L'Italia inizialmente non si interessò alla questione algerina, che venne originariamente considerata come un problema interno francese526. Nei primi anni cinquanta, i vari governi italiani erano
impegnati a risolvere alcuni importanti problemi che affliggevano il paese sia in ambito interno che estero, come la questione triestina527, l'ammissione italiana all'Onu528 e il fallimento della CED che aveva arrestato momentaneamente il processo di integrazione europeo529.
Solamente verso la metà del 1955 il governo e l'opinione pubblica italiana iniziarono a rivolgere la propria attenzione verso l'Algeria, richiamati dall'inefficacia delle azioni promosse dai francesi per ripristinare il proprio controllo sul territorio algerino e dalle repressioni che colpivano duramente la popolazione araba. Nelle piazze italiane iniziarono a formarsi manifestazioni in favore del
movimento di liberazione algerino, nell'Agosto del 1955 l'ambasciata francese a Roma era stata sommersa da petizioni che chiedevano la cessazione delle misure repressive nei confronti della popolazioni algerina, mentre nel Settembre dello stesso anno, alcuni rappresentanti del Partito Comunista Italiano avevano svolto davanti all'ambasciata francese nella capitale e al consolato francese a Genova delle manifestazioni filo-algerine530. Su alcune riviste e giornali italiani iniziarono ad apparire articoli che criticavano la politica coloniale francese e premevano per il riconoscimento dell'indipendenza dell'Algeria.
I duri attacchi che provenivano dal Partito Comunista Italiano e dalle organizzazioni ad esso affiliate, favorivano la posizione espressa dalle autorità transalpine sul carattere comunista
dell'insurrezione algerina, che delegittimava il movimento indipendentista e permetteva alla Francia di ricevere un maggiore appoggio dai paesi membri del patto atlantico.
525 Per la redazione di questo capitolo non viene presa in considerazione la tesi sostenuta da Bruna Bagnato, nei riguardi della posizione italiana tenuta nei confronti della Guerra d'Algeria, mentre vengono accettate le considerazioni e le analisi esposte nei lavori di Evelina Martelli, Paolo Borruso, Rosaria Leonardi e Federico Cresti.
526 Paolo Borruso (a cura di). L'Italia in Africa, le nuove strategie di una politica postcoloniale. CEDAM, Padova, 2015. Pag: 135.
527 La questione di Trieste si risolse nell'Ottobre del 1954, con il passaggio della Zona A del Territorio Libero di Trieste all'Italia, mentre la Zona B veniva assegnata alla Yugoslavia.
528 L'Italia venne ammessa alle Nazioni Unite il 14 Dicembre del 1955.
529 Antonio Varsori. La cenerentola d'Europa? L'Italia e l'integrazione europea dal 1947 a oggi. Rubettino, Catanzaro, 2010. Pag: 95-118.
530 Federico Cresti, Anna Maria Cregni. La guerra di liberazione algerina e l'Italia nella visione dei documenti
La diplomazia francese invece accolse malamente l'articolo rilasciato dal Ministro delle Finanze Andreotti nell'Ottobre del 1955 sulla rivista “Concretezza”, dove criticò aspramente la politica coloniale francese e negava il carattere interno della questione algerina531. Il governo italiano di fronte alle proteste dell'ambasciatore francese in Italia, Fouques Duparc, dovette scusarsi per le opinioni espresse dal Ministro delle Finanze. Il distacco dei principali esponenti dell'esecutivo italiano dalle critiche pronunciate da Andreotti, serviva all'Italia per scongiurare un peggioramento dei rapporti diplomatici con Parigi, che in quel periodo doveva sostenere l'ammissione dell'Italia alle Nazioni Unite532.
La reazione del Ministro degli Esteri francese Pinay, all'ONU, dove abbandonò per protesta l'Assemblea Generale a causa dell'iscrizione all'ordine del giorno della questione algerina533, provocò numerose perplessità all'interno del governo italiano, che iniziava a dubitare sulla capacità dei francesi di giungere ad una rapida risoluzione del problema algerino.
Nel Gennaio del 1956, il nuovo esecutivo francese presieduto da Guy Mollet534, non si dimostrò in grado di promuovere delle soluzioni per risolvere la sempre più problematica situazione in Algeria, dove lo stato francese continuava a non essere in grado di esercitare un efficace controllo sia sulla popolazione araba che sul territorio del Magreb. L'influenza che i coloni francesi esercitavano sul proprio governo, preoccupava notevolmente il Ministero degli Esteri italiano, che riteneva
opportuno procedere con cautela nei riguardi della questione algerina, evitando così possibili sospetti e accuse da parte francese. L'ambasciatore a Parigi Quaroni, pur concordando con la linea d'azione promossa dal Ministero degli Esteri, riconosceva che il problema algerino stava sempre più influenzando sia la politica interna che estera dello stato francese, che rimaneva estremamente suscettibile a qualsiasi intromissione esterna in Algeria. L'ambasciatore quindi consigliava al governo italiano di seguire una politica che doveva favorire gli interessi francesi, evitando così di provocare un riorientamento della politica estera transalpina che avrebbe potuto mettere in pericolo gli impegni francesi negli ambiti europei ed atlantici535.
La visita in Unione Sovietica del Presidente del Consiglio Mollet accompagnato dal Ministro degli Esteri Pineau nel Maggio del 1956, suscitò numerosi timori all'interno della diplomazia italiana che temeva un possibile accordo tra i sovietici e i francesi sulla questione algerina, che avrebbe potuto avere delle ripercussioni anche in ambito atlantico.
L'instabilità politica in Francia, che faceva temere per possibili svolte autoritarie, aveva spinto
531 Bruna Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei. L'Italia e la crisi francese in Marocco e in Tunisia. Ponte alle Grazie, Firenze 1991. Pag: 243.
532 Cresti, Maria Cregni. La guerra di liberazione algerina e l'Italia... Cit. Pag: 49. 533 Benjamin Stora. La guerra d'Algeria. Il Mulino, Bologna, 2009. Pag: 26-30.
534 Il governo presieduto da Guy Mollet rimase in carica dal 1 Febbraio del 1956 al 13 Giugno del 1957. 535 Borruso. L'Italia in Africa... Cit. Pag: 137.
l'Italia a mantenere una posizione di sostegno nei confronti delle istanze francesi sull'Algeria, evitando così possibili incrinature nei rapporti tra i due paesi.
La crisi di Suez nell'autunno del 1956, rese però estremamente difficile per l'Italia continuare ad appoggiare le rivendicazioni provenienti da Parigi, da cui iniziò a smarcarsi. Nonostante il ritrovato sostegno alle tematiche anticoloniali e lo sviluppo di una più attiva politica mediterranea, il governo italiano continuò a procedere con prudenza nei confronti della Francia, che poteva reagire
negativamente di fronte a uno spostamento dell'Italia su posizioni filo-algerine e filo-arabe. La diplomazia italiana sviluppò così una tortuosa e ambivalente azione diplomatica, che prevedeva il mantenimento dei buoni rapporti con il mondo arabo, che premeva per il raggiungimento
dell'indipendenza dell'Algeria, senza compromettere però le relazioni esistenti con la Francia, partner fondamentale negli ambiti europei ed atlantici.
Di fronte alla presentazione nel Gennaio del 1957 all'Assemblea Generale dell'Onu, da parte di 16 paesi asiatici ed africani di una risoluzione536 che chiedeva l'autodeterminazione dell'Algeria, la delegazione italiana guidata da Attilio Piccioni, si schierò in difesa delle prerogative francesi, sostenendo la politica algerina promossa dal governo transalpino537. L'appoggio dato da Piccioni alla Francia venne aspramente criticato in Italia da parte dei partiti di sinistra, che accusarono il capo delegazione di difendere le repressioni francesi in Algeria.
Nonostante la caduta nel Maggio del 1957 del governo presieduto da Mollet, gli organi diplomatici francesi rimasero soddisfatti della posizione italiana nei riguardi della questione algerina, la crescita però all'interno sia del governo che nella diplomazia italiana della corrente neoatlantista veniva però accolta con preoccupazione.
Nel Giugno del 1957 s'insediò in Francia il nuovo governo presieduto da Maurice Bourgès- Maunoury, che aveva espresso sin dal discorso inaugurale la sua intenzione di giungere ad una risoluzione della questione algerina538. Il Presidente del Consiglio Bourgès-Maunoury presentò una legge quadro che mirava a dare all'Algeria una nuova organizzazione territoriale, che prevedeva lo spezzettamento del territorio in più entità amministrative e finanziarie autonome e la sostituzione dell'Assemblea Algerina e della Prefettura con un Parlamento e un Consiglio Federale. Il progetto venne però respinto sia dai coloni francesi in Algeria che dal Parlamento francese provocando le dimissioni nel Settembre del 1957 di Bourgès-Maunoury dopo soltanto tre mesi di governo. In Italia il progetto presentato dal Presidente del Consiglio Bourgès-Maunoury, non venne accolto favorevolmente, la legge quadro veniva considerata poco efficace e troppo complessa, e avrebbe
536 General Assembly Resolution N. 1012, 15 Febbraio 1957. In, https://documents-dds- ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/340/16/IMG/NR034016.pdf?OpenElement. 537 Cresti, Maria Cregni. La guerra di liberazione algerina e l'Italia... Cit. Pag: 72.
538 Ennio Di Nolfo, Matteo Gerlini (a cura di). Il Mediterraneo attuale tra storia e politica. Marsilio Editore, Venezia 2012. Pag: 234.
favorito nel lungo periodo le posizioni francesi539.
Il rafforzamento della componente neoatlantista in Italia suscitava alcune preoccupazioni negli ambienti diplomatici francesi, le attività svolte da Pella al Ministero degli Esteri, dal Presidente della Repubblica Gronchi, dal Segretario della DC Fanfani e da La Pira e Mattei, incidevano profondamente sull'atteggiamento che l'Italia aveva nei confronti del problema algerino.
Fanfani nell'Ottobre del 1957 discusse, durante un incontro con il Cancelliere tedesco Adenauer, della sempre più problematica questione algerina. Per il Segretario della DC si doveva ad ogni costo evitare un possibile coinvolgimento dell'Unione Sovietica in Algeria, limitando ogni sua influenza rivolta verso il movimento indipendentista. Mentre la Francia doveva essere spronata ad
abbandonare il carattere interno del problema algerino accettando un arbitrato internazionale, per Fanfani l'indipendenza algerina era ormai un processo inarrestabile che doveva essere accettato da parte delle autorità francesi: “[...] dico che è un pericolo serio lasciare dissanguare la Francia in un'impresa disperata. Bisogna fare qualcosa. In Algeria, cioè in Africa e nel Medio Oriente, si combatte il seguito della battaglia di Berlino. E perduta la battaglia è perduto l'Occidente […]. Insisto che bisogna aiutare i francesi ad intendere la mondialità di un caso che ritengono solo francese”540.
Nonostante le varie attività svolte dai principali esponenti del neoatlantismo, l'Italia continuò a mantenere una condotta prudente, che scoraggiava qualsiasi iniziativa rivolta verso il Nord Africa, che poteva provocare una maggiore radicalizzazione del clima politico francese.
La politica di cautela però non arrestava l'azione diplomatica del governo italiano, il sostegno concesso alla Francia e le buone relazioni possedute con il mondo arabo, permettevano all'Italia di ambire ad un ruolo di mediatore tra le due sponde del Mediterraneo, che poteva favorire una risoluzione dei maggiori problemi che gravavano in quell'importante area541.
Di fronte a spazi di manovra ristretti, che potevano provocare dei risentimenti da parte francese, sia l'Italia che i partner atlantici di Parigi continuarono a sostenere i suoi bisogni, come infatti accadde alle Nazioni Unite nel Dicembre del 1957 dove grazie all'assistenza dei paesi membri della Nato era stata approvata una blanda risoluzione542 che auspicava l'apertura di negoziati tra la Francia e il Fronte di Liberazione Nazionale543.
La nomina nell'estate del 1957 come ambasciatore tunisino in Italia del figlio di Bourguiba, che era
539 Borruso. L'Italia in Africa... Cit. Pag: 142.
540 Agostino Giovagnoli, Luciano Tosi (a cura di). Amintore Fanfani e la politica estera italiana. Marsilio Editore, Venezia, 2010. Pag: 419.
541 Cresti, Maria Cregni. La guerra di liberazione algerina e l'Italia... Cit. Pag: 56.
542 General Assembly Resolution N. 1184, 10 Dicembre 1957. In, http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp? symbol=A/RES/1184%28XII%29.
noto per le sue posizioni favorevoli all'indipendenza algerina, venne accolta con preoccupazione dalla diplomazia francese. Per i diplomatici francesi la scelta di Bourguiba Junior rappresentava il tentativo da parte del governo tunisino di spingere l'Italia a un maggior interessamento e un ruolo più attivo nei riguardi della questione algerina.
La presenza nella penisola di numerosi esponenti del movimento indipendentista, insieme al sostegno che ricevevano dai partiti dell'opposizione e da alcuni membri dell'esecutivo, dimostrava che l'Italia nutriva una particolare attenzione alla situazione algerina, senza però svolgere azioni che potevano scontentare o irritare l'alleato transalpino.
Le preoccupazione tunisine nei confronti dell'Algeria furono nuovamente riproposte durante la visita dell'ambasciatore tunisino all'ambasciata francese a Roma, dove discusse del problema dei combattenti algerini che si rifugiavano in Tunisia per evitare la cattura da parte delle forze armate francesi e della attività repressive che colpivano duramente la popolazione algerina544. L'ambasciata tunisina nel 1957, favorì anche lo stabilimento a Roma in modo clandestino, di una delegazione del Fronte di Liberazione Nazionale.
Oltre al Fronte di Liberazione Nazionale, in Italia era presente anche il Movimento Nazionale Algerino che pur non avendo un grande sostegno tra la popolazione algerina a causa della residenza all'estero della gran parte dei suoi membri, godeva nella penisola a differenza del FLN545 una maggiore libertà di azione, che gli permetteva di svolgere una più efficace opera di propaganda. Il Movimento Nazionale Algerino grazie alle sue posizioni anticomuniste era riuscito ad ottenere il sostegno della Democrazia Cristiana. La Francia non si oppose alla presenza in Italia del MNA546, che non veniva considerato dalle autorità francesi, a differenza del FLN, come una grave minaccia alla stabilità interna dell'Algeria.
L'ambasciata e i diplomatici francesi invece esercitarono pressioni sul governo italiano nei riguardi dei rappresentanti appartenenti al Fronte di Liberazione Nazionale, che costrinsero le autorità italiane a svolgere dei maggiori controlli e in alcuni casi anche delle espulsioni nei loro confronti. La durezza dell'azione italiana suscitò numerose proteste da parte del FLN, che arrivarono ad accusare l'Italia di servilismo nei confronti della Francia. L'espulsione di Ferhat Abbas547 insieme alla mancata concessione ad alcuni membri del FLN di visti di transito, provocò una nuova ondata di critiche verso il governo italiano: “L'Italia è il solo paese del mondo […] che impedisca ai capi del fronte di liberazione algerino di circolare e di transitare nel suo territorio. Il dottor Lamine e Ferat Abbas furono fermati appena scesi all'aeroporto di Roma come due malfattori, rispediti con il
544 Cresti, Maria Cregni. La guerra di liberazione algerina e l'Italia... Cit. Pag: 59. 545 Fronte di Liberazione Nazionale.
546 Movimento Nazionale Algerino.
primo areo in partenza diretto a Ginevra dove non poté atterrare per il maltempo e fu costretto a dirottare su Bruxelles. E se per disgrazia fosse sceso in un aeroporto francese? I nostri compagni sarebbero stati arrestati, la colpa e la vergogna sarebbero ricadute su di voi. […] La condotta dell'Italia verso di noi è vergognosa. La prima misura che prenderemo dopo l'indipendenza sarà di cacciare tutti gli italiani dall'Algeria. Sono ventimila lavoratori, ma non avremo riguardi per
nessuno. […] Quali vantaggi ottiene l'Italia […] a obbedire ciecamente agli ordini di Parigi? Pagate un po' troppo cara la vostra amicizia alla Francia. Avete rifiutato armi alla Tunisia, trattate noi del fronte di liberazione come delinquenti e pretendente che i vostri interessi nell'Africa nord-
occidentale siano rispettati. Incominciate voi stessi a tutelarli con una politica meno supina alla Francia. Ma decidetevi, prima che sia troppo tardi”548.
5.1: Il bombardamento di Sakiet Sidi Youcef e l'internazionalizzazione della questione algerina.
L'8 Febbraio del 1958 il villaggio tunisino di Sakiet che si trovava vicino al confine con l'Algeria subì un feroce bombardamento aereo da parte dell'aviazione francese. L'attacco colpì
essenzialmente obbiettivi civili, tra cui persino la Croce Rossa Internazionale che si trovava nel villaggio per distribuire viveri ai rifugiati algerini che avevano attraversato la frontiera, in tutto le vittime tra la popolazione furono più di cento. Il bombardamento faceva parte di una lunga serie di incidenti e scontri avvenuti nei mesi e negli anni precedenti presso la frontiera tunisino-algerina, dovuti a causa della presenza in Tunisia di gruppi armati algerini che attraversavano il confine per evitare la cattura da parte delle forze militari francesi, dopo aver svolto degli attacchi e delle incursioni su obbiettivi militari o civili.
L'attacco aereo francese destò scalpore presso la comunità internazionale. In Italia l'opinione pubblica oltre a rimanere colpita dalle vittime civili provocate dal bombardamento, condannò apertamente l'azione francese; il governo italiano invece temeva che l'attacco provocasse lo scoppio di una grave crisi che avrebbe coinvolto l'intero bacino del Mediterraneo, mettendo in pericolo la stabilità dell'Alleanza Atlantica e il processo d'integrazione europea549.
L'interessamento da parte della comunità internazionale nei riguardi della questione algerina, presso alcuni organi di stampa550 italiani, faceva sperare in un possibile apertura di negoziati dove l'Italia avrebbe potuto inserirsi come mediatore tra le posizioni francesi e quelle algerine: “Non è possibile prevedere fin dove giungerà la follia bellicista delle destre e del governo francese. Ogni ottimismo
548 Ivi. Pag: 62-63.
549 Borruso. L'Italia in Africa... Cit. Pag: 145.
550 Romain H. Raniero (a cura di). Italia e Algeria, Aspetti storici di un'amicizia mediterranea. Marzorati Editore, Milano, 1982. Pag: 330.
tuttavia sarebbe assolutamente ingiustificato. È probabile che il ricorso all'Onu impedisca per il momento un allargamento del conflitto algerino. Ma se così non fosse? C'è in Francia chi ha tutto l'interesse contrario. Noi ci auguriamo che in sede internazionale si trovi al più presto una via di uscita, che tenga conto della legittima e ormai irrefrenabile aspirazione dei popoli arabi alla indipendenza, anche perchè se così non fosse noi come italiani ci potremmo trovare, come già fu all'epoca della aggressione contro l'Egitto, al centro di una guerra in pieno Mediterraneo. Da quello increscioso episodio chiuso del resto così ingloriosamente per francesi ed inglesi, noi italiani non solo ricavammo notevoli danni sul piano economico, ma ci trovammo anche, sia pure
indirettamente, implicati nel conflitto. Noi nostri aeroporti facevano scalo i bombardieri diretti verso il Cairo e Alessandria. La nostra posizione geografica, è stato detto più volte, oltre al nostro avvenire politico, dovrebbe consigliare al governo italiano una linea di condotta che tenga conto della realtà. All'Italia potrebbe essere affidato un importante compito di mediazione, che certamente i popoli arabi accetterebbero. La prudenza in questo caso non deve significare eccessivo ritardo, che di fronte a quelle popolazioni potrebbe non a torto apparire supina acquiescenza alla posizione francese o avallo dei tentativi americani. Una posizione chiara e coraggiosa potrebbe al contrario farci avere molte simpatie. Ma quali potenze dovrà consultare il nostro ministro degli Esteri prima di poter prendere una posizione?”551.
La Francia difese la sua azione alle Nazioni Unite, attribuendo al villaggio di Sakiet il ruolo di centro rifornimenti per i gruppi armati appartenenti al FLN, e attaccò il governo tunisino per il sostegno che forniva ai ribelli algerini, che disponevano nel territorio tunisino d'importanti centri di addestramento e di propaganda: “[...] una vera sottostruttura militare è stata impiantata dal FLN partendo da Tunisi, diventando ormai, militarmente, il centro principale dell'azione ribelle; infatti dallo scorso luglio vi si è installato, con l'autorizzazione del governo tunisino, uno Stato Maggiore che dirige le operazioni nell'Algeria orientale. Il FLN ha in Tunisia campi di riposo, basi e centri di residenza e di addestramento ove le bande sono istruite, ricevono armi e risiedono, ai fini di
operazioni militari […]. E le radiotrasmissioni tunisine danno continuamente aiuto morale alla ribellione”552.
Le ridotte dimensioni e lo scarso addestramento dell'esercito tunisino permettevano al Presidente Bourguiba di evadere le richieste francesi di soppressione dei ben più numerosi gruppi armati appartenenti al Fronte di Liberazione Nazionale, presenti sul suolo tunisino.
Lo scontro all'interno del Neo-Dustur, tra Bourguiba che sosteneva una politica filo-occidentale e antinasseriana, e i radicali capeggiati da Salah Ben Yusuf che richiedevano un maggior sostegno ai
551 Miriam Mafai. Il sangue di Sakiet. “Vie Nuove”, N. 08, 1958. 552 H. Raniero. Italia e Algeria... Cit. Pag: 331.
combattenti algerini e la cacciata dei francesi dal paese, costringeva Bourguiba a svolgere una politica ambigua, che evitava di scontentare l'opinione pubblica tunisina ormai schierata in favore del movimento di liberazione algerino, e scongiurava una radicalizzazione del paese553.
La reazione iniziale del governo francese di fronte all'attacco aereo sul villaggio tunisino, aveva fatto pensare all'interno della diplomazia italiana di un possibile colpo di mano svolto
autonomamente dal comando militare francese in Algeria, che era appoggiato dalle frange più estremiste dei coloni francesi. Questa tesi venne ripresa anche dalla stampa italiana, che aveva una posizione critica nei riguardi dei coloni francesi: “È veramente curioso che ogni volta che Burghiba