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La Strategia Nazionale per le Aree Interne

1. Le premesse e gli obiettivi

Tra le principali criticità relative alle aree interne, nel primo capitolo sono state citate politiche eccessivamente tarate sulla produttività e incapaci di promuovere uno sviluppo sistemico, forme di supporto basate sull’assistenzialismo e, infine, misure di tutela che non hanno saputo considerare le risorse ambientali in una prospettiva di valorizzazione. Nel presente capitolo si dimostra come la Strategia Nazionale per le Aree Interne cerchi di superare queste criticità, grazie a un approccio place-based e a una governance “multilivello”, finalizzati a sostenere processi di sviluppo territoriale adatti a rispondere alle differenti istanze delle aree individuate.

Secondo l’indagine preliminare alla Strategia, lo sviluppo economico italiano del dopoguerra è stato “polarizzato” e “diffuso”. Diffuso perché si è compiuto in un numero molto ampio di città e sistemi urbani; polarizzato perché si è concentrato solo in alcuni territori, lasciando nella marginalità una cospicua parte di Paese. Per tale motivo le divergenze relative allo sviluppo non hanno riguardato solo l’asse Nord-Sud, ma si sono sviluppate all’interno delle stesse regioni e macro-regioni.

La Strategia, fortemente voluta e promossa dall’allora Ministro Fabrizio Barca e inserita nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, parte dall’assunto che nelle aree interne sia presente un immenso capitale territoriale inutilizzato per la sua gran parte a causa dei fenomeni di de-antropizzazione registrati, e che la risoluzione delle problematiche che affliggono questi territori passa per la sua riattivazione.

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Per perimetrare i territori bisognosi di intervento, come illustrato precedentemente, la SNAI ha scelto come parametro la distanza dai principali centri di offerta di servizi primari (sanità, istruzione e mobilità), considerata un’oggettiva condizione di svantaggio che incide fortemente sulla diminuzione della popolazione residente. Riguardo tali aree, la SNAI intende, dunque, invertire l’attuale tendenza allo spopolamento, arginare di conseguenza i fenomeni di dissesto idro-geologico e degrado del capitale culturale e paesaggistico, e favorire processi di sviluppo locale, sia di tipo intensivo che estensivo.

Per raggiungere questo obiettivo finale, la SNAI fissa una serie di obiettivi intermedi: aumentare il livello di benessere e di inclusione sociale delle popolazioni interessate, accrescere le opportunità lavorative e i livelli di utilizzo del capitale territoriale, ridurre i costi sociali relativi alla de-antropizzazione (dissesto idro-geologico, degrado del capitale storico e architettonico e dei paesaggi umani) e rafforzare i fattori di sviluppo locale51, indentificati come “mercato” e

“lavoro”. Per il mercato si rende necessario individuare e rafforzare una domanda per beni e servizi prodotti localmente. Per il lavoro, invertire il processo a causa del quale è venuta meno una gran parte di popolazione in età lavorativa e, con essa, le conoscenze e le tecniche – spesso tradizionali e di elevata qualità – alla base delle attività produttive.

La crescita demografica è individuata dalla SNAI come un obiettivo estremamente importante, in quanto rende possibile a sua volta il raggiungimento di tutte le trasformazioni sociali ed economiche auspicate. Per sostenere la crescita demografica è, infatti, necessaria la ripresa del lavoro e il miglioramento delle condizioni di

51 Cfr. Comitato tecnico per le aree interne, Strategia nazionale per le Aree interne:

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cittadinanza. Allo stesso tempo, invertire il trend demografico significa raggiungere la massa critica necessaria a facilitare l’innesco dei processi per il riutilizzo del capitale territoriale, consolidare le comunità locali, aumentare l’efficienza dei servizi e ottimizzarne i costi.

Questo insieme di obiettivi vengono perseguiti mettendo in campo due classi di azioni, in maniera integrata: l’adeguamento dell’offerta di servizi essenziali (istruzione, sanità, mobilità) e l’attuazione di progetti di sviluppo locale.

I servizi relativi alla sanità, all’istruzione e alla mobilità vengono considerati come diritti per una cittadinanza di qualità52 e pre-

condizione dello sviluppo locale. In assenza di servizi risulta più difficile rimanere per chi risiede nelle aree interne e meno attrattivo trasferirsi per nuovi potenziali residenti: risulta quindi impossibile raggiungere quella massa critica necessaria ad avviare processi di sviluppo locale.

Per lo sviluppo locale vengono individuati 5 ambiti di intervento: la tutela del territorio e comunità locali; la valorizzazione delle risorse naturali, culturali e il turismo sostenibile; i sistemi agro-alimentari; il risparmio energetico e le filiere locali di energia rinnovabile; il saper fare e artigianato.

Anche se non esplicitamente dichiarato nel testo della SNAI, i 5 ambiti individuati riguardano tutti il paesaggio e le sue differenti componenti, da quella naturale a quella culturale, dall’economia alle risorse energetiche.

Il carattere integrato della Strategia non riguarda solo le classi di azioni, che collaborano sinergicamente al raggiungimento dell’obiettivo finale. La SNAI si pone in un’ottica di integrazione anche

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per quanto riguarda i diversi livelli di governance e le prospettive di sviluppo. Queste attraversano infatti differenti dimensioni, dal comunitario e nazionale al locale. Anche questo aspetto di transcalarità della Strategia trova delle coincidenze con il progetto di paesaggio, che per sua natura lavora a più scale e attraverso differenti discipline.

Se guardiamo alle aree interne in una prospettiva nazionale, queste costituiscono l’occasione per il rilancio di economie esistenti e lo sviluppo di nuove, assorbendo in tal modo le pressioni sia di tipo demografico che in termini di domanda di lavoro che affliggono le aree urbane italiane. D’altro canto esistono delle richieste molto specifiche, rivolte da parte delle popolazioni locali, tese al miglioramento del benessere pro-capite.

La SNAI individua queste due prospettive come “sviluppo estensivo”, la prima, e “sviluppo intensivo”, la seconda, e sostiene l’integrazione delle due in quanto evidentemente sinergiche. Dimensione nazionale e dimensione locale si intersecano e si supportano a vicenda. Anche dal punto di vista finanziario, la SNAI integra i fondi comunitari 2014-2020 (impiegati per le azioni di sviluppo locale) con le risorse previste dalle leggi di stabilità (stanziate più specificamente per l’adeguamento dei servizi).

2. Il percorso

La Strategia ha messo in atto un processo di tipo graduale. A partire dalla mappatura iniziale, sono state selezionate un numero limitato di aree sulle quali avviare la Strategia in maniera scaglionata. È così che da una ventina di aree pilota, di anno in anno nuove aree iniziano l’iter per la progettazione e l’attuazione della Strategia. Le aree pilota sono state giudicate contemporaneamente sia le più bisognose di intervento, sia le più adatte a raggiungere esiti positivi.

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Nelle intenzioni della SNAI, iniziare con pochi prototipi permette, dopo un’opportuna fase di verifica, di ottenere una base di dati capaci di suggerire eventuali modifiche e correzioni per lavorare più efficacemente sulle altre aree.

L’iter per la redazione delle strategie d’area, e quindi per la loro attuazione, è articolato in diverse fasi. La prima prevede la scrittura della cosiddetta bozza di strategia, attraverso la quale i territori propongono alla Regione e al Comitato Tecnico per le Aree Interne una linea di intervento per lo sviluppo dell’area: è il concept su cui basare la progettazione successiva.

La seconda fase consiste nella redazione del preliminare di strategia, dove si entra nel merito delle peculiarità del territorio, delle risorse e dei know how a disposizione, iniziando a tracciare possibili percorsi per lo sviluppo locale e la dotazione di servizi.

Infine, inizia la fase di co-progettazione finalizzata all’individuazione dei soggetti e delle azioni specifiche e quindi alla scrittura della vera e propria strategia d’area. Una volta che questa viene trasmessa all’Agenzia di Coesione Territoriale si procede con la stesura e la firma dell’Accordo di Programma Quadro.

Al 17 maggio 2018, data in cui si è tenuta ad Acceglio (CN) l’edizione 2018 del forum nazionale Aree interne, le aree selezionate per avviare la Strategia erano 72, per un totale di 1077 Comuni e 2.100.000 abitanti. Di queste, 23 aree sono giunte all’approvazione della strategia – al 31 gennaio 2018, in 7 avevano già firmato l’Accordo di Programma – e si avviano alla fase attuativa.

Per le 23 Strategie di area approvate è stabilito un finanziamento di 435 milioni complessivi, di cui circa il 22% proveniente dalle leggi di stabilità e il 78% da fondi europei.

Il sisma che ha colpito il Centro Italia nel 2016 e 2017 ha interessato 3 aree interne per intero (Valnerina, Nuovo Maceratese, Ascoli Piceno),

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altre 2 parzialmente (Monti Reatini e Val Fino–Vestina) e ha reso necessario introdurre un’ulteriore area (Alto Aterno-Gran Sasso). A sostegno di queste aree, con il D.L. 189/201653 si è avviata un’azione

di supporto al Commissario Straordinario per la Ricostruzione da parte del Comitato Tecnico Aree Interne riguardo: “analisi delle potenzialità dei territori e delle singole filiere produttive, ascolto del territorio e consultazione degli operatori economici e della cittadinanza per tenere inconsiderazione i bisogni emersi, co- progettazione”54. L’intento è integrare gli obiettivi della SNAI con le

necessità derivate dall’emergenza del sisma, ottimizzare le risorse e guidare il processo di ricostruzione in un’ottica di sviluppo strategico. Attualmente le 6 aree incluse nell’area del cratere sismico si trovano in una situazione diversificata e piuttosto arretrata riguardo l’iter di approvazione delle strategie, a causa delle difficoltà introdotte dal sisma: solo Ascoli Piceno ha chiuso la strategia d’area, mentre Maceratese, Monti Reatini e Val Fino – Vestina sono ancora alla fase del Preliminare e la Valnerina e l’Alto Aterno (ultimo aggiunto) sono ferme alla fase di bozza.

La necessità di ottenere risultati rapidi ed efficaci si è tradotta in queste aree in una delimitazione delle priorità della Strategia. In particolare, il tema dell’associazionismo intercomunale è stato letto come un’occasione per realizzare forme di cooperazione per la dotazione di strutture pubbliche condivise tra i Comuni, sia per

53 Decreto-Legge 17 ottobre 2016, n.189, Interventi urgenti in favore delle popolazioni

colpite dal sisma del 24 agosto 2016.

54 Comitato tecnico per le aree interne, Relazione annuale sulla Strategia Nazionale

per le Aree Interne, Presentata al Cipe dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, 2018, p. 29.

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facilitare la ricostruzione, sia per promuovere uno sviluppo socio- economico complessivo55.

Al fine di assicurare assetti istituzionali stabili e garantire un certo livello di efficienza organizzativa, il Comitato Tecnico Aree Interne richiede ai Comuni di intraprendere forme di associazionismo. Tra i Sistemi Intercomunali Permanenti adottati al momento figurano Convenzioni tra Comuni, Convenzioni tra Unioni, Convenzioni tra Unioni e Comuni, Unioni/Comunità Montane.

La Strategia prevede la costituzione di una Federazione delle Aree Interne, intesa come federazione di progetti, utile a monitorare e valutare tempi ed esiti delle strategie, assisterle in caso si presentino criticità, condividere progressi ed esperienze per facilitare il raggiungimento dei risultati.

3. I temi nelle strategie d’area Sanità

In fase istruttoria, nelle aree interne sono state rilevate molteplici criticità relative all’accesso ai servizi sanitari, principalmente dovute alla lontananza dagli stessi e alla carenza di strutture adeguate per i differenti tipi di necessità.

La tendenza prevalente riguardo il processo di riorganizzazione della rete sanitaria è stata quella di accentrare i servizi in pochi grandi ospedali, più efficienti e capaci di offrire alti livelli di cure56. Ciò,

tuttavia, è avvenuto a scapito dei piccoli ospedali, costretti a chiudere perché troppo costosi e privi di una domanda tale da coprire le spese per la loro gestione. Il paradosso è che proprio le aree interne, con la

55 Ivi, p. 31.

56 Cfr. Comitato tecnico per le aree interne, Strategia nazionale per le Aree interne:

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loro alta percentuale di popolazione anziana residente, hanno visto diminuire la già esigua dotazione di strutture sanitarie.

In generale, nelle aree interne si registra un alto tasso di ospedalizzazione rispetto alle medie regionali, una scarsa presenza di medici generici e di pediatri, una bassa fruizione di servizi di Assistenza Domiciliare Integrata, lunghi tempi di attesa per i mezzi di soccorso, lontananza da strutture sede di DEA di primo livello e, infine, l’assenza di misure a favore delle fasce più deboli della popolazione residente e migrante.

L’obiettivo della SNAI è riorganizzare i centri di erogazione di servizi, per garantire una disponibilità più capillare di cure primarie, assistenza specialistica e diagnostica strumentale57.

La SNAI propone un ripensamento del modello di cura. È stato, infatti, osservato come gli ospedali non siano spesso la forma di servizio più efficace a fronteggiare i bisogni della maggior parte dei malati. Un graduale prevalere di malattie croniche rende necessari altri tipi di cure, differenti dal regime ospedaliero. La risposta a queste problematiche risiede nell’ideare nuove forme di assistenza sanitaria, servizi sanitari mobili che rendano possibile avvicinarsi il più possibile al cittadino bisognoso.

Le varie aree hanno proposto misure finalizzate alla riduzione dei ricoveri e a la diminuzione dei tempi per accedere ai servizi di urgenza, il ricorso ad aggregazioni funzionali di servizi (HUB e SPOKE) e il potenziamento della dotazione tecnologica. Altre proposte presentati consistono nell’attivazione di Farmacie di Comunità, alle quali demandare alcuni servizi sanitari di base, e nel miglioramento del modello di Residenza Sanitaria Assistenziale, un servizio mirato a garantire una corretta assistenza domiciliare per gli anziani non

57 Comitato tecnico per le aree interne, Relazione annuale sulla Strategia Nazionale

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autosufficienti, sia attraverso nuove figure professionali che tramite il coinvolgimento della stessa comunità.

“A tale riguardo risultano significative le esperienze di alcune aree che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere l’Accordo di Programma Quadro: Appennino Basso Pesarese - Anconetano nelle Marche, Valli dell’Antola e del Tigullio in Liguria, Casentino- Valtiberina in Toscana, Grand Paradis e Bassa Valle in Val d’Aosta, Basso Sangro-Trigno in Abruzzo, Valli Maira e Grana in Piemonte.” Istruzione

Il tema dell’istruzione presenta problematiche simili in tutte le aree interne, da nord a sud. I dati statistici rilevano tassi preoccupanti di dispersione scolastica e dai test Invalsi risultano livelli di apprendimento non soddisfacenti da parte degli studenti delle Aree interne.

Uno dei motivi risiede nella difficoltà di garantire per questi territori un’offerta formativa di qualità a causa della forte frammentazione degli insediamenti, del ricorso alle pluriclassi, dell’elevato turn over del corpo docente e dell’alta mobilità richiesta a docenti e studenti. Gli insegnanti che lavorano in queste aree sono spesso in una condizione di precariato che non consente uno svolgimento ottimale del proprio servizio e li vede spostarsi di anno in anno da una sede all’altra.

In linea generale, la SNAI propone di trovare soluzioni per garantire una maggiore continuità di permanenza nelle sedi e aumentare il livello dei servizi di trasporto pubblico, funzionali alla frequenza scolastica. In particolare la SNAI incoraggia gli istituti scolastici delle aree a sperimentare modelli di insegnamento innovativi, fortemente basati sulle peculiarità del territorio, privilegiando la coltivazione di valori legati al contesto, e la riscoperta dei saperi locali.

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Al di là di queste indicazioni generali, ogni area interna ha individuato soluzioni diversificate in base alle caratteristiche dei territori. Indispensabile è stata la fase di ascolto e interlocuzione con i differenti soggetti interessati (Regioni, Enti Locali, Istituti Scolastici). Riguardo la frammentazione dell’offerta formativa e il sottodimensionamento degli istituti scolastici, nei casi in cui è risultato realistico un aumento del numero di studenti si è optato per il mantenimento delle strutture. Negli altri casi si è deciso di accorpare i plessi, considerando l’ipotesi di costruirne di nuovi in posizione baricentrica rispetto ai preesistenti.

Per quanto riguarda la qualità dell’insegnamento, l’invito a fornire agli studenti la possibilità di seguire un percorso di studi coerente con le risorse e le vocazioni territoriali e di conseguenza di “acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro dei territori di appartenenza”58, è stato effettivamente recepito da alcune aree.

Questo sta avvenendo tramite il potenziamento dell’offerta formativa, anche attraverso pratiche laboratoriali e, nei casi migliori, attraverso l’attivazione di nuovi indirizzi di studio. A seconda delle peculiarità delle aree e della presenza sui territori di strutture d’eccellenza nei più disparati campi (musei, centri di ricerca scientifica, istituti culturali), si sta puntando su differenti discipline, dall’astronomia alla robotica (Madonie), dalla musica ai vari tipi di arte (Valle del Comino, Alta Valtellina, Montagna Materana).

Per diminuire il tasso di mobilità del personale docente, è stata individuata la necessità di rendere più attrattivo il servizio nelle aree interne. Questo può avvenire, semplicemente attraverso l’introduzione di incentivi (affitti, mense, trasporti) o, in maniera più

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articolata, investendo sui percorsi di formazione per una didattica innovativa.

In generale, riguardo le ipotesi di riorganizzazione del sistema scolastico nelle aree interne si rileva uno scontro sul tema dell’accorpamento dei plessi: in molti territori, maggiormente a causa della resistenza dei Sindaci più che delle famiglie59, si preferisce

mantenere gli istituti nella situazione attuale. Il tema pone indubbiamente di fronte ad alcuni interrogativi la cui soluzione va trovata, come sta avvenendo, attraverso il dialogo con i soggetti locali. Se da una parte l’accorpamento consente un’ottimizzazione delle risorse e la possibilità di investire in maniera decisamente più efficace sulla qualità dell’offerta, dall’altra si viene a perdere la funzione di presidio sui territori.

Mobilità

Già nella fase di lancio della Strategia, si evidenziava come il problema della lontananza delle popolazioni delle aree interne dai centri di produzione di servizi potesse essere risolto in due direzioni complementari. Se da un lato il potenziamento e la dotazione dei servizi di cui sopra fa sì che siano questi ad avvicinarsi al fruitore, dall’altro si rendono comunque necessarie delle iniziative per favorire la connessione fisica tra le varie parti di territorio (trasporto di merci, raggiungimento di servizi non replicabili alla scala locale, turismo verso le aree interne, collegamento interno tra comuni della stessa area).

Tutti gli interventi che si rendono necessari devono tuttavia sottostare al principio di sostenibilità ambientale. Si tratta di privilegiare le strutture esistenti, i percorsi dismessi o sottoutilizzati, e soprattutto

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prendere in considerazione che nelle aree interne siamo di fronte a una domanda individuale più che collettiva, a causa della struttura insediativa estremamente diffusa. Per tale motivo, la SNAI punta l’accento sulla costruzione di un’offerta il più possibile flessibile, con servizi on demand, capaci di adattarsi alle necessità dei singoli, senza incappare in inutili costi che, a causa della consistenza demografica che caratterizza questi territori, non possono essere coperti da una domanda collettiva. Per un’efficace riorganizzazione del sistema della mobilità è dunque indispensabile condurre un’attenta analisi della domanda di spostamenti.

Dall’analisi delle progettualità delle aree risulta che il tema principale su cui si gioca la scommessa della mobilità è proprio quello della sostenibilità: riuscire a razionalizzare le risorse esistenti attivando servizi innovativi e flessibili piuttosto che optare per un incremento di servizi tradizionali, economicamente dispendioso e dannoso a livello ambientale. In molti casi le progettualità si sono dedicate a una sapiente riorganizzazione del sistema, proponendo modalità di messa in rete delle risorse a livello territoriale, interazioni tra servizi pubblici e servizi privati e quindi nuovi modelli di governance. Personale e mezzi disponibili per differenti servizi e a differenti fasce orarie, carpooling, carsharing, sono alcune delle modalità attraverso cui giungere a un’implementazione delle possibilità di trasporto a partire dalla medesima quantità di risorse.

Tra le idee innovative proposte possiamo citare i servizi di trasporto dell’ultimo miglio in Basso Sangro-Trigno, il progetto per l’intermodalità e mobilità in Valchiavenna, il nuovo sistema di mobilità condivisa basato su servizi innovativi e dedicati di TPL nell’Appennino Basso Pesarese-Anconetano, la riorganizzazione del Trasporto Pubblico Locale nelle Madonie e l’attivazione e gestione del servizio ride sharing nelle Valli Maira e Grana.

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Il ruolo delle comunità locali nella tutela del territorio

Il principale problema legato alle aree interne, è che al declino demografico si accompagna l’abbandono delle attività e il venir meno di tutte le azioni di cura sul territorio. Da questo conseguono gli elevati costi che lo Stato deve affrontare per rispondere al degrado del patrimonio naturale e culturale di queste aree, per non parlare delle catastrofi derivanti dal dissesto idrogeologico. La SNAI individua come prioritario, quindi, il restituire alle comunità locali l’attitudine a presidiare il territorio, attraverso azioni di rafforzamento delle stesse. Le comunità diventano più forti e capaci di prendersi carico delle problematiche legate al proprio habitat di riferimento quanto più sono consapevoli dei valori contenuti in esso e di come questi valori possono essere trasformati in lavoro reale, condizione imprescindibile

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