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104 Ivi, p. 177.

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Ad esempio, in un articolo che dedica a Guy de Maupassant, pubblicato su La

Habana Elegante nell’aprile del 1890, l’autore cubano ammette che la lettura

dell’opera dello scrittore francese infonde in lui una sensazione di tensione estrema verso l’alto, simile a quella prodotta dall’etere:

cada párrafo me produce el efecto de una bocanada de éter. Hay veces que la sensación es tan fuerte que percibo en el interior de mi organismo, el estallido que produce la rotura de un nervio al llegar a su máximum de tensión106.

Le parole di del Casal fanno supporre che il poeta conosca gli effetti dell’etere, ma la genericità con la quale cita questa sostanza (tra l’altro rilevante nella vita di Maupassant107) fanno pensare a un uso di questa analogia più per scopi letterari ed estetici che per una reale considerazione sugli effetti. In altre parole, del Casal pare più interessato a mostrare un’affinità con il poeta francese che suggerire al lettore una precisa considerazione sugli effetti dell’etere. Similmente accenna agli effetti della morfina per creare un’altra comparazione ne El primer pesar, pubblicato su “La Habana Elegante” nell’agosto del 1890. Parlando di Armando Morel, il poeta cubano afferma:

después de haber visto una verdadera hermosura, se quedaba aletargado, como el que toma una fuerte dosis de morfina, sin que la carne participara de tal estado de ánimo que le imposibilitaba para hacer cualquier otra cosa que soñar108.

Anche in questo testo la morfina è menzionata in quanto termine di paragone che permette a del Casal di descrivere l’estasi e la staticità di Morel nel contemplare una bella donna. In questo modo, nel rappresentare sensazioni estreme provate dall’animo, del Casal si appoggia alle analogie che può creare attraverso gli effetti della droga e, provati o meno dal poeta, anche se non si può avere una conferma biografica, sicuramente dimostrano una sua conoscenza profonda del campo. Allo stesso modo si può analizzare “La última ilusión” testo nel quale due amici si incontrano e discorrono sul cosiddetto “Mal de siglo”: Arsenio confessa a del Casal che il suo vuoto interiore è così forte da spingerlo al suicidio ma di essere troppo

106 Julián del Casal, Poesía completa y Prosa selecta. cit., p. 208.

107 Maupassant era un amante dell’etere e c’è chi imputa a questa dipendenza dell’artista le cause della

sua pazzia.

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debole per riuscire nell’intento perché teme il dolore; allora il poeta propone all’amico di partire per Parigi, consiglio che Arsenio rifiuta in quanto odia la Parigi sana e borghese, mentre ama:

el París raro, exótico, delicado, sensitivo, brillante y artificial; el París que busca sensaciones extrañas en el éter, la morfina y el haschich; el París de las mujeres de labios pintados y de cabelleras teñidas […]; el París teósofo, mago, satánico y ocultista; el París que visita en los hospitales al poeta Paul Verlaine; el París, que erige estatuas a Baudelaire y a Barbey de Aurevilly; el París que hizo la noche en el cerebro de Guy de Maupassant […]109.

Anche in questo caso etere, morfina e hashish sono menzionati quali elementi ben definiti di un contesto tipicamente bohémien parigino. Le sostanze non sono mai centrali, ma sempre componenti essenziali di un contesto estetico-letterario più ampio e indubbiamente decadente.

Nel 1890, infine, viene pubblicato ne La Discusión un articolo intitolato “Nanon”. In questo testo i morfinomani sono menzionati da del Casal per sottolineare, attraverso la comparazione, il desiderio di evasione dalla realtà che prova ardentemente il poeta nelle ore interminabili della domenica. La dinamica nei riferimenti rimane dunque la stessa, ma in questo articolo l’esperienza dell’autore è sicuramente più esplicita per il fatto che sta parlando di un’esperienza personale:

Durante las horas interminables del domingo, los nervios se estiran, el cerebro se ennegrece y la sensibilidad se exacerba. En ese día se comprende, mejor que en ningún otro, el placer de los morfinómanos. Hay alguna cosa abrumadora, esparcida en la atmósfera de las calles, que nos obliga a permanecer en la soledad de nuestra habitación, alejándonos de los espectáculos populares, donde se siente el contacto viscoso y se aspira el relente nauseabundo de las muchedumbres aglomeradas, empujadas y frotadas110.

In generale, dunque, risulta difficile riuscire a interpretare la relazione esistente tra del Casal e le sostanze stupefacenti, in quanto il poeta non si espone mai direttamente. Etere, morfina e hashish fanno parte del vocabolario casaliano, ma non

109 Ivi, p. 229. 110 Ivi, p. 73.

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sono mai fonte di riflessione per l’autore che invece li menziona sempre in rapporto a un’idea precisa, quasi a voler suggerire l’idea di affinità con questo mondo senza però esporsi troppo personalmente. A questo proposito, Francisco Morán sostiene che il poeta cubano lavori molto sulla costruzione della sua soggettività che riflette nella sua opera volutamente in modo ambiguo, dando forma così a quello che il critico definisce il “secreto” di del Casal. Secondo l’opinione di Morán si può parlare:

de una política del yo casaliano articulada en pliegues y repliegues del sujeto, es decir, como una refutación a dejarse retratar, o identificar – no aún por testino “oculare”- y, por lo tanto, involucrada en la producción de una identidad sospechosa. Pero la treta de Casal no consiste, sin embargo, en esconderse, sino más bien en

decir que se esconde, o sea, en proponerse a sí mismo como secreto, como desafío.

El misterio de Casal, su secreto, lejos de constituirse en un ocultamiento o negación del deseo, lo escenifica como un incesante parpadeo; busca llamar a la atención, encontrando así – en el acto mismo de retraerse- otra manera de mostrarse111.

Da tali presupposti, dunque, è chiaro il gioco che del Casal volutamente crea attorno a questo mondo di sostanze alteranti. Da amante della sensibilità decadente quale egli è, si appropria dell’immaginario letterario francese creatosi in relazione a queste sostanze usandolo a proprio vantaggio. Infatti è attraverso di esso che meglio si può esprimere la sua poetica tendente all’ensueño e all’illusione, la sua sensibilità di poeta moderno alla ricerca di qualsiasi metodo che gli permetta di evadere anche solo momentaneamente da quella realtà che l’opprime.

In conclusione, non si può indagare il rapporto diretto di del Casal con le sostanze stupefacenti, ma attraverso le testimonianze della sua opera si può intuire dai riferimenti che fa a queste sostanze un’affinità del poeta per questo mondo artificiale di evasione e d’illusione.

Al pari dei suoi amati autori francesi, egli esalta la potenzialità della droga nel dare al soggetto una momentanea sensazione di armonia interiore. Non teme l’artificiosità dei suoi effetti, in quanto il naturale non ha nulla di piacevole in del Casal. Infine, egli è ben consapevole che al tedium vitae non c’è risposta né via d’uscita e che quindi neanche queste sostanze possono essere la risposta definitiva per la pace

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interiore dell’uomo moderno. Esse sono solamente un’oscura gioia per l’uomo moderno affranto dalla vacuità della modernità.

2.3 “LA CANCIÓN DE LA MORFINA”

La canción de la morfina, pubblicata nel 1890 nella raccolta “Hojas al viento”,

rappresenta l’unica opera di del Casal dedicata esclusivamente ad una sostanza stupefacente.

Molti critici vedono in questa composizione una semplice riproduzione di motivi poetici legati alla passione che l’autore cubano nutriva per la poesia decadente francese, concepita come un’esperienza di lettura più che di vita:

en Casal la morfina se presenta a sí misma como “único bien” y no cabe en su canción espacio para sus sombras. Esa falta de complejidad de la experiencia narrada en el poema se alía con la posibilidad de que Casal no hablara de lo vivido sino de lo leído y a su vez asumido con frivolidad112.

Tale giudizio sull’opera potrebbe essere corretto anche se personalmente condivido l’opinione di Esperanza Figueroa che afferma come, al contrario, “la frivolidad del metro y el cascabeleo de la rima hacen sospechar una ironía compasiva” 113, anche se questa interpretazione non può essere precisata.

È certo, però, che la composizione riprenda il famoso poema Le Poison di Baudelaire, testo dedicato all’attrice Marie Daunbrun nel quale il poeta francese descrive i piaceri del vino e dell’oppio per creare una comparazione con gli occhi e i baci della donna.

Il poeta francese afferma che queste sostanze permettono al suo cuore di sentire i suoi desideri pienamente appagati, ma l’effetto che gli occhi della donna hanno sul poeta è così intenso che cattura pienamente la volontà del poeta, disposto a morire pur di ricevere quegli sguardi e quei baci114. Nella poesia Baudelaire esalta le

112 M. Herrera Gil, Las drogas en el immaginario de los modernistas hispanoamericanos, cit., p. 118. 113Julián del Casal, Poesías completas y pequeños poemas en prosa en orden cronológico, cit., p. 148. 114 “Tout cela ne vaut pas le poison qui découle

de tes yeux, de tes yeux verts,

lacs où mon ame tremble er se voit à l’envers…

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proprietà di sostanze alteranti quali il vino e l’oppio, descrivendo i loro effetti e la sensazione di appagamento che danno all’animo del poeta, ma allo stesso tempo chiama questi piaceri “veleno” che conducono l’uomo alla morte. Analogamente, del Casal riprende la struttura elegiaca e il tema della morte distaccandosi però da Baudelaire, in quanto nella sua canción la sostanza è esaltata quale unico bene (medicina, dunque, non veleno), capace di accompagnare dolcemente l’animo del poeta verso la morte tanto desiderata.

La canción de la morfina è una composizione formata da quartine assonanti, nelle

quali è la morfina stessa,e non il poeta, a presentarsi ed esaltare le sue qualità al lettore. Le persone alle quali l’io-poetico si rivolge sono gli “amantes de la quimera” 115, ovvero coloro che desiderano evadere dalla realtà e rifugiarsi in paradisi

artificiali fatti di sogni e d’illusioni. Per questi animi, oppressi dall’esistenza che si sentono costretti a vivere, la morfina può essere solo una cura o un rimedio poiché in loro c’è un completo rifiuto della realtà e un arrendevole desiderio di morte. Nella poesia la sostanza si fa portavoce di una felicità dichiaratamente artificiale, pur presentandola allo stesso tempo come veritiera, in quanto è l’unica forma di felicità raggiungibile in vita per coloro che condividono la sensibilità decadente di del Casal.

Amantes de la quimera, Yo calmaré vuestro mal: Soy la dicha artificial, Que es la dicha verdadera116.

Del Casal, cedendo la parola alla morfina, attiva un abile meccanismo che gli permette di perseguire quel suo gioco letterario definito da Moran come il “secreto” del poeta. L’autore, in questo modo, si nasconde dietro la voce della sostanza evitando di esprimere un’opinione personale o di introdursi in un campo nel quale non ha una solida esperienza. Ciò che consente questa particolare scelta è la

Tout cela ne vaut pas la terrible prodige de ta salive qui mord,

Qui plonge dans l’oubli mo name sans remords, et, charriant le vertige,

la roule défaillante aux rives de la mort!”

Charles Baudelaire, I fiori del male, Feltrinelli Editore, Milano, 2007, p. 114.

115 Julián del Casal, Poesía completa y prosa selecta, cit., p. 92. 116 Ibidem

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possibilità di trasmettere al lettore la sensazione di inerme arrendevolezza percepita da tutti coloro che preferiscono le chimere alla realtà. È l’ebbrezza estrema che parla, quella a cui solo l’animo più disilluso si può aggrappare, poiché solo chi non vede più speranze nella vita reale si può lasciare andare con piacere agli effetti della morfina. In questo modo, del Casal riesce a trasmettere al lettore la sensazione di estremo dolore che porta il poeta a preferire l’illusione alla realtà, confermando la preponderanza dell’artificiale sul naturale presente in tutta l’opera casaliana. Come afferma Herrera Gil: “La extrema frivolidad del poema no hace sino convencer al lector de que un profundo dolor, nada superficial, late debajo de sus versos” 117. Dunque, confermando ciò che suggerisce Morán, del Casal nell’atto stesso di nascondersi, o di ritirarsi, trova un modo differente di mostrarsi, riuscendo, in tal modo, a comunicare intensamente il suo essere e le sue emozioni.

Isis que rasga su velo Polvoreado de diamantes Ante los ojos amantes Donde fulgura el anhelo; Encantadora sirena Que atrae, con su canción, Hacia la oculta región En que fallece la pena; Bálsamo que cicatriza Los labios de abierta llaga; Astro que nunca se apaga Bajo su helada ceniza; Roja columna de fuego Que guía al mortal perdido, Hasta el país prometido Del que no retorna luego118.

117 M. Herrera Gil, Literatura drogada en español (4). Julián del Casal., web: http://cvc.cervantes.es/el_rinconete/anteriores/octubre_13/14102013_01.htm.

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In questi versi la morfina viene paragonata ad alcuni simboli mitologici, primo fra tutti alla divinità egiziana Iside, dea della fertilità e della magia occulta. In seguito, impersonata dalle sirene d’Ulisse, incanta gli uomini e li attrae nel suo mondo d’illusioni, un luogo misterioso nel quale le pene scompaiono. Il suo potere viene detto quello di un balsamo magico che cura tutte le ferite. La sua luce è paragonata a quella di una stella che non si spegne mai; è una rossa colonna di fuoco che guida l’uomo disilluso verso l’aldilà, unico luogo di pace e serenità.

La morte è qui descritta come una terra promessa, come un luogo verso il quale ogni amante delle chimere tende perché attratto dal sublime desiderio di evadere le sofferenze della vita. Per l’uomo che è spinto da tali desideri, la morfina è lo strumento ideale, in quanto attraverso i suoi doni accompagna dolcemente l’uomo verso l’unico luogo nel quale è possibile non soffrire più.

L’animo più decadente e fatalista di del Casal risuona tra le righe di questo poema, presentando la morte come unica via di salvezza. La morfina, dunque, non riveste il ruolo di rimedio definitivo, quanto piuttosto di sedativo della vita che con le sue immagini di piaceri allieta la sofferenza del soggetto conducendolo dolcemente verso l’unico destino che gli possa essere realmente gradito.

Tengo las áureas escalas De las celestes regiones; doy al cuerpo sensaciones; presto al espíritu alas. Percibe el cuerpo dormido Por mi mágico sopor, sonidos en el color, color en el sonido.

Puedo hacer en un instante Con mi poder sobrehumano, de cada gota un océano, de cada guija un diamante. Ante la mirafa fría

Del que codicia un tesoro, vierte cascadas de oro,

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Ante los bardos sensuales De loca imaginación, abro la regia mansión, de los goces orientale, donde odaliscas hermosas de róseos cuerpos livianos cíñenle, con blancas manos, frescas coronas de rosas y alazan un himno sonoro entre el humo perfumado que exhala el ámbar quemado en pebeteros de oro119.

La morfina, io-poetico del testo, continua decantando i suoi effetti benefici: al corpo, sopito dagli effetti, dona estreme sensazioni di pace, mentre allo spirito dà le ali perché questo possa giungere agli estremi della spiritualità. Il suo potere è così grande che provoca nell’uomo sensazioni sinestetiche, nelle quali i colori si confondono con i suoni e i suoni nei colori. Esalta i desideri dei cuori umani e, in questo modo, l’ambizioso da una goccia d’acqua riceverà golfi di pietre preziose, mentre il lussurioso potrà perdersi nei fumi dei paradisi orientali e nelle danze sensuali delle odalische. Sostanzialmente, del Casal riassume in pochi versi i temi principali della letteratura drogata: l’assopimento del corpo, l’alterazione della percezione spazio-temporale, la facoltà di ricreare immagini suggestive in base alla mente di chi le pensa (un allevatore di buoi continuerà a sognare buoi, diceva De Quincey120) e, infine, l’Oriente e i suoi piaceri sensuali. Il poeta cubano, tuttavia, affronta con superficialità ciascuno di questi temi, rimanendo ancorato a un immaginario letterario già ben definito e non apportando elementi originali dati dalla sua esperienza. Fatto che ha supportato la teoria della pose letteraria di del Casal da

119 Ivi, pp. 92-93.

120 Thomas De Quincey, Confessioni di un oppiomane, Einaudi, Milano 1979, p. 6: “Se un uomo che

si occupa di buoi dovesse darsi all’oppio –afferma De Quincey – è molto probabile che, se non fosse troppo ottuso per sognare affatto, sognerebbe di buoi: laddove nel caso presente il lettore troverà che l’oppiomane si vanta di essere un filosofo”.

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parte di più critici che, come Enrique José Varona121, credono che la scelta di motivi poetici come quelli presenti in questa canción dipendano fondamentalmente dalla passione di del Casal per la letteratura decadente francese. Tuttavia, questo giudizio rimane superficiale in quanto si limita ad osservare la poesia del poeta cubano solo come semplice imitazione di canoni esteriori ed esotici. Non contempla in esso una reale appropriazione dei temi e della sensibilità decadente da parte di del Casal in un’ottica cosmopolita dell’arte e della modernità per l’artista.

L’utilizzo di temi ed elementi tipicamente decadenti o simbolisti non si consuma nel poeta cubano in una semplice imitazione, ma in questi trovano risposta i suoi bisogni estetici e letterari. Così del Casal si avvicina al mondo delle sostanze stupefacenti perché attraverso di esse gli è concesso esprimere una sensibilità profonda d’insofferenza. Al pari di altri suoi testi nei quali il riferimento alla droga è in realtà un espediente per esprimere sensazioni estreme, anche in questo caso dietro all’elogio della morfina e dei suoi effetti si cela, in realtà, la volontà di esprimere una sensazione profonda come il desiderio di morire. Dopotutto Casal è un decadente e nella sua poetica esprime la disposizione d’animo estrema di questo movimento che consiste nella “renuncia, el abandono, la deserción, el triunfo de un sentimento de fin, de fatalidad y de muerte” 122.

Quien me ha probado una vez Nunca me abandonará. ¿Qué otra embriaguez hallará Superior a mi embriaguez? Tanto mi poder abarca, Que conmigo han olvidado,

121 Mi riferisco in particolar modo alla recensione di Varona sulla raccolta poetica Hojas al viento di

del Casal pubblicata nel 1890. Il critico definisce del Casal come un poeta estraneo alla letteratura nazionale, il cui peccato è quello di essere un imitatore di figure e temi lontani, insolite per il contesto cubano. Varona riconosce la bellezza dei versi del poeta, ma allo stesso tempo non può non condannarlo per il suo apparente distacco dalle questioni socio-politiche di una Cuba che lotta per la sua indipendenza. Dopotutto Varona, così come altri critici, Céspedes, Diego Vincente Tejera, Sellén o Manuel Sanguily , rimangono ancorati a una letteratura di stampo coloniale che non comprende le nuove aperture moderniste e, per lo stesso motivo, non permette loro di interpretare queste poesie nella direzione più giusta e completa.

122 Luis Antonio de Villena, El camino simbolista de Julian del Casal, Primavera, Inti 7, 1978, pp. 35-

75 Su miseria el desdichado,

Y su opulencia el monarca. Yo venzo a la realidad, Ilumino el negro arcano Y hago del dolor humano Dulce voluptuosidad. Yo soy el único bien

Que nunca engendró el hastío. ¡Nada iguala el poder mío! ¡Dentro de mí hay un Edén! Y ofrezco al mortal deseo Del ser que hirió ruda suerte, Con la calma de la Muerte, La dulzura del Leteo123.

Nella seconda parte di questa poesia, la voce della morfina si fa ancora più

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