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Capitolo 2 Il collettivo Manifest.AR e l’Augmented Reality Art Manifesto

2.2. Manifest.AR: Biografie sintetiche

2.2.1. John Craig Freeman (n 1959)

Si presenta come artista pubblico, il cui lavoro si concentra da più di venticinque anni sull’uso delle tecnologie emergenti come media per dare vita ad opere d’arte pubbliche che progetta per i luoghi in cui si rende più manifesto l’impatto della globalizzazione sulle dimensioni locali121. Scrive del proprio lavoro: «[it] seeks to expand the notion of public by exploring how digital networked technology is transforming our sense of place»122.

Americano, la sua formazione nelle arti visive si consolida tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta presso l’Università della California di San Diego (consegue il proprio Bachelor art Degree nel 1986) e poi all’Università del Colorado di Boulder con un Master of Fine Arts degree nel 1990. A livello lavorativo, porta parallelamente avanti la carriera artistica e quella accademica, ricoprendo attualmente il ruolo di Professore Associato presso l’Emerson College di Boston (Massachussets).

L’interesse di Freeman si rivolge fin dalle sue prime prove all’arte pubblica, ed è spinto quindi a sollevare questioni politico-sociali all’interno delle comunità e dei luoghi per cui le opere vengono concepite. Nel 1989 fa scalpore uno dei suoi primi progetti, Operation Greenrun II, per il quale crea – impiegando l’allora innovativa tecnica della stampa a laser – dei manifesti di 3 x 12 m circa che vengono esposti in corrispondenza dell’ex impianto di Rocky Flats (Boulder, Colorado), noto per essere l’unico sito produzione del plutonio per le armi nucleari durante la guerra fredda e tristemente famoso per un successivo scandalo di inquinamento dell’area circostante. Sfruttando la presenza di alcuni spazi per cartelloni pubblicitari abbandonati molto vicini al sito dell’impianto, Freeman impose agli osservatori di passaggio

121 Cfr. J. C. Freeman, About John Craig Freeman, John Craig Freeman (sito web),

https://johncraigfreeman.wordpress.com/about/, ultimo accesso 8 gennaio 2019.

per oltre un anno il messaggio «Today we made a 2500 years committment» – riferendosi ai tempi di decadimento del plutonio – e riaprì il dibattito sul tema e la struttura. L’opera rimase installata per un anno dal 1990 al 1991123.

Ai tempi di Operation Greenrun II l’innovazione tecnologica era data dal mosaico di stampe laser per la creazione dei manifesti che, all’epoca, venivano dipinti ancora a mano per simili dimensioni124. L’uso della computer grafica e la costante attenzione alle tematiche relative al rapporto con i luoghi e le comunità, rimangono fondamentali nella poetica di Freeman, e ritornano anche nei progetti successivi. Tra i primi che l’artista individua in qualche modo come propedeutici alla sua attività come AR-tista, vi è Imaging Place. Quest’ultimo, a cui lavora a partire dal 1997, consiste in quello che l’autore definisce «a place-based virtual reality project that combines panoramic video, and three-dimensional virtual worlds to document situations where the forces of globalization are impacting the lives of individuals in local communities»125. Il progetto nasce come mappa virtuale online in cui l’utente può spostarsi all’interno di una serie di ‘nodi’ che ospitano link ipertestuali di varia natura (video e fotografie) atti a mostrare il luogo in cui ci si posiziona virtualmente, accompagnati dai racconti di chi li abita. Negli anni compresi tra il 2006 e il 2009, l’archivio di Imaging Place – che include contenuti che spaziano da città come Pechino, al confine tra Stati Uniti e Messico, alla Florida, a Varsavia ed altre – Freeman ha voluto implementare la fruibilità del progetto trasferendone i nodi di accesso all’interno della fortunata piattaforma di gioco virtuale Second Life.

Dal 2010 è tra i fondatori del gruppo Manifest.AR con cui collabora attivamente ed assieme a cui esordisce all’esposizione guerrigliera collettiva We ARe in MoMa, installando negli spazi del giardino del museo newyorkese l’opera Border Memorial: frontera de los muertos. Da allora continua a dedicarsi all’uso della realtà aumentata come medium artistico con numerosi progetti, geolocalizzati in tutto il mondo.

Nel frattempo non abbandona altre vie come quella della realtà virtuale, continuando a lavorare sui temi cari alla sua poetica e a portare il proprio pubblico ad esplorare realtà contemporanee ma distanti a livello spazio-temporale con progetti come Portal to an Alternative Reality VR: Minsheng Courtyard (2016), in cui l’osservatore – che si trova

123 Cfr. J. C. Freeman, Operation Greenrun II, John Craig Freeman (sito web),

https://johncraigfreeman.wordpress.com/operation-greenrun-ii/, ultimo accesso 8 gennaio 2019.

124 Cfr. Ibidem.

125 J. C. Freeman, Imaging place, John Craig Freeman (sito web),

fisicamente negli Stati Uniti – viene visivamente trasportato in una frammento di Cina che può esplorare con un joystick, vivendo un’esperienza presente del «no-longer-present»126.

Avvicinare mondi distanti non solo fisicamente ma anche socialmente è, ad esempio, l’intento dell’ultimo progetto in realtà aumentata di Freeman: Coming Home (2018) è una camminata attraverso un’esperienza di realtà aumentata rivolta a connettere i cittadini di San Francisco attorno al tema del divario sociale legato alla questione abitativa. I ‘vicini di casa senza dimora’127, i senzatetto che a migliaia abitano le zone più degradate della città, spesso passano inosservati e di loro si ignorano più o meno volutamente le storie. Avvicinare la comunità alla loro esperienza rendendoli visibili – sotto forma di augment – in quei luoghi della città da cui sono stati in qualche modo banditi, apre per Freeman un dialogo ed un confronto su questi temi in una città che sembra essere molto più concentrata sulla propria parte in crescita128.

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