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6.1: Il disinteresse italiano nei confronti del Marocco.

La politica anticoloniale impressa dall'Italia dopo il fallimento del compromesso Bevin-Sforza nel 1949, che le aveva permesso di ottenere la simpatia e dei buoni rapporti con il mondo arabo, non venne attivamente utilizzata in Marocco, dove gli interessi italiani continuarono a rimanere marginali, nonostante nel paese nordafricano vi fosse presente una numerosa comunità italiana646. La mancanza di personale da parte delle sedi consolari italiane, situate a Rabat e a Casablanca, dimostrava il disinteresse da parte di Roma nei confronti del Marocco: “Fra i paesi che hanno in Marocco notevoli interessi, l'Italia viene ultima e a troppa grande distanza dagli altri, per il numero e l'attrezzatura dei suoi uffici. […] due uffici a Rabat e Casablanca e due soli funzionari nel ruolo diplomatico consolare, contro per esempio, i due consoli e gli otto uffici consolari del Belgio”647. Secondo il console italiano a Rabat, Guglielmo Arnò, l'Italia poteva fornire al Marocco un importante sostengo, una collaborazione tra i due paesi, avrebbe permesso attraverso l'invio di manodopera dalla penisola, l'industrializzazione dello stato nordafricano, mentre le importanti risorse naturali presenti in Marocco potevano essere sfruttate da imprese italiane: “[...] il Marocco, indipendentemente dall'evoluzione di rapporti politici con la Francia, fosse destinato, per la sua posizione geografica e per le sue ricchezze naturali, a sviluppare la sua produzione. […] necessario di cercare nei paesi vicini e particolarmente nell'Italia una collaborazione di cui avrebbe avuto sempre più bisogno. […] nel corso del suo sviluppo industriale, il Marocco, avrebbe preferito cercare la collaborazione dell'Italia piuttosto che soggiacere a pericolose invadenze europee e non europee”648.

I crescenti contrasti tra l'amministrazione coloniale francese, il Sultano Maometto V e il partito

646 La comunità italiana residente in Marocco era composta da 20.000 persone.

647 Bruna Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei. L'Italia e la crisi francese in Marocco e in Tunisia. Ponte alle Grazie, Firenze, 1991. Pag: 161.

nazionalista Istiqlal649 legato alla monarchia, avevano provocato alcune perplessità all'interno della diplomazia italiana, che osservava con scetticismo l'azione francese in Marocco.

Il governo italiano era particolarmente attento all'instabilità interna presente nel protettorato marocchino, l'interesse italiano era dettato dal timore di un possibile esodo da parte della comunità italiana ivi presente, che avrebbe potuto causare in Italia numerosi problemi sia economici che sociali.

Il console Arnò era particolarmente critico nei riguardi della politica coloniale francese, che aveva chiuso il Marocco all'immigrazione straniera e limitava fortemente gli scambi commerciali con gli altri stati, mentre favoriva solamente gli interessi transalpini a scapito dello sviluppo del paese nordafricano: “Il Marocco è ermeticamente chiuso all'emigrazione […]. Il protettorato respinge anche l'immigrazione di elementi specializzati di cui lo sviluppo del paese avrebbe necessità […]. Le importazioni italiane sono di entità trascurabile talché la nostra bilancia commerciale rispetto al Marocco è per noi passiva. Anche le importazioni previste dalle convenzioni commerciali sono ostacolate e rese difficili […]. Il Protettorato persegue il programma di investimenti onde creare qui una seconda linea della produzione e della economia francese. Questo paese ricco di risorse

naturali, che affacciandosi sull'Atlantico gravità però sul Mediterraneo, costituisce un concorrente pericoloso che minaccia non soltanto l'espansione economica dei paesi rivieraschi ma minaccia seriamente anche le loro attuali posizioni”650.

L'apertura da parte delle autorità coloniali francese, per l'immigrazione nel protettorato di

manodopera specializzata, verrà solamente permessa nel 1953, con grave disappunto da parte del governo italiano, che sperava di poter inviare in Marocco la ben più numerosa manodopera non qualificata, mentre quella specializzata non manifestava l'intenzione di abbandonare l'Italia per trovare lavoro in un altro paese651.

Il console italiano a Rabat, considerava la disponibilità francese ad accettare l'immigrazione straniera, come un tattica che permetteva alla Francia di aumentare il numero di europei nel paese nel tentativo di limitare la superiorità numerica della popolazione nativa, implementando politiche che rispecchiavano quelle applicate in Algeria652.

Il movimento indipendentista marocchino nonostante l'appoggio della monarchia veniva considerato dalle autorità italiane, incapace di gestire l'eventuale indipendenza del paese: “Il programma di indipendenza marocchina era un esigenza di cui la storia si faceva mallevadrice […] istanza posta solo da una piccola minoranza di intellettuali e di politici, in contrasto con gli interessi

649 Il partito venne fondato nel 1937 da Allal al-Fassi.

650 Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei... Cit. Pag: 164.

651 Antonio Varsori (a cura di). La politica estera italiana nel secondo dopoguerra (1943-1957). LED Edizioni Universitarie, Milano, 1993. Pag: 257.

stessi del Paese. Se immediatamente concessa, l'indipendenza avrebbe aperto un'era di disordini, di assolutismo e di costrizioni; essa, per segnare invece il punto di partenza per lo sviluppo

democratico del paese, doveva essere interpretata come un fatto da maturare”653. Un possibile abbandono della Francia del protettorato del Marocco, faceva temere una frammentazione del paese, che avrebbe incrementato l'instabilità presente nel Nord Africa,

favorendo una possibile infiltrazione sovietica in quell'importante regione: “[...] l'idea della tribù era più forte dell'idea dello stato […] l'ordine interno in Marocco era anche il risultato di un equilibrio fra le tribù che la presenza francese aveva pacificato ma non amalgamato tra loro. La

contrapposizione rimaneva latente, motivo non ultimo per il quale ci si sarebbe dovuti preoccupare in un domani, quando la Francia sarebbe stata costretta ad allontanarsi dal paese”654.

Nel Settembre nel 1951 veniva messo in dubbio anche l'appoggio che l'Istiqlal aveva dalla popolazione marocchina. Secondo la diplomazia italiana il partito nazionalista rappresentava solamente una piccola percentuale della popolazione del protettorato, ristretta essenzialmente tra l'élite, mentre i ceti inferiori rimanevano indifferenti alla causa indipendentista: “L'Istiqlal non esprime il sentimento nazionale […]. La sua stessa consistenza quantitativa, poco più di 50 mila aderenti su una popolazione di circa 9 milioni di abitanti lo conferma. Ad esso fanno capo interessi singoli, staccati, particolari, che cercano di servirsi di quella etichetta di indipendenza e di

autonomia per liberarsi dal controllo e dalla presenza dei francesi per instaurare nel Paese un regime di assolutismo e di sfruttamento”655.

Nel Marzo del 1952 il console Arnò, attraverso un colloquio con l'inviato speciale dal Nord Africa del “Corriere della Sera” Vittorio Rossi, ebbe la possibilità di esprimere le proprie opinioni

sull'azione che l'Italia doveva svolgere in Marocco e nel Nord Africa in generale. Sebbene l'inviato del “Corriere della Sera” possedeva le stesse pregiudiziali delle autorità coloniali transalpine nei confronti dei movimenti indipendentisti presenti nei possedimenti nordafricani francesi, che venivano considerati come antieuropei e xenofobi, il console italiano invece era contrario a questa generalizzazione e riteneva altamente improbabile un esodo da parte delle comunità italiane sparse per tutto il Maghreb in caso d'indipendenza del Marocco, della Tunisia e dell'Algeria656. Il console Arnò riconosceva che la xenofobia presente tra le popolazioni arabe era dettata sia dal lungo periodo di dominio coloniale che dalle politiche repressive svolte dalla Francia. L'Italia secondo il console doveva ovviamente prepararsi a possibile reazioni antioccidentali, ma doveva promuovere anche future cooperazioni in ambito Mediterraneo e avviare incontri e contatti con i principali

653 Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei... Cit. Pag: 194-195. 654 Ibidem.

655 Ibidem. 656 Ivi. Pag: 210.

esponenti dei movimenti indipendentisti per favorire in futuro l'incremento dello scambio commerciale e culturale con i paesi del Nord Africa, avvicinandoli in questa maniera al blocco occidentale. Il console pur non criticando l'appoggio che il governo italiano garantiva alla Francia, che permetteva di mantenere dei buoni rapporti con Parigi, riteneva essenziale che la diplomazia italiana eseguisse una azione che le permettesse di salvaguardare gli interessi occidentali e garantisse lo sviluppo delle aspirazioni provenienti dal mondo arabo657.

L'associazione svolta dal governo francese fra il nazionalismo e il comunismo non era applicabile in Marocco, dove venne completamente ignorata dalla diplomazia italiana: “Era comprensibile che in Marocco, si giustificasse la repressione dell'Istiqlal accusandolo di essere la longa manus del comunismo, ma in realtà il pericolo numero uno era il nazionalismo, mentre poche preoccupazioni si avevano per il comunismo che era ancora ai suoi primi passi”658.

Il collegamento tra l'Istiqlal e i comunisti venne nuovamente presentato dalle autorità coloniali francesi durante i moti di Casablanca nel Dicembre del 1952, l'associazione venne però nuovamente dismessa dalla diplomazia italiana, che la considerò solamente come un tentativo da parte dei funzionari transalpini di ottenere il sostengo degli alleati atlantici: “[...] il tentativo di presentare i disordini come indice dei collegamenti tra Istiqlal e comunisti, era solo una comoda presentazione francese di avvenimenti scomodi sotto una tinta anticomunista che avrebbe potuto facilitarne l'unanimità dei giudizi negativi nel mondo occidentale”659.

Le repressioni francesi nei confronti del movimento indipendentista marocchino venivano

presentate dalle autorità coloniali francesi come attività anticomuniste, che limitavano l'influenza dell'Unione Sovietica in Nord Africa, agendo in questo modo la Francia cercava di giustificare il mantenimento del proprio dominio coloniale sul protettorato660. Questo tipo di argomentazioni venivano completamente rigettate al console italiano a Rabat Arnò, che ribadiva il carattere puramente nazionalista del movimento indipendentista marocchino: “[...] il movimento di liberazione era quasi esclusivamente a sfondo nazionale con legami sempre sporadici con il comunismo”661.

Il transito in Italia nel Gennaio del 1953 di alcuni nazionalisti marocchini aveva generato qualche sospetto nella diplomazia francese. I funzionari dell'ambasciata transalpina a Roma, vennero incaricati di indagare e di richiedere informazioni alle autorità italiane, sulla presenza nella penisola di appartenenti al movimento indipendentista marocchino e se fosse stato istituito nel paese un centro di propaganda arabo. Nell'Aprile del 1953, dopo alcune indagini svolte dal Ministero

657 Ibidem. 658 Ivi. Pag: 183. 659 Ibidem.

660 Varsori. La politica estera italiana nel secondo dopoguerra... Cit. Pag: 418. 661 Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei... Cit. Pag: 184.

dell'Interno i diplomatici francesi ricevettero la conferma del passaggio di nazionalisti marocchini per l'Italia, durante il loro transito però non era stata registrata nessuna attività sospetta e non vi erano stati contatti con personalità sospette. Secondo il Ministero degli Esteri, nel paese non era presente nessun centro di propaganda arabo, nella capitale vennero identificati solamente alcuni personaggi che svolgevano consulenze per i rappresentanti dei paesi africani ed asiatici, ma non effettuavano nessuna attività di propaganda662.

Sebbene il governo italiano non si dedicasse attivamente a promuovere gli interessi dell'Italia in Marocco, le autorità coloniali francesi controllavano attentamente qualsiasi iniziativa italiana svolta nel paese nordafricano. Queste attenzioni erano derivate dalle intromissioni svolte dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti e dalla Spagna in Marocco, che avevano provocato una certa paranoia sia tra i funzionari coloniali che trai diplomatici francesi663.

Nell'Aprile del 1953 l'ampliamento della rete consolare italiana in Marocco, venne inizialmente accolta con sospetto dalle autorità francesi, la diminuzione però della comunità italiana presente nel paese, causata dall'aumento dei rimpatri e dall'acquisizione della cittadinanza francese, aveva tranquillizzato i funzionari coloniali, che videro limitata l'influenza dell'Italia nel protettorato664. Il 13 Agosto del 1953, il Sultano Maometto V venne deposto dal Consiglio superiore dei pascià e dei Caid, la deposizione era stata studiata ed attuata dal Pascià di Marrakesh Tahmi El Glaoui, che nell'Aprile del 1953 con il benestare francese aveva raccolto, attraverso numerosi incontri,

l'appoggio della gran parte dei Pascià e dei Caid del paese per procedere alla sostituzione del Sultano. Maometto V venne sostituito da suo cugino Mohamed Ben Arafa, che venne

immediatamente riconosciuto dal governo francese, legittimando in questo modo l'azione svolta da il Pascià El Glaoui.

La destituzione del Sultano, ebbe sia in ambito interno che estero un effetto disastroso per la Francia, la popolazione marocchina si oppose aspramente alla deposizione del Sultano, svolgendo numerose manifestazioni in tutto il paese, mentre alle Nazioni Unite tredici paesi afro-asiatici richiesero al Consiglio di Sicurezza di far gestire all'ONU la controversia marocchina, richiesta che non venne accolta a causa della mancata volontà da parte degli Stati uniti e della Gran Bretagna di inserirsi in una questione considerata come fatto puramente interno, che avrebbe potuto provocare un peggioramento delle relazioni con l'alleato francese. La questione venne portata anche di fronte all'Assemblea Generale il 19 Ottobre del 1953, dove venne respinta per un solo voto665.

662 Bruna Bagnato. Petrolio e Politica, Mattei in Marocco. Edizioni Polistampa, Firenze, 2004. Pag: 29-31. 663 Paolo Borruso (a cura di). L'Italia in Africa, le nuove strategie di una politica postcoloniale. CEDAM, Padova, 2015. Pag: 132.

664 Ivi. Pag: 116.

665 Draft Resolution (A/2526), 3 Novembre 1953. In,

La deposizione del Sultano marocchino, venne criticata ampiamente dalla stampa italiana che accusò la Francia di essere la principale responsabile del disordine interno presente in Marocco666. Non tutti i giornali italiani però criticavano l'operato francese nel paese nordafricano, “Il

Messaggero”, “Il Globo” e “L'Epoca”, difesero la politica coloniale francese, che aveva permesso la modernizzazione del protettorato667.

Il governo italiano osservava con apprensione la crisi marocchina, che poteva risolversi solamente attraverso una politica di compromesso e di distensione tra il governo francese e il movimento indipendentista668: “[...] tra i fenomeni che travagliano la nostra epoca la crisi del sistema coloniale era una delle più gravi […] i motivi di fondo della tensione in Marocco risiedevano nel sempre più deciso atteggiamento del nazionalismo marocchino e nella tentennante politica seguita dalla Francia […]. la Francia aveva rivelato incertezza nell'alterna politica delle riforme, e delle repressioni, azione già compromessa dagli sviluppi dell'ultimo conflitto mondiale e dall'interferenza americana, fautrice dell'abolizione indiscriminata di ogni sistema coloniale; aveva i n tutti i modi cercato di procrastinare troppo a lungo la promessa indipendenza. L'uscita più logica dall'impasse marocchina era indicata in, una composizione del dissidio fra i due maggiori esponenti indigeni del Marocco, Maometto V e Ben Arafa. La distensione in Marocco era ritenuta necessaria per la pacifica

convivenza tra indigeni e europei in Africa, condizione essenziale per realizzazione dei programmi economici e militari europei. Mentre il perdurare di una situazione esplosiva in caso di crisi in Europa avrebbe potuto provocare una insanabile frattura, l'orientarsi verso una politica più ampiamente liberale impostata in senso europeo, dissiperebbe i contrasti e trasformerebbe l'avversario in un collaboratore attivo della compagine occidentale, sottraendolo anche alle

seduzioni di agenti, che numerosi e abili, cercano di alimentare il nazionalismo arabo nella speranza di trasformarlo poi in uno strumento delle mire sovietiche”669.

Nel 1954 la comunità italiana residente in Marocco, nonostante si dedicasse essenzialmente alle proprie attività, si trovava esposta a ritorsioni provenienti sia dalle autorità coloniali francesi che da parte dei nazionalisti marocchini: “[...]essi si trovavano infatti esposti alle conseguenze del

contrastante apprezzamento che alla politica dei rispettivi governi davano le due parti in lotta del Paese in cui vivevano; per cui correvano il rischio di subire le rappresaglie di entrambe”670.

Nel tentativo di evitare possibili ritorsioni nei confronti della collettività italiana, il governo italiano aveva consigliato ai propri connazionali, attraverso gli uffici consolari, di adottare un atteggiamento

666 Rosaria Leonardi. Tra Atlantismo e scelta araba. Democrazia Cristiana e Medio Oriente nell'età del centrismo. Aracne Editrice, Ariccia, 2015. Pag: 144-149.

667 Ibidem.

668 Varsori. La politica estera italiana nel secondo dopoguerra... Cit. Pag: 425. 669 Bagnato. Vincoli europei echi mediterranei... Cit. Pag: 188.

neutrale tra i vari schieramenti, evitando di promuovere qualsiasi iniziativa che poteva spingere sia i francesi che i marocchini a svolgere delle azioni nei loro confronti.

Nonostante l'invito a mantenere un comportamento imparziale, venne individuato dalla diplomazia italiana una partecipazione da parte sia di attivisti provenienti dalla penisola che da italiani residenti in Marocco negli scontri tra le autorità coloniali francesi e il movimento indipendentista

marocchino. Al termine degli scontri avvenuti a Casablanca nel Luglio del 1955, vennero espulsi dal Marocco 23 europei, tra cui cinque italiani. Il console italiano a Rabat, Aldo Pierantoni, che aveva sostituito Guglielmo Arnò alla guida del consolato, adeguandosi alle disposizioni di neutralità imposte da Roma, non intervenne in sostegno degli italiani espulsi. Il console però riteneva che la partecipazione italiana alle lotte politiche locali era forzata, questo era dovuto dal reclutamento indiscriminato svolto dalle organizzazioni antiterroristiche francesi, che provocarono un aumento del risentimento nei confronti degli europei da parte dei nazionalisti marocchini671.

Nel Novembre del 1954, l'Italia venne accusata dal governo francese di svolgere un traffico di armi nel protettorato marocchino in favore del movimento indipendentista. Secondo le autorità francesi le armi provenivano dal porto di Genova, per poi essere spedite a Tangeri da dove poi venivano inviate nel Marocco francese. Sia il Ministero degli Esteri che gli uffici consolari italiani presenti nel protettorato svolsero immediate indagini, che dimostrarono l'infondatezza delle accuse transalpine.

Sebbene l'Italia avesse favorito in alcuni determinati aspetti il movimento indipendentista marocchino, attraverso la concessione di visti di transito o permettendo ad alcuni suoi

rappresentanti di risiedere nella penisola, continuò a mantenere un limitato interesse nei confronti del Marocco. Pur riconoscendo l'importanza strategica del territorio marocchino e delle risorse ivi presenti, la diplomazia italiana prestava attenzione solamente alla politica coloniale francese impressa nel protettorato, che veniva criticata per l'instabilità che aveva generato.

Il disinteresse italiano nei confronti del Marocco era derivato essenzialmente dalla presenza nel protettorato di numerosi interessi riguardanti altri paesi, questo limitava fortemente l'azione italiana, che poteva essere facilmente circoscritta dalle manovre di altri stati, il governo italiano di fronte a tale situazione evitava di farsi coinvolgere nelle questioni relative al Marocco672: “Sinora,

influenzati un po' dal ricordo degli antichi impegni di disinteressamento alle sorti del Marocco, un po' dalle deprimenti conseguenze della recente sconfitta, noi siamo rimasti non solo estranei, ma anche indifferenti alle questioni marocchine. In effetti, non vi sarebbe stato molto altro da fare: questo nostro agnosticismo, in una col passare del tempo ed al conseguente mutare degli uomini e

671 Varsori. La politica estera italiana nel secondo dopoguerra... Cit. Pag: 402. 672 Bagnato. Petrolio e Politica... Cit. Pag: 24-25.

delle situazioni, ci ha d'altra parte consentito di sormontare quella fase di prolungato risentimento delle Autorità francesi locali verso tutto quanto era italiano di cui le nostre collettività del Marocco subiscono ancora per lo meno l'effetto intimidatorio […]. Oggi l'Italia è praticamente buon ultima nel Marocco: oserei dire che la sua esistenza non è qui quasi avvertita”673.

Le uniche pressioni per un ruolo più attivo dell'Italia nel protettorato, provenivano solamente dai consoli italiani lì residenti, Pierantoni, come come aveva già svolto precedentemente Arnò, continuò a richiedere un maggior interessamento da parte del governo italiano nei riguardi della situazione interna del protettorato francese. Il Direttore Generale affari politici di Palazzo Chigi, Carlo Alberto Straneo, veniva letteralmente inondato di rapporti sul Marocco provenienti dal console Pierantoni, che teneva costantemente informato il governo italiano sulla situazione presente nel paese

nordafricano: “Penso tu abbia cose ben più importanti che la situazione del Marocco da seguire, tuttavia, vorrei avere l'illusione che tu abbia avuto il tempo di gettare uno sguardo anche sui miei rapporti […]. Quando ho lasciato due mesi fa Roma, ho avuto la sensazione che si desiderasse a palazzo Chigi conoscere un po' meglio la situazione di questo paese e io mi sono sforzato di soddisfare tale aspettativa. Poi l'incalzare degli avvenimenti mi ha portato a riferirne

settimanalmente lo sviluppo locale. Ma ora comincio ad avere la sensazione di poter essere tacciato di grafomania o, peggio ancora, di egocentrismo”674.

Nell'estate del 1955 la stabilità interna del Marocco, iniziava a dare i primi segni di cedimento, il nuovo residente generale francese, il Generale Gilbert Grandval non era in grado di ristabilire l'ordine nel protettorato, mentre si estendevano e si radicalizzavano i moti contro la dominazione francese ed aumentava il numero di attentanti svolti dai nazionalisti marocchini nei confronti dei coloni francesi.

6.2: L'indipendenza del Marocco.

I violenti scontri avvenuti nell'Agosto del 1955, in occasione dell'anniversario della deposizione del