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Investimenti realizzati e numero di BAs nel 2012 »

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da European Angel Investment Overview 2012)

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Ricciardi R., Italia tra i meno innovatori in Europa.Pochi venture capital, Pmi non collaborano, in “La Repubblica”, 4 Marzo 2014, disponibile sul sito www.repubblica.it.

36 2.2. Le start-up in Italia

Se dopo la crisi del 2008 il credit crunch e la ricerca di idonee soluzioni di funding sono problemi che riguardano tutte le imprese italiane, difficoltà ancora maggiori riscontrano le imprese neo costituite, meglio conosciute come start-up.

«Con il termine start-up si identificano le neo imprese dove sono in corso alcuni processi organizzativi. Le start-up sono la culla dei processi di base che faranno di un piccola impresa una grande impresa, come ad esempio lo studio del mercato per lanciare un determinato prodotto, o lo studio della struttura interna dell’impresa, una sorta di scheletro sul quale si dovrà appoggiare tutta la struttura futura di una

impresa»47.

Più in particolare l’universo delle start-up è composto da aziende che versano nella fase cosiddetta di “early stage”, a sua volta costituita dalla fase di seed financing, ossia il finanziamento dell’idea di un progetto in fase di sperimentazione, la cui validità tecnica è ancora da dimostrare, e la fase di start-up financing, cioè finanziamento dello sviluppo della fase iniziale di nuove imprese, già costituite ma generalmente con meno di un anno di vita e con notevoli carenze di pianificazione, controllo e gestione.

Le start-up rappresentano quella componente, anche se numericamente minoritaria, del tessuto produttivo italiano caratterizzata da maggiore dinamicità e da maggiore importanza in termini di potenzialità prospettiche. Tracciare un quadro del fenomeno delle start-up in Italia, tuttavia, non è facile. Le statistiche nazionali non censiscono le start-up, o per lo meno non lo facevano fino alla recente normativa sulle start-up innovative. Quindi, fino al 19 dicembre 2012, data di entrata in vigore della legge n. 221/2012 di conversione del Decreto legislativo 179/2012, si hanno a disposizione dati sulle nuove imprese create ma gran parte di queste, operando in ambiti tradizionali, non possono essere considerate vere e proprie start-up.

Questa mancanza di dati non consente di effettuare analisi strutturate del fenomeno delle start-up. Inoltre lo studio di questo fenomeno è reso ulteriormente complesso per una serie di fattori specifici a questa categoria di imprese quali gli elevati tassi di mortalità, che determinano continui cambiamenti nella popolazione, e i processi di

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“pivoting”, che portano il nucleo dei fondatori a modificare, l’oggetto della propria attività e a promuovere, anche poco tempo dopo, un progetto di impresa differente, spesso anche denominato con un nome diverso.

Alcuni tentativi di individuare, quantificare e mappare l’universo delle start-up sono stati nel tempo proposti a diversi livelli. Un primo tentativo è quello di stimare il numero delle start-up italiane sulla base delle richieste di finanziamento giunte ai principali fondi di investimento: si stima che ai venture capital funds e business angels networks raggruppati intorno al VC Hub, il gruppo informale che raccoglie i principali investitori italiani, arrivino circa 800/1.000 richieste di finanziamento all’anno. Si ritiene che tale fotografi in modo abbastanza accurato la dimensione del flusso annuale

delle start-up italiane48.

Tali cifre sono confermate anche da un’indagine di Banca d’Italia sugli incubatori e sulle imprese incubate nel 2012: secondo tale indagine l’universo italiano delle start-

up nel 2012 è risultato costituito da poco meno di mille imprese49.

Ulteriori caratteristiche delle start-up italiane possono essere dedotte da una survey condotta nel 2012 dalla fondazione Mind the Bridge con il supporto scientifico del CrESIT dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, tenendo conto dei dati relativi a 166 aziende e 369 imprenditori.

Un primo aspetto molto interessante che emerge da questa indagine è che le start-up vengono spesso formalmente costituite solo dopo che la business idea sia stata validata e, in alcuni casi, una volta trovati i capitali necessari alla sua realizzazione. Di qui la necessità di analizzare non solo le imprese già fondate, ma anche i progetti d’impresa che non sono ancora stati formalizzati con la costituzione in forma societaria. La maggior parte del mondo delle start-up, il 59% della popolazione indagata, è rappresentato proprio da progetti di impresa, cosiddetti “wannabe start-up” , che non sono ancora stati formalizzati e costituiti come società.

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Mind the Bridge Foundation, Startups in Italy - Facts and Trends, Mind the Bridge Survey 2012, 2013, disponibile sul sito http://mindthebridge.org/research/.

49 Auricchio M., Cantamessa M., Colombelli A.,Cullino R., Orame A., Paolucci E., Gli incubatori d’impresa in

Italia, 2013, disponibile sul sito http://www.bancaditalia.it/studiricerche/convegni/atti/innovation-in-Italy.

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Si tratta quindi di un fenomeno estremamente rilevante dato che, al di là della mancata costituzione di una società, si tratta a tutti gli effetti di imprese operative, che raccolgono capitali ed effettuano investimenti. L’indagine Mind The Bridge rileva, infatti, come intorno a questi progetti di impresa ci sia un gruppo al lavoro con fondi a disposizione (raccolti in forma di grant e/o di capitale di rischio, in genere nell’alveo della famiglia e dei conoscenti) e quindi di risorse da investire.

Le imprese costituite invece in forma di società (per lo più Srl) rappresentano il 36% delle aziende analizzate e sono comunque di recente costituzione, con un’età media di solito non superiore ai due anni.

Va inoltre segnalato come il 5% delle aziende siano corporate spinoff, ossia nuovi progetti avviati da aziende già esistenti con finalità di supportare, tramite la costituzione di una nuova entità, lo spinoff per l’appunto, processi di diversificazione ed innovazione del proprio business.

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