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LE “FONTI” FILOSOFICHE NEI MANOSCRITTI GIOVANIL

1. JAUME BALMES

Nacque a Vic, in provincia di Barcellona, il 28 agosto 1810, ed ivi morì l’8 luglio 1848. Entra in giovane età nel seminario della sua città e nel 1926 riceve gli ordini minori. Grazie ad una borsa di studio frequenta l’Università di Cervera e nel 1935 diventa dottore in teologia. Nello stesso anno viene ordinato sacerdote.

Fino al 1840 fu professore di matematica. In quell’anno, pur non abbandonando l’insegnamento, comincia una frenetica attività di giornalista, fondando e dirigendo le riviste: La Civilización (1841-1843); La Sociedad (1843- 1844); El Pensamiento de la Nación (1844-1846); El conciliador (1845).

Fu attivo scrittore politico e polemista, la cui precoce morte ne ha forse limitato l’importanza e la fama, dato che, com’è scritto nel prologo delle opere complete, «quell’astro meraviglioso, che sembrava dovesse essere il sole di tutto un secolo, non fu che una meteora che in un istante attraversò il cielo da parte a parte in brillante folgorazione, per andare ad estinguersi nell’occaso della morte»1.

Tra le sue molteplici opere, le più importanti dal punto di vista filosofico sono: El protestantismo comparado con el catolicismo en sus relaciones con la civilización europea (4 voll., 1842-1844)2;

1

I. Casanovas, Prólogo editorial general, in J. Balmes, Obras completas, a cura di I. Casanovas, Editorial Balmes, Barcelona 1925-27, vol. I, p. 13.

2

Di questo testo esistono due traduzioni italiane: G. Balmes, Il protestantismo paragonato col cattolicismo nelle sue relazioni con la civiltà europea, traduzione del C. A. O., Gio.Battista Zampi, Roma

El Criterio (1845)3;

Cartas a un escéptico en materia de religión (1846)4; Filosofía fundamental (4 voll., 1846)5;

Filosofía elemental (4 voll., 1847)6.

Sul pensiero di Balmes si può dire che, se da un certo punto di vista contribuì al rifiorire della scolastica in Spagna, la sua filosofia rappresenta la personale e originale reazione di un pensatore cattolico nei confronti delle varie correnti del pensiero moderno.

Quindi, pur potendolo considerare vicino, anche se non sempre, alle posizioni tomiste, si deve sottolineare il fatto che non cadde mai nel mero dottrinarismo neotomista, tanto che lo storico della filosofia Alain Guy afferma che fu «il miglior filosofo del XIX secolo spagnolo»7.

Il problema filosofico centrale in Balmes è quello del criterio gnoseologico della certezza della verità, tanto che si può dire che «fu il primo filosofo cattolico che cercò di dotare la filosofia tradizionale di una epistemologia, conforme alle esigenze del mondo moderno»8, anche se la domanda non è tanto sul se ci sia la certezza, quanto sul come si ha certezza. L’obbiettivo che si propone è quello di cercare una connessione tra le esigenze empiriste e quelle razionaliste, rifiutando per questo sia la semplice conversione delle idee in entità puramente formali sia il considerare le cose solamente del punto di vista di una loro riduzione a materiale empirico, che solo le sensazioni potrebbero percepire e ordinare.

1846 (seconda edizione: tipografia Galeati, Imola 1853-1854); e G. Balmes, Il protestantesimo comparato al cattolicesimo nelle sue relazioni colla civiltà europea, traduzione di Gregorio Alvarez-Perez, Tipografia ducale, Parma 1846-1847.

3

Di questo testo, invece, esistono ben quattro traduzioni in italiano: G. Balmes, Il criterio, Baroni, Lucca 1849; G. Balmes, Il criterio, Francesco Rossi-Romano editore, Napoli 1858; J. L. Balmes, Il criterio, traduzione e introduzione di A. Ferro, Soc. ed. Dante Alighieri, Milano-Roma-Napoli 1928; J. L. Balmes, Il criterio, traduzione, introduzione e note di G. Lercaro, Soc. Edit. Internazionale, Torino 1930.

4

Una sola traduzione: G. Balmes, Lettere ad uno scettico in materia di religione, traduzione di T. Gomez, Tipografia Baroni, Lucca 1852.

5

Due traduzioni: G. Balmes, Filosofia fondamentale, traduzione di G. M. Paicco, Tipografia di Gaetano Sautto, Napoli 1851, 2 voll.; G. Balmes, Filosofia fondamentale, P. Fiaccadori, Parma 1854.

6

Una sola traduzione: G. Balmes, Corso di filosofia elementare, 4 voll., traduzione di T. Gomez, Steininger, Firenze 1854 (seconda edizione rivista e corretta: Francesco Rossi-Romano editore, Napoli 1857).

7

A. Guy, Los filósofos españoles de ayer y de hoy, Editorial Losada, Buenos Aires 1966, p. 97. 8

Per Balmes ci sono tre forme di certezza:

1- La coscienza, che si avvicina al Cogito cartesiano, attraverso cui si rivelano la verità reali, mediante le relazioni delle cose con essa. Nella coscienza realtà ed apparenza si confondono, giacché una cosa non può essere apparente senza essere reale, in quanto nella coscienza si apprende un atto di coscienza come reale.

2- L’evidenza, che ha come criterio il principio di non contraddizione, e che rivela la verità degli oggetti ideali, con il loro carattere di universalità e necessità. 3- Il senso comune, cioè quell’istinto intellettuale grazie al quale accettiamo l’esistenza oggettiva del mondo esterno. È un criterio dell’evidenza, secondo il quale l’evidente è vero, che testimonia la certezza in virtù della necessità ed universalità che caratterizzano la verità.

Questi tre criteri di certezza hanno ciascuno il proprio ambito, ma sono tutti e tre necessari per dare luogo alla realtà della conoscenza. Ciononostante, è il senso comune che permette a Balmes di superare la divisione tra empirismo e razionalismo, unendo così l’idealità con la realtà. Questo senso comune, che permette la transazione tra verità ideali e verità reali, viene così descritto:

Una inclinazione naturale del nostro spirito a dare il proprio assenso a certe verità non testimoniate dalla coscienza, né dimostrate dalla ragione; cosicché tutti gli uomini hanno capacità per soddisfare le necessità della vita sensitiva, intellettuale e morale9.

Quindi l’opera del senso comune è quella di unificare la soggettività dei contenuti di coscienza con l’ordine necessario ed universale delle strutture logiche, cioè di passare dal soggettivo “mi sembra” all’oggettivo “è veramente così”. In tal modo si confermano una serie di verità, imprescindibili alla scienza e alla vita in generale, che non possono essere accertate né dalla coscienza né dalla evidenza.

9

G. Balmes, Filosofia fondamentale, traduzione di G. M. Paicco, Tipografia di Gaetano Sautto, Napoli 1851, vol. I, p. 251. Cfr. J. Balmes, Filosofía fundamental, Librería de Rosa, Bouret y C., Paris 1851, vol. I, p. 206.

Quindi, fondamentalmente, per Balmes abbiamo certezza razionale e sicura per quel che riguarda i fenomeni soggettivi, mentre la certezza che si riferisce alla realtà oggettiva delle cose distinte dall’Io si appoggia su di una inclinazione naturale, una sorta di necessità interiore.

Questa posizione si potrebbe avvicinare al fideismo di Jacobi, ma lo stesso Balmes se ne distanzia, sottolineando il fatto che il senso comune non è un sentimento e criticando Jacobi per aver voluto distruggere la ragione ed aver preso come unico criterio il sentimento.

La teoria gnoseologica di Balmes, che sicuramente è il punto più importante della sua filosofia, non si può dire fondi la sua originalità in quella dei suoi elementi, quanto piuttosto nella sua struttura e configurazione. Questa teoria, che verrà nominata Teoria delle tre verità, avrà un forte influsso sulla gnoseologia della neoscolastica più “liberale”, mentre riceverà aspre critiche da parte di quella più “conservatrice”10.

Unamuno conoscerà molto presto questo filosofo, come lui stesso afferma in un brano dei suoi Recuerdos de niñez y mocedad (1908):

Che effetto, Dio mio, quando allora, nel mio quarto anno di baccelierato, lessi Balmes e Donoso11, unici scrittori di filosofia che incontrai nella biblioteca di mio padre! Attraverso Balmes mi resi conto che esisteva un Kant, un Cartesio, un Hegel. Intendevo appena qualche parola della sua Filosofia fondamentale – quest’opera così debole tra le deboli opere balmesiane – e, ciò nonostante, con un impegno grande, lo stesso impegno che, applicato tempo dopo alla ginnastica rigenerò il mio corpo, mi impegnai a leggerla e la lessi. […] La discussione di Balmes fu ciò che cominciò ad aprirmi gli occhi. Lo spirito del pubblicista catalano, una specie di scozzese di quinta mano, aveva non poco d’infantile;

10

Cfr. E. Forment, Historia de la filosofía tomista en la España contemporánea, Encuentro, Madrid 1998. Cfr. anche A. Muñoz Alonso, La cuestión del principio y fundamento en la filosofia de Balmes, Universidad, Nuevo León 1963. Cfr. anche T. Alesanco Reinares, El instinto intelectual en la epistemología de J. Balmes, prologo di A. Muñoz Alonso, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1965.

11

Juan Donoso Cortés Nasce a Valle de Serena, provincia di Badajoz, il 6 maggio 1809, e muore a Parigi il 3 maggio 1853. Nel 1824 si laurea in diritto, e per alcuni anni insegnerà come professore nel liceo di Cáceres. Nel 1830 si sposa con Teresa Carrasco, che morirà cinque anni dopo. Viene nominato, nel 1833, ufficiale della Segreteria di Stato e dell’Ufficio di Grazia e Giustizia delle Indie. Nel 1836 diventa segretario del Gabinetto e della Presidenza di Governo. Nel 1844 è nominato segretario privato della regina Isabella II, che aveva aiutato a salire al trono. Nel 1848 va a Berlino come ambasciatore. Il 30 gennaio 1850 pronuncia di fronte al parlamento di Madrid un famoso Discurso sobre la situación de Europa, di cui si occuperanno, tra gli altri, Schelling, Mettenich, Luigi Napoleone e Federico Guglielmo IV. Nel 1951 viene nominato ambasciatore a Parigi. Tra le sue opere le più importanti sono: Memoria sobre la situación actual de la monarquía (1832); Consideraciones sobre la diplomacia (1934); Ensayo sobre el catolicismo, el liberalismo y el socialismo (1851).

semplificava tutto quello che criticava, vincendo la discussione in relazione a quanto perdeva di esattezza l’esposizione delle dottrine criticate12.

Probabilmente questo brano, scritto all’incirca nel 1908, presenta in sintesi tutto quello che si può sostenere a riguardo dell’influenza di Balmes su Unamuno. Un rapporto controverso, in quanto se Unamuno, in un articolo uscito nel 1910 in occasione del centenario della nascita di Balmes, scrive a chiare lettere «non posso negare che Balmes contribuisse tanto o più di qualsiasi altro a svegliare la mia curiosità filosofica»13, è altrettanto innegabile che non riconoscerà mai a Balmes niente più di questa “iniziazione” alla filosofia.

1.1 - Juan Donoso Cortés

Prima di passare all’analisi dell’effettiva influenza di Balmes su Unamuno, occorre spendere due parole sul secondo pensatore citato nel brano precedente.

Donoso Cortés fu essenzialmente un uomo politico, che se in un primo momento è stato vicino a tesi liberaleggianti, si convertì poi a paladino dell’Ultramontanismo, una corrente ottocentesca di integralismo cattolico politico, finendo con l’occupare in Spagna un ruolo simile a quello tenuto da Joseph de Maistre e Luis de Bonald in Francia.

Nel suo Discurso sobre la situación de Europa Donoso non dissimula il suo pessimismo nei confronti del futuro della civiltà europea, vedendone inevitabile la rovina, salvo un diretto intervento di Dio. Nei confronti del socialismo presenta come alternativa la religione cristiana, «quella religione che insegna la carità ai ricchi; ai poveri, la pazienza; che insegna ai poveri ad essere rassegnati ed i ricchi ad essere misericordiosi»14.

La parte più consistente del suo pensiero risiede senza dubbio nel Ensayo sobre el catolicismo, el liberalismo y el socialismo (1851)15. Questo testo è la

12

M. de Unamuno, Recuerdos de niñez y mocedad, OCE VIII, p. 144. 13

M. de Unamuno, Un filósofo del sentido común, in Contra esto y aquello, OCE III, p. 549. 14

J. Donoso Cortés, Sus discursos parlamentarios, ordenados con un prólogo por don Julio Borrell, Espasa-Calpe, Madrid 1915, p. 160.

15

Esistono cinque traduzioni italiane: J. Donoso Cortés, Saggio sul cristianesimo, liberalismo e socialismo, F. Bencini, Firenze 1851 (di questa edizione un’edizione anastatica Forni stampa, Bologna 1972); J. Donoso Cortés, Saggio sul cristianesimo, liberalismo e socialismo, Vincenzo Manfredi, Napoli 1851; J. Donoso Cortés, Saggio sul cristianesimo, liberalismo e socialismo, Tomassini, Fuligno 1852; J.

testimonianza di un uomo che, disperando nella sua epoca, pretende d’indicarle dove può trovare l’unica salvezza. Questa è forse la miglior maniera d’interpretare l’Ensayo: come la testimonianza di un uomo in lotta contro il suo tempo ed il suo mondo.

Ci sono, secondo Donoso Cortés, due culture assolutamente contraddittorie ed in lotta tra loro: la civiltà cattolica e la civiltà razionalista. La prima è lo sviluppo di un ordine stabilito direttamente da Dio, la seconda è il prodotto del disordine provocato dal peccato, a cui appartengono sia il liberalismo sia il socialismo.

Così il cattolicesimo è un «sistema di civiltà completo»16 che si oppone ai due grandi poteri della epoca, entrambi di origine francese (l’unica lingua straniera che Donoso probabilmente conosceva): il liberalismo di stampo francese ed il socialismo, soprattutto il socialismo di Proudhon.

Per Donoso la massima debolezza del liberalismo è la sua totale ignoranza per quel che riguarda la relazione tra le questioni politiche, quelle sociali e quelle religiose. In sintesi, il suo difetto maggiore è la sua mancanza di “teologia”, che lo porta ad una perpetua incapacità di decisione, dato che si esercita solo attraverso il discorso, provocando confusione e fomentando lo scetticismo.

Invece, il vantaggio del socialismo sul liberalismo è dato dal saper decidere, dall’offrire sempre una soluzione non equivoca. Il socialismo, quindi, «è forte solamente perché è una teologia satanica»17. Il socialismo, per Donoso, è razionalista, repubblicano ed ateo, ed implica così le tre negazioni fondamentali: della Rivelazione, della Grazia e della Provvidenza.

L’ultima parte del saggio di Donoso è dedicata all’esposizione dell’ordine umano, un ordine stabilito direttamente da Dio, da cui l’uomo ha deviato a causa del peccato, ma a cui può tornare attraverso la dottrina cattolica della salvezza.

Per Donoso, quindi, la politica dipende dalla teologia, che è universale, la prima e la più nobile delle scienze, abbracciando e comprendendo tutte le altre. Il

Donoso Cortés, Saggio sul cristianesimo, liberalismo e socialismo, Volpato, Milano 1854; J. Donoso Cortés, Saggio sul cristianesimo, il liberalismo e il socialismo, trad. G. Allegra, Rusconi, Milano 1972. 16

J. Donoso Cortés, Ensayo sobre el catolicismo, el liberalismo y el socialismo, in J. Donoso Cortés, Obras, a cura di J. Ortí y Lara, Casa editorial de San Francisco de Sales, Madrid 1903-04, tomo I, p. 73. 17

cattolicesimo è la civiltà, mentre il processo di secolarizzazione dell’età moderna e la pretesa autosufficienza della ragione umana sono degli errori che, se non corretti, porteranno al disastro. E questo disastro «prova che l’uomo vive sempre soggetto alla fede, e che quando sembra lasciare la fede per la propria ragione, non fa nient’altro che lasciare la fede nel divinamente misterioso per la fede nel misteriosamente assurdo»18.

Quest’ultima frase ricorda alcune frasi unamuniane riguardo la logica del sogno, anche se non sembra lecito sostenere che Unamuno abbia tratto una vera ispirazione dagli scritti di Donoso. Egli riconosce, infatti, soltanto che «l’Ensayo sobre el liberalismo di Donoso, mi produceva in alcuni passaggi brividi nello spirito», decantandone poi «la marcia oratoria del suo discorso, la pompa barocca del suo stile, la parte eccessiva ed in fondo lugubre –se fossero originali– di quelle dottrine»19. Ma l’influenza su Unamuno pare ridotta a questo, e ad alcuni aspetti della critica unamuniana al liberalismo, che caratterizza la sua posizione politica pre-socialista, di cui si trovano echi nei quaderni giovanili20.

1.2 - L’influenza di Balmes su Unamuno

Tornando a Jaume Balmes, nella biblioteca personale di Unamuno troviamo tutti i suoi testi filosofici:

J. Balmes, Filosofía fundamental, Librería de Rosa, Bouret y C., Paris 1851, 2 voll.

J. Balmes, Curso de filosofía elemental, Librería de A. Bouret y Morel, Paris 1849.

J. Balmes, El protestantismo comparado con el catolicismo en sus relaciones con la civilización europea, Librería de Bouret y Morel, Paris 18494 , 2 voll.

J. Balmes, El Criterio, Librería de Rosa, Bouret y C., Paris 1851.

18

Ivi, p. 340. 19

Unamuno, Recuerdos de niñez y mocedad, p. 145. 20

Cfr. M. A. Rivero Gómez, Desarrollo político en el joven Unamuno. Antecedentes de la etapa socialista, en A. Chaguacedo Toledano (a cura di), Miguel de Unamuno. Estudios sobre su obra III, Ediciones de la Universidad de Salamanca, Salamanca prossima pubblicazione.

J. Balmes, Cartas a un escéptico en materia de religión, Librería de Rosa y Bouret, Paris 1853.

In tutte le opere ci sono tracce di un’attenta lettura, il che fa del filosofo catalano l’autore forse più letto da Unamuno.

Tra le varie sottolineature, forse la più interessante è quella che si trova al capitolo IV (Relazione delle sensazioni con un mondo esterno) del libro secondo (Sulle sensazioni) della Filosofía fundamental:

Sia qualsivoglia il risultato che a noi desse l’esame filosofico delle relazioni tra il mondo ideale ed il reale, è necessario sottometterci a questa necessità di nostra natura, che ci fa credere alla esistenza di dette relazioni. L’umanità, nell’immensa maggioranza de’ suoi individui, non ha giammai pensato, né probabilmente penserà, a simile esame; e ciò non ostante, per essa, l’esistenza d’un mondo reale, distinto da noi, ed in continua comunicazione con noi trovasi al coverto d’ogni dubbio. La natura è prima della filosofia 21.

Questo corrisponde perfettamente all’impostazione che Unamuno ha in questi anni, in cui l’unica realtà della cui esistenza si può essere effettivamente certi è la realtà fattuale, la realtà formata dai fatti, oggetto delle nostre sensazioni.

Sempre dalla Filosofía fundamental di Balmes viene la citazione, non sottolineata nel testo dell’opera, che troviamo nel Cuaderno XVII, nell’unico riferimento diretto al filosofo catalano che si trova nei manoscritti giovanili. In questo paragrafo Balmes presenta la propria prova a favore della semplicità dell’anima sostenendo che, prescindendo dalla testimonianza del senso intimo ed attenendosi alla natura dei fenomeni interni, si può dimostrare che il loro soggetto è una sostanza semplice.

Se ciò non si verificasse, infatti, la sostanza pensante sarebbe composta di varie sostanze e perciò non sarebbe in grado di pensare, in quanto ciascuna delle sostanze che la compongono sarebbe indipendente dalle altre ed avrebbe coscienza soltanto di ciò che le è proprio; quindi, non avendo coscienza di ciò che è delle altre non formerà giudizio, che essenzialmente consiste nella relazione del predicato col soggetto. Se si affermasse, al contrario, che in ciascuna delle sostanze componenti si trovano tutte le rappresentazioni, ci

21

Balmes, Filosofia fondamentale, vol. I, p. 242. Il corsivo corrisponde al sottolineato da Unamuno, cfr. Balmes, Filosofía fundamental, vol. I, p. 289.

sarebbero tanti giudizi quante sono le sostanze e perciò non si avrebbe un solo essere pensante, bensì molti22. Questa prova non trova l’approvazione di Unamuno, che alla citazione fa seguire la propria critica:

Tutto questo è evidente una volta ammessa la sostanzialità dell’anima ed è un incontrovertibile argomento contro quei materialisti che suppongono alla materia una sostanza distinta dai fatti o fenomeni che sono le sue manifestazioni.

Qui si suppone che l’anima forma il giudizio, ed il giudizio come relazione che è delle due idee, metallo e corpo, lo formano esse stesse, il giudizio è solamente un risultato, un fenomeno osservato quotidianamente.

Diranno che attribuisco alle idee una spontaneità, e se per questa si intende il potere di relazionarsi per virtù propria, è vero. Per basare la mia dottrina delle relazioni, se vogliamo veder formarsi nuove relazioni è necessario attribuire ai fatti spontaneità, e siccome i fatti interni (idee) sono fatti la possiedono allo stesso modo. La spontaneità è un presupposto necessario.

Così come nessun cerca fuori dagli individui associati un’anima dell’associazione per spiegarla, così nemmeno fuori dalle idee relazionate cerco un’anima che le relazioni giacché esse grazie alla loro stessa spontaneità si relazionano, cioè non pretendo estrarre la varietà dall’unità, ma, fedele ai miei principi, procedo all’inverso23.

Unamuno analizzerà la stessa prova della semplicità dell’anima anche nel Sentimento tragico della vita24, ma in quel caso citerà dalla Filosofía elemental e non dalla Filosofía fundamental come nel passo riportato. In entrambe le citazioni l’atteggiamento è critico nei confronti della dimostrazione balmesiana in quanto la concezione unamuniana di anima prevede che essa vada costituendosi nel corso della vita dell’uomo. Come si vedrà nel capitolo ad essa dedicato, Unamuno intende per coscienza, che per lui è un sinonimo di anima, l’insieme di tutte le sensazioni, emozioni e stati di coscienza che si vanno via via

22

Cfr. Balmes, Filosofia fondamentale, vol. II, p. 313. Cfr. Balmes, Filosofía Fundamental, vol. 2, p. 390.

23

Cuaderno XVII, pp. 262-263: «Todo esto es evidente admitida la substancialidad del alma y es un inquebrantable argumento contra aquellos materialistas que suponen á la materia substancia distinta de los hechos ó fenómenos que son sus manifestaciones. / Aquí se supone que el alma forma el juicio, y el juicio como relación que es de las dos ideas metal y cuerpo lo forman ellas mismas, el juicio es tan sólo una resultante, un fenómeno observado á diario. / Dirán que atribuyo á las ideas expontaneidad, y si por

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