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IL TESTO DROGATO NELLA LETTERATURA ISPANOAMERICANA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN

LINGUE E LETTERATURE MODERNE

EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Il testo drogato nella letteratura ispanoamericana

tra Ottocento e Novecento

CANDIDATO

RELATORE

Giulia de Giusti

Chiar.mo Prof. Alessandra Ghezzani

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INDICE

INTRODUZIONE 1

PRIMA PARTE

1. IL TESTO DROGATO 3

1.1 LA POETICA DEL TESTO DROGATO 6

1.2 LE TEMATICHE DEL TESTO DROGATO 10

1.3 LA PRAGMATICA DEL TESTO DROGATO 13

2. LA MODERNIZZAZIONE LETTERARIA

LATINOAMERICANA 16

2.1 L’ARTISTA MODERNO 19

2.2 LA CORRELAZIONE TRA LETTERATURA E

DROGA 25

SECONDA PARTE

1. JOSÈ MARTÍ 33

1.1 Martí e l’articolata opinione sulle droghe 39

1.2 “Hashish” 46

2. JULIÁN DEL CASAL 58

2.1 La pose della droga 61

2.2 “La canción de la morfina” 69

3. JOSÉ ASUNCIÓN SILVA 79

3.1 L’interesse medico e farmacologico 82

3.2 “Cápsulas” 83

3.3 “De Sobremesa” 87

4. RUBÈN DARÍO 99

4.1 “El humo de la pipa” 104

4.2 “La pesadilla de Honorio” 111

4.3 “Cuento de Pascuas” 116

4.4 “Huitzilopoxtli” 122

4.5 La ricerca dell’unità 125

5. JULIO HERRERA Y REISSIG 127

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5.2 “Aguas del Aqueronte” 149

5.3 Le sostanze stupefacenti e la percezione dell’infinito 155

BIBLIOGRAFIA 158

RINGRAZIAMENTI 163

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INTRODUZIONE

La droga provoca la visión de la correspondencia universal, suscita la analogía, pone en movimento a los objetos, hace del mundo un vasto poema hecho de ritmos y rimas. La droga arranca el paciente de la realidad cotidiana, enmaraña nuestra percepción, altera las sensaciones y, en fin, pone en entredicho al universo. Esta ruptura con el exterior sólo es una fase preliminar; con la misma implacable suavidad la droga nos introduce en el interior de la realidad. El mundo no ha cmabiado, pero ahora lo vemos regido por una armonía secreta.

[Octavio Paz, Corriente Alterna] Oppio, hashish, morfina, etere, bromuro e moltre altre sostanze stupefacenti cominciano ad apparire sempre più frequentemente nelle narrazioni e nelle poesie dei testi letterari a partire dal XIX secolo. Molte di queste sostanze esistono e vengono utilizzate da vari secoli, eppure solo con l’avvento della modernità acquisiscono un’importanza particolare che si rifletterà nella letteratura del tempo determinando una nuova tematica. A partire dalle Confessions of an English oppium-eater di Thomas De Quincey si sviluppa un interesse intellettuale verso le potenzialità delle sostanze stupefacenti. La sperimentazione perseverante, figlia della modernità, porta gli artisti ad aprirsi verso questo mondo di percezioni alterate. In modi differenti scrittori ed artisti cominciano a parlare di droga: il tema diventa una costante se non addirittura il soggetto letterario del testo stesso.

Cosa porta gli artisti ad avvicinarsi alle sostanze stupefacenti nel XIX secolo? Che significato assume questa pratica? Come si inserisce nel contesto letterario tra fine Ottocento ed inizio Novecento?

Queste sono le principali domande e curiosità che hanno portato alla stesura di questa tesi. La passione per la letteratura ispanoamericana e la curiosità verso un momento storico che sarà determinante per lo sviluppo di una cultura originale ed indipendente hanno delineato lo spazio d’indagine.

La tesi si struttura, pertanto, in due parti: la prima si occupa di spiegare, innanzitutto, che cosa si intende per testo drogato e quali siano le sue caratteristiche principali; mentre in seconda istanza, offre un quadro d’insieme dell’artista nella modernità e cerca di determinare i motivi e le ragioni che hanno portato gli scrittori ad utilizzare queste sostanze alteranti. La seconda parte analizza i testi drogati di cinque autori

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fondamentali della letteratura ispanoamericana tra Ottocento e Novecento ed indaga il tipo di relazione e il significato che questi scrittori affidano alle sostanze stupefacenti. Il rivoluzionario José Martí, i decadenti Julián del Casal e José Asunción Silva, il maestro Rubén Darío oppure l’eccentrico Julio Herrera y Reissig sono gli autori considerati in questo lavoro. Ognuno di loro dedica poesie o narrazioni ai paradisi artificiali, introducendo questo tema nell’insieme della loro opera. Attraverso questa prospettiva marginale, e spesso non indagata dalla teoria della letteratura, è possibile addentrarsi ancora più approfonditamente nel sentire poetico di questi autori; carpire le paure e i desideri più reconditi, esplorare il loro mondo interiore diventato visione allegorica, fantasmagoria, evasione esotica, percorso di morte e resurrezione. Poiché, come afferma Alina Clej:

intoxication, whether in its strict medical sense or in its less tecnical meaning (“strong excitement,” “trance,” “ecstasy”), is central to the ways in which modernity, particularly literary modernity, functions and defines itself1.

L’ebbrezza offre al soggetto stati di frenesia o di alienazione, di piacere o di dolore; stimola ma allo stesso tempo confonde la percezione del presente; offre un nuovo contatto con la realtà, rivelando un’armonia segreta sempre più recondita nell’individualismo della modernità;espone l’Io ad una immaginaria e momentanea perdita di se stesso che permette al soggetto di mettere in scena un infinito dramma di morte e resurrezione. L’individuo decide di distaccarsi dalla realtà sociale per evadere in una realtà individuale ed interiore, percepita però come essenza di un valore che si sta dissolvendo nella modernitò. Per questo, in uno sguardo più ampio della problematica, essa si configura come un atto sociale emblematico: non solo una pratica letteraria trasgressiva, ma anche una sorta di immaginaria riconciliazione del soggetto con la realtà dall’alienante contesto della società moderna. In altre parole, l’ebbrezza è un gesto anticonformista che non punta a sovvertire o trascendere l’ordine sociale, bensì a risaltare le crepe e le insensatezze della realtà moderna attraverso un atteggiamento di trasgressione delle norme prestabilite. Ognuna di queste sensazioni e contraddizioni si ritroveranno all’interno dei testi drogati degli autori presenti in questa tesi.

1 A. Clej, A genealogy of modern self. Thomas De Quincey and the intoxication of writing, Standford

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I PARTE

1. IL TESTO DROGATO

Con le Confessions of an English Oppium-Eater di Thomas De Quincey e successivamente Les Paradis artificiel di Charles Baudelaire si inaugura una moda letteraria che, marginalmente ma con costanza, farà notare la sua presenza nella modernità, momento storico nel quale si sviluppa. Si tratta essenzialmente di testi la cui costante tematica è quella del riferimento o richiamo a una sostanza stupefacente (come oppio, hashish, morfina, cocaina..). Sebbene questo filone della letteratura sia ormai riconosciuto e spesso denominato literature of adiction, ovvero letteratura della dipendenza2, pochi sono gli studi di letteratura che ad oggi si siano cimentati nell’elaborare una teorizzazione definitiva di questa particolare tendenza letteraria. Gli studi di Max Milner3 e Alberto Castoldi4 rappresentano le uniche eccezioni alle quali si riconosce il merito di aver cercato di indagare criticamente un campo così problematico come è quello dei testi caratterizzati da questo particolare tipo di tematica. In questi lavori, oltre a stabilire una ricorrente fenomenologia del testo drogato (riscontrabile, secondo Castoldi, nella frammentarietà del discorso, nell’enunciazione metonimica, nell’enfasi descrittiva e nella commistione di elementi fantastici, assurdi, ed elementi realistici senza alcuna transizione), si osserva una frequenza di temi che permette agli autori di delineare un immaginario legato alle sostanze stupefacenti e alla loro relazione con la letteratura del momento. Tuttavia, entrambi gli autori mancano di specificità nel motivare le cause che hanno portato all’apparizione di questa tendenza letteraria. Questione non di minore importanza, in quanto non può essere un caso che si sia manifestata con gli albori della modernità e che da essa abbia sempre nutrito la sostanza che giustifica e valorizza, non solo il gesto di fare uso di sostanze stupefacenti, ma anche, se non soprattutto, la scelta di sublimare questo gesto in arte.

2 Letteratura della dipendenza, con un chiaro riferimento al rapporto di dipendenza da sostanze

alteranti e stupefacenti da parte degli autori, è una traduzione letterale della quale mi servo per denominare questa tradizione, assieme alla traduzione libera “letteratura drogata”.

3 Max Milner, L’imaginaire des drogues: de Thomas De Quincey à Henri Michaux, Gallimard, Parigi

2000.

4 Alberto Castoldi, Il testo drogato. Letteratura e droga tra Ottocento e Novecento, Giulia Einaudi

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Il testo drogato affronta al suo interno temi, immagini, messaggi e strutture che sono espressione propria di una determinata cultura moderna ma, essendo un testo che parla di sostanze stupefacenti (decantandone le loro qualità capaci di mettere in contatto l’uomo con una sfera di valori opposti a quelli della realtà sociale) finisce per offrire un’ulteriore ed interessante prospettiva d’indagine. Il ricorrere alle droghe, infatti, è per gli intellettuali un atteggiamento dai molteplici significati che in campo creativo, sociale e politico assume contenuti ben precisi. Ad ogni modo, prima di indagare questi elementi, è giusto offrire innanzitutto una spiegazione più completa di che cosa si possa definire testo drogato.

Castoldi offre una definizione generale del concetto che sta alla base dell’analisi del suo lavoro, definendo il testo drogato un testo letterario che produce un discorso intellettuale sulla droga o su una esperienza drogata, senza però soffermarsi sulle molteplici relazioni che si possono creare tra sostanza stupefacente e discorso letterario da essa evocato. Il rapporto che si viene ad instaurare tra esperienza alterata e scrittura può essere infatti differente, sviluppando caratteristiche secondarie molto diverse tra di loro. Il testo drogato potrà essere il risultato diretto di una scrittura sotto influenza di una sostanza stupefacente, fedele riflesso del pensiero alterato del soggetto che lo produce, oppure discorso letterario che imita e riproduce a posteriori le alterazioni del pensiero e della coscienza in un’esperienza drogata, introducendo il testo nel terreno della finzione e dell’elaborazione letteraria. Una terza possibilità, inoltre, è rappresentata dall’inserimento della sostanza stupefacente come oggetto principale della narrazione, distanziandosi però dalla descrizione dell’esperienza di per sé nell’atto della sua verbalizzazione. Condizione, questa, che vede in questi testi più che una narrativa della droga, una narrativa sulla droga. Infine, esistono testi nei quali l’esperienza alterata si rivela criptata, in quanto in apparenza la scrittura risulta convenzionale ma al suo interno si trovano riferimenti impliciti alle sostanze stupefacenti.

Ciò che alle volte rende questa differenziazione confusa o poco delimitata è l’impossibilità di poter verificare quale sia il reale rapporto tra la composizione di questi testi drogati e la realtà della loro enunciazione. In altre parole, non si può provare se l’autore del testo abbia consumato o meno sostanze stupefacenti prima di comporlo, così come non si può dimostrare se ciò a cui si conforma il testo è il reale

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ricordo di una esperienza di alterazione della coscienza. Allo stesso modo, il fatto che un testo sia riconosciuto esplicitamente quale risultato di un’esperienza alterata non garantisce tuttavia che tale sia la condizione reale di elaborazione, complicando ancora di più la questione. Ad ogni modo, la base empirica (la preesistenza di una vera esperienza alterata) è priva d’importanza in quanto il centro focale interpretativo di questa testualità si deve basare sull’analisi dell’elaborazione verbale, estetica e letteraria che si produce a partire da questa realtà anteriormente presunta, presupposta o dichiarata. Infatti, i testi riconducibili a questa tematica non pretendono di articolare un discorso che tratti di droghe ma dell’universo della droga e della sua corrispondente rappresentazione. In questo senso, come afferma Germán Labrador Méndez:

el texto drogado sería aquel texto poético o narrativo cuyo discurso se ve transpirado por la presencia de un fármaco psicoactivo, como marco narrativo, como sistema retórico y metafórico o como argumento o eje casual en su construcción5.

All’interno di questa tradizione si può individuare una relazione tra la sostanza stupefacente e la sua enunciazione letteraria mediante quattro modalità. La più comune consiste nel “viaggio allucinato”, ovvero nella narrazione, spesso poetica, di un’esperienza concreta o di una visione avuta sotto effetto di una qualsiasi sostanza stupefacente; condizione che, ad esempio, può essere riscontrata ne La torre de las

esfinges di Julio Herrera y Reissig. Altra soluzione letteraria è l’elogio, ovvero la

testimonianza letteraria che esalta le virtù di una determinata droga, elencandone i suoi effetti e le sue qualità come si potrà osservare ne La canción de la morfina di Julián Del Casal. L’allucinazione profetica, inoltre, è un’enunciazione minoritaria che spesso può rivelarsi nei testi drogati in quanto gli autori, dalla trascrizione allegorica di un’esperienza drogata, ricavano gli elementi per presentare una visione utopica o distopica della realtà; come nel caso particolare di Cuento de Pascua di Rubén Darío dove il soggetto, sotto influsso di una sostanza alterata, presenzia a una visione rivelatrice di una profezia di speranza. Infine, si trova il romanzo drogato nel quale la sostanza stupefacente gioca il ruolo di filo conduttore o ratio ultima della narrazione, sia da una prospettiva realista, documentale che da una allegorica o

5 Germán Labrador Méndez, Letras arrebatadas: Poesía y química en la transición española, Devenir

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metaforica. Il romanzo De Sobremesa di José Asunción Silva è un esempio di questo tipo di narrazione.

1.1 LA POETICA DEL TESTO DROGATO

Uno degli elementi fondamentali che rende esplicita la presenza della sostanza stupefacente all’interno dei testi è ovviamente la sua menzione, tuttavia, in questa letteratura, spesso si è sviluppato un lessico ermeneutico che non rende immediato questo tipo di collegamento. Ovvero, soprattutto nella poesia, si ripetono epiteti o perifrasi che volutamente si riferiscono in modo implicito alla sostanza. Dopotutto, il testo drogato si inserisce in una poetica innovativa in seno alla quale si sviluppano tradizioni letterarie come il decadentismo, il simbolismo, i modernismi e le avanguardie. Con queste condivide uno specifico universo semantico e linguistico che rende complicato determinare una sua originale specificità. Ciò nonostante, il fatto che ogni sostanza alterante agisca sul nostro corpo e sulla nostra mente riproducendo alcuni elementi che sono comuni ad ogni soggetto (distensione del tempo e dello spazio, esaltazione dei colori, sensazioni armoniche, per citarne alcuni), ha reso possibile che si determinasse una produzione di nessi lessicali, simbolici e metaforici distinguibili per la loro particolarità e parificabili proprio per il fatto che si sviluppano in seno a una determinata consapevolezza sulla realtà sociale. In questo senso è possibile identificare all’interno dei testi drogati un proprio inventario di costruzioni lessicali e metaforiche, di correlativi oggettivi che aiutano ad individuare un diretto richiamo alle sostanze stupefacenti e ai loro effetti.

Tra i campi semantici frequentemente associati alla droga si incontra prima di tutto il chimico: veleno, ampolla, elisir sono alcuni tra i vocaboli utilizzati per fare riferimento a una qualsiasi sostanza alterante. Un richiamo al mondo vegetale è particolarmente presente nelle letterature di questo periodo, ma in relazione alla droga si inseriscono piante come la mandragora, il fiore di loto, le gemme, i funghi o il papavero. Inoltre, sono spesso presenti riferimenti alla tecnologia, come lanterne magiche e caleidoscopi che riprendono l’idea della riproduzione di immagini oniriche oppure di sequenza di figure geometriche e colori vivaci (effetti condivisi nell’esperienze con sostante stupefacenti). Le strutture architettoniche, invece,

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diventano emblema delle strutture della mente: scale contorte, gradini infiniti, costruzioni che sfidano le leggi della fisica. Mentre, la fisionomia umana è spesso richiamata nella frammentazione delle sue parti o in una sequenzialità di volti e figure emblematiche che occupano il proscenio del soggetto alterato. Nel particolare caso del campo atmosferico la nebbia, il fumo o, contrariamente, la luce bianca irreale richiamano volutamente percezioni di offuscamento o di illuminazione particolare date dagli effetti delle diverse sostanze. Oltre a ciò la mitologia, nonostante sia una tematica condivisa dei testi a cavallo tra il XIX e XX secolo, è ripresa in questi testi per quanto concerne figure che richiamano volutamente l’attrazione verso un mondo di sogni e di pericoli; per questo motivo Morfeo o le sirene d’Ulisse sono tra le figure più riscontrabili e riconducibili alle sostanze stupefacenti. Infine, in questi testi il religioso incontra l’esotico e in questo modo si parla di paradisi artificiali, di illuminazioni profane, di estasi e di nirvana, appellativi indice di un tipo di trascendenza individuale propria dell’esperienza alterata e particolarmente affine alle dottrine orientali. Alle volte anche l’aggettivazione è oggetto di codificazioni e frequentemente sono le tonalità cromatiche ad essere associate a determinate droghe, così il verde è spesso connesso all’assenzio o alla morfina e l’ azzurro o il nero all’oppio. Inoltre, alcuni aggettivi riprendono l’effetto dato dalle sostanze arricchendo la narrazione di attributi che riprendono lo stato di eccitazione della mente o torpore del corpo (sedato, alterato, narcotizzato, dormiente, che fa cantare).

L’utilizzo codificato di questi termini non è l’unico elemento caratteristico del lessico dei testi drogati che spesso si trova arricchito da onomatopee, neologismi o frammentazione/trasformazione di parole esistenti. Questa trasformazione del linguaggio avrà i suoi effetti anche nell’ordine sintattico dell’enunciazione che suole frammentarsi e perdere l’ordine logico e ordinario della metrica per adattarsi a una trascrizione di un’esperienza al di fuori del comune. Senza dubbio, però, sarà la sinestesia la figura retorica che fin da subito caratterizza i testi drogati. Infatti, la combinazione delle percezioni e l’alterazione dei sensi sta alla base dell’esperienza con sostanze stupefacenti, rendendo questa figura retorica l’ideale traduzione linguistica di un’esperienza empirica. Tali trasformazioni ed innovazioni del linguaggio fanno parte di un processo di rinnovamento che affronta una chiara

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necessità letteraria e linguistica del momento, pertanto non sono prerogativa dei soli testi drogati. Ciò nonostante, non si può tralasciare l’effettiva influenza che l’esperienza con le sostanze stupefacenti ha avuto nel stimolare questo tipo di ricerca linguistica. In questo senso Aletha Hayter afferma:

There is not much positive evidence on whether synaestesia –that exchange of sense perceptions, by which colors are heard and smelt and sounds are seen and tasted, which was so dear to German and French nineteenth-century writers- can be induced by opium. But a good deal has been written on the question whether, at least in the early stages of addiction which I am now describing, the objects perceived by the senses are totally misreported by the brain, so as to cause hallucinations, or whether the mind under opium is a distorting mirror but one still reflecting reality. The contact with the external world is certainly attenuated during opium reveries; sudden stimuli may still violently shock the addict objects close at hand may be seen with painful distinctness, but general awareness of the outside world is lessened6.

In questo senso, nonostante il rinnovamento del linguaggio e delle strutture di enunciazione sia un interesse sicuramente condiviso da tutte le letterature del momento, si può intuire quanto sia stata determinante l’esperienza con sostanze stupefacenti per stimolare questa ricerca. Infatti, l’esigenza di tradurre in parole un’esperienza estatica ed ultrareale non permette di fare affidamento sul linguaggio tradizionale, obbligando gli scrittori a ricercare nuovi metodi di comunicazione. Un esempio della difficoltà incontrata dai primi autori che si cimentarono nella trascrizione letteraria di queste esperienze è dato dalla presenza di stratagemmi e formule all’interno dei testi alle quali lo scrittore è costretto a ricorrere, ammettendo il fallimento del linguaggio e la sua incapacità di spiegare il vissuto; come ad esempio nel caso di José Martí, il quale nella sua poesia Hashish descrive in questo modo l’esperienza provata: “yo lo he sabido/ en un arrobamiento luminoso/extra-tierra, extra-humano, extra-vivido”7. In questo senso si può affermare che l’esperienza drogata abbia collaborato con la necessità di trovare un linguaggio innovativo che potesse esprimere tutti i cambiamenti introdotti dalla modernità: velocità, massificazione, solitudine, incongruenze, novità, cosmopolitismo.

6 Aletha Hayter Opium and the Romantic Imagination, Faber & Faber, 2015, p. 45.

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L’alterazione della percezione del tempo e dello spazio è un’altra caratteristica determinante della poetica del testo drogato, come afferma anche Castoldi:

Il dato maggiormente ricorrente è l’alterazione delle percezioni spazio-temporali che si traducono essenzialmente in una dilatazione dello spazio e un annullamento dello scorrere del tempo così da suscitare una sensazione d’infinito, come spazio indeterminato, che invece di ingenerare sgomento si fa aspirazione cui tendere8. Le percezioni provate sotto influsso di sostanze stupefacenti si legano a una ricerca di evasione da parte dell’artista. Infatti, permettono una negazione della realtà oggettiva nel quale si vive, creando un tempo e uno spazio soggettivo ed autonomo che si pone in una condizione contrastante con quello ordinario, indice di una complessa relazione del soggetto con la realtà in cui vive.

Nel testo, le relazioni del discorso letterario con il tempo si modificano sensibilmente per mezzo di elissi e di proiezioni continue, mentre gli spazi si soggettivizzano e perdono consistenza fisica, inserendo il testo in una sorta di universo quantico nel quale le barriere architettoniche si sospendono momentaneamente. In questo mondo di percezioni alterate la logica del reale viene abolita, cedendo spazio all’illusione come elemento costituente della realtà del soggetto. La presenza del sovrannaturale, l’apparizione del meraviglioso, dello straordinario così come del mostruoso diventano in questo modo parte di una realtà più ampia all’interno della quale prende forma l’allucinazione e la sua interpretazione. Ma a differenza del genere fantastico, qui il sovrannaturale è sempre indice ed emblema di una realtà interiore; il testo drogato non offre realtà fantastiche ed inesistenti, ma allegorie visionarie di realtà e mondi interiori. Per questo motivo, il lettore iniziato alla poetica del testo drogato, non è solamente posto davanti a una logica decostruente, ma spronato a interpretarne il suo significato psicologico.

Pertanto, l’esperienza di alterazione delle percezioni del tempo e dello spazio si definisce come possibilità di vivere una realtà individuale che annulla l’oggettivazione del reale creandone una psicologica e personale opposta a quella ordinaria. Se si pensa che gli artisti di questo periodo storico negano la volgarità che circonda loro e si oppongono alla realtà sociale (non naturale) contemporanea, si può

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comprendere come questa possibilità di evasione al di fuori del tempo e dello spazio, senza per questo rifugiarsi in un universo di illusioni, ma di realtà dell’anima, sia essenziale nel partecipare a una determinata costruzione di un’estetica.

In conclusione l’esperienza drogata introduce nella narrativa del momento essenziali processi di costruzione logica e semantica che rinnovano il linguaggio e partecipano a una trasformazione di questo. I correlativi lessicali dell’esperienza con sostanze stupefacenti si fanno sempre più precisi e individuabili, creando, tra gli iniziati a questo mondo di sostanze alteranti, una sorta di codice linguistico capace di comunicare indirettamente al lettore sensazioni che richiamano la particolarità di questa esperienza e delle sua motivazioni.

1.2 LE TEMATICHE DEL TESTO DROGATO

In prima istanza, il lessico che determina quasi completamente la retorica dei testi drogati è quello relativo al viaggio. Secondo quanto afferma Escohotado: “tras la senda abierta por Coleridge se inaugura un género literario específico que es el del viaje interior – la excursión psíquica propiciada por algún psicofármaco distinto del alcohol-”9. In questo modo, in parallelo alle descrizioni di viaggi e alle cronache delle esplorazioni geografiche, sorgerà nel XIX secolo una narrativa che trasmette un altro tipo di avventure e di geografie limitrofe. Una narrativa che racconta del’esplorazione dell’Io, degli abissi del mondo interiore, delle dimensioni sconosciute della realtà; di questi nuovi spazi ne fa la base di una nuova materia letteraria.

Il soggetto letterario che si presta a un’esperienza alterante si vede trasportare verso un oltre geografico dove il quotidiano e il reale vengono abbandonati per fare spazio a una nuova dimensione di realtà che diventa di principale interesse nella descrizione narrativa di questi testi. Pertanto, l’esplorazione di mondi lontani ed esotici oppure di mondi fantastici, di territori inesistenti o di città invisibili è un espediente propri alle letterature di questo periodo storico, ma che nel caso particolare del testo drogato assume il valore di essere figura allegoriche di un’esplorazione interiore. In altre

9 Antonio Escohotado, Historia general de las drogas:includendo el apéndice Fenomenología de las

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parole, evasione, esotismo, fantastico, sono pretesti letterari condivisi che all’interno della letteratura drogata, non solo criticano la realtà sociale, ma assumono il significato ulteriore d’interpretazione del mondo interiore del soggetto.

In questa esplorazione spesso l’estasi dell’esperienza psicotropa si verbalizza nel lessico del celestiale e del divino che trasmette un desiderio comune del poeta moderno di accedere a una nuova spiritualità. In questo stato intermedio, offerto dagli effetti della sostanza stupefacente, il soggetto si lascia trascinare da atmosfere estatiche che lo trasportano in un riposo che si dice anticipo dell’eternità e che sospende le frontiere tra l’io e il mondo. Tuttavia, l’artificiosità dell’esperienza alterante, conduce il soggetto a una contrapposizione interna d’istinti subliminali, a una coscienza dei limiti che queste sensazioni offrono, portando intellettuali ed artisti a dubitare e a segnalare la controparte negativa di tale esperienza che, come spiega Labrador Mendéz:

bajo la ilusión de control de la sentimentalidad y remedio de los males del espíritu humano, se encontraba un veneno que trasladaba la dependencia; y así denuncian cómo la promesa de liberar el alma de las limitaciones del mundo la encerraba en una temporalidad más exigente y despótica que acababa por eliminar la realidad y costituirse como única realidad posible10.

Questa dicotomia di dolore-piacere, paradiso-inferno è centrale nel lessico dei testi drogati. In un’accezione derridiana del pharmakon11, la sostanza stupefacente

permette l’evasione da un presente non desiderato (rimedio) attraverso una produzione di immagini e di percezioni sensoriali artificiali (veleno) i quali, lontani dal liberare il soggetto, aggravano la sua percezione di immutabilità e di disillusione. Jacques Derrida stesso in Retorica della droga afferma:

10 G. Labrador Mendéz, Letras arrebatadas, cit., p. 34.

11 Ne La farmacia di Platone Derrida parte dal Fedra, il dialogo platonico nel quale si condanna la

scrittura come forma di conoscenza falso, inferiore al logos ovvero alla parola orale. A partire da questo, Derrida sviluppa un discorso sulla filosofia della scrittura evidenziando la prospettiva appunto “farmacologica” con la quale i greci intendevano la scrittura. Per Platone la scrittura è pharmakon, termine ambiguo che si riferisce allo stesso tempo alla cura, al rimedio, alla salute, al veleno, alla distruzione e alla sovversione. La scrittura, infatti, è per Platone un deposito della memoria che contemporaneamente può essere utilizzato in modo positivo, come archivio veritiero, o in modo negativo, come negazione o mistificazione. Pertanto, la scrittura è vista come una tecnologia imprevedibile che può rendersi utile alla coesione di una comunità, ma allo stesso tempo diventare strumento per disgregarla.

Per una spiegazione dettagliata del pharmakon derridiano si rimanda a J. Derrida, La farmacia di

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Il pharmakon sarà sempre paventato come rimedio e veleno. Mi rifaccio a quanto appena detto: il tossicomane può cercare contemporaneamente l’oblio e il lavoro dell’analisi memoriale, la rimozione e lo svelamento della rimozione […]. Egli per fare ciò utilizza una “tecnica”, un supplemento tecnico che interpreta anche come “naturale”… Un altro filo ci condurrà alla diffidenza così diffusa nei confronti della tecnica in generale, della strumentalizzazione della memoria, dunque nei confronti del pharmakon, sia come veleno sia come rimedio,con quella inquietudine supplementare che appartiene a ciò che può restare sospeso tra i due…12.

Fondamentalmente, la sostanza stupefacente, all’interno della modernità e delle sue caratteristiche principali (che si analizzeranno nello specifico successivamente), si definisce allo stesso tempo rimedio e veleno; ovvero è contemporaneamente una fonte di memoria (ritorno a una spiritualità) e di oblio (evasione dal presente), d’eccitazione e di apatia. La sua essenza è quella di racchiudere in sé stessa gli estremi opposti che, nel particolare caso del contesto moderno, rende esplicite le problematiche e contrastanti questioni di tempo, memoria e storia. Per questo motivo si può incontrare spesso all’interno dei testi drogati una relazione tra droga e figura femminile. Infatti, nella letteratura di fine Ottocento e inizio Novecento la figura della donna si riappropria di una dualità interessante: da una parte continuano a persistere figure di donne caste e pure, mogli fedeli e madri devote; dall’altra si determina un immaginario di figure femminili forti, sensuali, demoniache, ingannatrici e fatali. Questo secondo tipo di femminilità conquista l’immaginario degli artisti della modernità e si ricollega facilmente all’esperienza drogata, poiché droga e donna possiedono in loro il duplice potere di far vivere all’uomo momenti celestiali e, allo stesso tempo, distruggerlo e ricondurlo a una sofferenza più forte. Il rapporto che si stabilisce è quindi morboso, ossessivo; il soggetto non può sottrarsi all’intensità del piacere provato poiché espressione di una verità o di una sensazione intensa e profonda che va ricercando. Per questo motivo, nonostante la sofferenza e la disillusione, il soggetto letterario non rinuncia ai piaceri provati poiché in essi ritrova l’unica speranza di percepire e sperimentare ciò che risiede al di là della normalità, dello stabilito. In questo senso, l’esperienza alterante si definisce come un processo di dissoluzione e di regressione dell’io che avvicina il viaggio drogato a un

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viaggio iniziatico del soggetto verso una conoscenza più ampia dei confini della realtà che, come afferma Labrador Mendéz, testimonia un’insita tendenza dell’uomo alla verticalità del pensiero:

el viaje psicodélico es un viaje iniciático que reproduce la experiencia de muerte y resurrección de su protagonista. Se trata de esperiencias históricamente asociadas al consumo de fármacos alucinógenos, bien documentadas en todos los cultos chamánicos y cuya inscripción immaginaria perdura13.

Il soggetto letterario è un martire della società moderna, pronto a vivere in un mondo di sofferenze pur di non adattarsi ai valori della massa. La sua condanna è accettata perché si sente protagonista di una verità assoluta. In questo senso l’esperienza drogata propone una familiarità con la morte la cui presenza vibra in questi testi. L’aldilà è percepito positivamente dagli artisti moderni come luogo nel quale terminano le sofferenze e il mistero della vita si risolve; la morte è la condizione nella quale l’uomo ritrova l’unità agognata, l’armonia celestiale che sorregge e spiega le contraddizioni dell’esistenza. Come si vedrà, l’uomo moderno, attraverso l’uso di sostanze stupefacenti, si avvicina a una rinnovata spiritualità che lo conduce artificialmente a percepire una sensazione di estasi, simulacro della morte, condizione di definitiva liberazione dalle sofferenze.

1.3 LA PRAGMATICA DEL TESTO DROGATO

Si è visto come la letteratura drogata riprenda temi e motivi che sono comuni e condivisi da più correnti estetiche del momento. In tutto questo, però, l’esperienza alterante, data da sostanze stupefacenti ed indagata dagli artisti, assume una prospettiva particolare che arricchisce e completa di significati un determinato sentire dell’artista nella modernità. Infatti è il rapporto che questa tematica instaura con il contesto in cui si sviluppa che contraddistingue la vera originalità di questi testi.

Il testo drogato è un testo che comunica con un mondo di visioni e allucinazioni, che si sviluppa da un’esperienza che mette in comunicazione il reale con l’immaginario

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creando uno stato intermedio, un luogo di transito dove lo scrittore percepisce una dilatazione dei limiti ordinari. È un testo di frontiera, nel senso che mette in relazione l’irrazionalità con la logica, il reale con l’inesistente. La realtà contingente è la base dalla quale si sviluppano le allucinazioni e le visioni che la mostrano sotto categorie differenti, alterate, che spronano l’individuo a mettere in discussione le proprie conoscenze. Inoltre, le sensazioni emotive percepite sotto l’influsso di questo tipo di esperienze si delineano con una intensità tale da rivelare al soggetto geografie segrete del suo mondo interiore.

I paradisi artificiali, percepiti e riportati artisticamente in letteratura, non sono altro che interpretazioni di un desiderio comune dell’artista moderno di trascendere la materialità e l’egoismo del mondo capitalista, proponendo come alternativa di valori una consapevolezza meno pragmatica e più idealista della realtà. In questo senso il testo drogato è un testo che di per sé tende ad uscire dalla storia contingente per sfociare nell’utopia, nel desiderabile. Nel fare questo, però, non si rifugia nella creazione di un mondo parallelo, impossibile e fantastico, ma si occupa di mettere velatamente in evidenza le rotture e le discrepanze proprie delle relazioni sociali della modernità. In altre parole, attraverso una promozione di valori assolutistici ed ideali mette in discussione i precetti sui quali si basa la realtà alla quale si rivolge, contestandola.

La specificità di questi testi, infatti, risiede nell’assumere l’esistenza di molteplici ordini dimensionali situati al margine delle percezioni ordinarie, costruendo intorno a questa percezione ed esperienza un discorso allegorico e costruttivo che nega per opposizione ogni determinazione di realtà sociale, provando che questa possa essere ben altro. In questo senso, l’idealismo percepito e favorito dall’utilizzo di queste sostanze, permette di comprendere un’esistenza che va al di là delle restrizioni e dei limiti precostituiti, riducendo allo stato di simulacro la concezione di esistenza fino ad allora conosciuta. Sostanzialmente, a livello dell’immaginario, il testo drogato funziona come un rivelatore della sua epoca che ricrea gli impulsi profondi di elevazione spirituale e le pulsioni di disillusione e frustrazione provati dall’artista moderno. Il testo drogato, infatti, presuppone una veridicità di questa nuova realtà percepita che è per il soggetto vera e unica descrizione (e quindi rivelazione) di ciò che è la realtà. Il reale si ridefinisce nei suoi limiti ed ottiene un nuovo stato che si

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crede essenza, verità o conoscenza. In questo senso è solamente nell’esperienza drogata e, conseguentemente, nel discorso che la menziona che il soggetto percepisce di incontrare pienamente sé stesso e il suo ideale rapporto con la realtà.

Altro elemento importante, proprio della letteratura drogata, è l’indipendenza del testo che si costituisce nell’originalità e unicità dell’esperienza descritta. Infatti, essendo questi testi frutto di una trascrizione letteraria (anche se di vari tipi) di un’esperienza individuale con sostanze stupefacenti, ma soprattutto incontro con un’interpretazione del mondo interiore del soggetto, l’intenzione di questa scrittura non è quella di trasmettere una verità assoluta, ma fornire un’immagine allegorica di una verità personale.

Pertanto, non è nella singola espressione letteraria che si costituisce l’importanza della letteratura drogata, ma nel significato condiviso che questi testi danno all’esperienza con sostanze stupefacenti. In altre parole, è la ripetizione di verità e percezioni individuali ma comuni a più soggetti che permette un’interpretazione condivisa degli istinti che soggiacciono alla relazione artista-droga e all’immaginario e alle strutture stilistiche e linguistiche che ad essa si associano. Di conseguenza, nell’individualità dell’esperienza, espressione di un viaggio nella consapevolezza interiore del soggetto, prende forma un significato del gesto di assumere sostanze stupefacenti che definisce un sentimento di oppressione e contestazione del sistema sociale, un desiderio di evasione da questo come risposta a una volontà di dissociazione dai valori prestabiliti.

Il testo drogato mostra simbolicamente un desiderio di superamento della materialità, proponendo un’alternativa ideologica che colloca ogni esperienza drogata al di fuori della sua soggettività facendola collaborare in un progetto segreto e condiviso di messa in discussione della realtà. Inoltre, se si pensa alla diffidenza della società nei confronti degli stupefacenti, si può comprendere la posizione di marginalità che questi testi hanno sempre avuto nella storia della letteratura. Tale condizione, però, avvalora il messaggio occulto che si cela tra le allucinazioni e le visioni letterariamente espresse, in quanto arricchisce il testo di un valore politico e sociale non trascurabile. In questo senso la pragmaticità del testo drogato, ovvero la realazione che questo instaura con la realtà esterna, si inserisce come elemento determinante nell’accreditare un’originalità a questa tematica.

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2. LA MODERNIZAZIONE LETTERARIA

LATINOAMERICANA

Ángel Rama, nel suo studio La modernización literaria latinoamericana

(1879-1910), analizza le caratteristiche del periodo che egli definisce “de modernización”14

e che colloca tra il 1870 -data convenzionale che segna il concludersi di lotte intestine per l’indipendenza politica dei paesi sud americani e di conseguenza un momento di progresso ed inserimento indipendente di questi nell’economia mondiale- e il 1910, celebrazione del primo centenario della emancipazione. In questo periodo si avvia un rinnovamento, o “un nuevo nacimiento”15 come lo definisce l’autore, nell’ambito della letteratura, dell’arte e per quanto riguarda più vasti aspetti della vita sociale. Rama, nello specifico, indaga sei aspetti culturali, sociali e politici che determinano questo periodo storico e dei quali mi servo per delineare un quadro generale del contesto nel quale si sviluppano i testi che si prenderanno in esame in questa tesi.

A livello di considerazione preliminare, ciò che distingue questo momento storico è la conquista di una specializzazione letteraria ed artistica che, sebbene sia solamente un accenno di ciò che sarà una futura professionalizzazione, determina sicuramente un importante cambiamento16. Questa indipendenza del settore letterario, come afferma Rama, “promovió el desarollo social, propiciando por esta vía el ascenso de integrantes de los estratos inferiores en un primer boceto de integración nacional”17. Infatti, il graduale sviluppo economico degli stati sud americani portò a una crescita demografica che determinò un’estensione dell’urbanizzazione in moltissime città principali del continente. Conseguenza di questa crescita fu un aumento dell’alfabetizzazione, a partire da una nuova attenzione, da parte delle società latino americane, per l’istruzione specializzata che promosse la creazione concomitante di un pubblico colto, secondo elemento che Rama individua come essenziale nel

14 Ángel Rama, La modernización latinoamericana (1870-1910), “Hispamérica”, año 12, No 36

(Dec., 1983), p. 4.

15 Ivi, p. 3.

16 “Los hombres de profesiones intelectuales trataron ahora de ceñirse a la tarea que habían elegido y

abandonaron la política; los abogados, como de costumbre, menos y después que los demás. El timón del Estado pasó a manos de quienes no eran sino políticos; nada se ganó con ello, antes al contrario. Y como la literatura no era en realidad una profesión, sino una vocación, los hombres de letras se convirtieron en periodistas o en maestros, cuando no en ambas cosas”. Affermazione di Max Henríquez Ureña citata da Rama, cit., pp. 12-13.

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definire questo periodo. L’aumento di pubblico alfabetizzato, infatti, assicurò un’intensificazione di produzioni di giornali e riviste ed, inoltre, decretò un accrescersi di consumo di libri importati soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Francia, fonte di innovazione per gli scrittori sud americani. Fondamentalmente, per la prima volta nella storia dell’America Latina, gli scrittori si avvicinano a una professionalizzazione che si determina, in prima istanza, nel giornalismo per due ragioni principali: in primo luogo, gli scrittori possono utilizzare la loro capacità assicurandosi un’entrata economica. Si dedicano, quindi, alla cronaca (ambito che permette loro di rimanere aggiornati sulle curiosità, mode e novità del momento), alle attualità sociali e alla comunicazione per corrispondenza con le nazioni straniere. In secondo luogo, l’attenzione che la stampa colta concede alle arti e alle letterature agevola un processo di pubblicazione ostacolato, contrariamente, dall’industria editoriale non ancora avviata18. Questo problema dell’editoria latinoamericana è molto complesso, ma potrebbe essere semplificato in due principali motivi e cause che lo determinarono: una svalutazione dei prodotti letterari locali e un non ancora avviato pubblico di questo settore, situazione che si inasprirà con la crisi finanziaria degli ultimi decenni del XIX secolo. Pubblicare opere di autori riconosciuti internazionalmente permetteva, in prima istanza, di non doversi preoccupare delle spese per i diritti d’autore, in secondo luogo di vedersi assicurato un pubblico desideroso di leggere le opere di autori stranieri già affermati. Con tali presupposti si può comprendere come l’editoria latinoamericana trovasse più conveniente pubblicare traduzioni di opere straniere invece di favorire la pubblicazione di opere locali19.

18 “El desarollo del periodismo, como señalamos, permite medir el crecimiento del público alfabeto.

La atención que la prensa culta concedió a las artes y las letras explica que haya absorbido ese público dificultando el vanace de la industria editorial independiente. Darío ha recordado que aun a fín de siglo, en Buenos Aires, ‘publicar un libro era una obra magna, posible sólo a un Anchorena, un Alvear o un Santamarina: algo como comprar un automóvil ahora, o un caballo de carreras’ ”. Ivi, pp. 5-6.

19 Questo aspetto dell’editoria latinoamericana viene spiegato nel dettaglio nell’opera di Gwen

Kirkpatrick, The dissonant legacy of modernismo, in particolare nel capitolo dedicato al “professional writer” pp. 22- 30. Nel dettaglio, si riporta questa affermazione dell’autore: “The devaluing of local writers and of the public in general was heightened by the financial crisis of the last decade of the nineteenth century. Publishers found it more convenient and less costly to copy foreign works for which they did not have to pay royalties, and they were assured of a readership by the already established fame of major European writers”. G. Kirkpatrick, The dissonant legacy of Modernismo, University of California Press, 1989, p. 28.

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Terzo elemento che individua Rama nel suo studio si ricollega a queste significanti influenze straniere (europee, soprattutto francesi, ma anche nord americane) che introdussero nuovi modelli letterari incentivando una rinnovata produzione artistica locale più sofistica e complessa. Tuttavia, come afferma l’autore:

esta mayor concentración no fue novedad, dado que no hacía sino intensificar una influencia que venía desde el proceso formativo de la Emancipación: la novedad radicó en la amplitud de las incorporaciones literarias que comenzaron a abarcar a todo el Occidente, guiándose por el santo y seña de las más adelantadas metrópolis: cosmopolitismo20.

Determinante, quindi, in questo processo di acquisizione di influenze letterarie esterne, è un cambio di prospettiva che presenta gli scrittori latinoamericani impegnati non solo nel ricevere, ma anche nell’incorporare e riformulare le novità che apprendono dalle letterature straniere. Questo internazionalismo concretizzò qualcosa di completamente nuovo in America Latina, ovvero la nascita di una comunicazione interna, favorita dai mezzi di comunicazione moderni, tra gli intellettuali delle diverse aree del continente. Paradossalmente, il principio cosmopolita di stampo occidentale promosse una coscienza comune degli scrittori latinoamericani che si sentirono assimilati in un gruppo dagli intenti affini, creando un primo sistema literario latinoamericano, come lo definisce Rama. Pertanto, agli scrittori della modernizzazione si deve la paternità di un’autonomia letteraria latinoamericana, quarto elemento essenziale di questo periodo storico, centrata su un’imitazione aplicada e su una rivitalizzata traduzione ispanica all’interno della quale si inserisce la peculiarità e l’originalità culturale americana che, “aunque débilmente trazado en la época, dependiendo todavía de las pulsiones externas, no haría sino desarrollarse en las decadas posteriores y concluir en el robusto sistema conteporáneo”21.

Altro elemento determinante di questo periodo storico è la democratización, come la definisce Rama, delle forme artistiche attraverso un uso selettivo del lessico, della sintassi e della prosodia dello spagnolo parlato in America che permise un’integrazione tra forme tradizionali, popolari ed altre indiscutibilmente moderne.

20 A. Rama, La modernización literaria latinoamericana (1870-1910), cit., p. 7. 21 Ivi, p. 9.

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Per questo motivo, Rama vede come ultimo elemento che caratterizza questo periodo di modernizzazione, una consapevolezza concreta da parte degli intellettuali dell’originalità latinoamericana, dei suoi problemi e delle sue contraddizioni, così come dell’eterogeneità culturale del continente, in una prospettiva più etica che sociologica di costruzione di una identità indipendente e moderna. Questi aspetti sintetizzano e descrivono un quadro complesso che permette di osservare come in questo periodo vengono poste le basi, non solo di un’origine indipendente della letteratura sud americana, ma di come questa sia particolarmente arricchita da una consapevolezza intellettuale del processo di modernizzazione. Per questo motivo Rama afferma che in Sud America:

La modernización no es una estética, ni una escuela, ni siquiera una pluralidad de talentos individuales como se tendío a ver en la época, sino un movimiento

intelectual, capaz de barcar tendencias, corrientes estéticas, doctrinas y aun

generaciones sucesivas que modifican los presupuestos de que arrancan22.

2.1 L’ARTISTA MODERNO

Tra gli artisti della modernità si fa sempre più presente la consapevolezza di sentirsi parte di un momento di rinnovamento e di cambio epocale. Al di là delle loro convinzioni artistiche o filosofiche, ognuno percepisce sensibilmente questa apertura dell’America Latina nella modernità, fatto che inizialmente non è vissuto come una crisi, bensì come una fiorente epoca di progresso e rinnovamento. Infatti, se la modernità in Europa è espressione di decadenza e rifiuto del passato, in America Latina la questione è molto più complessa. L’artista americano non si trova nella condizione di poter rinnegare in toto il suo passato, specialmente il secolo appena trascorso, in quanto periodo di lotte e di rivoluzioni per l’indipendenza politica. Come afferma Federico de Onís:

la roptura con el siglo XIX, cuya civilización, aunque imperfectamente asimilada y realizada, venía a ser consustancial con el nacimiento de la América independiente,

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y, por lo tanto, siguió siendo el ideal y meta de los americanos, al mismo tiempo que sentían la necesidad de superarla conforme a las tendencias europeas nuevas23. Gli artisti moderni combattono la retorica tradizionale, l’accademismo, i luoghi comuni e la rigidità della cultura immediatamente precedente, ma nessuno nega completamente i valori del romanticismo, del realismo o del naturalismo che in America Latina continuano a dare interessanti risultati non solo in questo periodo ma anche successivamente. La modernità in Sud America non significa essenzialmente rottura con la tradizione, bensì creazione e rinnovamento intesi come integrazione dei valori naturali ed assoluti dell’uomo, ricercandoli nelle diverse epoche, nelle diverse culture e scuole di pensiero. Ciò che desidera l’artista moderno americano è andare alte il conservatorismo di radici profonde nella società sud americana, rispondendo con un liberalismo di carattere umanista nel quale trovano sfogo sia le filosofie positiviste che quelle idealiste.

Semplificando, in America Latina si sviluppano due approcci differenti alla modernità: uno, conservatore, finalizzato ad educare la barbarie sud americana per inserire le società latinoamericane in una modernità conforme a quella di stampo occidentale; un altro liberale, attento ad inglobare la specificità squisitamente americana in una modernità che risponda alle esigenze della sua eterogeneità culturale e sociale. Gli artisti, chiaramente, si avvicinano al pensiero liberale in quanto, nella dialettica della modernità, esso rappresenta una prospettiva umanizzante di tolleranza e rispetto che, allo stesso tempo, rimane attenta alle nuove possibilità tecnologiche e scientifiche ed aperta alle riforme e ai cambiamenti. Ricardo Gullón, in Direcciones del modernismo, si sofferma su questa tradizione alla quale si avvicinano i poeti della modernità ed afferma:

Liberalismo es tolerancia, respeto, convivencia. Es el “ismo” de la libertad proyectado sobre todas las manifestaciones de la vida humana, y armoniza perfectamente con el de una modernidad cuyo acento recaía sobre el derecho a discrepar de las convenciones predominantes y a buscar nuevas respuestas a los problemas planteados – especialmente en el ámbito de la creación artística-.24

23 Federico de Onís, Sobre el concepto de modernismo, “Estudios críticos sobre el modernismo”,

Editorial Gredos, Madrid, 1968, p. 38.

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In questo senso, gli artisti moderni del continente sud americano provano a ricercare un compromesso attraverso il quale esprimere allo stesso tempo il loro apprezzamento per la tradizione e la loro spasmodica ricerca d’innovazione. Questo atteggiamento spinse gli artisti ad inglobare il vecchio nel nuovo, lo straniero nel nazionale in una forma armonica che non dava preferenza a nessuna tradizione. L’ansia di rinnovamento, concepita anche come accettazione di influenze innovative per ridurre la distanza che separava l’America Latina dalle altre società occidentali e moderne, portò a un universalismo che in letteratura fu determinante. José Martí, poeta tra i primi ad avere coscienza di questo momento storico di rinnovamento, afferma come in questo periodo:

Todo es expansión, comunicación, florescencia, contagio, esparcimiento. El periódico desflora las ideas grandiosas. Las ideas no hacen familia en la mente, como antes, ni larga vida. Nacen a caballo, montadas en relámpagos, con alas. No crecen en una mente sola, sino por el comercio de todas25.

L’eclettismo è un aspetto che contraddistingue l’arte moderna latinoamericana, ovvero la sua capacità di guardare alle letterature straniere, non semplicemente copiandole, ma assimilando le novità di queste a un discorso prettamente americano. Dopotutto l’America ha sempre risentito dell’influenze di tradizioni europee, nonostante queste non siano le uniche a caratterizzarla, pertanto le è congenito sintetizzare ed integrare nella sua cultura tutto quello che arriva da fuori, così come riesce ad assorbire facilmente l’immigrazione europea, e non solo, che in questo periodo si accresce fortemente e contribuisce allo sviluppo e alla prosperità del continente. Per questi motivi, l’universalismo del modernismo, come afferma Federico de Onís, è frutto di un’ibridazione culturale intrinseca nell’animo latino, nella sua flessibilità nell’assorbire tutto ciò che è straniero senza perdere la sua identità:

El americano siente como suyas todas las tradiciones sin que ninguna le ate al pasado, y mira al porvenir como campo abierto a todas las posibilidades; sabe que América es hija de Europa y que al mismo tiempo no es Europa; aspira como cosa

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natural a sintetizar e integrar en América y en sí mismo todo lo que le llega de fuera26.

Tuttavia, sincretismo ed universalismo non sono le uniche pulsioni che animano l’artista moderno. Egli, prima di tutto, è cosciente del cambiamento epocale che sta trasformando ideologicamente, politicamente e socialmente la vita dell’uomo. L’industrializzazione, il positivismo, la scienza sperimentale, l’accrescersi del capitalismo e della borghesia, il militarismo, la lotta di classe, un neoidealismo e utopismo crescente, sono tutti elementi che caratterizzano e formano parte del sentirsi uomo nell’epoca moderna, percezioni contrastanti e complesse che gli artisti avvertiranno particolarmente. Infatti, sebbene essi condividano un’immagine positiva d’introduzione in un mondo moderno e cosmopolita, si sentono contrariati dall’inclinazione capitalista e borghese che in questo rinnovamento si sta presentando. L’artista condivide i valori positivisti, la sperimentazione e quest’apertura incontrastata verso la novità e le tecnologie, ma non può condividere i valori materiali e di consumo che imperano tra le società iniziate alla modernità. Come afferma Ricardo Gullón, l’artista di questo momento “es en primer término hombre moderno, y como tal tiene la conciencia de su deber como ciudadano y cree en la posibilidad de la reforma política y social”27. L’artista non è estraneo alla realtà in cui vive, pertanto difficilmente è disinteressato nei riguardi di ciò che lo circonda. In questo senso si può intuire come l’arte di questi scrittori abbia una chiara origine politica e sociale che si definisce fin dai suoi albori come antiborghese, opposta al sistema di valori imperanti e sostenitrice di un’indipendenza artistica. Indipendenza che non è evasione ingiustificata, né tanto meno ricerca di originalità conformemente ai principi di produttività capitalisti, bensì processo di rinnovamento e di coscienza di sé stessi. Tale crescita consapevole determinò che gli artisti si distaccassero da un’imposizione di valori positivisti rivolti alla materialità e al consumo, indirizzandosi, come reazione contraria, verso forme di neoidealismo e neospiritualismo. In altre parole, l’artista moderno guarda al futuro, ma non condivide le manifestazioni ipocrite e perverse delle tendenze capitaliste che minacciano i valori naturali ed eterni dell’umanità. La modernità è in primo luogo,

26 F. de Onís, Sobre el concepto de modernismo, cit., p. 39. 27 R. Gullón, Direcciones del modernismo, cit., p. 59.

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per questi scrittori, emblema di percezioni contrastanti e complesse, condizione che è parte vitale della sostanza di questa epoca:

Los modernistas nunca perdieron de vista el inalienable derecho del hombre a vivir una vida natural y propiamente humana, y la vocación de regeneradores [...] les hizo mirar como manifestaciones de hipocresía y perversidad las doctrinas tendentes a socavar esa dirección elevada de un ser que deaseaban inmortal. Los valores eternos radican en la persona y no en las instituciones, y si éstas pretenden suplantarla y supeditarla a sus proprios fines, cometen el más grave de los delitos: el pecado imperdonable contra el espíritu28.

Sempre secondo Rama fu la tradizione liberale ad evitare il rischio che questi scrittori si perdessero in una vaga e vuota declamazione idealista. La consapevolezza di far parte di una comunità d’intellettuali ed artisti che condividevano una percezione oppressiva della realtà permise loro di trasformare tensioni ed impulsi in discorso letterario.

L’artista moderno continua a credere nella cultura come mezzo utile all’uomo per raggiungere un’elevazione intellettuale che nobilita e valorizza l’esistenza umana. Creare qualcosa di bello equivale a contribuire ad arricchire l’anima collettiva ed a stimolare una catena di sensazioni e percezioni che favoriscano l’eliminazione delle contraddizioni e delle ingiustizie. La letteratura è usata da questi poeti, non solo come strumento di protesta sociale, ma anche come mezzo per modellare la coscienza e creare un sentimento umano di tradizione che collabori con quello di rinnovamento. In questo senso, la ricerca di un’espressione originale, l’incorporazione dei modelli europei -che introdusse una stravaganza di stili e di linguaggi all’interno della letteratura Sud Americana in -, il preziosismo e l’elitismo che contraddistinsero paradossalmente la scrittura di questo periodo, non sono altro che reazioni ad un mondo dove i valori capitalisti minacciano di distruggere la bellezza e l’umanità. Sono armi contro la volgarità e il ricatto borghese. Non sono immagini emblema di una evasione dalla realtà, bensì strumenti consapevoli atti a combattere un’imposizione mercificatrice di realtà. Il poeta moderno si isola nelle sue torri d’avorio non per evadere dalla realtà di per sé, ma per salvaguardarsi dal mondo ostile ed oppressivo che lo circonda. La poesia, o in generale l’opera d’arte, è

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percepita come ultimo baluardo di salvezza umana, ultimo residuo di spiritualità nell’annichilimento dell’uomo moderno, percezione che spiega la tendenza di questi scrittori a dedicarsi pienamente alla creazione artistica; da qui il paradosso dell’estetismo, inteso da molti come fuga dalla vita quando in realtà simbolizza il loro desiderio di affermarla ed eternizzarla trasfigurandola in bellezza, in arte. Fare poesia diventa una missione individuale per la salvaguardia dell’umanità collettiva; così come afferma Gullón: “La poesía como misión y la misión vista con mirada profética: [...] juntar ética y estética como entidades complementarias y buscar a Dios en la poesía”29.

In questo periodo di grandi sviluppi scientifici, il poeta moderno trova rifugio nell’irrazionalità dell’occultismo o nell’esoterismo del mondo spirituale. Un cammino alternativo di ricerca dell’assoluto e dell’unità che si scontra con la razionalità e il materialismo perché processo di crescita e di consapevolezza che permette di soffermarsi sulla propria interiorità, mondo delle emozioni e dell’umanità. L’atteggiamento mistico, quindi, si definisce come reazione al contesto politico e sociale del mondo moderno che si connette facilmente alla poesia poiché questa nel simbolismo del linguaggio racchiude un potere mistico che fa dell’arte una religione segreta:

Hay una verdad […] encarnada en la belleza, una ética vinculada a la estética, a la armonía vital y creadora; esa ética refleja la luz de los valores inmarchitables: amor, libertad y justicia, tan ligados entre sí, que quien ataca a uno los ataca a todos30. In conclusione, il poeta moderno non condivide gli istinti collettivi, non si adegua ai desideri sociali, sogna di vivere una vita di passione infinita e di creare una poesia di un’intensità eccezionale. Con la fine del XIX secolo, i poeti potevano sopportare la loro condizione di marginalità ed isolamento solamente perché si riconoscevano portavoce di una verità superiore di realtà. Sono profeti della modernità, non perché prevedono il futuro ma perché sono coloro che dichiarano quello che la società nasconde e tramuta, rivelando l’essenza e la verità delle cose. Il poeta moderno, pertanto, si sente profeta e simile a Dio poiché capace di creare umanità e bellezza con il preziosismo della sua arte. Gullón infatti afferma:

29 Ivi, p. 43. 30 Ivi, p. 61.

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En la mitología modernista los poetas son reflejo de Dios porque, como Él, pueden crear, y sentirse prolongados en la obra de arte; pero, sobre todo, son héroes frente a la mediocridad burguesa que ni siquiera los combate – pues los ignora -31.

2.2 LA CORRELAZIONE TRA LETTERATURA E DROGA

In natura sono sempre esistite sostanze alteranti che furono scoperte ed utilizzate dall’uomo fin dai tempi più remoti. In ogni cultura e in diverse epoche è frequente il loro utilizzo in ambito medico e mistico-religioso, stabilendo ogni volta una rinnovata relazione tra necessità e virtù32. Nel periodo storico che comprende l’ultimo trentennio del XIX secolo e il primo ventennio del XX secolo, si assiste a una nuova trasformazione dei rapporti tra uomo e sostanza stupefacente.

In Europa, così come in Sud America, sostanze come hashish e marijuana, oppio e suoi derivati sono particolarmente diffusi. L’oppio, in particolare, è largamente utilizzato per le sue proprietà sedative ed analgesiche; facilmente prescritto dai medici per i problemi più disparati, perfino suggerito alle madri per far calmare e addormentare neonati e bambini. Inoltre, la sperimentazione farmaceutica allarga la conoscenza di questo campo introducendo nella società nuovi prodotti e nuove sostanze (tra le quali morfina, etere e cocaina) che inizialmente furono apprezzati per le loro particolari qualità utili nelle cure sperimentali per malattie mentali, isterie o depressioni. Ma al di là delle ricerche in ambito medico, tali sostanze catturano l’attenzione di un’altra sfera d’intellettuali, ovvero gli artisti, che cominceranno ad indagarne gli effetti rapportandoli al loro campo d’indagine. Scrittori ed artisti entrano in contatto con le sostanze stupefacenti primariamente per motivi medici (dato che, come si è visto, spesso venivano prescritte per le necessità cliniche più disparate), ma nel rapportarsi ai particolari effetti alteranti di queste, essi non possono astenersi dalle riflessioni che di conseguenza si formano nelle loro menti. Dopotutto, l’atteggiamento che muove il poeta nell’era moderna è completamente diverso da quello del passato: lo scrittore è uno scienziato che indaga la sua realtà e la sua psiche alla ricerca di nuove verità, nuove certezze e nuovi assoluti.

31 Ivi, p. 41.

32 Si rimanda al lavoro di Escohotado, Historia general de las drogas, per un approfondimento

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Tale cambio di approccio è ben definito da Octavio Paz nel suo saggio

Conocimiento, drogas, inspiración, all’interno del quale lo scrittore messicano

articola le principali ragioni che portarono l’intellettuale moderno ad interessarsi alle sostanze stupefacenti. In primo luogo, viene sottolineata l’affinità che si stabilisce tra scienza e poesia, data dalla specializzazione dei campi del sapere in questo determinato periodo storico. La letteratura diviene indipendente sviluppando un nuovo e rivoluzionario approccio dell’artista verso la sua opera33. Paz definisce questo atteggiamento empirico, ovvero che non tende a confermare una verità rivelata, ma tende alla mera sperimentazione. In altre parole, in un momento storico nel quale viene a mancare per la letteratura un intermediario assoluto (potere politico o religioso) tra il poeta e il prodotto artistico, la verità non è più imposta o rivelata dall’esterno e necessita di essere ricercata in un campo più affine alla percezione umana. Ecco che il poeta si adegua indagando e sperimentando la propria personale esperienza quale fonte di nuove conoscenze. In questo senso Paz afferma:

una de las pretensiones más irritantes de la poesía moderna es la de presentarse como una visión, esto es como un conocimiento de realidades ocultas, invisibles. Se dirá que lo mismo han dicho los poetas de todos los tempo y lugares. Pero Homero, Virgilio o Dante aseguran que se trata de una revelación que viene del exterior […]. El poeta moderno declara que habla en nombre proprio: sus visiones las saca de sí mismo. No deja de ser turbador que la desaparición de las potencias divinas coincida con la aparición de las drogas como donadoras de la visión poética. El demonio familiar, la musa o el espíritu divino cede nel sitio al láudano, al opio, al hachís […]34.

La tendenza alla sperimentazione porta gli intellettuali ad avvicinarsi alle sostanze stupefacenti, stimolatrici di stati di coscienza alterati che facilmente conducono il soggetto ad interrogarsi sulla sua concezione ordinaria di realtà. La dissoluzione del corpo e la perdita d’identità, le visioni allegoriche, la promessa di estasi e l’esplorazione di incubi infernali, l’evasione data dalla tranquillità narcotica, la

33 “La poesía moderna es un conocimiento experimental del sujeto mismo que conoce. Ver con los

oídos, sentir con el pensamiento, combinar y usar hasta el límite nuestros poderes, para conocer un poco más de nostro mismo y descubrir realidades incógnitas, […] nadie pone en duda que ésta es una de las direciones cardinales del espíritu poético, desde el principio del siglo pasado hasta nuestros días. Y aún podría agregar que la verdadera modernidad de la poesía consiste en haber conquistado su autonomía”. O. Paz, Corriente Alterna, cit., p. 80.

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