Entrate: Iva al 22% per la lettura dei ripartitori di calore se è un servizio autonomo
La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate a una società che opera nel settore energetico e chiede la corretta aliquota Iva da applicare ai servizi di istallazione e lettura dei ripartitori di calore Una società che su incarico dei condomini provvede all’installazione dei ripartitori di calore con la relativa lettura o esegue il servizio di sola lettura degli apparecchi installati da lei o da altre ditte, potrà applicare l’aliquota Iva del 10% sul corrispettivo relativo alla lettura dei ripartitori di calore posti all'interno dei condomìni, solo se ha stipulato un “contratto di Servizio Energia”, una complessa fattispecie finalizzata all’efficienza e al risparmio energetico, che preveda, tra le prestazioni, anche la lettura dei ripartitori di calore.
Diversamente, in presenza di un autonomo contratto, la prestazione di lettura dovrà essere assoggettata all’aliquota ordinaria del 22 per cento. È il contenuto della risposta n. 163 del 3 giugno 2020 fornita dall’Agenzia delle Entrate a una società che opera nel settore energetico e chiede la corretta aliquota Iva da applicare ai servizi di istallazione e lettura dei ripartitori di calore.
L’istante, in particolare, esegue i seguenti servizi:
- installazione dei ripartitori di calore e, contestualmente, il servizio di lettura degli stessi - servizio di sola lettura di ripartitori da lei già installati
- servizio di lettura dei ripartitori, già installati precedentemente da altre ditte Alla luce delle prestazioni svolte chiede quindi:
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considerazione del fatto che si tratta di una prestazione accessoria a quella di installazione dell’impianto
2. se, prescindendo dalla natura accessoria della prestazione di lettura rispetto all’installazione dei ripartitori, la prestazione di lettura compresa in un contratto di Servizio Energia di cui al Dlgs n. 115/2008 o svolta contestualmente, seppur con separato contratto, a detto Servizio Energia, possa usufruire dell'aliquota Iva agevolata del 10 per cento (n. 122, Tabella A, parte III, allegata al Dpr n. 633/1972).
Prestazione accessoria
L’Agenzia ricorda i requisiti, chiariti in sede di prassi, che configurano la prestazione accessoria.
In particolare, è necessario che l’operazione integri, completi o renda possibile quella principale, sia resa dallo stesso soggetto che effettua l’operazione principale (o da altri) ma per suo conto e a sue spese, sia resa nei confronti del medesimo soggetto (cessionario/committente) nei cui confronti è resa l'operazione principale.
Anche la Corte di giustizia (Causa C-76/99) ha precisato che una prestazione è “accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”. In
applicazione di tale principi, con la risoluzione n. 230/2002, l’Agenzia ha affermato che non è sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria all'attività principale, unitariamente considerata, poiché è necessario che la prestazione accessoria formi un tutt'uno con quella principale.
Risposta dell’Agenzia ai due quesiti
Con riferimento al primo quesito, con il quale la società chiede se il servizio di lettura di ripartitori di calore presso i condomìni possa configurarsi come prestazione accessoria rispetto alla
prestazione di installazione degli stessi ripartitori di calore (articolo 12 del decreto Iva), l’Agenzia ritiene che non sussiste la descritta accessorietà tra il servizio di lettura di ripartitori di calore presso i condomìni e la prestazione di installazione degli apparecchi. Le due prestazioni, infatti, hanno un’autonoma e distinta funzione e, di conseguenza, il servizio di lettura di ripartitori di calore deve essere assoggettato all’aliquota Iva ordinaria pari al 22 per cento.
Riguardo al secondo quesito, con cui l'istante chiede se, in ogni caso, alla prestazione di lettura sia applicabile l'aliquota Iva del 10%, l’Agenzia ricorda che il citato Dlgs n. 115/2008, emanato in attuazione della direttiva 2006/32/Ce, ha regolamentato il “contratto Servizio Energia”,
disciplinando i requisiti soggettivi ed oggettivi, le prestazioni, le responsabilità, i parametri che qualifichino tale istituto. Si tratta di una fattispecie complessa che, nel rispetto delle vigenti leggi sull'uso razionale dell'energia, sulla sicurezza e sulla salvaguardia dell'ambiente, è finalizzato a migliorare il processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia, assicurando la realizzazione di qualsiasi intervento che riduca il consumo di energia da fonti non rinnovabili.
Con riferimento all’aliquota Iva applicabile, l’Agenzia ricorda che, il citato punto 122), della Tabella A, prevede l’aliquota del 10% sulle “prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di
teleriscaldamento o nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto
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interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni; sono incluse le forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento; alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria”.
A definire l’ambito applicativo della norma le risoluzioni n. 94/2007 e n. 28/2010 con cui viene chiarito che l’aliquota agevolata del 10% è applicabile, oltre che alle prestazioni di servizi, anche alle forniture di apparecchiature e materiali utilizzati per la fornitura di energia termica per uso domestico e, inoltre, che l’aliquota agevolata è riservata alla sola energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento.
La disposizione normativa di cui al punto 122), in sostanza, subordina l’applicazione dell’aliquota Iva al 10% al verificarsi delle seguenti condizioni:
- uso domestico dell’energia
- distribuzione dell'energia mediante un contratto Servizio Energia
- produzione dell'energia da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento.
Ne consegue che, solo nel caso in cui il contratto Servizio Energia rispetti concretamente i presupposti sopra indicati, al relativo corrispettivo può essere applicata l’aliquota Iva agevolata Quindi, in risposta al secondo quesito posto dalla società istante, l’Agenzia ritiene che il
corrispettivo previsto per la lettura dei contatori possa scontare l’aliquota Iva ridotta, pari al 10%
solo se la società ha stipulato un “contratto di Servizio Energia”, nei termini disciplinati dal Dlgs n.
115/2008, che preveda, tra le prestazioni anche la lettura dei ripartitori di calore (posti all’interno dei condomìni). Diversamente, nel caso in cui la prestazione non sia prevista da tale tipologia di contratto ma sia eseguita in forza di un autonomo contratto, la prestazione di lettura dovrà essere assoggettata all’aliquota ordinaria del 22 per cento. (fonte: Fisco Oggi)
Giovedì 4 Giugno 2020
In 12 anni i liberi professionisti hanno perso oltre 13mila euro per occupato
In 12 anni i liberi professionisti hanno perso oltre 13mila euro per occupato
Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti: dalla crisi
economica del 2008 ad oggi quasi un milione e mezzo di lavoratori ha visto crollare la produttività di oltre il 20%, più di qualsiasi altro comparto economico
Oltre 13mila euro per occupato lasciati per strada negli ultimi dodici anni. I liberi professionisti sono il comparto economico più colpito dalla crisi economica del 2008 con un calo di produttività di oltre il 20% a fronte di una media nazionale che ha perso 2384 euro con una flessione della produttività del 3,8%. Il dato emerge dall’Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti che rileva come mentre nell’economia generale cresceva la disoccupazione, le fila dei liberi professionisti si ingrossavano di anno in anno fino a raggiungere nel 2019 una
crescita esponenziale rispetto al 2007: +28%. Nello stesso periodo, nell’intera economia,
l’occupazione complessiva aumentava appena del 2% e tra gli indipendenti diminuiva addirittura dell’11%. L’offerta di lavoro libero professionale è cresciuta a un ritmo decisamente superiore a quello della produzione determinando così un repentino crollo della produttività individuale. In altri termini, la domanda di servizi professionali non è cresciuta allo stesso ritmo dell’offerta di servizi, anzi è rimasta quasi stazionaria con la conseguenza di appiattire significativamente i redditi medi dell’intero comparto. Nello stesso periodo, infatti, il valore aggiunto per occupato, misurato in termini reali (cioè al netto dell’inflazione), del comparto delle attività professionali si è ridotto del 21,5% facendo registrare una perdita in termini assoluti di quasi 13 mila euro per ogni lavoratore.
La crisi ha colpito duramente l’intero settore del lavoro indipendente che negli anni ha perso 669 mila occupati, l’11,2%. Nello stesso periodo, l’occupazione dipendente è cresciuta del 6,7%, un incremento di 1 milione e 135 mila occupati. Invece, in assoluta controtendenza rispetto al totale degli occupati indipendenti, i liberi professionisti sono aumentati di 310 mila unità (+27,6%). Il calo di occupati indipendenti è, dunque, concentrato nell’area che l’Istat definisce del lavoro autonomo, essenzialmente commercianti ed artigiani, che sono diminuiti del 15%, un calo di 538 mila occupati. Oltre che nell’area residuale dei coadiuvanti familiari, dei soci di cooperativa e dei collaboratori che hanno lasciato sul terreno altri 396 mila occupati.
Concentrando l’analisi sul settore “Attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto”, che contiene la quasi totalità dell’universo delle libere professioni socio-economiche, giuridiche e tecniche (ad eccezione, quindi, dell’area socio-sanitaria che risulta, in buona parte, ricompresa tra gli occupati dipendenti), i dati Istat indicano che il valore aggiunto per occupato, il principale indicatore che misura la produttività del lavoro, ha lasciato sul terreno 12.686 euro (-21,5,%) passando da 58.986 euro a 46.301 euro (rispetto ad una media nazionale di 60.770 euro che, invece, ha subito un calo molto più contenuto pari a -2.384 euro, il 3,8% in meno rispetto al 2007). Se, invece, focalizziamo l’analisi sul sotto-settore “Attività professionali, scientifiche e tecniche” che rappresenta ancora più fedelmente l’universo delle libere
professioni economiche, giuridiche e tecniche, il valore aggiunto per occupato ha perso in dodici anni 13.729 euro (-19,3%) passando da 71.302 euro del 2007 a 57.573 del 2019. Se prima, dunque, la produttività media del settore era superiore a quella media nazionale (113%), dopo la crisi è scesa ad un livello inferiore (94%), mostrando un gap già abbastanza significativo e preoccupante. Ulteriori stime e rielaborazioni sui dati Istat di contabilità nazionale, infine, hanno anche permesso di evidenziare come il crollo della produttività nell’ambito delle libere professioni sia abbastanza diffuso ed omogeneo, tranne piccole differenze tra macroaree. Infatti, mentre l’area delle professioni giuridiche ed economiche ha contenuto il crollo a -16,9%, quelle tecniche hanno subito una perdita maggiore e pari a -20,4%.
I numeri fornitici dal nostro Osservatorio – commenta il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani – certificano una profonda distorsione del mercato del lavoro che, soprattutto nelle mutate condizioni conseguenti alla crisi del 2008, continua a generare un
sovraffollamento del sistema e un eccesso di offerta che deprime il valore dei servizi prestati. Gli Ordini professionali sono da tempo in crisi e non è più possibile che dalla politica vengano trattati come delle corporazioni e che i singoli professionisti siano ancora percepiti come dei privilegiati, secondo una visione ormai del tutto obsoleta. L’esclusione dall’accesso al credito a fondo perduto è solo l’ultima dimostrazione di una disattenzione nei confronti di questo pezzo tanto significativo del mondo del lavoro. Anche per questo domani ci saranno (oggi 4 giugno, ndr) gli Stati generali delle professioni. Un’occasione utile inoltre a sottolineare il grande contributo che il sistema ordinistico potrebbe fornire ad uno snellimento della burocrazia se si portasse a compimento il jobs act degli autonomi, che prevedeva di delegare alle professioni funzioni proprie della Pubblica amministrazione.
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Per il recupero dell’economia e per un mondo migliore dopo il Covid-19