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L'ITALIA E LE AMERICHE, 1815-1860

A cura di

INTRODUZIONE

La Fondazione Luigi Einaudi, con il contributo del progetto Alfieri della Fondazione CRT, ha realizzato tra il 2006 e il 2007 la ricerca «Le Americhe e il Piemonte», sotto la direzione di Marcello Carmagnani e con la partecipazione di Marco Mariano e Duccio Sacchi. Il prodotto finale della ricerca è costituito da un catalogo della documentazione diplomatica e consolare del regno sardo-piemontese conservata presso l'Archivio di Sta-to di Torino, riguardante le aree dell'America settentrionale, centrale e me-ridionale. Le schede del catalogo, che comprendono dettagliati regesti dei contenuti dei fascicoli e dei volumi in cui è raccolta la corrispondenza con-solare e diplomatica da e verso i paesi americani, sono state elaborate sulla base di Guarini Archivi, applicativo prodotto dalla Regione Piemonte che permette di costruire cataloghi archivistici aderenti ai parametri internazio-nali ISAD (International Standard Archival Description).1

La ricchezza della documentazione catalogata ha offerto nuovi spunti di riflessione sulle problematiche riguardanti la partecipazione degli stati ritenuti marginali o secondari al riassetto dell'ordine internazionale tra la fine dell'Ancien Regime e la prima metà dell'Ottocento. E infatti in questo periodo che prendono piede nuovi processi di interazione tra gli stati occi-dentali, i quali, senza trascurare i preesistenti patti di famiglia tra le monar-chie europee, incominciano a dare vita a nuove istituzioni regolatrici che, intrecciando la dimensione politica con quella commerciale e giuridica,

ri-1 1. La silloge «Le Americhe e il Piemonte» è già consultabile sul sito web di Guarini

Ar-chivi (www.regione.piemonte.it/guaw/ListAction.do), selezionando, all'interno della lista degli enti conservatori, la voce «Fondazione Luigi Einaudi - Le Americhe e il Piemonte - Fonti del-l'Archivio di Stato di Torino».

configureranno il sistema internazionale nel corso della seconda metà del XIX secolo.

Marco Mariano e Duccio Sacchi hanno già illustrato in La costruzione

della rete consolare sarda nelle Americhe (1815-1860), pubblicato negli

«Annali della Fondazione Luigi Einaudi» (2006, voi. XL, pp. 327-368), al-cuni dei nuovi processi che segnano l'affacciarsi dello stato sabaudo sullo scacchiere americano all'indomani del crollo dell'impero spagnolo, primo tra tutti lo sviluppo e la ramificazione delle sedi consolari, i cui incaricati, oltre a facilitare i collegamenti tra le comunità immigrate e le società di ori-gine, opereranno spesso da battistrada per la formazione di attive reti di-plomatiche, destinate a consolidarsi fino ai giorni nostri.

Riflettendo allora sui risultati di questa ricerca sul regno sardo-piemon-tese ci siamo chiesti sino a che punto esso abbia costituito un'eccezione al-l'interno degli Stati italiani. Così, a partire da questo interrogativo, e per celebrare la conclusione del nostro progetto, abbiamo pensato di invitare alcuni colleghi a riflettere insieme sulla partecipazione delle diverse realtà italiane al mondo americano.

Il risultato di questo confronto, che qui offriamo all'attenzione del let-tori, è costituito da sette studi presentati e discussi nel convegno «Le Ame-riche e il Piemonte», svoltosi alla Fondazione Luigi Einaudi il 12 giugno 2008. Nel corso del convegno è stato possibile riscontrare un sostanziale accordo tra i partecipanti nel ritenere che tutti gli stati italiani fossero con-sapevoli della necessità di rivedere i loro rapporti alla luce dei mutamenti provocati dall'ampliamento numerico degli stati sovrani in Europa e nelle Americhe. Non c'è dubbio che, a seconda dei paesi interessati, le motiva-zioni di questa revisionerei rapporti internazionali furono di diverso teno-re: se per alcuni stati si trattò di motivazioni essenzialmente mercantili, in altri casi, come in quello dello Stato Pontificio, prevalse la necessità di sal-vaguardare privilegi acquisiti, e in altri ancora il bisogno di riconoscimento in sede internazionale. Ne risulta, come sostiene Marco Mariano nello stu-dio pubblicato in questo volume, che la Restaurazione non corrispose a un semplice ritorno allo status quo dell'ordine precedente, ma fu anche e so-prattutto un processo mosso dalla necessità di rielaborare il concerto euro-peo per adeguarlo alle novità scaturite dalle Rivoluzioni atlantiche. In que-sta prospettiva, l'ordine europeo che le grandi potenze istituirono nel 1815, e che cercarono di perfezionare nelle conferenze internazionali degli anni successivi, appare solo parzialmente comprensibile in un'ottica limitata al Vecchio Mondo, quale quella fin qui adottata da buona parte della storio-grafia. Se è vero infatti che la Restaurazione, nel suo profilo ideologico di-chiaratamente reazionario, guardava al passato, è anche vero che, nel ten-tativo di forgiare un fronte delle grandi monarchie europee capace di

contenere, se non di liquidare, la minaccia rivoluzionaria e repubblicana che si andava consolidando e espandendo oltre oceano, essa guardava con particolare attenzione anche agli sviluppi presenti e futuri della politica internazionale.

Le rivoluzioni atlantiche, le indipendenze latinoamericane e le temute ricadute europee di queste ultime andarono perciò costruendo un quadro segnato da ima crescente interdipendenza tra Vecchio e Nuovo Mondo, un'interdipendenza finora alquanto trascurata da una storiografia adantica che si arresta spesso sulla soglia del crollo degli imperi atlantici e della bi-partizione tra storia moderna e contemporanea. In questo quadro «le Ame-riche» - sia pure nella grande varietà di condizioni riscontrabili tra Nord e Sud - ponevano sfide comuni agli osservatori europei, sia come luogo della sovversione ideologica e istituzionale, sia come luogo delle opportunità commerciali e geopolitiche aperte dalle indipendenze degli anni Dieci e Venti.

La rielaborazione del concerto europeo attuata dalla Restaurazione alla luce degli sviluppi atlantici fu di tale pervasività che coinvolse, in misura variabile, anche i piccoli stati dell'Europa ottocentesca e della stessa Italia pre-unitaria, come i saggi qui pubblicati dimostrano con accenti diversi. Questo coinvolgimento si intrecciò con tendenze economiche e demogra-fiche di natura trans-nazionale, più che inter-nazionale, che rafforzarono l'integrazione del mondo atlantico della prima metà dell'ottocento.

Tra le principali novità che si registrano tra il 1815 e il 1850 va messa in evidenza la nuova libertà degli attori sociali menzionata esplicitamente o implicitamente negli studi e nel dibattito avvenuto nel convegno. Come scrive Duccio Sacchi, le nuovi reti consolari illustrano la capacità degli at-tori sat-torici di favorire la trasversalità sociale e istituzionale degli agenti con-solari, una trasversalità che rende assai difficile circoscrivere la storia mon-diale di questo periodo entro i confini di un settore disciplinare ben preciso. Infatti l'istituzione consolare appare capace di articolare iniziative di governo e iniziative private, di promuovere negoziati con i governi volti alla ratifica di nuovi trattati di amicizia e di commercio, e in questo modo di alimentare ed espandere reti finanziarie e commerciali regionali, conti-nentali e transoceaniche.

La necessità di ampliare l'analisi porta Marco Mariano ad articolare il rapporto tra il Regno di Sardegna e gli Stati Uniti nel quadro della storia atlantica. Mariano ci mostra le implicazioni economiche e geopolitiche del nuovo rapporto che si costruisce tra il Piemonte e gli Stati Uniti. Ci dice inoltre come le nuove politiche di potenza siano visibili e riconoscibili nel consolidarsi del principio della non interferenza reciproca tra i diversi stati, a prescindere dallo specifico livello di potenza di ciascuno. Ai politici e ai

diplomatici sardo-piemontesi la non interferenza o neutralità sostenuta da-gli Stati Uniti suscita peraltro forti dubbi, poiché ritengono che se da-gli Stati Uniti hanno la mano libera nel Nuovo Mondo, altrettanta libertà di azione e 'intrusione' potrebbero rivendicare negli affari europei.

Anche lo studio di Daniele Fiorentino, incentrato sul ruolo svolto dagli Stati Uniti nel processo unitario italiano, si interroga sulla neutralità ame-ricana. Fiorentino ci mostra come la non interferenza americana non impe-disca che i giudizi degli agenti diplomatici e consolari statunitensi diventino gradualmente sempre più favorevoli ai moderati che assumono la guida del processo unitario dopo i moti del 1848. Nella pubblica opinione statuni-tense si delinea quindi un'attenzione privilegiata nei confronti del Regno di Sardegna, poiché si ritiene che, in quanto monarchia costituzionale, esso possa garantire pace e sicurezza all'intera penisola.

Nei nuovi collegamenti che vengono instaurandosi tra l'Italia e le Ame-riche un ruolo significativo è svolto dalle comunità italiane nell'America settentrionale e meridionale. Matteo Sanfilippo traccia un quadro compa-rato della presenza e dell'azione degli italiani nelle Americhe. In questo modo offre la possibilità di valutare l'importanza delle loro diverse attività economiche nel continente americano, specialmente a livello commerciale, e della loro attività politica derivante in gran misura dalla presenza di esuli repubblicani prevalentemente mazziniani. Il saggio di Sanfilippo è inoltre utile a sottolineare la rilevanza della pubblicistica per l'analisi delle nuovi reti che si costruiscono tra l'Italia e le Americhe.

Lo studio di Bénédicte Deschamps porta alla luce la grande importanza degli esuli politici negli Stati Uniti e la loro capacità di articolarsi con la po-litica americana e di catturare il consenso di una parte dell'opinione pub-blica, in particolare dei protestanti, che vedevano l'unità d'Italia come una lotta contro I oscurantismo della chiesa di Roma. La Deschamps ci presen-ta inoltre l'evoluzione degli esuli repubblicani e mazziniani, stretpresen-tamente sorvegliati dai diplomatici piemontesi, verso una convergenza favorevole al-la leadership del regno sardo-piemontese nel processo italiano di unifica-zione.

Catia Brilli ci offre un contributo riguardante l'importanza delle dimen-sioni economica e sociale nel rinnovato concerto europeo. La studiosa spie-ga in che modo l'annessione della Liguria al regno sardo abbia favorito la ricostruzione del naviglio ligure che, a sua volta, incentivò la presenza dei commercianti liguri tanto a Cadice quanto a Gibilterra, permettendo la lo-ro espansione nelle aree meridionali dell'America Latina.

Il contributo di Federica Morelli ci aiuta a capire per quale motivo i maggiori collegamenti delle aree latino-americane con l'Italia e con l'Euro-pa, illustrati nei precedenti studi di questo volume, non si siano tradotti in

un ampliamento dell'orizzonte culturale degli italiani. Secondo l'autrice questa mancata ricaduta culturale deve essere addebitata alla persistenza dell'immagine negativa della dominazione spagnola nei territori italiani dei XVI e XVII secoli. Questa condanna dell'eredità spagnola, che unisce intellettuali moderati e democratici, si riflette nella connotazione prevalen-temente 'caudillesca' attribuita nell'Italia dell'epoca alle indipendenze lati-no-americane.

L'insieme degli studi che abbiamo sinteticamente presentato ci consen-te di accennare un'ultima riflessione conclusiva, dedicata alle imminenti ce-lebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia. In modo unanime si è soliti so-stenere che le odierne celebrazioni devono superare gli angusti e ormai logori limiti della retorica delle glorie nazionali. Sarebbe allora opportuno, come ci insegnano gli studi qui presentati, riservare piuttosto uno spazio celebrativo alla capacità dimostrata dagli italiani del Risorgimento di co-gliere nella convergenza tra le dimensioni locali-regionali e le dimensioni internazionali l'elemento scatenante dell'impresa che avrebbe unito repub-blicani, monarchici, cattolici e democratici nel dare vita a una nuova e di-versa realtà statale, quella dell'Italia unita.

P E R U N A S T O R I A D E L L A R E T E C O N S O L A R E D E L R E G N O D I S A R D E G N A I N A M E R I C A L A T I N A .

ALCUNE PROSPETTIVE DI RICERCA BASATE SULLE CARTE DELL'ARCHIVIO DI STATO DI T O R I N O

La documentazione dell'Archivio di Stato di Torino (AST) concernente i paesi dell'America latina nel XIX secolo è costituita quasi per intero da fonti diplomatiche e consolari, con ima notevole preponderanza delle se-conde rispetto alle prime. Come attesta il catalogo «Le Americhe e il Pie-monte»,1 relativo al fondo in proposito più rilevante, ovvero alla sezione «Materie politiche per rapporto all'estero»,2 si tratta di una

documentazio-! H catalogo, redatto da Marco Mariano e dall'autore del presente contributo è stato presen-tato nella giornata di studi «Le Americhe e il Piemonte» organizzata dalla Fondazione Einaudi di Torino il 12 giugno 2008. E format delle schede è stato ricavato dal programma Guarini, applica-tivo prodotto dalla Regione Piemonte e da CSI Piemonte, che permette di costruire cataloghi ar-chivistici aderenti ai parametri internazionali ISAD (International Standard Archival Description) e facilmente consultabili sulla rete web (sono in corso le pratiche per la sua messa in rete).

2 Le indicazioni offerte dalla letteratura archivistica (cfr. la voce Archivio diStato di Torino,

a cura di Isabella Massabò Ricci, in Guida generale degli archivi di Stato italiani, Roma, Ministero per i Beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, voi. IV, 1994, in part. pp. 393-401) concorrono a far individuare il fondo principale per lo studio dell'istituzione con-solare sardo-piemontese in epoca preunitaria nella sezione dell'AST «Materie politiche per rap-porto all'estero» e, al suo interno, nella sottosezione «Consolati Nazionali» (= CN), conservata presso la sede di Piazza Castello, detta «Archivio di Corte». La nostra ricerca ha ampiamente confermato queste indicazioni, ma è comunque opportuno tenere presenti i limiti dell'esaustività di questa fonte, che possono essere ricondotti a due ordini di considerazioni: 1) l'originaria di-spersione del materiale documentale prodotto in tema di rapporti con l'istituzione consolare; 2) lo smembramento di una parte della documentazione conseguente al trasferimento a Firenze e poi a Roma dell'Archivio Centrale di Stato. Per quanto riguarda il primo punto, va infatti ri-cordato che la Segreteria di Stato (poi Ministero) degli Affari esteri del Regno di Sardegna (poi Regno d'Italia), da cui dipendevano tutti i rapporti con le strutture consolari, non ebbe, fino

ne molto vasta e variegata, che tuttavia fino ad oggi è stata sfruttata dagli storici - dell'America latina, dell'emigrazione e del Risorgimento - con par-simonia e, soprattutto, in modo molto selettivo.

La parsimonia trova naturale giustificazione nell'ampiezza stessa dei fondi e nella mancanza di catalogazioni adeguate e facilmente fruibili;3 la selettività è invece da ricondurre al fatto che, in linea di massima, l'atten-zione degli studiosi si è concentrata unicamente sui vari dati che i consoli raccoglievano sulle caratteristiche e sulle vicende dei paesi in cui operavano (dimensioni e tipologia dei flussi commerciali, attività e stili di vita delle co-munità emigrate, intrecci politico-diplomatici, notizie biografiche sugli esu-li poesu-litici, primo tra tutti Giuseppe Garibaldi...), senza considerare, invece, anche le molte informazioni, dirette e indirette, offerte dalla corrisponden-za consolare a proposito dell'istituto consolare stesso e del suo personale. In altre parole, l'interesse per i dati, peraltro non vastissimo,4 ha occultato

a periodo unitario inoltrato, un archivio proprio, ma era tenuta a riversare periodicamente i pro-pri depositi documentari nell'archivio centrale di Stato, all'interno di sezioni già esistenti (cfr. Le scritture della Segreteria di Stato degli Affari esteri del Regno di Sardegna, a cura di R. Moscati, Roma, Tipografia riservata del Ministero degli Affari esteri, 1947, pp. 8-13). La sezione dell'ar-chivio centrale riservata ai rapporti con l'estero raccolse così la maggior parte della documenta-zione relativa ai consolati, in particolare la corrispondenza in entrambe le direzioni, ma parti mi-nori finirono in altre sezioni: ad esempio, gran parte della documentazione contabile relativa all'attività portuale e marittima si trova nel fondo «Marina» dell'altra sede dell'AST, quella delle «Sezioni Riunite», il cui inventario è ben più approssimativo di quello dell'Archivio di Corte, dove sono raccolte le «Materie politiche per rapporto all'estero». Per quanto riguarda il secondò punto, si tenga presente che presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri di Roma (= ASMAE) sono raccolti i copialettere con la corrispondenza dal Ministero verso i consolati dal 1855 in poi e alcuni stralci della corrispondenza precedente nelle due direzioni, relativi a que-stioni amministrative molto specifiche. Purtroppo anche in questo caso non esistono inventari dettagliati: l'unico strumento, ancora in uso presso l'ASMAE, è la guida curata da Ruggero Mo-scati nel 1947 (le informazioni contenute nella voce «Archivio storico del Ministero degli Affari esteri», compilata da Fausto Pisceddu nella preziosa Guida delle fonti per la storia dell'America latina, a cura di E. Lodolini, Roma, 1976, voi. 1, pp. 25-86 sono in buona parte riprese dal lavoro di Moscati).

3 Gli inventari dattiloscritti consultabili presso l'Archivio contengono solo, nei casi migliori, i riferimenti alla natura dei documenti («dispacci consolari», «contabilità», ecc.), agli estremi cro-nologici e, talvolta, ai nomi dei loro estensori. Nonostante alcune imprecisioni (ad esempio la fuorviarne inventariazione dei volumi della corrispondenza del ministero verso i propri consolati in America, raccolti sotto la dicitura «Copialettere dei dispacci del Ministero ai consoli in Eu-ropa») essi hanno comunque costituito uno strumento insostituibile per l'impostazione della no-stra ricerca, così come le descrizioni generali dei fondi contenute nel catalogo on line consultabile nel sito web dell'Archivio. Altrettanto utile è stata la collaborazione dei funzionari dell'Archivio e di tutto il personale, a cui va il nostro ringraziamento.

4 Oltre alla ricchezza dei tanti prospetti annuali dei traffici doganali e ai primi censimenti locali della popolazione sarda, penso, per limitarmi solo a tre tipi di esempi, alle possibilità di ricerca che offrirebbero le numerose 'storie di vita' - preziosi spaccati di storia sociale - conte-nute nei rapporti consolari che fanno riferimento alle frequenti pratiche di ricerca di emigrati sol-lecitate dall'amministrazione sabauda o dagli stessi parenti rimasti in Piemonte o in Liguria (ad es la storia dell'impresario teatrale Federico Badioli di Imola, in CN Avana, 25 marzo 1848); o alle informazioni sulle attività di geografi ed esploratori italiani, come Lavarello e Descalzi (CN

la rilevanza del loro specifico ambito di produzione, secondo una modalità di approccio al documento archivistico messa criticamente in luce, per quanto riguarda la storia sociale, da Angelo Torre.5

Per una prima illustrazione del problema, prendo spunto da un piccolo esempio, per molti versi banale, ma che ritengo utile: il Rapporto sul

com-mercio sardo del viceconsole 'di carriera' a Buenos Aires Carlo Belloc, del

10 febbraio 1851, che è probabilmente una delle 'carte americane' del-l'AST più citate,6 in virtù delle precise informazioni, quantitative e qualita-tive, che le sue 38 pagine manoscritte forniscono circa la consistenza demo-grafica, le attività commerciali, le prospettive economiche e gli stili di vita dei protagonisti della emigración temprarla ligure nella regione del Piata. Come ha osservato Fernando Devoto, tuttavia, numerosi passi del lungo documento, sono dedicati dal suo estensore alle accuse che egli muove nei confronti del suo diretto superiore, il console generale 'non stipendiato' Antoine Dunoyer, ricco commerciante savoiardo di Buenos Aires, e, di converso, alla difesa che il viceconsole fa del proprio operato dalle ingiuste lagnanze che lo hanno comunque costretto a dare le dimissioni e a fare ri-torno in patria. Il rapporto, così, oltre ai dati socioeconomici che hanno at-tirato l'interesse di alcuni ricercatori, offre anche uno spaccato delle frattu-re interne che attraversavano in quegli anni il consolato sardo di Buenos Aires, fratture che si disponevano principalmente lungo la linea che divide-va il personale di carriera, inviato dal Ministero, dal personale locale, non stipendiato, una linea che, come avremo modo di ribadire, costituiva uno dei punti più sensibili dell'intero funzionamento dell'istituto consolare, non solo per il 'giovane' Regno di Sardegna, ma per tutte le amministrazioni sta-tali dell'epoca. La tesi di fondo di Belloc, infatti, era che, data la grande importanza demografica ed economica assunta dalla 'colonia' sarda al Pia-ta, il consolato di Buenos Aires non poteva essere gestito da un «anzitutto

Buenos Aires, 1856; CN Paranà, 1858; Legazioni, mazzo 20, Buenos Aires); o ad alcuni dossier economici e storico-geografici (ad es. le trenta pagine della Notice historique, géographique et commerciale sur le Bussiti du Rio de la Piata et spécialement sur les rivières Paratia, Paraguay et Uruguay, aitisi que leurs principaux affluents, d'après les documents anciens et modernes les plus authentiques, di Antoine Dunoyer, in CN Buenos Aires, 1853; il Rapporto sulla California per l'anno 1856, di Federico Biesta, di 73 pagine, in CN San Francisco 1857; o il manoscritto di 74 pagine di Charles Cazotte, Notice sur l'Araucanie, in CN Valparaiso, 1859).

5 A. TORRE, La produzione storica dei luoghi, «Quaderni storici», XXXVII, n. 2, 2002, pp. 443-475.

6 Dopo N. CUNEO, Storia dell'emigrazione italiana in Argentina, 1810-1870, pp. 124-130, vi fanno ad esempio ricorso in anni più recenti F.J. DEVOTO, Storia degli italiani in Argentina, Roma, Donzelli, 2007; J . C . CHIARAMONTE, Mercaderes del litoral. Economia y sociedad en la pro-vincia de Corrientes, primera mitad del siglo XIX, Buenos Aires, 1991, pp. 91-96; C . VANGELISTA,

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