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L’analisi dei flussi finanziari: il rendiconto finanziario

4. Il Bilancio dell’Ente Ecclesiastico

4.4 L’analisi dei flussi finanziari: il rendiconto finanziario

Premesso che, come già precisato all’inizio del capitolo, il bilancio dell’Ente si compone degli schemi previsti dal codice civile29, anche per l’esposizione del rendiconto finanziario30 si seguirà la stessa linea, utilizzando il nuovo schema divenuto obbligatorio per i bilanci chiusi al 31/12/2014 e 31/12/2015 da esporre

in nota integrativa al fine di garantire un’informazione più completa. Inoltre, si precisa che a partire dai bilanci chiusi al 31/12/2016, il rendiconto

finanziario, in linea con quanto disposto dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), diverrà documenti di bilancio obbligatorio e a sé stante, come stabilito nel d.lgs. 139/201531 e disciplinato nell’art. 2425 ter32 del nuovo codice

civile. Di seguito si espone l’analisi del rendiconto finanziario “della liquidita”33

suddiviso per aree in cui esso si struttura.

29 Per maggiori dettagli si rimanda agli articoli 2424 e 2425 del codice civile; 30 Per maggiori dettagli si rimanda all’OIC di riferimento;

31 Tale decreto intitolato “Il nuovo bilancio d’esercizio” ha recepito le modifiche prevista dalla nuova

legge di stabilità (ex finanziaria del 2016). Per maggiori dettagli si rimanda al testo del decreto.

32 Per nuovo testo si rimanda al codice civile aggiornato al 2016.

33 Trattasi di una delle 3 opzioni. Per maggiori dettagli sulle altre due opzioni si rimanda al testo “Analisi

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4.4.1 I flussi finanziari della gestione reddituale

Di seguito si espone il “flusso di liquidità della gestione reddituale”:

Descrizione conto Importo al

31/12/2014

A. FLUSSI FINANZIARI DERIVANTI DALLA GESTIONE REDDITUALE

Utile (perdita) dell'esercizio (16.948.707)

Imposte sul reddito 1.163.007

Interessi passivi (interessi attivi) 164.496

(Dividendi) 0 (1)

(Plusvalenze) minusvalenze derivanti dalla cessione di attività 0

1. Utile (perdita) dell'esercizio prima delle imposte sul reddito, interessi, dividendi e

plus/minusvalenze da cessione (15.621.205)

Rettifiche per elementi non monetari che non hanno avuto contropartita nel capitale circolante netto

Accantonamenti ai fondi (239.477)

Ammortamenti delle immobilizzazioni 9.613.325

Svalutazione delle perdite durevoli di valore 0

Altre rettifiche per elementi non monetari 0

2. Flusso finanziario prima delle variazioni del CCN (6.247.356)

Variazione del capitale circolante netto

Decremento (Incremento) delle rimanenze (155.279)

Decremento (Incremento) dei crediti vs clienti 3.065.474

Incremento (Decremento) dei debiti vs fornitori 403.765

Decremento (Incremento) dei ratei e risconti attivi 380.713

Incremento (Decremento) dei ratei e risconti passivi 87.846

Altre variazioni del capitale circolante netto 174.428

Totale variazione CCN 3.956.948

3. Flusso finanziario dopo le variazioni del CCN (2.290.408)

Altre rettifiche

Interessi incassati (pagati) (164.496)

(Imposte sul reddito pagate) (1.197.698)

Dividendi incassati 0 (1)

(Utilizzo dei fondi) 0

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Come si può osservare, il “flusso della gestione reddituale” chiude con un risultato negativo. Questo è dovuto sostanzialmente al risultato di partenza del

rendiconto (l’utile dell’esercizio). Nonostante le rettifiche relative ai componenti non monetari (ammortamenti e

accantonamenti) e la presenza di una variazione del capitale circolante netto positiva, queste non sono bastate per coprire il gap negativo con il risultato finale. Tuttavia è opportuno segnalare la variazione del CCN di circa 4 milioni di Euro. Eliminando quindi i flussi di liquidità potenziale, osserviamo che il risulta positivo è dovuto principalmente ad un andamento migliore degli incassi nel 2014 rispetto all’esercizio precedente, registrando infatti una riduzione dei crediti a cui corrisponde, come vedremo alla fine del prospetto, un aumento di liquidità di poco meno (circa 3,3 milioni di euro). La resta differenza si spiega in parte con l’aumento delle rimanenze rispetto all’esercizio precedente ed in parte alla liquidazione del TFR, in quanto l’Ente solo nell’esercizio 2014 ha dovuto liquidare circa 2,4 milioni di Euro di Tfr (da nettare all’accontamento dell’esercizio pari a circa 2,1 milioni di euro). Gli altri valori, anche se presentano una variazione positiva, posso considerarsi tendenzialmente in linea

con l’andamento dell’esercizio precedente. (1) Infine si vuole precisare che la voce “Dividendi” e “Dividendi incassati” è

stata mantenuta solo al fine di rispettare lo schema previsto dall’OIC 10, ma tali

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4.4.2 I flussi finanziari della gestione reddituale

Di seguito si espone il “flusso finanziario delle attività di investimento”:

B. FLUSSI FINANZIARI DERIVANTI DALL'ATTIVITA' DI INVESTIMENTO

Immobilizzazioni materiali

(Investimenti) (4.405.082)

Prezzo di realizzo disinvestimenti 0

Immobilizzazioni immateriali

(Investimenti) (99.244)

Prezzo di realizzo disinvestimenti 0

Immobilizzazioni finanziarie

(Investimenti) 0

Prezzo di realizzo disinvestimenti 0

Attività finanziarie non immobilizzate

(Investimenti) (6.368.284)

Prezzo di realizzo disinvestimenti 0

Acquisizione o cessione di società controllate o di rami d'azienda al netto delle disponibilità liquide 0

FLUSSO FINANZIARIO DELLE ATTIVITA' DI INVESTIMENTO (B) (10.872.610)

Anche “l’area di investimento” chiude con un risultato negativo. Tuttavia se osserviamo lo Stato Patrimoniale civilistico, gli investimenti dell’esercizio si sono ridotti rispetto al 2013 di circa 5 milioni di euro, valore composto da un aumento degli investimenti di circa 15 mila Euro per le immobilizzazioni immateriali a cui compensa una diminuzione degli investimenti di circa 5,1 milioni di Euro delle immobilizzazioni materiale. Tuttavia ciò non basta, perché a gravare sul risultato dell’area di investimento sono gli ammortamenti dell’esercizio, pari 9,6 milioni di euro34 (9,5 milioni per materiali 84 mila euro per le immateriali), su un totale di immobilizzazioni nette pari a 464 milioni di euro34 al 31/12/2014.

34 Per maggiori dettagli si rimanda allo schema di Stato Patrimoniale e Conto Economico esposti nel

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4.4.3 I flussi finanziari della gestione reddituale

Di seguito si espone il “flusso finanziario delle attività di finanziamento”:

C. FLUSSI FINANZIARI DERIVANTI DALL'ATTIVITA' DI FINANZIAMENTO

Mezzi di terzi

Incremento (Decremento) debiti a breve vs banche 0

Accensione finanziamenti 0

Rimborso finanziamenti 0

Mezzi propri 0

Aumento di capitale a pagamento 17.821.963

Cessione (Acquisto) di Capitale 34.691

Dividendi (e acconti su dividendi) pagati 0 (1)

FLUSSO FINANZIARIO DELLE ATTIVITA' DI FINANZIAMENTO (C) 17.856.654

(1) Vedi commento in paragrafo 4.4.1

A differenza della due precedenti aree, “l’area di finanziamento” chiude con un risultato positivo. Lo schema previsto dal codice civile utilizza la voce “aumento di capitale “a pagamento”. Tuttavia nel nostro caso, è opportuno specificare che non siamo nella casistica prevista dall’OIC 10, in quanto essendo un Ente non profit, il capitale non è composto da azioni. L’aumento del capitale (o Fondo di dotazione), si riferisce a diversi lasciti di liquidità effettuati a favore dell’Ente. La riduzione invece si riferisce alla donazione di un immobile da parte dell’Ente a favore di un altro ente religioso. Anche il rendiconto finanziario, come l’analisi dei riclassificati e degli indici di redditività, ci fa comprendere quanto il patrimonio netto dell’Ente sia il suo punto di forza, garantendo al tempo stesso, sia copertura negli investimenti che autonomia finanziaria, ciò nonostante le perdite conseguite.

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Tale area infatti, rappresenta il punto cardine che, insieme alla variazione del CCN, sentenziano una variazione della liquidità positiva rispetto all’esercizio precedente, come si evince dalla tabella sottostante:

FLUSSO FINANZIARIO DELLA GESTIONE REDDITUALE (A) (3.652.602)

FLUSSO FINANZIARIO DELLE ATTIVITA' DI INVESTIMENTO (B) (10.872.610)

FLUSSO FINANZIARIO DELLE ATTIVITA' DI FINANZIAMENTO (C) 17.856.654

Incremento (Decremento) delle disponibilità liquide 3.331.442

Disponibilità liquide al 1/01/2014 14.337.278

Disponibilità liquide al 31/12/2014 17.668.720

Differenza di quadratura 3.331.442

4.4.4 Considerazioni finali

Da quanto si evince dal Rendiconto Finanziario, l’Ente presenta una situazione di liquidità soddisfacente, in crescita e che gli permette di operare al 100% in autonomia di capitale. Tuttavia è opportuno muovere una critica. La liquidità che alimenta la situazione finanziaria dell’Ente non deriva esclusivamente dagli incassi dei servizi erogati, o meglio dal risultato finale del proprio ciclo attivo. Ma bensì parte di essa, anche di una certa congruità, deriva da iniziative e attività di raccolta fondi, nonché di lasciti di diversa natura. Questi aspetti appena citati, sono fattori altamente variabili che non garantiscono la loro presenza o congruità in ogni esercizio e potrebbero facilmente venir meno da un esercizio all’altro. Nel nostro caso, dato ormai l’affermazione dell’Ente non mondo del terzo settore, nonché la sua ormai consolidata solidità patrimoniale e finanziaria, tale aspetto potrebbe avere un impatto poco significativo, ma ad esempio Enti di dimensioni più ridotte, che operano anch’essi prevalentemente con enti pubblici (di solito comportano problemi di incasso) o la loro situazione finanziaria dipenda quasi esclusivamente dall’assegnazione di contributi statali annuali o pluriennali, sicuramente ciò, non dotandosi di una propria autonomia patrimoniale e finanziaria, potrebbe metterne a rischio la continuità dell’attività.

105 Conclusioni

Negli ultimi decenni il numero degli Enti non profit è cresciuto in modo sensibile. Già nel 1999 le Organizzazioni non profit erano circa 410.000, nel 2010 sono diventate più di 470.000 (incremento di circa il 15% in circa un decennio). Si tratta di numeri che ci indicano il rilievo all’interno del contesto sociale italiano di questa nuova forma di “fare azienda”. Gli Enti religiosi sono stati molto probabilmente la prima categoria di aziende del terzo settore, anche se oggi il volto del non profit si è trasformato e ha ampliato la sfera dei soggetti erogatori dei servizi, in quanto non ci troviamo più solo davanti a Enti religiosi, ma bensì ad una variegata tipologia di società ed organizzazioni di ispirazioni diverse. Dal punto di vista puramente aziendalistico, possiamo definire un punto debole per eccellenza di questi Enti, la prevalenza della mission istituzionale rispetto alla ricerca dell’equilibrio economico. Gli Enti non profit di tipo ecclesiastico, partono dal presupposto che “per troppo tempo la dimensione

economica è stata considerata come il punto di partenza per valutare la condizione umana, diventando una dimensione esclusiva ed escludente: allo sviluppo economico è stato dato il compito di dare una sopravvivenza duratura, ma poiché la massimizzazione del profitto ha prevalso sul bene comune e sull’equità, da questa sopravvivenza sono esclusi tutti coloro che non sono in grado di entrare e permanere in questo meccanismo. Inoltre la crisi che stiamo vivendo a livello globale, ormai, non può più essere considerata un fatto passeggero, ma segna un cambiamento degli orizzonti in cui siamo abituati a pensare, ragionare e muoverci. Una società persiste nel tempo se si trasforma, ma ogni cambiamento ha un costo; quindi è necessario fermarsi a pensare a questo processo di trasformazione che si sta realizzando e far sì che si riesca a ripartire da elementi di solidarietà senza i quali non può esserci solidità nel divenire. In questo processo di trasformazione è necessario trovare un nuovo modello di sviluppo in cui il “sistema economico torni ad essere il mezzo e non

il fine”, e al processo di circolazione delle merci corrisponda un processo

redistributivo virtuoso che permetta a tutti gli individui del sistema, senza nessuna esclusione, di vivere in modo dignitoso”.

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Tuttavia il fine istituzionale, soprattutto per poter essere realizzato, deve fare i conti con realtà attuale, ossia con una società che dipende sempre più assiduamente dalla condizione economica globale. Si è avuto modo di ammirare tutte le attività svolte dall’Ente analizzato, ma per poterle implementare, realizzare e sviluppare, si ha bisogno di risorse, che solo con un minimo di aziendalismo posso essere reperite. Come si è apprezzato in sede di analisi di bilancio, l’Ente in questione gode di grande solidità patrimoniale e finanziaria, a cui non corrisponde però un equilibrio economico soddisfacente, dove l’impatto elevato dei costi del personale (senza considerare gli oneri figurativi) rispecchia il nucleo della prevalenza del fine istituzionale rispetto all’equilibrio economico. Ma bisogna anche precisare che tale solidità si è sviluppata negli anni anche e soprattutto grazie a lasciti, donazioni, raccolte fondi, etc.. tutti aspetti che non rappresentano la gestione caratteristica dell’Ente in senso stretto e che hanno natura variabile. Per tal motivo il sistema economico deve rappresentare “il

mezzo per il fine”, un mezzo a cui non si può far a meno se si vogliono realizzare

i progetti di una realtà così estesa (commerciale o istituzionali che siano). In un contesto di crisi come quello attuale, non ci si può assolutamente permettere di fondare le proprie basi su elementi di variabilità, e se da un lato l’elevata varietà di immobili e patrimonio possano “sistemare i numeri e gli indici di bilancio”, dall’altro bisogna fare i conti con le difficoltà finanziarie che la società globale sta vivendo, e considerare che qualora l’Ente possa avvertire problemi di liquidità, le voci sopramenzionate potrebbero non essere un “porto sicuro”. Per tale motivo “il saper fare impresa” deve rappresentare in un certo senso “il lascia passare” per svolgere ed espandere l’attività istituzionale, o comunque qualora si vogliano sorvolare nuovi orizzonti, iniziative o progetti, bisogna sempre chiedersi se i “conti attuali lo permettano”, quante “risorse servono”, quali sono “le conseguenze economiche e finanziarie” e soprattutto come si può “ottimizzare il tutto”.

107 BIBLIOGRAFIA

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