• Non ci sono risultati.

Ipotesi di progetto

Nel documento Il progetto di paesaggio per le aree interne (pagine 173-195)

1. Quali paesaggi?

La crescente attenzione conquistata negli ultimi anni dal tema delle aree interne, ha convinto Mario Cucinella a dedicare all’argomento il Padiglione Italia per la Biennale di Architettura 2018.

L’allegoria dell’arcipelago155, utilizzata come tema del Padiglione, non

è da intendere come l’ennesima compartimentazione tra urbano e rurale, costruito e non costruito, dove il primo assume sempre e comunque un’accezione negativa legata al consumo di suolo, all’impatto ecologico e a bassi livelli di qualità della vita, mentre il secondo è concepito come elemento da tutelare, cristallizzare e preservare da qualsiasi ipotesi di sviluppo.

Al contrario, è una chiave per interpretare il sistema policentrico italiano che ”assume il carattere di una serie di arcipelaghi di entità diverse, in un susseguirsi, via via, di centri storici, periferie, grandi o medie città, campagne, borghi. Ciascuna di queste realtà pone specifici problemi, ed occorre quindi conoscerli meglio, coprire le necessità oltre che, ovviamente, le opportunità di questo caratteristico tessuto abitativo”156. Gli arcipelaghi della Biennale sono

un invito a immaginare percorsi di sviluppo in una prospettiva sistemica dove “mare” – le aree centrali – e “terraferma” – le aree interne – scambiano relazioni, flussi, servizi, pur preservando le rispettive peculiarità. Propongono “una sfida per le nostre istituzioni che devono immaginare per molti di questi luoghi non solo destini

155 Il nome dato alla mostra è “Arcipelago Italia”.

156 P. Baratta, Introduzione, in M. Cucinella (a cura di), Arcipelago Italia. Progetti per il

174

turistico-stagionali, ma destini per la vita della comunità […] un ruolo vero nel sistema urbano del Paese” 157.

In un’epoca in cui ci si interroga sui modelli di sviluppo e su nuove ipotesi di sostenibilità, le risorse di cui le aree interne abbondano – aria, acqua, boschi, cultura e tradizioni – svolgono un ruolo strategico. Nelle aree interne “le comunità si sono storicamente espresse in un diverso rapporto tra dimensione urbana e territoriale”158.

L’architettura e il paesaggio, quindi, se da un lato sono chiamati a escogitare interventi rispettosi e che non compromettano la qualità delle risorse presenti, dall’altro possono trovare in questo rapporto risposte nuove alle necessità contemporanee.

Quelle catalogate e messe in mostra nel Padiglione Italia, sono architetture che si aprono al dialogo con il territorio, inglobano le forme del paesaggio, ne diventano parte. Inoltre, l’ibridazione di forme e tecnologie tradizionali e contemporanee costituisce l’occasione per affrontare con successo i più differenti temi: dall’aumento delle prestazioni energetiche degli edifici alla valorizzazione del patrimonio artistico-culturale, dall’emergenza del terremoto alla coesione sociale.

Particolare attenzione hanno ricevuto i casi di rigenerazione a base culturale, quelle esperienze, cioè, in grado di trasformare in maniera fisica e funzionale spazi in disuso e degradati a partire da processi che vedono nella cultura, nell’arte e nella creatività il proprio motore. L’ibridazione e la multifunzionalità degli spazi, unitamente alla sperimentazione di nuovi servizi e pratiche produttive sono i temi con cui la progettazione architettonica e del paesaggio deve confrontarsi per risolvere le fragilità riscontrate in aree interne.

157 Ibidem. 158 Ivi, p. 15.

175

Alla luce di queste nuove consapevolezze e dei temi delineati nei precedenti capitoli, vengono qui proposte alcune modalità in cui la progettazione degli spazi aperti può declinarsi per contribuire alla riattivazione delle aree interne.

2. Paesaggi per comunità intermittenti

I problemi relativi alla carenza di servizi e alla marginalità fisica delle aree interne potrebbe suggerire, da un lato, di investire sulla dotazione stessa delle aree e dall’altro, di potenziare la rete infrastrutturale della mobilità, al fine di facilitare sia il raggiungimento dei centri di offerta, che l’accessibilità verso l’entroterra.

Entrambe le soluzioni, se gestite in maniera errata, rischiano di essere inefficaci e, addirittura, di aggravare la situazione attuale. Interventi pesanti sul territorio – strade a scorrimento veloce, gallerie, ponti, nuovi insediamenti – potrebbero infatti comprometterne i già fragili equilibri.

Del resto, la bassa densità abitativa fa sì che nelle aree interne manchi quella massa di utenza necessaria a motivare e rendere economicamente sostenibile l’impiego di investimenti. Oltre che per la dotazione di servizi e il potenziamento della mobilità, questo vale anche per l’avvio di attività produttive che hanno difficoltà a collocarsi nel mercato attuale.

Nel rispetto del principio di sostenibilità, i territori della SNAI stanno puntando, tra le altre cose, sulla riorganizzazione logistica dei trasporti e dei servizi, inventando soluzioni che, con minimi investimenti e sfruttando l’esistente, riescano a mettere a sistema le risorse locali e ad avvicinarle il più possibile alle reali necessità della popolazione.

Tuttavia, al di là degli innegabili benefici pratici che un intelligente ripensamento, ad esempio, degli orari e delle tratte dei mezzi pubblici

176

può produrre, occorre lavorare su strategie che incidano in maniera più profonda sui territori.

Il tema del movimento nel paesaggio, rivelatosi nella presenza di nuovi flussi e nuove modalità di essere presenti nelle aree interne, suggerisce strategie basate sull’intercettazione di utenze temporanee, periodiche, provenienti da territori più o meno lontani e con interessi e motivazioni eterogenee. Questa specie di nomadismo contemporaneo crea una serie di comunità intermittenti che possono andare a costituire quella massa critica necessaria per innescare la sostenibilità economica degli interventi.

La progettazione architettonica e paesaggistica per le aree interne deve dunque dedicarsi all’ideazione di spazi multifunzionali, disponibili per differenti tipi di utenza e a differenti orari. Turisti e locali, giovani e anziani, abitanti delle aree interne, ma anche cittadini. Le comunità intermittenti si “accendono” e si “spengono” sulla mappa dell’entroterra italiano – in base alla loro presenza temporanea, periodica, stagionale – ma in realtà, se guardiamo a una scala più ampia, generano flussi ininterrotti tra centri e periferie, che possono apportare benefici a entrambe le parti. Gli spazi progettati per le aree interne devono dunque essere messi in rete con gli spazi delle aree centrali, formando un unico grande sistema territoriale di attività, produzione di beni e servizi, fruiti da un vasto ed eterogeneo pubblico.

La “rigenerazione” delle aree interne deve evitare di replicare alcune esperienze verificatesi nelle città e nelle prime periferie, dove operazioni di “make up urbano” e logiche speculative hanno favorito processi di gentrification piuttosto che introdurre benefici per i residenti. Non si tratta, quindi, di attirare grandi flussi turistici sul modello delle coste e delle pianure, ma di pensare a uno sviluppo integrato in cui gli investimenti per la popolazione attuale e

177

potenziale delle aree interne sono resi possibili e sostenibili grazie all’intercettazione di utenze a più livelli.

I modelli turistici classici si basano su spostamenti monodirezionali, hanno un impatto territoriale limitato nel tempo – anche nei migliori casi di fidelizzazione dell’utente – e consentono un utilizzo solo parziale delle risorse locali. Occorre, invece, perseguire reali alleanze temporanee tra locali e visitatori, favorirne l’incontro e una reinvenzione totale del tipo di esperienze possibili.

Il paesaggio è il campo in cui avviene questo incontro. La sua natura dinamica si presta ad accogliere i flussi, inglobarli, plasmarli ed esserne plasmato a sua volta. La stagionalità delle sue componenti biologiche, la ciclicità delle attività produttive si possono intrecciare con i flussi intermittenti che lo attraversano. L’obiettivo non è creare delle metropoli interne – una prospettiva, del resto, impossibile e dannosa – ma sostenere presenze temporanee e permanenti capaci di alimentare processi di cura, manutenzione e rimessa in circolo delle risorse disponibili, evitando che si deteriorino o che, ancor peggio, si trasformino in pericoli per il territorio – sottoforma di frane, esondazioni, ecc.

A dimostrazione che, da sola, la semplice riorganizzazione logistica dei servizi, non è sempre in grado di risolvere i bisogni della popolazione e, al contempo, essere economicamente sostenibile, si può citare, ad esempio, la resistenza che le ipotesi di accorpamento dei plessi scolastici stanno incontrando da parte delle comunità. Occorre, piuttosto, investire gli sforzi in un ripensamento complessivo dell’offerta educativa, finalizzato a introdurre modalità didattiche innovative, in un’ottica territoriale che non limiti il proprio raggio d’azione alle aree interne, ma coinvolga i centri urbani più o meno vicini.

178

Il progetto di paesaggio trova un ambito di applicazione nella predisposizione di spazi didattici all’aperto e di strutture all’avanguardia, non solo per la fruizione dei locali, ma anche per sviluppare percorsi educativi rivolti a ragazzi provenienti dalle aree centrali limitrofe o da territori più lontani.

È così che, ad esempio, una dotazione didattica innovativa pensata per gli studenti delle aree interne può diventare occasione di residenze temporanee per gli studenti delle aree centrali, che in alcuni periodi dell’anno possono spostarsi e soggiornare nei territori. Residenze educative organizzate come “scambi studio”, tra studenti appartenenti a differenti aree interne, offrono l’occasione per conoscere le peculiarità di altri territori. Lo scambio tra studenti delle aree interne e quelli delle aree centrali limitrofe consente, invece, di mettere a sistema le strutture e le dotazioni didattiche a scala territoriale, ma anche di dare ai ragazzi l’opportunità di esperire direttamente i profondi legami – esistenti e possibili – tra centrale e periferico, contribuendo così a rafforzarli. Chi proviene dai centri urbani limitrofi, nelle aree interne può, infatti, svolgere attività a contatto con l’ambiente e la natura, conoscere la storia del paesaggio, imparare a leggerne gli elementi e riconoscerne i valori. Oltre a questo, lo scambio diventa occasione di rafforzamento del legame tra centro e periferia, ad esempio, attraverso la conoscenza delle filiere produttive locali, delle risorse ambientali ed energetiche a disposizione dei centri, dei presidi culturali e scientifici di eccellenza o la sensibilizzazione riguardo pratiche come i gruppi di acquisto solidali. Viceversa, chi proviene dalle aree interne può, nei periodi di residenza, usufruire della concentrazione di servizi offerti dalle aree centrali.

179

Questo tipo di scambi tra territori distanti permette il raggiungimento di quella massa critica necessaria a generare presidi quasi costanti e la circolazione a scala nazionale di saperi, pratiche e valori.

Anche per quanto riguarda i servizi sanitari, nell’ipotesi di superare il modello ospedaliero accentrato, l’unica modalità per garantire la presenza di presidi diffusi sul territorio – sia per l’emergenza che per le cure quotidiane – consiste nell’integrazione con altri tipi di servizi rivolti a differenti tipi di utenza. Una strada possibile è costituita dal turismo sanitario che, predisponendo spazi e dotazioni di alta qualità per la cura di malattie croniche, al tempo stesso consentirebbe la creazione di servizi a disposizione dei locali.

La compresenza di differenti tipi di utenza nel medesimo territorio e la collaborazione tra i diversi settori (istruzione, sanità, turismo, produzione) offre notevoli opportunità per tutto il sistema economico locale. Non si può limitare la riflessione alla semplice ricettività turistica, che rischia di sfociare nei ben noti problemi di gentrification e nella costruzione di paesaggi a uso e consumo del turista medio. La prospettiva è piuttosto che i settori interagiscano tra loro in una reale spartizione di risorse e benefici.

Le aziende agro-alimentari possono dotarsi di spazi per attività educative, formative e turistiche. Le strutture didattiche ospitare luoghi di sperimentazione di nuove tecniche produttive. Le strutture per il turismo sanitario possono essere al tempo stesso luoghi di tutela ambientale e spazi didattici, in cui la compresenza di ragazzi e anziani, locali e viaggiatori, può produrre benefici reciproci.

In questo modo, il paesaggio, com’è nella sua natura, si lascia interpretare e fruire a differenti livelli, e le comunità intermittenti che lo abitano periodicamente diventano l’occasione per produrre forme inedite di presidio costante.

180

181

UN’IPOTESI DI TURISMO SOSTENIBILE PER IL CILENTO

La presenza nel territorio cilentano di esperienze come Jazzi e Transluoghi159, che si interrogano e sperimentano modalità di abitare

temporaneo, suggerisce la possibilità di progettare spazi e servizi contemporaneamente a disposizione dei locali e delle comunità “nomadi”.

I piccoli centri di Morigerati, Tortorella, Casaletto Spartano, Sicilì, Caselle in Pittari – attorno ai quali ruota l’attività di Transluoghi – ma anche l’area del vicino monte Bulgheria – oggetto dell’esperienza di Jazzi – grazie alle peculiarità ambientali della zona160 e alla presenza

nel territorio dei citati processi di ricerca-azione, si prestano alla sperimentazione di strategie di paesaggio innovative.

L’obiettivo generale dell’ipotesi qui tracciata consiste nella creazione di un sistema ricettivo alternativo a quello sviluppato sulla costa cilentana, che consenta di utilizzare l’immenso capitale territoriale presente senza snaturarlo, e che si basi su un costruttivo scambio tra locale e globale.

L’idea consiste nell’investigare il tema del co-living161, della residenza

formativa, del turismo esperienziale attraverso strategie di paesaggio. Questi modelli si discostano sia dalla stanzialità che dal pendolarismo. Pendolarismo spesso significa spostarsi da un contenitore – la propria casa-dormitorio – a un altro – il proprio luogo di lavoro o, in generale, altri luoghi in cui svolgere attività e usufruire di servizi – e viceversa.

159 Vedi relative schede nel capitolo IV.

160 L’area fa parte del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e al suo interno è

presente l’Oasi WWF del fiume Bussento, Comune di Morigerati (SN).

161 I co-living sono residenze condivise in cui è possibile abitare temporaneamente,

entrando in stretto contatto con i residenti e altri viaggiatori, non solo con finalità turistiche, ma anche lavorative, professionali e di crescita personale.

182

Il tempo dello spostamento è il più delle volte vissuto con insofferenza e tra i due luoghi non si innesca un reale scambio. Una strategia di paesaggio consente non solo che tra i due contenitori ci sia “una vita” – tramite la progettazione di percorsi di qualità, infrastrutture paesaggio, ecc. – ma che essi stessi si configurino come sistemi aperti, vivano di scambi e alimentino in chi li abita un senso di cura e di appartenenza.

Lo scambio tra residenti e “nomadi” è capace di generare nei primi una maggior consapevolezza delle peculiarità e delle potenzialità del proprio territorio, nei secondi uno stimolo per entrare in contatto con nuove realtà e accrescere le proprie conoscenze e competenze. Un particolare ruolo all’interno di questa ipotesi è detenuto dai cosiddetti “attivatori sociali”, cittadini particolarmente consapevoli dei punti di valore del territorio e capaci di sopperire all’attuale mancanza di iniziative per la sua promozione, attraverso l’impiego del proprio tempo e delle proprie risorse, materiali e intellettuali.

Custodi di particolari tecniche artigianali o di forme tradizionali di produzione e cultori delle memorie collettive, nel corso della residenza formativa Transluoghi questi cittadini hanno guidato il gruppo di lavoro e messo a disposizione le loro competenze professionali e amatoriali per una conoscenza più profonda dei luoghi.

La visionarietà e la passione di alcuni abitanti può effettivamente facilitare l’avvio di pratiche di turismo esperienziale, in cui i viaggiatori possano sentirsi qualcosa di più che dei semplici visitatori.

Uno dei temi su cui il progetto Transluoghi indaga è la narrazione territoriale: è possibile formare i locali a reinventare la narrazione dei propri territori? L’intento non risiede nel creare semplici guide turistiche, ma delle figure che siano in grado di innescare processi creativi con le comunità temporanee, affiancamenti nelle attività

183

produttive e artigianali, trasmissione di saperi. I migranti ospiti del centro di accoglienza di Morigerati rappresentano un ulteriore pezzo di comunità da coinvolgere nella strategia.

Questa consiste, dunque, nel progettare strutture ricettive integrate nel paesaggio, campeggi, co-living, spazi comuni in cui le comunità temporanee possano incontrarsi tra di loro e con i locali e intraprendere insieme percorsi turistici e residenze formative a partire dalle peculiarità del paesaggio e le sue risorse. Gli stessi spazi possono di anno in anno trasformarsi ed arricchirsi di elementi, a seconda delle necessità di chi li abita e dei contributi che di volta in volta le comunità temporanee vorranno apportare.

Si realizza così un’idea di paesaggio in continua trasformazione e a disposizione di flussi temporanei che tuttavia costituisce un presidio costante e un arricchimento permanente in termini di valore territoriale per i locali.

3. Paesaggi per le ritualità contemporanee

Se i riti del mondo antico erano funzionali al rafforzamento del senso di identità e di gruppo, le comunità intermittenti di cui si è parlato fin qui suggeriscono piuttosto l’idea di una società aperta, mobile e mutevole. Tuttavia, questo non significa la rinuncia al sistema valoriale, fortemente identitario ed eterogeneo, presente nelle aree interne. Il paesaggio non è uno spazio neutro su cui si muovono flussi indifferenti, ma al contrario un luogo di interazione continua che, proprio in virtù di nuove modalità di abitare, concorre all’attivazione di un nuovi modi di essere comunità.

Come evidenziato dal dibattito sociologico attuale, la velocità degli scambi e dei flussi che caratterizza il nostro tempo genera una società efficiente, competitiva, ma anche estremamente incerta. Aldo

184

Bonomi, citando il lavoro di Rosa Hartmut162, sottolinea come la

mobilità dovuta all’accelerazione sociale generi un distacco dal mondo fisico, un’alienazione da esso e, di conseguenza, depressione e solitudine.

Non resta che “unirsi partendo dal malessere dell’IO alla ricerca di quel NOI che solo fa la storia e mangia futuro. Da qui il cercare ciò che resta dell’essere in comune, del comune, della comunità”163. Non

resta che “costruire luoghi soglia ove fare rammendo delle lacerazioni territoriali e sociali”164.

Comunità stanziali e temporanee non appartengono agli stessi territori e non fanno parte del medesimo gruppo sociale, ma in alcuni momenti specifici possono condividere spazi ed esperienze nel medesimo luogo. Il paesaggio è il common ground in cui queste esperienze hanno luogo e dal quale sono alimentate, rielaborando i concetti di identità e senso di appartenenza. Questi non vengono meno, ma, al contrario, sono rafforzati dai processi di scambio e interazione tra comunità stanziali e temporanee. “È nella dialettica e nel conflitto tra flussi e luoghi, con il territorio in metamorfosi che sta in mezzo, che riprendono senso e significato il fluire della storia e il senso e l’idea di un futuro possibile nello spazio e nel tempo”165.

La diminuzione demografica e il cambiamento delle condizioni economico-produttive, in concomitanza, troppo spesso, con le catastrofi naturali, hanno messo a dura prova le comunità delle aree

162 Rosa Hartmut, Accelerazione e Alienazione. Per una teoria critica della tarda

modernità, Einaudi, Torino 2015.

163 A. Bonomi, F. Della Puppa, R. Masiero, La società circolare, DeriveApprodi, Roma

2016, p. 9.

164 Ivi, p. 10-11. 165 Ivi, p. 8.

185

interne, facendo venir meno i punti di riferimento comuni e le potenzialità presenti nella dimensione collettiva dell’abitare.

Pensare a paesaggi che permettano di tornare ad essere presenti nei territori significa ricostruire, ma anche reinventare, i sistemi di valori che tengono insieme e rafforzano le comunità.

I progetti di animazione culturale – fondamentali per ricostruire un clima di vitalità a beneficio soprattutto delle fasce più anziane della popolazione, ma capace di attirare anche i più giovani – trovano nell’arte, la cultura e il paesaggio gli strumenti per restituire a sagre e feste paesane una più profonda dimensione simbolico-rituale. In altre parole, il paesaggio è il dispositivo attraverso cui costruire e accogliere nuove abitudini, nuove prassi, nuovi sistemi di valori condivisi e di ritualità contemporanee.

Nell’ambito dell’istruzione, se una delle azioni individuate dalle strategie d’area della SNAI consiste nell’implementazione dei corsi di studio per rafforzare il rapporto tra gli studenti e il proprio territorio, facilitando la creazione di professionalità spendibili nel mercato locale, il progetto di paesaggio costituisce un valido strumento con cui attivare questo processo.

Il paesaggio offre spazi in cui educare gli studenti alla consapevolezza dei valori ambientali e al loro rispetto, metterli a contatto con le pratiche produttive tradizionali, ma consente anche alle aziende e alle strutture di eccellenza locali (aziende agricole, istituti di ricerca scientifica, presidi culturali) di far conoscere il valore e la consistenza delle proprie attività.

Dal punto di vista sanitario, la progettazione del paesaggio può dedicarsi alla creazione di spazi per accogliere la popolazione più anziana o colpita da malattie croniche e di origine psichica, ideando habitat rassicuranti in cui coltivare abitudini e attività a contatto con

186

la natura e, nei tempi e nei modi consentiti dalle singole patologie, con altre fasce di popolazione.

Le attività volte alla riscoperta e alla diffusione dei valori del paesaggio conduce alla costruzione di modelli turistici estremamente rispettosi delle peculiarità territoriali e all’attrazione di nuove popolazioni stanziali.

In questo processo di disvelamento e ricostruzione di valori condivisi

Nel documento Il progetto di paesaggio per le aree interne (pagine 173-195)

Documenti correlati