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Key indicators

Nel documento Solvency II e sistema di governance. (pagine 116-119)

IL SISTEMA DEGLI OBIETTIVI DI RISCHIO: IL RISK APPETITE

RUOLI E RESPONSABILITA' Organo amministrativo X X

5.2.1 Key indicators

Nell’ambito della definizione del risk appetite le compagnie fanno riferimento nello specifico, all’articolo 19 del Regolamento ISVAP N.20/2008.

L’articolo definisce la risk map che le compagnie devono identificare ai fini della definizione del RAF.

La mappatura dei rischi è il primo step ai fini della definizione del RAF delle compagnie.

L’obiettivo del RAF è quello di coordinare in un’ottica di lungo periodo la pianificazione strategica della compagnia.

L’indagine svolta evidenzia che le compagnie oggetto d’analisi, definiscono tutte la propria propensione al rischio sulla base della dimensione del capitale, traducendo tale dimensione attraverso degli opportuni key indicators.

Tutte le compagnie oggetto d’analisi utilizzano il Solvency ratio quale indicatore di capitale finalizzato al rispetto dei vincoli di solvibilità.

Il Solvency ratio è espressione del livello di patrimonializzazione di un intermediario finanziario e si esprime come il rapporto tra fondi propri e requisito regolamentare richiesto.

Nel caso specifico delle compagnie di assicurazione, si evidenzia come il Solvency

ratio non sia citato dalla Direttiva, ma è implicito che questo rapporto non possa

essere mai inferiore al 100%.

Si evidenzia che tutte le compagnie oggetto d’analisi hanno scelto, a fini prudenziali, di utilizzare un Solvency ratio sempre superiore al 100%.

In modo particolare l’analisi svolta evidenzia che la propensione al rischio della compagnia 4 viene declinata, da un punto di vista quantitativo, in via esclusiva, secondo le metriche legate al capitale.

La compagnia determina un livello obiettivo di capitale denominato come Target

Capital e un livello di capitale minimo da detenere, Minimum Acceptable Capital.

Il Target Capital e il Minimum Acceptable Capital non sono espressi in valori assoluti ma in relazione al requisito regolamentare di capitale, identificando pertanto un

Solvency ratio.

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il Solvency Ratio Target (B%) è espresso come: % =

à ℎ

Il Solvency Ratio Minimo (A%) è espresso invece come: % =

à ℎ

Si evidenzia inoltre che nella definizione del Solvency Ratio Target la compagnia ha preso in considerazione: gli obiettivi definiti dalle agenzie di rating esterne (merito creditizio), il confronto con i peers (market reputation), nonché gli obiettivi strategici e di business.108

Inoltre il valore di Solvency Ratio Target definito dalla compagnia rientra tra il valore massimo e minimo di Solvency Ratio fissato dai competitor bancassurance della compagnia.

Si ritiene quindi che il valore fissato costituisce un livello target tale da non causare significativi rischi reputazionali per la compagnia.

Nel fissare il Solvency Ratio Target, la compagnia ha cercato di limitare il rischio reputazionale anche nei confronti dell’organo di vigilanza.

La compagnia ha infatti definito un Solvency Ratio Target superiore rispetto ai limiti imposti dalla normativa.

Inoltre per valutare se il valore di Solvency Ratio Target stabilito è un obiettivo adatto alla situazione patrimoniale della compagnia, la compagnia analizza storicamente l’evoluzione del Solvency Ratio Forecast.

Diversamente la compagnia 3, nella definizione del risk appetite, con particolare attenzione alla dimensione del capitale, ha identificato, per i principali rischi e sotto rischi, ai quali la compagnia è esposta, ai fini della definizione della propria propensione al rischio, specifici livelli di assorbimento del capitale.109

108 La compagnia ha condotto analisi quantitative e qualitative in linea con quanto specificato nelle linee guida emanate dall’EBA – European Banking Authority.

109 Si evidenzia inoltre che la compagnia 3 introduce due concetti fondamentali per determinare il profilo di rischio assunto, definendo un risk appetite di primo e secondo livello. In particolare la compagnia definisce come risk appetite di primo livello (c.d. RAF), che fissa la propensione e la tolleranza al rischio generale della compagnia.

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In particolare con riferimento al rischio di mercato, la compagnia ha individuato dei valori soglia in termini di assorbimento di capitale, per i sotto rischi ad esso relativi. Nello specifico la compagnia ha posto particolare attenzione allo spread risk e all’interest rate risk.

La compagnia ha inoltre definito delle soglie con riferimento al rischio di default. Mentre con riferimento al rischio di sottoscrizione per l’assicurazione non vita, ha fissato delle soglie di assorbimento del capitale relativamente al sotto modulo

premium e reserve risk.

Si vuole evidenziare come la compagnia 3 non si limita a definire la propria propensione al rischio semplicemente sulla base del SCR, ma sceglie di considerare anche alcuni dei rischi e sotto rischi, secondo un approccio modulare, così come rappresentato in figura 1.3, definendo un meccanismo di gestione del rischio più complesso e sofisticato.

In modo particolare si evidenzia come la teoria vorrebbe che nelle forme più evolute, le compagnie dovrebbero definire la loro propensione al rischio secondo un meccanismo “a cascata”, in cui vengono considerati i moduli e i sottomoduli di rischio considerati ai fini del calcolo del SCR secondo la risk map, così come definita da EIOPA nel QIS5 e come rappresentato in figura 1.3.

Nel caso specifico più sofisticato è il meccanismo, più la compagnia analizza i sottomoduli di ciascun rischio, maggiore è il livello di granularità della compagnia nel monitoraggio dei propri rischi.

La compagnia 2 e la compagnia 3 definiscono inoltre, la loro propensione al rischio, oltre che sulla base della dimensione del capitale, anche sulla base della dimensione del valore.

Entrambe le compagnie utilizzano degli indicatori di valore finalizzati ad assicurare il rispetto delle previsioni aziendali strategiche in termini di performance.

Inoltre la compagnia colloca ad un secondo livello il risk appetite operativo (c.d. RAO), il quale traduce in key indicators, i sotto rischi specifici della compagnia con l’obiettivo di fissare i limiti interni per le diverse aree di assunzione del rischio.

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Inoltre la compagnia 2, in un’ottica di pianificazione di lungo periodo, considera anche l’aspetto della redditività nella definizione del risk appetite della compagnia, aggiungendo agli indicatori di capitale e valore, anche un indicatore di utile.

Questo consente alla compagnia non solo di gestire il rischio ma, oltretutto, di valutare se, la gestione del rischio si sta dimostrando redditizia.

Nel caso specifico, la compagnia 2 sceglie di utilizzare il ROE consolidato al fine di verificare l’abilità della compagnia nel generare utili coerenti e sostenibili per gli azionisti.

La compagnia 3 determina invece la propria propensione al rischio anche attraverso degli indicatori di liquidità, oltre che di capitale e valore, finalizzati al mantenimento di opportuni livelli di asset facilmente liquidabili.

Nel documento Solvency II e sistema di governance. (pagine 116-119)