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La Jugoslavia socialista

Capitolo 1: Storia della Bosnia ed Erzegovina dall’Impero Ottomano alla

1.6 La Jugoslavia socialista

Subito dopo la liberazione del paese, il Partito Comunista Jugoslavo ha dato inizio ad una totale epurazione di dissidenti e “nemici del popolo”, come milizie locali slovene, ustascia, cetnici e anche musulmani. D’altro canto, il regime di Tito, durata fino all’anno della morte avvenuta nel 1980, è generalmente riconosciuta come un duraturo momento di coesione tra le popolazioni slave meridionali, unite e plasmate dalla dura ideologia socialista, i cui violenti nazionalismi si assopirono a favore di un rinnovato sentimento jugoslavo. Tuttavia, le repubbliche federali della Jugoslavia, per tutta la durata del regime, non smisero di perseguire una politica di autonomia e di salvaguardia contrapposto al forte potere centralizzante di Belgrado. Tornando all’instaurazione del regime titino nel dopoguerra, il potere costituzionale, come nel resto dei paesi del blocco sovietico, venne giustificato dalla vittoria di un presunto e compatto “Fronte Popolare”, capace di scacciare con le sole proprie forze l’invasore nazista. Tito, che aveva servito l’Unione Sovietica tra le due guerre, era stato inizialmente un fedele alleato di Stalin, come testimonia la prima e provvisoria costituzione del 1946, frutto di una riproduzione di quella sovietica del 1936, benché la costituzione jugoslava dichiarasse la sovranità di ogni repubblica federale pur escludendo la possibilità di secessione.

Si prospettava la creazione di un sistema federale affiancato da un partito unico, capace di monopolizzare qualsiasi tipo di attività culturale, soprattutto religiosa. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, infatti, fu messa in atto una campagna antireligiosa che colpì in particolar modo la fede musulmana, considerata totalizzante in special modo nella sfera pubblica. Furono chiusi i tribunali islamici, le società culturali e ricreative furono bandite e rimpiazzate con un’associazione unica e statale e, secondo i dogmi di esproprio comunista, le proprietà terriere e immobiliari a sfondo benefico (vakif) vennero nazionalizzate cessando così di esistere28. Queste disposizioni sembravano insidiare le possibilità di autodeterminazione dei musulmani bosniaci, poiché i valori ostentati dal socialismo

non consentivano di riconoscerli come narod solo su una base religiosa29. Difatti, negli anni sessanta la situazione cambiò e migliorò radicalmente: dopo la rottura con Stalin e l’espulsione dal Cominform, Tito iniziò una nuova politica estera, il cosiddetto movimento dei paesi “non allineati”, utilizzando come strumento la religione e cultura islamica. Trovandosi a trattare con l’Egitto di Nasser e l’Indonesia di Sukarno, Tito si servì dell’élite musulmana jugoslava, in special modo bosniaca, rinvigorendola e sponsorizzando studi e scambi nei paesi del Terzo Mondo30. Conseguenza di questa serie di scambi di idee e prospettive con gli altri stati islamici, in concomitanza con questa recuperata importanza della religione, fu la nascita dei primi movimenti politici islamisti anticomunisti. L’esempio più famoso ci è dato dalla “Dichiarazione Islamica” del futuro presidente della Bosnia ed Erzegovina, Alija Izetbegović,31 che argomentava la necessità per la Bosnia di creare uno Stato islamico svincolato dalle gabbie delle identità nazionali e proiettato verso una visione panislamista.

La questione identitaria, dunque, non si era mai del tutto assopita. Durante la guerra, le direttive del Partito Comunista erano quelle di indirizzare i musulmani bosniaci ad identificarsi come croati o serbi. Nel primo censimento jugoslavo del dopoguerra (1948) i musulmani, oltre a potersi dichiarare croati o serbi, potevano scegliere la preferenza “musulmani di nazionalità non dichiarata”. I risultati mostrarono che su un totale di 875.000 musulmani, 778.000 scelsero di figurare come “non dichiaranti”. Nel censimento successivo (1953), aldilà dei risultati, cambiò la modalità di preferenza: pur di boicottare la caratteristica religiosa identitaria, la voce “musulmana” venne rimpiazzata con “jugoslavo di nazionalità non dichiarata”, anche al fine di incoraggiare il sentimento di unione tra slavi.

Il vero spartiacque avvenne con il censimento del 1961 che permise ai bosniaci di fede islamica di autodefinirsi “musulmani in senso etnico” e, due anni dopo, con la costituzione del 1963 della Repubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina, i

29 BEGA, F., Op.cit., p. 104. 30 MALCOM, N., Op. cit., p. 264. 31 Vedi il Capitolo 2.

musulmani vennero riconosciuti come narod al pari di croati e serbi all’interno della repubblica federale. Infine, solo con il censimento del 1971, tra le varie opzioni, venne proposta quella di “Musulmano32” nel senso di nazione33.

La questione del riconoscimento della narod musulmana aveva diversi oppositori. Oltre agli esponenti nazionalisti serbi e croati, anche il Partito Comunista Macedone levò la sua voce, preoccupandosi che una situazione analoga potesse avverarsi anche con la propria minoranza musulmana. Tuttavia, esisteva una consistente differenza: il connotato religioso per il cittadino macedone rappresentava solo uno strato superiore ad un nucleo ben definito che è l’identità macedone; nel caso bosniaco l’identità del nucleo era incerto, in quanto poteva essere definito “bosniaco”, pur essendo difficile risalire alle radici identitarie e storiche comuni della Bosnia. Di certo non potevano essere prese in considerazione le opzioni “serbo-bosniaco” o “croato-bosniaco”, poiché è ormai chiaro che non vi fosse tale divisione al periodo precedente alla conversione islamica. Molti dei serbo-bosniaci e croati-bosniaci attuali sono discendenti di bosniaci di fede ortodossa o cattolica che, dopo il periodo ottomano, si sono identificati come serbi o croati34.

Gli anni successivi furono caratterizzati da un tentativo di decentramento da Belgrado e da un segnale di arresto dello “jugoslavismo” forzato delle repubbliche federali. Ma in concomitanza con ciò, il progetto jugoslavo volgeva al termine. Dopo la fuoriuscita dal Cominform, l’economia jugoslava dipendeva dai prestiti occidentali e dai rapporti con i paesi non allineati e, in questa cornice la Bosnia ha sofferto maggiormente tale crisi, essendo già un paese povero e sottosviluppato. Inoltre, il decentramento avvenuto con la costituzione del 1974, riaccese i nazionalismi assopiti accrescendo l’insoddisfazione dei nazionalisti serbi e croati, le due potenze storiche della Jugoslavia, che, oltre a dichiarare attraverso la stesura

32 Importante fu specificare “Musulmano” (Musliman) con la ‘m’ maiuscola, indicandone l’esclusività nazionale del termine e svuotandolo del significato prettamente religioso.

33 MALCOM, N., Op.cit., pp.264-267; Bega, Federico Maria, Op.cit., p. 105.

34 HADŽIJAHIĆ, M., Od tradicije do identiteta. Geneza nacionalnog pitanja bosanskih

di saggi e iniziative la propria superiorità rispetto all’altro, spostarono il campo di battaglia in Bosnia ed Erzegovina rivendicandone il possesso storico.

Tutto il corso degli anni ’80, escludendo il momento di generale euforia delle storiche Olimpiadi invernali di Sarajevo (1984), quasi a ricordare un canto del cigno, fu contrassegnato da una lunga stagnazione economica e ideologica, dovuta anche alla morte di Tito, che portò la federazione ad una escalation di dichiarazioni/aggressioni, al momento verbali, spianando così il campo a sobillatori e demagoghi che da lì a poco avrebbero trascinato il paese in guerra35.

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