2017). L’obiettivo è quello di migliorare ulteriormente il modello “best”, che guida l’aggiornamento dei modelli predetti, tramite un ulteriore step di inversione lineare che migliori il fitting di tale modello best col dato osservato. Il tutto consiste nell’inversione lineare 1D, trace-by-trace, delle tracce sintetiche che forniscono un coefficiente di correlazione basso con le rispettive tacce sismiche osservate. Per poter linearizzare il problema di inversione post-stack occorre però prendere in considerazione il logaritmo delle impedenze in quanto il coefficiente di riflessione può essere riscritto come:

𝑟𝑖 = 𝐼𝑝𝑖+1− 𝐼𝑝𝑖 𝐼𝑝𝑖+1+ 𝐼𝑝𝑖

∆ ln(𝐼𝑝𝑖)

2 (3.16)

in cui 𝑖 identifica un determinato campione temporale e 𝐼𝑝 è l’impedenza acustica 𝑃. Occorre però tenere presente che questa approssimazione è valida solo nel caso di deboli contrasti di impedenza all’interfaccia riflettente. Le operazioni preliminari consistono in:

i. Si costruisce un operatore di derivazione numerica 𝐷 di primo ordine delle dimensioni del dato osservato;

ii. Si adotta un operatore di forward modelling convoluzionale quindi si costruisce l’operatore 𝑊 che contiene i coefficienti dell’ondina in simmetria toeplitz (figura 3.41);

Fig. 3.41 Matrice dell’ondina 𝑊 in simmetria toeplitz.

iii. Si ottiene quindi l’operatore di forward modelling 𝐺 (figura 3.42) con l’equazione seguente:

𝐺 =1 2 [ 𝑤1 0 ⋯ 0 ⋱ 𝑤1 ⋯ ⋮ 𝑤𝑘 ⋱ ⋱ 0 0 𝑤𝑘 ⋱ 𝑤1 ⋮ 0 𝑤𝑘 ⋮ 0 ⋯ 0 𝑤𝑘] [ −1 1 0 0 ⋯ 0 −1 1 0 ⋱ 0 0 −1 ⋯ ⋱ ⋮ ⋯ ⋯ ⋯ ⋱ ] =1 2𝑾𝑫 (3.17)

Fig. 3.42 Operatore di Forward modelling 𝐺.

iv. Si costruisce la matrice di covarianza del dato 𝐶𝑑 (figura 3.43 a sinistra), come matrice diagonale contenente sulla diagonale principale il valore di varianza del rumore che affligge il dato osservato;

v. Si costruisce la matrice di covarianza del modello 𝐶𝑚 (figura 3.43 a destra), calcolando prima la varianza dal logaritmo dei valori di impedenza del pozzo e, successivamente, moltiplicando con un prodotto di Kronecker tale varianza per una matrice in simmetria toeplitz contenente la correlazione verticale imposta per tutto il processo di inversione;

Fig. 3.43 A sinistra la matrice di covarianza del dato 𝐶𝑑; a destra la matrice di covarianza del modello 𝐶𝑚.

Una volta concluse le operazioni preliminari, inizia il processo di inversione lineare composto dagli step seguenti:

1. Si selezionano 𝑛 tracce, dove 𝑛 è un numero scelto a discrezione dell’utente (in questo lavoro è stato adottato 𝑛 = 10), che forniscono i coefficienti di correlazione più bassi (tra dato predetto e osservato) tra tutti i coefficienti di correlazione usati per costruire il modello di impedenza “best”;

2. Per ognuno dei valori così scelti si estrae dal sismogramma osservato la rispettiva traccia 𝑑; 3. Si definisce il modello a priori 𝑚̅ come il logaritmo della rispettiva colonna di impedenze del

modello mediato tra tutti i modelli generati all’iterazione corrente;

4. Si genera un modello predetto, espresso ancora come logaritmo dell’impedenza, come segue:

𝑚𝑝𝑟𝑒𝑑 = 𝑚̅ + (𝐺𝑇𝐶𝑑−1𝐺 + 𝐶𝑚−1)−1𝐺𝑇𝐶𝑑−1(𝑑 − 𝐺𝑚̅) (3.18) 5. Si moltiplica l’operatore di forward modelling 𝐺 per il modello predetto appena calcolato per

ottenere il dato predetto:

[ 𝑑1 𝑑2 ⋮ 𝑑𝑁 ] =1 2 [ 𝑤1 0 ⋯ 0 ⋱ 𝑤1 ⋯ ⋮ 𝑤𝑘 ⋱ ⋱ 0 0 𝑤𝑘 ⋱ 𝑤1 ⋮ 0 𝑤𝑘 ⋮ 0 ⋯ 0 𝑤𝑘] [ −1 1 0 0 ⋯ 0 −1 1 0 ⋱ 0 0 −1 ⋯ ⋱ ⋮ ⋯ ⋯ ⋯ ⋱ ] [ ln (𝐼𝑝1) ln (𝐼𝑝2) ⋮ ln (𝐼𝑝𝑁) ] → 𝒅𝒑𝒓𝒆𝒅= 1 2𝑾𝑫 𝒎𝒑𝒓𝒆𝒅= 𝑮𝒎𝒑𝒓𝒆𝒅 (3.19)

dove 𝑁 è il numero totale dei campioni temporali;

6. Si applica una funzione di correlazione locale che correla le finestre temporali della traccia predetta con le rispettive finestre temporali del dato sismico osservato, ottenendo così tanti coefficienti di correlazione quante sono le finestre;

7. Si confronta la somma dei coefficienti di correlazione così ottenuti con la somma dei coefficienti di correlazione che sono stati usati per costruire il modello di impedenza ‘best’; 8. Se i coefficienti di correlazione ottenuti per inversione lineare sono superiori a quelli ottenuti

regolarmente, si sostituisce il modello predetto, ricondotto nel dominio di partenza usando la funzione esponenziale, nella corrispondente colonna del modello di impedenza “best” e si aggiornano i corrispondenti coefficienti di correlazione;

9. Si effettua tale operazione per ogni traccia peggiore selezionata al punto 1 e per ogni iterazione dell’inversione geostatistica.

Utilizzando questo aggiornamento si velocizza il meccanismo di inversione geostatistica in quanto il modello “best” (che guida l’aggiornamento dei vari modelli di impedenza) viene a sua volta modificato al fine di fittare il dato osservato. Inoltre, si osserva anche un netto miglioramento nel valore massimo di correlazione tra dato sismico osservato e dato sismico sintetico medio ricostruito. Nella figura 3.44 si possono apprezzare gli effetti dell’inversione lineare: in nero si osserva la traccia del sismogramma osservato ad una distanza di 600 metri dall’origine mentre in rosso si osservano tracce prese rispettivamente dal sismogramma sintetico medio generato alla terza iterazione, a sinistra senza aver applicato l’aggiornamento dell’inversione lineare, a destra avendo inserito suddetto aggiornamento.

Fig. 3.44 In entrambe le immagini si osservano la traccia sismica osservata (in nero) ad offset di 600 m e la traccia sismica ricostruita (in rosso) alla terza iterazione: a sinistra la traccia sintetica è ricostruita con il metodo di inversione classico, a destra invece la traccia sintetica è ricostruita inserendo nel workflow l’aggiornamento dell’inversione lineare. I rispettivi coefficienti di correlazione sono 0.6809 e 0.9724.

Utilizzare questo metodo per migliorare ulteriormente il modello di impedenza “best” che già di per sé serve per aggiornare (e quindi migliorare) i modelli di impedenza predetti, che a loro volta generano i modelli di facies predetti, rende tutto il procedimento più rapido ed efficace sia nella ricostruzione del dato osservato che del modello reale.

Nella figura 3.45 viene sintetizzato uno schema del workflow comprendente entrambi gli step di inversione stocastica geostatistica utilizzata in questo lavoro di tesi.

Capitolo 4

Risultati

Molteplici possono essere le combinazioni di parametri da fornire come input agli algoritmi di inversione utilizzati. Scopo principale del lavoro è stato quello di analizzare la robustezza del metodo di inversione implementato e la stabilità dei risultati al variare dei seguenti fattori:

• Rumore sul dato gaussiano scorrelato;

• Rumore sul dato gaussiano correlato, utilizzando la stessa variabilità spaziale e temporale del dato:

Fig. 4.1 Matrici di covarianza del rumore correlato applicato al dato osservato. La variabilità laterale e verticale applicata è la stessa imposta nell’inversione geostatistica, ciò che cambia è la deviazione standard per ottenere un SNR=25, SNR=10 e SNR=5 rispettivamente a sinistra, nel mezzo e a destra.

• Variazione del rapporto segnale/noise, sia per rumore sul dato correlato che scorrelato, inteso come:

𝑆𝑁𝑅 [𝑑𝐵] = 10 𝑙𝑜𝑔 [𝑃𝑠𝑖𝑔𝑛𝑎𝑙

𝑃𝑛𝑜𝑖𝑠𝑒] = 10 𝑙𝑜𝑔 [

∑ 𝐴𝑠𝑖𝑔𝑛𝑎𝑙2

∑ 𝐴𝑛𝑜𝑖𝑠𝑒2 ] (4.1)

dove 𝑃 è la Potenza del segnale e del rumore ed 𝐴 sono le Ampiezze del segnale e del rumore. • Variazione della frequenza di picco e/o della fase dell’ondina di Ricker con la quale si

generano i sismogrammi sintetici;

• Variazione del numero di informazioni a priori (dati di well-log);

• Variazione della grandezza dei modelli di impedenza acustica e facies litologiche da ricostruire.

I parametri che vengono invece mantenuti fissi in ogni prova sono:

• Ondina di Ricker per la costruzione del dato osservato con frequenza di picco di 50 Hz e fase zero;

• Numero di finestre utilizzate (3), per la correlazione locale tra sismogrammi sintetici e dato osservato con lo scopo di costruire il modello di impedenza “best”;

• Variogrammi gaussiani verticali e laterali;

• Numero di tracce dei sismogrammi sintetici da sostituire (10) con l’inversione lineare; • Numero di modelli (10) considerati ad ogni iterazione;

• Numero di iterazioni massime (20) eseguite dal Collocated Co-Kriging.

Nelle tabelle 1.1 e 1.2, alla fine del capitolo, sono riportati alcuni dei test eseguiti durante tutto il lavoro di tesi.

Qui di seguito esponiamo alcuni dei test più significativi, partendo dal caso ideale con un rapporto segnale/noise alto e l’utilizzo della medesima ondina di Ricker per generare dato osservato e sismogrammi sintetici, per proseguire poi con un progressivo inasprimento delle condizioni di inversione.

In tutti i risultati di seguito esposti confrontiamo il modello reale con il modello predetto descritto precedentemente, da questo generiamo il dato sismico sintetico che confrontiamo con quello osservato ed infine il modello di facies litologiche che confrontiamo con quello reale.

Caso “ideale”.

Nel caso più semplice, con rumore sul dato gaussiano scorrelato e un rapporto SNR di 25 dB, il dato sismico osservato si presenta come in figura 4.2:

La figura 4.3 a) mostra il modello di impedenza P reale che si vuole tentare di ricostruire ed in b) il corrispondente modello di Facies litologiche reale; in c) si osserva il modello di impedenza P predetto generato mediando i 10 modelli con coefficiente di correlazione globale migliore ed in d) si osserva il corrispondente modello di facies litologiche predetto.

Fig. 4.3 Modello di impedenza P reale in a) e corrispondente modello di facies in b); modello di impedenza predetto (SNR=25 dB) in c) e corrispondente modello di facies predetto in d). I punti neri e rossi rappresentano i due well-log.

Si può notare già nel caso ‘ideale’ che, nonostante i modelli predetti siano affetti da una sovrastima dei valori di impedenza associati alle ‘shale’ e da una sottostima per quanto riguarda i valori di impedenza relativi alle ‘sand’, le classi litologiche sono state correttamente identificate.

È logico aspettarsi un peggioramento della predizione in posizioni più lontane dal controllo dei well- log ed in posizioni in cui il valore di impedenza acustica appartiene al range di sovrapposizione tra le due facies litologiche presenti nel reservoir.

Fig. 4.4 Evoluzione delle prime 21 iterazioni del coefficiente di correlazione tra dato osservato e dato predetto sul modello ottenuto dalla media dei 10 modelli migliori di ogni iterazione. Il primo valore è relativo al primo step di generazione dei modelli con Simple Kriging.

La figura 4.4 mostra l’evoluzione dei coefficienti di correlazione globale tra dato osservato e dato predetto.

In figura 4.5 invece si può apprezzare l’evoluzione del coefficiente di correlazione globale tra modello di impedenza reale e modello d’impedenza predetto.

Fig. 4.5 Evoluzione del coefficiente di correlazione tra modello reale e modello predetto ottenuto dalla media dei 10 modelli migliori. Il primo valore è relativo al primo step di inversione con Simple Kriging.

Si osserva che l’algoritmo raggiunge la convergenza intorno alla quinta iterazione, dopodiché il coefficiente di correlazione inizia ad oscillare e si stabilizza attorno ad un certo valore. Il primo valore in entrambi i grafici è associato al modello ottenuto dalla media degli starting models generati con Simple Kriging quindi occorrono 4 iterazioni di Collocated Co-Kriging per raggiungere la convergenza. Il valore di correlazione massimo raggiunto per il dato predetto è di 0,993 mentre per

il modello predetto è 0,913. Nella figura 4.6 vengono mostrate le Kernel Density Functions rispettivamente del modello reale a sinistra e del modello predetto a destra:

Fig. 4.6 Kernel Density Function del modello di impedenza acustica reale a sinistra, Kernel Density Function del modello di impedenza acustica predetto a destra.

Osservando la figura 4.6 si può affermare che nonostante l’assunzione di una distribuzione della proprietà di impedenza acustica del tipo Gaussian-mixture (che semplifica comunque la distribuzione di impedenza nel modello vero), le due funzioni di densità di probabilità sono molto simili. Questo dimostra che tale assunzione riesce comunque a modellare correttamente la variazione di impedenza acustica nella porzione di sottosuolo investigata.

Rumore scorrelato.

Si presentano di seguito dei test effettuati prima con un rapporto segnale/noise di 10 dB e dopo di 5 dB (figura 4.7), applicando un rumore sul dato gaussiano scorrelato.

Fig. 4.7 Dati sismici osservati affetti da rumore scorrelato con rapporto segnale/noise di 10 dB a sinistra e di 5 dB a destra.

Fig. 4.8 In alto: modello di impedenza P reale a sinistra; modello di impedenza predetto con rapporto segnale/noise sul dato osservato di 10 dB al centro; modello di impedenza predetto con rapporto segnale/noise sul dato osservato di 5 dB a destra. In basso i rispettivi modelli di facies litologiche predetti.

Osservando l’immagine 4.8 si nota che nonostante si affligga il dato sismico osservato con più rumore e si dimezzi il rapporto segnale/noise, sia i modelli di impedenza sia quelli di facies vengono predetti in modo accettabile. Questo dimostra la robustezza dell’algoritmo implementato all’aumento di rumore Gaussiano scorrelato nel dato osservato.

Andando ad analizzare l’evoluzione dei coefficienti di correlazione globale (figura 4.9) calcolati tra dato sismico osservato e dato predetto nel caso di rumore sul dato scorrelato, con SNR=10 dB e SNR=5 dB, si nota che il coefficiente di correlazione globale per rapporto segnale/noise alto raggiunge la convergenza alla quinta iterazione mentre per rapporto segnale/noise basso la convergenza è raggiunta intorno alla ottava iterazione. Occorrono quindi, come atteso, più iterazioni per raggiungere la convergenza diminuendo il rapporto segnale/noise. I massimi di correlazione sono di 0,954 per SNR=10 dB e di 0,884 per SNR=5 dB.

Fig. 4.9 Evoluzione dei coefficienti di correlazione tra dato sismico osservato e dato predetto. In a) il rapporto segnale/noise è di 10 dB, in b) il rapporto segnale/noise è di 5 dB.

In figura 4.10 invece si osserva l’evoluzione dei coefficienti di correlazione tra modello di impedenza acustica reale e modello di impedenza predetto.

Fig. 4.10 Evoluzione dei coefficienti di correlazione tra modello di impedenza reale e modello di impedenza predetto. In a) il rapporto segnale/noise è di 10 dB, in b) il rapporto segnale/noise è di 5 dB.

Il massimo di correlazione tra modello di impedenza P reale e modello di impedenza predetto nel caso di SNR = 10 dB è di 0,872, nel caso di SNR = 5 dB raggiunge invece il valore di 0,868. Questo dimostra come visto in figura 4.8 che nonostante si dimezzi il rapporto segnale/noise, si ottengono comunque risultati accettabili, ma con più iterazioni.

Rumore correlato, SNR = 5 dB.

In figura 4.11 sono mostrati il modello di impedenza e il modello di facies predetti applicando un rumore correlato sul dato osservato con rapporto segnale/noise di 5 dB.

Fig. 4.11 Modello di impedenza P reale in a) e corrispondente modello di facies in b); modello di impedenza predetto (SNR=5 dB) in c) e corrispondente modello di facies predetto in d). I punti neri e rossi rappresentano i due well-log.

Osservando i modelli predetti di figura 4.11 si può notare una sovrastima della quantità di ‘sand’ presenti nel reservoir. Tale effetto è dovuto al fatto che nel processo di inversione viene utilizzata una matrice di covarianza del dato identità dando quindi lo stesso peso a tutti i dati. Questo porta ad un over-fitting sul dato osservato che induce l’algoritmo a ricostruire determinate strutture che in realtà dipendono solo dal rumore. Nonostante questo, anche in questo caso il modello stimato ben riproduce la struttura geologica del modello vero e la distribuzione spaziale dei valori di impedenza. Il modello di impedenza predetto raggiunge in questo caso un valore di coefficiente di correlazione con il modello reale pari a 0,727 mentre il coefficiente di correlazione globale tra dato sismico osservato e predetto raggiunge il valore di 0,936.

In figura 4.12 viene mostrato il dato sismico osservato in nero e il dato sismico predetto in rosso. Come si può notare viene raggiunto un buon fitting con il dato sismico osservato.

Fig. 4.12 In figura viene mostrato in nero il dato sismico osservato caratterizzato da un SNR=5 dB e rumore correlato, ed in rosso viene raffigurato il dato sismico predetto.

Rumore scorrelato, SNR = 5 dB ed errore nella stima della fase dell’ondina sorgente.

Si introduce ora un errore sulla stima della fase dell’ondina sorgente che viene utilizzata per generare i sismogrammi sintetici ad ogni iterazione dell’inversione geostatistica.

In figura 4.13 sono raffigurate le due ondine di Ricker: in blu quella utilizzata per generare il sismogramma osservato ed in rosso quella utilizzata per generare i sismogrammi sintetici. Applichiamo un errore di traslazione sulla fase di 30° che porta ad una rotazione, quindi ad un cambiamento di forma, dell’ondina nel dominio dei tempi.

Fig. 4.13 In blu è raffigurata l’ondina di Ricker con frequenza di picco a 50 Hz e fase zero utilizzata per generare il sismogramma osservato, in rosso invece è rappresentata l’ondina di Ricker con frequenza di picco di 50 Hz e fase traslata di 30° utilizzata per generare i sismogrammi sintetici.

Fig. 4.14 Modello di impedenza P reale in a) e corrispondente modello di facies in b); modello di impedenza predetto (SNR=5 dB) inserendo un errore di 30° nella stima della fase dell’ondina di Ricker utilizzata per i sismogrammi sintetici in c) e corrispondente modello di facies predetto in d). I punti neri e rossi rappresentano i due well-log.

Osservando l’immagine 4.14 si può notare che l’aver inserito un errore di 30° nella stima dell’ondina sorgente comporta un peggioramento visibile soprattutto nel modello di facies predetto, anche se vengono riprodotte abbastanza fedelmente le principali strutture. I coefficienti di correlazione globale tra dato osservato e dato predetto e tra modello reale e modello predetto sono rispettivamente 0,862 e 0,792. Inserire quindi tale errore sulla stima dell’ondina sorgente provoca, rispetto ai coefficienti associati alle immagini 4.9 e 4.10, un peggioramento dei coefficienti di correlazione globale massimi di 1,8% riferito al dato sismico e del 8% riferito al modello di impedenza acustica.

In figura 4.15 vengono rappresentati il dato sismico osservato in nero e il dato sismico predetto generato con un errore di 30° sulla stima della fase dell’ondina sorgente. Come si può osservare, nonostante l’errore di stima si ottiene lo stesso un buon fitting del dato sismico osservato.

Fig. 4.15 L’immagine mostra il dato sismico osservato in nero con un rapporto segnale/noise di 5 dB e rumore scorrelato, in rosso invece viene rappresentato il dato sismico predetto afflitto da un errore di 30° sulla stima della fase dell’ondina sorgente.

Nella figura 4.16 è rappresentata la matrice di confusione calcolata confrontando il modello di facies reale con il modello di facies predetto. Gli elementi diagonali di questa matrice quantificano la percentuale di campioni effettivamente appartenenti a ciascuna facies che sono stati correttamente classificati in quella facies, mentre gli elementi fuori dalla diagonale indicano errate classificazioni.

Fig. 4.16 Matrice di confusione calcolata confrontando il modello di facies reale e il modello di facies predetto ottenuto dall’inversione, inficiata da un errore di 30° sulla stima della fase dell’ondina sorgente, del dato sismico affetto da rumore scorrelato e con SNR=5 dB.

Come si può vedere nell’immagine, le ‘shale’ sono state identificate correttamente per il 93% mentre le ‘sand’ sono state riconosciute per il 72%.

Rumore scorrelato, SNR = 5 dB ed errore nella stima della frequenza di picco dell’ondina sorgente.

Si mostrano ora i risultati ottenuti inserendo un errore nella stima della frequenza di picco dell’ondina sorgente utilizzata per generare i sismogrammi sintetici ad ogni iterazione dell’inversione. Applichiamo un errore del 10% (5 Hz) sulla frequenza di picco dell’ondina di Ricker utilizzata per creare il sismogramma osservato.

In figura 4.17 in alto sono mostrate le due ondine di Ricker, in blu quella utilizzata per generare il dato osservato con frequenza di picco di 50 Hz ed in rosso quella utilizzata per i sismogrammi sintetici con frequenza di picco di 45 Hz; in basso sono mostrati i relativi spettri di ampiezza.

Fig. 4.17 In alto sono rappresentate le ondine di Ricker, in blu quella utilizzata per generare il dato osservato con frequenza di picco di 50 Hz mentre in rosso quella utilizzata per generare i sismogrammi sintetici con frequenza di picco di 45 Hz. In basso sono mostrati i rispettivi spettri di ampiezza.

Fig. 4.18 Modello di impedenza P reale in a) e corrispondente modello di facies in b); modello di impedenza predetto (SNR=5 dB) inserendo un errore del 10% (5 Hz) nella stima della frequenza di picco dell’ondina di Ricker utilizzata per i sismogrammi sintetici in c) e corrispondente modello di facies predetto in d). I punti neri e rossi rappresentano i due well-log.

Dall’immagine 4.18 si può affermare che anche in questo caso, quindi con un errore sulla stima della frequenza di picco dell’ondina sorgente, l’algoritmo di inversione geostatistica è stato in grado di ricostruire abbastanza fedelmente i principali corpi sabbiosi.

Per quanto riguarda il coefficiente di correlazione globale massimo tra dato osservato e dato predetto, si ottiene un valore di 0,874 rispetto a 0,884 nel caso in cui l’ampiezza dell’ondina sorgente sia perfettamente stimata. Il massimo del coefficiente di correlazione globale tra modello di impedenza reale e modello predetto è invece di 0,832 rispetto allo 0,868 ottenuto nel caso di stima corretta dell’ondina. Questo sta ad indicare che un errore nella stima dell’ampiezza del 10% comporta un peggioramento di circa l’1% sul dato osservato e di circa il 4% sui modelli di impedenza.

Nell’immagine 4.19 viene mostrato il dato sismico osservato a sinistra, il dato sismico predetto generato con un’ondina di Ricker a 45 Hz al centro e a destra la differenza tra i due. Si può notare

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