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II. LA STORIA INTERNA. ETNOGRAFIA DI UN’ISOLA

3. Vive voci. Esiti della ricerca etnografica

3.1 L’abitare

La casa

Se, come ricorda Amalia Signorelli, «al sistema abitativo di un gruppo umano può essere legittimamente applicata la definizione di fatto sociale totale»1, particolarmente veritiero ciò appare a Venezia. A partire da una sollecitazione generica circa il tema dell’abitare, la casa risulta infatti essere uno dei primi riferimenti ad emergere nel corso delle conversazioni intrattenute, a sottolineare la particolare importanza che essa è venuta ad acquisire nel contesto lagunare. Una centralità che, tuttavia, rimane spesso connotata da una forma di tensione, laddove si rileva la percezione diffusa che la casa a Venezia sia un vero e proprio “privilegio”, qualcosa che viene ripetutamente associato a termini quali “lusso” e “fortuna”.

Io sono fortunato, ho sempre avuto casa mia. (14)

Intorno a tale bene primario pare perciò aprirsi per la comunità dei parlanti un profondo spartiacque, a dividere due dimensioni che si manifestano come polarità difficilmente comunicanti: la proprietà e l’affitto. Infatti, anziché sulla qualità dell’abitazione, sulla sua ubicazione o sul suo stato di conservazione, i soggetti si concentrano e si identificano prevalentemente in quanto proprietari o affittuari, assegnando a ciascuna condizione un differente valore e attribuendogli una serie di conseguenze dense di significato per le loro scelte di vita. Ad esempio, l’orizzonte dell’affitto viene comunemente associato ad un senso di precarietà esistenziale e di temporaneità. Si tende pertanto a descrivere in primo luogo la grande difficoltà che comporta la ricerca di uno spazio in locazione: un percorso che può durare anche molto a lungo e che spesso ha successo solamente grazie al ricorso alle reti sociali o a conoscenze personali.

Mio fratello ha avuto una serie di conoscenze per cui è riuscito a trovare casa. (9)

Non ci sono case per chi abita, una normale casa di media grandezza ha prezzi impossibili, è la ricerca della pepita d'oro. Io per fortuna non ho dovuto cercare troppo, è arrivata, tramite amici. Anche perché tramite agenzie non si trova più niente, proprio te lo dicono: “non ci sono

case in affitto per i residenti”, oppure hanno prezzi assurdi, sono attici. Ho avuto tanti amici che sono andati via per la casa, che proprio hanno detto: “no, io non rimango a Venezia, voglio una casa”. Il problema secondo me è proprio forte. E' rimasto chi ha trovato lavoro, o chi aveva una casa, almeno uno della coppia. Anni fa però potevi comprare...Adesso è difficile...è proprio la ricerca della pepita d'oro. (6)

Una criticità che si lega alla estrema scarsità dell’offerta e al livello insostenibile dei prezzi richiesti dai proprietari, accentuandosi ulteriormente per determinate categorie di persone, in primo luogo giovani e single.

Come single è molto più difficile trovare casa, devi avere uno stipendio molto alto...cioè 900 euro per un bilocale sono tanti, devi guadagnarne almeno 2000 al mese! Oppure lo prendi, ma devi fare delle rinunce, non è semplice. (19)

E’ ancora più difficile per la mia generazione [32 anni], che non ha un reddito fisso, che non avrà la pensione, che non può permettersi la casa. Io ho la casa di proprietà, altrimenti sarei già dovuta andare via. Ma è piccola, un monolocale. Avrei cercato qualcosa di diverso, di più grande, come fai a vivere tutta la vita in un monolocale? Ma è impossibile...In una città normale è semplice, a T. sia in affitto che in vendita trovi una casa vista mare a molti, molti meno soldi. Le case non costano niente. Qui è impossibile, è tutto bloccato, soprattutto per la mia generazione è difficile trovare. (15)

Come emerge chiaramente da queste parole, l’affitto è perciò implicitamente considerato come condizione fragile, che non garantisce una permanenza piena, duratura e serena in città e rischia di rappresentare in ultima analisi una sorta di anticamera all’esodo. “Io ho la casa di proprietà, altrimenti sarei già dovuta andare via” è infatti una affermazione che ricorre più volte nelle interviste raccolte.

Molta gente è andata via perché non avendo casa ed avendo l'affitto sempre aumentato...hanno dovuto, sono andati...(41)

Mio fratello ha 28 anni, lavora a Murano e abita a Mestre. Si è trasferito in terraferma a vivere con la morosa, circa un anno fa. Perché qui gli affitti costano molto. Io ho casa perché mia mamma era proprietaria. Adesso lui con la morosa hanno preso una casetta piccolina, ma è giusta per loro, sono in affitto. A volte sente la mancanza di Venezia… Dopo comunque lavora a Murano, quindi gli amici che ha a Venezia li frequenta; la morosa lo stesso lavora a Venezia. Hanno cercato qua però ci sono degli affitti altissimi...Questo spiega perché tanti hanno lasciato la città. (10)

Inoltre, per gli inquilini al timore o all’effettività di un aumento progressivo del canone di locazione si somma spesso l’incognita costituita dai passaggi proprietari, fattore

imprevedibile e sempre incombente, data l’anzianità diffusa dei locatori veneziani. È infatti proprio in questa occasione che si registra il maggior numero di sfratti, di incrementi degli affitti o di trasformazioni di destinazione d’uso, laddove gli eredi o i nuovi acquirenti preferiscono posizionare l’unità immobiliare ricevuta sul mercato più redditizio dell’affittanza turistica, sottraendolo alla originaria funzione residenziale.

Noi siamo in affitto. Adesso purtroppo però è morta la G., che era la mamma della proprietaria, e l'appartamento l'hanno ereditato dei loro parenti americani. Noi abbiamo una vaga trattativa in piedi per comprare, ma la casa è grande, costa un sacco di soldi e non è facile tirarli fuori. Potrebbe aumentare l'affitto...Loro ci hanno fatto sapere che sarebbero interessati a vendere per disfarsi della proprietà. Mia suocera sta qui, mia cugina qua dietro, siamo tutti vicini, quindi sarebbe proprio brutto andar via. (12)

Si tratta di un drenaggio continuo di unità abitative che, oltre ad allontanare i residenti attuali, annichilisce di fatto la possibilità di insediamento da parte di nuovi nuclei familiari, sommandosi a tutti quei casi di “liberazione” più o meno “naturale” degli appartamenti. Un processo che l’urbanista Salzano descriveva così:

in una qualunque città normale, nel centro storico, ti muore la suocera, lascia libero il suo appartamento. Questa unità immobiliare rimane nel ciclo degli utenti normali della città. A Venezia è il fatto normale che se si libera qualcosa non rimane nel ciclo dei cambiamenti di residenza dei cittadini. No, quello viene affittato ai turisti. È tipico di Venezia2.

E di cui gli stessi cittadini appaiono perfettamente consapevoli.

Statisticamente tutti gli appartamenti, man mano che si vuotano per motivi naturali, diventano alloggi turistici. Qua, l'appartamento di fronte, c'erano tre abitazioni abitate da tre famiglie, adesso anche questo è gestito da uno degli alberghi qua in giro, non so neanche quale, e ci sono tre appartamenti turistici. Ogni due-tre giorni arriva la famiglietta con le sue valigie, prende possesso, sta 2-3 giorni, dopodiché va via e arriva la cameriera e rifà i letti. (11) Si libera un appartamento, che magari c'è una signora anziana? Cosa fanno? Lo danno in affitto a un'agenzia, che questa gli procura i clienti che arrivano con le valigie alle due di notte. Tutto così...E magari i figli abitano in altri posti, non hanno interesse per la casa. Una volta tentavano di venderla, adesso invece non la vendono più, perché così prendono tanti soldi. La casa rimane loro. (39)

In una simile condizione di estrema precarietà, dove alla costante minaccia di perdere la propria abitazione si associa la consapevolezza della difficoltà di trovarne una equivalente nella stessa zona in tempi celeri, può mutare anche il tipo di legame che i soggetti 2 Intervista personale a Edoardo Salzano, Venezia, 15/12/2017

intrattengono con la città. Come sottolinea Wirth, infatti, la solidità del godimento dell’alloggio è una condizione necessaria per auto-percepirsi come cittadini a pieno titolo, ovvero per radicarsi stabilmente nel territorio e poter partecipare attivamente alla sua vita politica e sociale3. La casa costituisce in questo senso

a gateway to other rights, it is a condition that has to be fulfilled in order to ensure the exercise of belonging in all its aspects. […] To be deprived of the access to adequate housing is to be deprived of the very possibility to be part of and to enjoy the city life4.

Quale organicità di inserimento può quindi avere un abitante che si percepisce come irrimediabilmente transitorio, non riuscendo a proiettare concretamente nel futuro la propria presenza nel tessuto sociale, economico, politico urbano? Abitare un luogo, infatti, è per sua natura un atto estremamente complesso,

différent de parcourir un espace, d’y transiter. Habiter présuppose un certain rapport à la fois au temps et à l’espace. Habiter intègre le temps long, celui des saisons, des années, des générations successives. Il suppose la construction de relations particulières tant vis-à-vis de l’espace considéré qu’avec les autres. Il suppose aussi des liens de proximité, voire souvent – quoique pas toujours – des liens d’affectivité. Habiter ce n’est pas squatter: c’est occuper, s’approprier, se poser, s’installer, investir de manière durable un lieu5.

Ed è esattamente questa possibilità di insediamento ed investimento durevole nel luogo che la fragilizzazione delle locazioni ha minato dalle fondamenta, facendo di Venezia una città che si attraversa per periodi più o meno brevi, per motivi di studio, amore o lavoro, senza potervisi radicare, almeno che non si abbia accesso alla proprietà immobiliare. Una circostanza a cui si somma il massiccio ricorso a forme surrogate o informali di contrattualizzazione, con la conseguente sottrazione agli inquilini di tutti quei diritti che derivano dal riconoscimento ufficiale della residenza. Innumerevoli sono infatti le storie di persone che da svariati anni vivono a tutti gli effetti la città, senza poter tuttavia accedere ad una registrazione burocratica. Se la mancata iscrizione anagrafica implica di per sé la negazione di diritti costituzionali fondamentali6, ciò risulta ancora più significativo nel contesto veneziano, dove il titolo di residenzialità garantisce l’accesso ad una serie di servizi primari e, in alcuni casi, ad un differente regime tariffario7.

3 L. Wirth, "Urbanism as a Way of Life", in American journal of sociology, 44.1, 1938, pp. 1-24.

4 R. Rolnik, "Place, inhabitance and citizenship: the right to housing and the right to the city in the contemporary urban world", in International Journal of Housing Policy, 14.3, 2014, pp. 293-300 5 M. Gravari-Barbas, Habiter le patrimoine: enjeux, approches, vécu (2005), p. 5

6 Vedi E. Gargiulo, "Localizzazione dei diritti o localismo dell'appartenenza? Abbozzo di una teoria della residenza", in SocietàMutamentoPolitica, 2011, pag. 241-261.

Alla labile polarità dell’affitto si contrappone invece il regno della proprietà, che si esprime con un altro linguaggio e presenta problemi decisamente diversi. Dato l’alto tasso di concentrazione della proprietà che caratterizza il mercato immobiliare veneziano, è accaduto di frequente che, oltre alla propria residenza, i proprietari intervistati disponessero anche di altri immobili in città, prevalentemente destinati alla locazione a terzi o tenuti sfitti. Come è prevedibile, dal loro punto di vista la problematicità dell’affitto non risulta dipendente dall’eccessiva esosità dei canoni pretesi, quanto piuttosto dal sistema legislativo, le cui prescrizioni vengono condannate come inefficaci, contraddittorie o paralizzanti. In tale ottica, uno dei fattori di maggiore criticità viene riscontrato nella misura dell’equo canone, in vigore a Venezia dal 1978 al 1998, a cui si addebita la carenza di appartamenti disponibili sul mercato residenziale negli anni passati e una cospicua influenza sul processo dell’esodo.

Non so se era lievitazione del costo degli affitti, proprio non affittavano! Tu affitteresti se tu hai una tua proprietà e un figlio di 16 anni che magari tra cinque anni si sposa, tu affitteresti che dopo ti tocca andare in tribunale e dopo dieci anni, col figlio che vive da qualche altra parte o convive con te con già un bambino piccolo e uno in pancia, riesce finalmente a rientrare nella sua casa? Queste erano le leggi! Uno non era proprietario dell'immobile suo, neanche su bisogno, su necessità…E quindi la gente, quando riusciva a liberarlo, metti che anche il figlio non si fosse sposato, magari aveva 22 anni, chissà...lo teneva lì. E' strano perché non è un mercato libero...e anche adesso la gente è tanto diffidente. (11)

Nessuno andava in affitto perché nessuno investiva sulla casa. L'affitto era a equo canone, per cui ti do la casa in equo canone, paghi poco, ti arrangi, ti può crollare sulla testa! (17) In passato c'è stato il problema dell'equo canone, che ha bloccato tutto. I fortunati che avevano l'equo canone, pur avendo una casa di proprietà, affittavano fuori equo canone la casa di proprietà e vivevano a equo canone. Così chi riusciva ad avere la casa libera affittava a prezzi altissimi. Questo è stato l'aumento del costo della vita che c'è stato a Venezia. Io ricordo che gli affitti erano bassi una volta. Con sto discorso qua negli anni '70 ha cominciato ad aumentare tutto. Che poi però nessuno riusciva a sfrattare...C'è stata una tensione non da poco...Nessuno poi voleva più affittare. (23)

Una simile lettura storica del problema abitativo, che lo imputa ad una misura tutelativa nei confronti degli inquilini (che presentava certo notevoli aspetti problematici, ma che solo a patto di una forzatura può essere ritenuta responsabile della crisi residenziale e dell’esodo), sembra in realtà avanzata principalmente a fini auto-giustificativi. Scaricando le responsabilità sul sistema esterno, sulla struttura legislativa, essa consente infatti ai singoli proprietari di esonerarsene, almeno parzialmente. È del resto tutt’altro che rara nell’ambiente sociale veneziano la tendenza ad attribuire colpe e biasimi a determinate

categorie di soggetti, in modo più o meno esplicito, più o meno sussurrato, attraverso un unico movimento retorico che al contempo identifica l’altro come responsabile e smarca se stessi poiché coartati da strutture terze di natura burocratico-amministrativa, oppure in quanto dotati di un profilo etico che si ritiene più lodevole, meno compromettente. All’interno della categoria dei proprietari, ad esempio, si è portati a biasimare in modo corale i possidenti di maggiore dimensione, accusati di speculare sulla città e di tenere gli appartamenti sfitti per farne lievitare il valore. In particolare, nel quartiere studiato, entra spesso in scena una “signora di Pordenone”, titolare di una intera area di caseggiati lasciati in stato di abbandono.

Quasi tutta la zona è di proprietà di tre famiglie di Pordenone: tutti i negozi che vedi, in calle dei Proverbi per andare verso Santi Apostoli, che sono chiusi, la casa lì, tutta chiusa in fondo, sono tutte quante proprietà di un noto ingegnere di Pordenone. Questo è uno che il vecchio è morto, ha ereditato la madre, che però c'era una sorta di patto per cui lui non vendeva, ha ereditato la moglie che era un po' più giovane. E' quella che poco fa è crollato il tetto...è tutto suo. Praticamente la moglie non vuole vendere, adesso è anziana e la figlia non affitta perché sta aspettando di vendere tutto quando muore la madre. Un personaggio che ha sfrattato una mia vicina e anche la signora di sopra. Sembrava che dovesse mettere qualcuno, le ha sfrattate e ha chiuso la casa. Ha mezzo quartiere, sta aspettando di vendere tutto. L'albergo che c'è dove ci sono le case chiuse, che ha un giardino immenso, lì è tutto abbandonato da anni perché lei le ha sfrattate per vendere all'albergo che è nella calle sopra, però finché non può vendere è tutto fermo. Così lo vende libero, anche se è un po' più distrutto. (15)

Da simili atteggiamenti, considerati come “eccessi”, molte delle persone intervistate cercano di distinguersi in maniera netta, presentandosi invece come proprietari attenti, moderati, capaci di “mettersi una mano sul cuore” e di non speculare sui propri beni. Quasi difendendosi preventivamente da un possibile giudizio negativo nei loro confronti da parte del contesto sociale e, in questo caso, della ricercatrice che li interroga, più volte essi espongono allora con orgoglio la “scelta” di affittare a veneziani piuttosto che a turisti. Infatti, in risposta ai numeri drammatici dello spopolamento e alla proliferazione delle locazioni turistiche, non sono rari i proprietari che si sentono chiamati ad una decisione di tipo morale, laddove accettano di rinunciare ad una quota di rendita al fine di favorire la residenzialità urbana.

Io ho un piccolo appartamentino dove abitava mia sorella. Dopo che si è sposata e è andata a vivere col marito l'abbiamo lasciato vuoto perché anche noi abbiamo vissuto sta esperienza così...E poi alla fine ci siamo commossi perché una persona ci ha chiesto, abbiamo detto "è un veneziano" e...chiediamo un affitto modesto, accettabile da pagare, e insomma adesso c'è questa persona, però siamo indietro di due mesi di affitto. E non diciamo niente, perché insomma, si cerca di venirsi incontro...Però non è una cosa elastica. (11)

Noi il nostro appartamento l'abbiamo dato a veneziani, sempre gli stessi, tre generazioni, quattro. Ma dopo arrivi a un punto: ti tassano, di qua di là, a un certo punto uno deve vedere insomma, e scegliere altre cose. Non condanno, ecco. Diciamo che forse l'amministrazione poteva mettere dei paletti, anche per l'acquisto: uno da fuori doveva almeno avere un po' di venezianità...Compri la casa per abitarci tu? Per affittarli tu? Qua comprano proprio per poi affittare ai turisti, è tutto un altro modo. (28)

La “venezianità” finisce così per divenire un requisito, o quantomeno un ausilio, per la ricerca di un’abitazione in città a prezzi sostenibili sul mercato privato, nel momento in cui le politiche residenziali pubbliche sono del tutto assenti e a tale possibilità viene aperto uno spiraglio solamente dal “buon cuore” di singoli proprietari. Una venezianità che, tuttavia, non assume di norma connotati etnicizzanti:

Io per integrare, e per mantenere a Venezia la gente che lavora qua, ho affittato non dico gratis, ma quasi, la casa dove abitavamo da giovani. A un residente. E' una scelta. A un residente con figli del Bangladesh, una signora che ha un negozio di fruttivendolo. Oggi poi tanta gente si butta sul b&b. Noi abbiamo deciso di non affittare ai turisti, per principio. (18) Quella di trattare immobili esclusivamente con “veneziani” non è tuttavia una scelta semplice o una circostanza esente da ostacoli, come racconta un giovane proprietario locale, condividendo sui social networks l’esperienza di una vendita con una descrizione che rappresenta in maniera inusualmente puntuale la predatorietà dell’ambiente immobiliare che caratterizza la città lagunare contemporanea.

Ho conosciuto chi sta uccidendo questa città. Da qualche mese ho messo in vendita il mio appartamento in centro storico. In molti sono venuti a vederlo, alcuni interessati a prenderlo per viverci, altri, molti, per affittarlo ai turisti. Vorrei però raccontare di una persona che mi ha particolarmente colpito che chiameremo M. Il nostro M. lo fa di lavoro l’affittanza turistica. Ammette senza farne tanto mistero, anzi con una certo mal celato orgoglio, che negli ultimi anni ha abbandonato la sua precedente professione e ora “gestisce” una ventina (VENTINA!) di appartamenti in città, tutti rigorosamente per affitto solo ai turisti e solo per periodi brevi, poiché, dice, sono più redditizi. Ha saputo che il mio appartamento era in vendita perché attualmente sta ristrutturando in zona un piano terra allo scopo di renderlo un appartamento affittabile. Faccio mente locale, conosco la zona abbastanza bene e capisco di che immobile si tratta, un amico l’aveva in affitto qualche anno fa, come magazzino, lo ricordo bene, assolutamente inabitabile! Sto ancora pensando a come abbia ottenuto il cambio di destinazione d’uso, quando lui continuando nella discussione mi dice che fa sempre così, compra case fatiscenti o comunque da ristrutturare, ci spende - a sentire lui - poco per un veloce restauro e poi le affitta, si rifà delle spese in pochissimo tempo. Alcune le gestisce personalmente altre le dà in gestione alle agenzia immobiliare (che oramai in centro si sono

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