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GLI ENTI NON PROFIT:schemi di bilancio, indici e rendiconto finanziario di un Ente Ecclesiastico

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Academic year: 2021

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6 CAPITOLO 1

1. Gli enti non Profit: introduzione

1.1 Definizione di impresa sociale ... 8

1.2 Aspetti normativi……….11

1.3 Principali differenze ... 14

1.4 Gli enti non profit nella prospettiva della “Società Civile” ... 18

CAPITOLO 2 2. Il bilancio delle Organizzazioni non Profit 2.1 Ambiti gestionali di riferimento ... 22

2.2 Il Bilancio d’esercizio nel settore non profit ... 23

2.2.1 I principi contabili del non profit ... 24

2.2.2 I documenti di bilancio delle aziende non profit (ed eventuali confronti) .. 28

2.3 La relazione di missione (o relazione sulla gestione per le società)... 39

2.4 Il bilancio sociale ... 43

2.5 Gli enti religiosi: introduzione al caso pratico ... 47

2.5.1 Gli adempimenti per la formazione del bilancio ... 49

2.5.2 Le peculiarità della dimensione economica ... 51

CAPITOLO 3 3. Il caso pratico dell’Ente Ecclesiastico: presentazione e brevi note 3.1 La Storia: cenni introduttivi ... 54

3.2 Profilo generale: inquadramento giuridico e territoriale dell’Ente... 56

3.3 La Missione ... 57

3.4 Le attività e i Servizi svolti ... 58

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7 CAPITOLO 4

4. Il Bilancio dell’Ente Ecclesiastico ... 1

4.1 Schemi di bilancio analisi delle voci più rilevanti ... 64

4.2 L’analisi degli schemi riclassificati ... 75

4.2.1 L’analisi finanziaria: il criterio finanziario... 75

4.2.2 Il profilo economico: il criterio di pertinenza gestionale ... 79

4.2.2.1 Le due interpretazioni dello Stato Patrimoniale ... 79

4.2.2.2 Il Conto Economico: le riclassificazioni dell’area caratteristica ... 86

4.3 Analisi per indici: i principali indicatori... 92

4.4 L’analisi dei flussi finanziari: il rendiconto finanziario ... 97

4.4.1 I flussi finanziari della gestione reddituale ... 98

4.4.2 I flussi finanziari delle attività d’investimento... 100

4.4.3 I flussi finanziari dell’attività di finanziamento ... 101

4.4.4 Considerazioni finali ... 102

Conclusioni ... 103

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CAPITOLO 1

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10 1.1 Definizione di impresa sociale

Secondo l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, attuativo della Legge delega 13 giugno 2005, n, 118, e recante la disciplina dell’impresa sociale, possono acquisire tale qualifica tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli

enti di cui al libro V del codice civile1, “senza scopo di lucro”, che esercitano in

via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale e che hanno i requisiti di legge.

Passando all’analisi della definizione, rileviamo quanto segue:

per “assenza di scopo di lucro” si intende un’organizzazione esercitante

un'impresa sociale, che destina gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio. A tal fine è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque essi denominati, nonché fondi e riserve a favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.

 per “esercizio in via stabile e principale un’attività economica organizzata”, si possono avanzare due principi:

- prevalenza del “valore economico dei fattori produttivi” dell’impresa sociale rispetto alle altre attività commerciali;

- prevalenza dei “ricavi da attività” di impresa sociale rispetto agli altri proventi di natura commerciale.

Inoltre, il comma 2 del decreto, precisa che per “attività principale” si intende quella per la quale i relativi ricavi sono superiori al 70% dei ricavi complessivi dell’organizzazione che esercita l’impresa sociale.

1 Trattasi del libro del Lavoro, con riferimento agli ambiti delle Attività professionali (Titolo 1),

dell’impresa (Titolo 2), del lavoro autonomo (Titolo 3), del lavoro subordinato in particolari rapporto (Titolo 4), delle Società (Titolo 5), delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici (Titolo 6), delle associazioni in partecipazione (Titolo 7), dell’Azienda (Titolo 8), dei diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni industriali (Titolo 9) ed infine della disciplina della concorrenza e dei consorzi (Titolo 10). Per maggiori approfondimenti si rimanda al Codice Civile.

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11

 per “finalità di interesse generale” si fa riferimento alle attività svolte2 ed

elencante dal comma 1, art. 2 del D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, fra le quali mi limito a proporre solo quelle svolte dal Ente che analizzeremo in seguito: - assistenza sociale;

- assistenza sanitaria; - assistenza socio-sanitaria;

- educazione, istruzione e formazione; - ricerca ed erogazione di servizi culturali;

 infine, per “i requisiti di legge3”, fra cui la redazione del bilancio, tratteremo l’argomento nei capitoli successivi.

Vi sono due considerazioni fondamentali per comprendere l’essenza di tali Enti; la prima riguarda il “ruolo ed il compito nel sistema economico sociale”: le teorie economiche del 1900 (fino intorno agli anni ’60) impostavano il sistema economico sociale su due soli interlocutori: lo Stato e il mercato.

Oggi il mutato quadro sociale porta a considerarne quattro, e precisamente: lo Stato, il mercato, il terzo settore e le aggregazioni familiari.

In relazione a tali entità, i beni che precedentemente erano classificati in beni pubblici e beni di libero scambio, vengono distinti fra:

- beni pubblici, esclusivamente erogati dallo Stato, quali sono, ad esempio, la difesa della nazione, la sicurezza dei cittadini, etc;

- beni meritori e relazionali, che rappresentato il campo in cui gli enti non profit svolgono la maggior parte della loro attività, che si esplicano in istruzione, prestazioni sociali, e sanitarie, etc;

- beni di libero scambio, come sono i beni prodotti dalla maggior parte delle attività imprenditoriali.

2 Per l’elenco completo delle attività svolta si rimanda al comma 1, art. 2 del D.Lgs. 24 marzo 2006, n.

155.

3 Per i requisiti richiesti dalla legge, con particolare riferimento agli obblighi relativi alla contabilità e

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Questa visione dello Stato sociale porta a valutare con maggior precisione il ruolo e il compito degli enti non profit. La visione che ne nasce è che le “Organizzazioni Non Profit operano per il soddisfacimento di beni che

tradizionalmente lo Stato considera pubblici, in quanto mirano a dare risposta ai bisogni primari della persona”. Di conseguenza, ne nasce un vero e proprio

dibattito in merito al ruolo che tali Organizzazioni svolgono nel contesto economico sociale, fra cui le opinioni prevalenti sono le seguenti:

- le Organizzazioni Non Profit rispondono come fornitrici di servizi ad una domanda cui lo Stato non è in grado o non ritiene opportuno rispondere direttamente;

- alcuni consumatori di beni meritori e relazionali le preferiscono ad altre organizzazioni economiche, pubbliche o private, perché le ritengono più adeguate a rispondere ai loro bisogni;

- la Pubblica Amministrazione le vede come una vera e propria versione privata, dotata di maggiore flessibilità e capace di mediare fra interessi individuali e interessi collettivi.

Infine la seconda considerazione riguarda l’aspetto chiave di tali organizzazioni, ossia l’assenza di scopo di lucro, e di conseguenza “la gratuità delle prestazioni”, dovuta sostanzialmente allee risorse a disposizione di cui dispongono e rappresentate dalle prestazioni volontarie e gratuite dei propri soci. Ovviamente tutto ciò a differenza delle Organizzazioni Private, ove è possibile avvalersi solo di prestazioni (come avviene, in particolare, per i propri dipendenti) che sono sempre onerose, senza possibilità di richiedere sacrifici personali che vadano al di fuori dei contratti che regolano le prestazioni medesime, e dove vengono inoltre fornite risorse (beni e servizi) da parte di finanziatori che non attendono di ricevere in cambio una prestazione corrispondente.

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13 1.2 Aspetti normativi

Il settore non profit comprende organizzazioni molto diverse tra loro sia per quanto riguarda le attività svolte che i soggetti che la svolgono. Si può dire che esso si presenta come un universo assai variegato sia sotto il “profilo giuridico” che

“economico aziendale”. Dal “punto di vista giuridico”, il mondo delle aziende non profit appare complesso, in quanto caratterizzato da una varietà di soggetti giuridici, oltre alla presenza di un “campo di attività” che rende difficilmente inquadrabile e classificabile il settore. A livello pratico, allo scopo di fissare alcune categorie di enti particolarmente significativi, si distingue fra:

1) gli enti disciplinate dal “codice civile”4: - Associazioni riconosciute;

- Fondazioni riconosciute; - Associazioni non riconosciute; - Comitati;

2) gli enti oggetto di “interventi legislativi specifici”:

- Organizzazioni di volontariato (L. 11 agosto 1991, n. 266); - Cooperative sociali (L. 8 novembre 1991, n. 381);

- Associazioni sportive (L. 16 dicembre 1991, n. 398);

- ONG (Organizzazioni Non Governative) (art. 28, L. 26 febbraio 1987, n. 49);

- Enti di promozione sociale (art. 3, comma 6, L. 25 agosto 1991, n. 287 e L. 7 dicembre 2000, n. 383);

- Enti lirici (D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367);

- Società di mutuo soccorso (L. 15 aprile 1886 n. 3818);

4 Perle categorie disciplinate dal codice civile, si rimanda al libro del codice civile, articolo 14, 36 e 39 ss

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14

- Centri di formazione professionale (L. 21 dicembre 1978, n. 845);

- Istituti di patronato (L. 30 marzo 2001 n. 152, L. 27 marzo 1980, n. 112, D.P.R.

- 22 dicembre 1986, n. 1017);

- ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale - D.Lgs. 4 dicembre 1997 n. 460).

Maggiore unitarietà presentano le aziende non profit dal “punto di vista economico aziendale”. In base a tale principio e con riferimento alle diverse classificazione citate in precedenza, le Organizzazioni Non Profit sono classificate come:

 aziende private di sola erogazione5 (cosiddette aziende non profit pure);

 aziende sia di erogazione sia di produzione (aziende non profit composte). Tali realtà, hanno come finalità prevalente il soddisfacimento diretto di bisogni socialmente rilevanti (assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi, di natura ideale, ecc. ), rispetto a cui la massimizzazione del reddito costituisce soltanto una finalità di seconda approssimazione, del tutto strumentale al raggiungimento della prima. Mentre nell’impresa il perseguimento di situazioni di eccedenza dei ricavi sui costi, data la prevalenza del finalismo di carattere economico sugli altri, rappresenta l'obiettivo guida di tutta l'attività, nelle aziende oggetto di analisi, questo costituisce esclusivamente il presupposto che consente agli stessi di perseguire nel tempo le finalità sociali in condizioni di autonomia economica. Questo però non toglie il fatto che anche in queste aziende, il soddisfacimento di condizioni di equilibrio economico costituisce premessa indispensabile pe

garantire nel tempo la continuità aziendale e la soddisfazione dei fini per i quali l’azienda non profit è stata istituita.

5 Per “aziende di erogazione pure” si intende quelle aziende che esclusivamente erogano servizi non

destinati allo scambio, cioè al libero mercato, ma il loro scopo è quello di soddisfare le esigenze dei soggetti componenti(associati) o esigenze di carattere collettivo e pubblico. Si distingue fra enti di assistenza, enti di beneficienza ed enti di ricerca. L’attività svolta si concretizza nella distribuzione di denaro, beni o servizi destinati ad una specifica categoria di persone.

6 Le “aziende non profit composte” si differenziano dalle precedenti, in quanto oltre ad erogare servizi,

producono anche beni, ma con stessa finalità e stesso tipo di attività svolte. In tal caso si distingue fra famiglie, circoli creativi e sportivi, associazioni culturali.

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Quindi, riassumendo quanto detto fin ora, possiamo affermare che le aziende che operano nel terzo settore, sono una categoria di azienda a se stante, perché si distinguono:

 dalle famiglie, in quanto non sono istituti naturali;

 dalle aziende pubbliche territoriali7, in quanto non basano la propria attività sulla raccolta indistinta di tributi per la loro destinazione a soddisfare esigenze e bisogni di carattere generale;

 dall' impresa, in quanto non aventi come finalità prevalente la remunerazione dei fattori della produzione utilizzando le dinamiche del mercato.

Inoltre, dal punto di vista economico-aziendale, presentano le seguenti peculiarità:

- dispongono di un soggetto economico privato8;

- prevedono una costituzione con atto formale9;

- si basano sul principio di autogoverno;

- si caratterizzano per l’assenza di distribuzione di utili;

- sono contraddistinti dalla frequente presenza di proventi dal significativo ammontare destinati da parte di finanziatori che non si attendono di ricevere controprestazioni (rimborsi e benefici), proporzionati al valore delle risorse erogate;

- si fondano sulla presenza di un rapporto di natura fiduciaria con la collettività di riferimento, sia per i servizi prestati sia per i fondi ricevuti;

- sono caratterizzati dall’assenza di interessi proprietari che possano essere ceduti, o riscattati, o che comportino il diritto ad una distribuzione delle risorse liberate in sede di eventuale liquidazione dell' istituto.

7 Per “aziende pubbliche territoriali” si intende:

- aziende di enti territoriali: stato, regioni, provincie, città metropolitane comuni, città montane o asl; - aziende degli enti istituzionali: camera di commercio;

- aziende pubbliche di servizi della person (ex IPAB).

8 Riferendoci esclusivamente alle aziende di erogazione privata, dove distinguiamo fra: le famiglie (con lo

scopo del soddisfacimento dei loro bisogni); associazioni e fondazioni private (con lo scopo di soddisfare bisogni collettivi); i comitati (persone che raccolgono fondi per il perseguimento di uno scopo di interesse pubblico).

9 In tal senso è il Prefetto che:

- riconosce la personalità giuridica alle aziende del terzo settore; - detiene il registro delle persone giuridiche;

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16 1.3 Principali differenze

L’orientamento generale del legislatore in questo ultimo decennio è stato quello di fare adottare in alcuni settori assai significativi le norme civilistiche che, come è noto, si rifanno alla IV Direttiva CEE in quanto applicabili. L’obiettivo del legislatore è quello di far riferimento a una disciplina completa della materia, già collaudata a livello operativo. In tal modo, gli operatori hanno la possibilità di avvalersi di regole certe la cui adozione favorisce non solo la redazione, ma anche la soluzione dei problemi interpretativi che dovessero sorgere intorno ai documenti di bilancio, data l’abbondante dottrina e giurisprudenza che si è andata formando nel tempo.

Tuttavia però, tali indicazioni, non sono adattabili a tutti settori del variegato mondo non profit, soprattutto quando abbiamo un mercato di collocamento del prodotto.

Secondo le indicazioni richiamate sopra, dunque, il bilancio di un’organizzazione non lucrativa, pubblica o privata, dovrebbe essere costituito dai documenti previsti

dall’art. 2423 del codice civile.

Lo stesso legislatore ha tuttavia provveduto nei casi in cui ha disposto la elaborazione di un bilancio-tipo ad adottare il contenuto dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, pur mantenendo i principi generali previsti dal c.c. (unità del bilancio, completezza della informazione, chiarezza, competenza, attendibilità, prudenza, neutralità`, prevalenza della sostanza sulla forma, comparabilità e significatività dei dati) per alcune importanti attività del mondo non profit.

Tuttavia, lo stesso c.c. contiene la possibilità di deroghe quali:

 se necessario, devono essere fornite informazioni complementari a quelle richieste dalla legge (D.Lgs. n. 127/1991 e art. 2423, comma 3, c.c.) attraverso l’inserimento di voci nello schema-tipo;

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 non devono essere applicate quelle disposizioni del codice civile in materia di bilancio che contrastano con la rappresentazione veritiera e corretta del bilancio stesso (art. 2423, comma 4) .

Occorre pertanto riflettere intorno agli aggiustamenti da apportarsi alle regole ordinarie, in modo da adattarle sia alla specifica natura che alle caratteristiche gestionali di un ente non profit. Ciò non riguarda solo lo schema della Situazione Patrimoniale o del Conto Economico, ma anche, ad esempio, la denominazione delle poste, alcune delle quali dovranno anche essere eliminate, altre meglio esplicitate o integrate.

Infine, effettuando un’analisi di tipo comparativo fra la disciplina prettamente civilistica e quelle totalmente o parzialmente applicabile alle Organizzazioni Non Profit, si rilevano delle sottili ma importanti differenze nell’applicazione del articolo del Codice Civile che disciplinano la redazione e la composizione del bilancio d’esercizio (2424 e seguenti).

Le principali differenze sono le seguenti10:

ARTICOLI NORME APPLICABILI TOTALMENTE NORME APPLICABILI PARZIALMENTE NORME NON APPLICABILI NOTE

2423 (Redazione del Bilancio) 2423

Il Bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria dell’organizzazione ed il risultato "gestionale" dell’esercizio. Il comma 3 e 4 risultano integralmente compatibili ed applicabili.

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18 ARTICOLI NORME APPLICABILI TOTALMENTE NORME APPLICABILI PARZIALMENTE NORME NON APPLICABILI NOTE

2423 ter (Struttura dello Stato Patrimoniale

e Conto Economico) 2423 ter

2424 (Contenuto dello Stato Patrimoniale) 2424

comma 1: si dovrebbe aggiungere

alla fine: tenendo distinte le «attivita` istituzionali» da quelle

«connesse» o «accessorie». ATTIVO:B-I : eliminare il n. 5

Avviamento (se si ritiene che una

ONLUS non possa trattare

un avviamento a titolo oneroso); B-III: eliminare al n. 1) lettera c) Imprese controllanti, al n. 2) lettera c) Verso controllanti ed il n. 4) Azioni proprie, con indicazione

anche del valore nominale complessivo;

C-II: considerare come ulteriore

dettaglio delle voci di credito

le liberalita`

da ricevere, i crediti verso le organizzazioni controllate e filiali ed organizzazioni collegate. Eliminare il n. 4) Verso controllanti; C-III: eliminare il n. 3) Partecipazioni in imprese controllanti e il n. 5) Azioni proprie, con indicazioni

anche del valore complessivo;

PASSIVO: sostituire A) I

con Capitale

di dotazione;

eliminare A) II, A) III, A)

IV, A)

VI;

eliminare alla lettera D) il n.10)

debiti verso controllanti. 2424 bis (Disposizione relative a singole

voci dello Stato Patrimoniale) 2424 bis

2425 (Contenuto del Conto Economico)

2425 C) Proventi e oneri finanziari: eliminare al n. 16) lettera d) ....e di quelli controllanti; al n. 17) ....e verso controllanti. 2425 bis (Iscrizione dei ricavi, proventi,

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19 ARTICOLI NORME APPLICABILI TOTALMENTE NORME APPLICABILI PARZIALMENTE NORME NON APPLICABILI NOTE 2426 (Criteri di valutazione) 2426 eliminare: ultimo capoverso del n. 5), la restante disposizione del n. 5) risulta applicabile solo alle

organizzazioni non profit

di grandi

dimensioni mentre e` inapplicabile

a quelle di piccole dimensioni

dato che non procedono alle

rilevazioni di voci di costo

sia di

esercizio che pluriennali; il n. 6) se si ritiene che l’avviamento

non possa essere acquisito

a titolo

oneroso); il n. 7); il n. 12).

2427 (Contenuto della Nota Integrativa) 2427

eliminare: dal n. 17) al n.

22) - V.

riforma del diritto societario.

2428 (Relazione sulla Gestione) 2428

eliminare: il n. 3) e il n. 4); eliminare: gli ultimi due comma.

2429 (Relazione dei sindaci e deposito di bilancio)

2429 2429

Applicabile per gli enti di tipo associativo. Eliminare: ultimo comma

2432 (Partecipazione agli utili) 2432

2433 (Distribuzione degli utili ai soci) 2433

2433 bis (Acconti sui diviendi) 2433 bis

2435 bis ( Bilancio in forma abbreviata) 2435 bis

Le differenze più significative saranno oggetto di analisi nei capitoli successivi.

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1.4 Gli enti non profit nella prospettiva della “Società Civile”

L’attuale normativa civilistica non prevede particolari obblighi contabili in capo alle fondazioni, associazioni e altre istituzioni non profit di carattere privato. E’ previsto:

per “le associazioni”, un obbligo generico (art.20 c.c.) ove l’assemblea è chiamata ad approvare il bilancio al termine di ogni esercizio. Inoltre, più in generale, laddove l’art.18 del codice civile stabilisce che per gli amministratori tornano applicabili le regole del mandato (art.1710 e seguenti del codice civile) si fa un diretto rinvio anche all’art.1713 che è intitolato obbligo di rendiconto e impone agli amministratori di rendere conto del proprio operato.

più definita è la situazione delle “cooperative sociali” le quali, in virtù del

richiamo dell’art.2516 c.c. sono, come tutte le cooperative, soggette alla disciplina di bilancio prevista per le società per azioni e di conseguenza sono quindi soggette alla redazione di bilanci definiti nella struttura degli artt.2423-bis e ter, nei contenuti degli artt.2424, 2425 e 2427, all’obbligo di osservazione dei criteri di valutazione dell’art. 2426, agli adempimenti civili volti alla pubblicazione del documento.

Infine, con riferimento agli “Enti Ecclesiastici” (caso specifico e concreto

che affronteremo nei capitoli successivi), la disciplina civilista trova concreta attuazione nella Legge n. 222 del 20 maggio 198511 e accordi correlati, contente le “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”.

In particolare l’art. 7, comma 3, dell’accordo 18 febbraio 198411 recita:

“Le attività diverse da quelle di religione e di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, alle leggi dello

Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime”.

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21

Inoltre l’art. 8 del D.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33 (Regolamento di esecuzione) recita:

“L’ente ecclesiastico che svolge attività per le quali sia prescritta dalle leggi la tenuta di scritture contabili deve osservare le norme circa tali scritture relative alle specifiche attività esercitate.”.

Da questo rapido quadro generale, consegue che l’Ente ecclesiastico ai fini

tributari e fiscali non assume alcun rilievo quando opera nell’ambito delle proprie attività istituzionali di culto e religione, mentre è soggetto a tutta la disciplina relativa per quanto concerne quelle attività che vengono considerate attività di impresa.

Infine, per quanto attiene la redazione del bilancio, si riproduce la stessa ripartizione, o meglio avremo:

 un bilancio istituzionale, che riguarda unicamente la vita interna dell’Ente e l’esercizio delle attività sue proprie di religione e di culto;

 un bilancio fiscale/commerciale, relativo alle attività di tale natura eventualmente svolte.

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CAPITOLO 2

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24 2.1 Ambiti gestionali di riferimento

Al fine di poter garantire una corretta redazione del bilancio di questi enti, i “tre principi” da esporre e comprendere in modo esaustivo sono i seguenti:

1) la “tipicità`” della gestione degli enti; 2) le “finalità” del bilancio di esercizio;

3) la forma, il contenuto e la struttura del “bilancio”.

Passando a trattare immediatamente il primo punto, in base alla normativa prevista per le Organizzazioni non lucrative si effettua una distinzione delle attività svolte al fine di ricondurle ai seguenti ambiti gestionali:

- attività istituzionali: quelle “tipiche” dell’ente, volte al raggiungimento degli scopi statutari;

- attività accessorie: attività di supporto a quella istituzionale, strumentali rispetto a quest’ultima;

- attività promozionali di raccolta fondi: vanno qui ricompresi i costi e i proventi relativi allo sviluppo di attività promozionali di raccolta fondi, mediante le quali l’ente si procura le risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento delle proprie attività;

- gestione patrimoniale, comprende l’insieme delle operazioni rivolte all’impiego di patrimoni allo scopo di trarne un reddito, da destinare al perseguimento delle finalità istituzionali;

- gestione finanziaria: ove vengono impiegati i mezzi monetari eccedenti il normale fabbisogno finanziario della gestione;

- gestione straordinaria: accoglie accadimenti straordinari (costi e proventi) rispetto alla ordinaria gestione.

E’ importante sottolineare che tra le varie gestioni si instaurano “rapporti di reciproca interdipendenza”, nel senso che sono in grado di influenzarsi a vicenda.

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25

Precisamente, le gestioni monetaria e finanziaria fungono da cuscinetto tra le gestioni accessorie e la gestione caratteristica, mettendo a disposizione di quest’ultima le risorse finanziarie prodotte dalle prime per il perseguimento delle finalità istituzionali. Ad esempio, nelle fondazioni, la gestione dei patrimoni assume grande rilievo, in quanto la gestione complessiva dell’ente si traduce nel mettere a disposizione dei beneficiari le rendite del patrimonio e le oblazioni dei benefattori. E` evidente, in questo caso, non solo lo stretto legame tra gestione patrimoniale e gestione caratteristica, ma anche l’importanza di quella finanziaria per il raggiungimento delle finalità istituzionali dell’ente, in quanto da quest’ultima vengono tratti i mezzi necessari a far fronte agli impegni.

2.2 Il Bilancio d’esercizio nel settore non profit

In questo ambito, trattiamo il secondo principio espresso nel paragrafo precedente (ovvero le finalità del bilancio d’esercizio). In coerenza con quanto disposto dal codice civile nell’art 2423 e come già precisato nel primo capitolo, tale articolo12 trova piena applicazione anche per la redazione e le finalità perseguite dal bilancio delle Organizzazioni Non Profit.

Tuttavia si precisa che, devono essere fornite “informazioni complementari” a quelle richieste dalla legge, qualora queste si rendessero necessarie per la piena intellegibilità delle operazioni gestionali, come accade ad esempio nelle

cooperative con particolare riferimento al principio di mutualità prevalente13.

12 il comma 2 dell’art. 2423 del codice civile stabilisce che bilancio di esercizio deve essere redatto con

chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e la Situazione Patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio. Tale definizione trova piena applicazione anche per la redazione del bilancio degli enti non profit.

13 Per “cooperative a mutualità prevalente” si intende quelle che: svolgono attività prevalente in favore dei

soci, consumatore o utenti di beni e servizi, si avvalgono prevalentemente nello svolgimento delle loro attività delle prestazioni dei soci, si avvalgono prevalentemente nello svolgimento delle loro attività degli apporti di beni o servizi da parte dei soci, si iscrivono in un apposito albo ex art. 223 sexiesdecies, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

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Possiamo notare e apprezzare come l’orientamento del legislatore in questo ultimo decennio è stato quello di fare adottare in alcuni settori le norme civilistiche che, come è noto, si rifanno alla IV Direttiva CEE in quanto applicabili. La scelta del legislatore è in astratto condivisibile in quanto si fa riferimento a una disciplina completa della materia, già collaudata a livello operativo. In tal modo, gli operatori hanno la possibilità di avvalersi di regole certe la cui adozione favorisce non solo la redazione, ma anche la soluzione dei problemi interpretativi che dovessero sorgere intorno ai documenti di bilancio, data l’abbondante dottrina e giurisprudenza che si è andata formando nel tempo. Chiarite le finalità, possiamo introdurre le “funzioni del bilancio d’esercizio”, che si concentrano sostanzialmente sulla capacità di:

- rappresentare la situazione finanziaria ed economico-patrimoniale;

- fornire informazioni (anche complementari) ai destinatari del bilancio stesso; - consentire un’analisi interna ed esterna sul grado di efficacia ed efficienza

dell’attività svolta.

Tali finalità vengono perseguite grazie alla predisposizione degli “documenti informativi” che compongono l’intero fascicolo di bilancio e permettono di esporne l’informativa; inoltre devono essere realizzate nel rispetto, oltre che di quanto previsto dal codice civile, dei “principi contabili di riferimento e specifica applicazione”. Questi due punti saranno oggetto di analisi nei due paragrafi successivi.

2.2.1 I principi contabili del non profit

Parlando di principi contabili del non profit un punto di riferimento valido e sicuramente l’esperienza degli Stati Uniti14.

14 Per maggiori dettaglio si veda Aziende non profit-Principi contabili e struttura di Bilancio, Egea, 2000,

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27

I principi contabili americani per il non profit sono il risultato di un processo in cui gli attori principali sono le diverse categorie di Enti non profit, gli erogatori di risorse, nonché i professionisti contabili.

Questo Tavolo di collaborazione ha permesso di tenere in considerazione nella loro elaborazione diverse specificità di tutti gli Enti.

Attraverso un monitoraggio continuativo di tali Enti, sono state valutate eventuali nuove esigenze informative e l’efficacia delle disposizioni adottate; questo ha permesso di elaborare principi congruenti con la realtà specifica degli Enti non profit e di rispondere in modo adeguato ai continui cambiamenti del settore. Tuttavia la realtà italiana del non profit presenta differenze tali da non permettere una semplice trasposizione del modello statunitense alla nostra realtà, sebbene esso possa rimanere un termine di paragone molto utile al nostro Paese. Ciò deriva innanzitutto da una prima differenza sostanziale che si rivela nella realtà americana, rispetto al nostro sistema giuridico, in quanto se la prima si basa su un sistema di Common law, la nostra realtà si basa invece su un sistema di Civil law in cui i principi contabili prodotti da professionisti, ma non convalidati da una norma legale, svolgono una funzione di integrazione alla norma giuridica per cui non devono mai essere in contrasto con essa. Non dimenticando inoltre, la culturale e storica abitudine italiana alla reticenza nel fornire informazioni in merito a dati economico finanziari e inerenti all’organizzazione e alla gestione aziendale (motivo per il quale il l’identità del ente oggetto del progetto di tesi rimarrà purtroppo strettamente riservata).

Di conseguenza, dobbiamo fare i conti con una realtà italiana che presenta scarsi riferimenti normativi per la redazione del Bilancio degli Enti non profit.

A seguito di ciò, l’Agenzia per il Terzo Settore, il Consiglio dei Dottori

Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e l’Organismo Italiano di contabilità (OIC) hanno istituito un Tavolo tecnico per la predisposizione di principi contabili, che possano essere utilizzabili da tutti gli Enti non profit non

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28

sottoposti a particolari disposizioni di legge. Finalità principale del Tavolo tecnico e quello di “conferire un valore informativo e comunicativo ancora superiore a quello già attribuito”.

I principi contabili elaborati da questo Tavolo tecnico si basano sulle assunzioni contabili della “continuità aziendale”15 e della “competenza economica” 10: in particolare sono previste specifiche disposizioni per quegli Enti non profit che

redigono il Bilancio in base al criterio di cassa15(esso prevede esclusivamente la

rilevazione delle entrate e uscite di cassa). Tali principi sono applicabili a tutti quegli Enti, che, attraverso l’esercizio dell’attività propria non hanno come finalità un lucro; in termini giuridici questo significa che sono adottabili alle categorie di Enti descritte nel Capitolo 1, paragrafo 1.2.

Il Bilancio di questi Enti sarà conforme ai Principi contabili del non profit15 se sarà confacente a tutte le disposizioni promulgate dal Tavolo tecnico.

Particolare attenzione merita la “valutazione delle liberalità”16: il principio contabile inerente ad esse parte sempre dalla prospettiva della competenza economica15.

Gli atti di liberalità sottintendono da una parte l’arricchimento del beneficiario e il conseguente impoverimento dell’offerente e, dall’altra, lo spirito di liberalità, ossia l’assenza di costrizione per l’offerente nel compiere l’atto. Esistono diverse tipologie di liberalità:

- liberalità vincolate, ossia caratterizzate da limiti imposte dal donatore;

- liberalità condizionate, ossia condizionate da un evento futuro, che deve necessariamente manifestarsi o non manifestarsi per diventare esecutiva nei confronti del beneficiario (l’evento può riguardare ad esempio sia il trasferimento di risorse che obblighi derivanti dalla promessa di donazione);

15 Per maggiori dettaglio si veda Agenzia per il Terzo Settore, Studi e ricerche delle Commissioni di

studio, Principi contabili per gli Enti non profit – Principio n. 1: Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del Bilancio degli Enti non profit, Maggio 2011, pag. 7.

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- oggetti d’arte, necessari all’Ente per raggiungere le proprie finalità;

- promesse di donazione, rappresentate dall’impegno da parte di terzi ad erogare una certa donazione.

Questi atti possono essere sia di tipo monetario che non monetario e sono finalizzati al sostenimento delle finalità proprie degli Enti non profit.

Le liberalità devono essere contabilizzate nel periodo in cui sono ricevute o nel momento in cui si acquisisce il diritto a riceverle. Se invece il Bilancio e redatto con i criteri di cassa, esse vanno rilevate in base alla loro natura: - se sono ti tipo monetario, devono essere registrate al momento in cui vi e

l’entrata di cassa;

- se sono di tipo non monetario, non si rilevano ai fini del Bilancio proprio perché non costituiscono un movimento di cassa.

Infine, in termini applicativi, è opportuno evidenziare che i Principi contabili rappresentano disposizioni tecniche gerarchicamente sotto‐ordinate rispetto alle norme di legge.

Gli Enti Non Profit tenuti all’adozione di specifiche norme giuridiche per la redazione del bilancio possono applicare i “Principi contabili per gli enti non profit” solo qualora questi siano compatibili con le pertinenti disposizioni legislative. Inoltre, un bilancio di un Enti Non Profit può essere dichiarato “conforme ai Principi contabili per gli enti non profit” nel solo caso in cui questo, fatta eccezione per le circostanze di cui al paragrafo 3.317 (principio della correttezza), sia in linea con tutte le disposizioni emanate dal Tavolo tecnico.

16 Agenzia per il Terzo Settore, Studi e ricerche delle Commissioni di studio, Principi contabili per gli

Enti non profit – Principio n. 2: l’iscrizione e la valutazione delle liberalità nel Bilancio d’esercizio degli Enti non profit, Aprile 2012, pag. 4, paragrafo 2

17 Il “principio della correttezza” identifica il rispetto delle regole tecniche che presiedono alla

redazione del bilancio, tenuto conto dell’oggetto economico della rappresentazione (situazione patrimoniale e finanziaria e risultato della gestione aziendale): esso si sostanzia nella scelta delle norme contabili ritenute più idonee a rappresentare tale realtà in conformità alla filosofia legale e nella comunicazione non fuorviante dei risultati raggiunti, a cui va associata ogni altra informazione che consenta una rappresentazione corretta di tale risultato

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2.2.2 Documenti di bilancio a confronto

Il bilancio di esercizio degli enti non profit, secondo la Raccomandazione elaborata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (CNDC) è costituito da:

- Stato Patrimoniale;

- Prospetto di movimentazione dei fondi;

- Conto Economico Gestionale (o Rendiconto della gestione);

- Rendiconto degli incassi e dei pagamenti semplificato di pura cassa; - Nota integrativa;

Tutti questi documenti, tuttavia, devono trovare il loro momento unificante nella dimostrazione della capacità dell’ente non lucrativo di perseguire le proprie finalità istituzionali.

Il bilancio degli enti non commerciali è sempre stato visto in funzione del bilancio fiscale, da allegare, come documento obbligatorio fondamentale alla dichiarazione dei redditi, quale presupposto per arrivare alla determinazione del reddito di impresa. Il bilancio civile, pertanto, strumentale al bilancio fiscale, quasi asservito ad esigenze fiscali, spesso, viene redatto secondo criteri dettati dalla norma fiscale.

Occorre, tuttavia, constatare una predilezione del legislatore nei confronti dello schema di bilancio previsto dal codice civile, in quanto compatibile.

Entriamo adesso brevemente nel merito dei singoli documenti di bilancio, mettendo in risalto “similitudini” e “differenze” con il bilancio civilistico:

- Stato Patrimoniale: lo schema individuato per gli enti non profit va redatto secondo quanto previsto per le società dall’art. 2424 del codice civile, con alcune modifiche e aggiustamenti che tengano conto delle peculiarità che contraddistinguono la struttura del patrimonio degli enti non profit.

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In particolare, nello schema proposto si rilevano le seguenti “significative

differenze” rispetto a quello previsto per le imprese commerciali:

 sono stati superati tutti i riferimenti alle società controllanti che in forza del carattere di autogoverno degli enti non profit non possono esistere;

 sono rimasti, invece, i crediti per quote associative da incassare, con riferimento agli enti associativi;

 con riferimento alle poste ideali del patrimonio netto si è ritenuto di evidenziare:  il fondo di dotazione iniziale (al posto del capitale sociale);

 il patrimonio libero che è costituito dal risultato gestionale dell'esercizio in corso e dal risultato gestionale degli esercizi precedenti nonché dalle riserve statutarie libere;

 il patrimonio vincolato che è composto da fondi vincolati per scelte operate da terzi donatori o dagli Organi istituzionali e dalle riserve statutarie vincolate. Di seguito si propone lo schema di Stato Patrimoniale, mettendo in evidenza i dettagli delle voci che subiscono le differenze precedentemente esposte, rispetto allo schema previsto dall’art. 2424 del codice civile:

STATO PATRIMONIALE Anno X Anno X-1 NOTE

ATTIVO

A) Quote associative ancora da versare Si parla di quote e non di azioni

B) Immobilizzazioni

I - Immobilizzazioni immateriali:

II - Immobilizzazioni materiali:

III – Attività finanziarie non immobilizzate

1) partecipazioni Eliminati i riferimenti relativi ai rapporti di

controlli

2) altri titoli

C) Attivo circolante

I - Rimanenze:

II - Crediti:

1) verso clienti Eliminati i riferimenti relativi ai rapporti di

controlli

2) verso altri

III – Attività finanziarie non immobilizzate

IV – Disponibilità liquide

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PASSIVO Anno X Anno X-1 NOTE

A) Patrimonio netto

I - Fondo di dotazione dell’ente

Ridefinizione della voce sia per "terminologia" che per composizione"

II Patrimonio vincolato

1) riserve statutarie

2) fondi vincolati per decisione degli organi istituzionali

3) fondi vincolati destinati da terzi

III - Patrimonio libero

1) risultato gestionale esercizio in corso

2) riserve accantonate negli esercizi precedenti

B) Fondi per rischi ed oneri

C) Trattamento di fine rapporto lavoro subordinato

D) Debiti

1) debiti verso banche

Eliminati i riferimenti relativi ai rapporti di controlli, nonché la parte relativa alle obbligazioni

2) debiti verso altri finanziatori

3) acconti

4) debiti verso fornitori

5) debiti tributari

6) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale

7) altri debiti

E) Ratei e risconti

CONTI D'ORDINE:

relativi agli impegni

relativi a garanzie e altri rischi in corso

relativi ai beni di terzi presso l'ente

relativi a beni propri presso terzi

Possiamo notare che lo schema di Stato Patrimoniale sopra riportato non si discosta significativamente da quello previsto dal codice civile per le società. Si osserva inoltre che lo schema può essere utilizzato dagli enti solo per le voci che interessano in quanto sono state movimentate nel periodo. Inoltre possono essere anche modificate, raggruppate o aggiunte ulteriori voci se necessario, dandone rilievo nella Nota integrativa. In ogni caso, occorre conservare le macroclassi.

- Prospetto di movimentazione dei fondi13: relativamente allo Stato Patrimoniale,

particolarmente interessante e innovativo è il “Prospetto di movimentazione fondi”,

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attraverso il quale si dà la dimostrazione dell’andamento (incremento o diminuzione) dei fondi disponibili o vincolati (questi ultimi con l’evidenziazione del tipo di vincolo). Il Prospetto ha una funzione di esposizione e di controllo, in quanto permette non solo di evidenziare la consistenza iniziale e finale dei fondi, ma anche il loro corretto utilizzo, in base al vincolo di destinazione assegnato. E’ particolarmente importante per gli enti che ricevono significativi contributi da terzi, ed in termini di “contenuto”, anche ai fini dell’analisi di movimentazione della liquidità, deve emergere:

 la consistenza iniziale dei fondi vincolati e disponibili;

 le variazioni intervenute nell’esercizio nei fondi vincolati distinte in incremento per liberalità concesse nell’esercizio, al netto della quota utilizzata nell’esercizio stesso per la realizzazione delle attività oggetto del vincolo; in decremento per la realizzazione nel corso dell’esercizio di attività oggetto di vincolo. le variazioni (in diminuzione) intervenute nell’esercizio per effetto della realizzazione delle attività vincolate i cui fondi sono stati ottenuti in esercizi precedenti;

 le variazioni intervenute nel corso dell’esercizio per effetto della costituzione di vincoli in assenza di nuove liberalità;

 la consistenza finale dei fondi vincolati e disponibili.

Di seguito proponiamo e spieghiamo gli aspetti chiave dello schema:

PROSPETTO DI MOVIMENTAZIONE DEI FONDI Fondo di dotazione patrimoniale (permanentemente vincolato) Fondi vincolati alla attività istituzionale interna (ricevuti da terzi con vincolo) Fondi vincolati alla attività istituzionale interna (per volontà degli organi interni) Fondi vincolati alla attività istituzionale (svolta da terzi) Fondi disponibili Totali Apertura dell’esercizio

Risultati della gestione

Delibera del Consiglio

Direttivo

Erogazioni effettive nel corso

dell’esercizio

Situazione di chiusura

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Fra i diversi aspetti normativi e compilativi del prospetto oggetto di analisi,

mettiamo in evidenza alcuni aspetti chiave18:

- qualora nell’esercizio siano state svolte attività di erogazione e attività di raccolta a motivo della medesima attività per la quale esistono vincoli, nel prospetto di utilizzo fondi i flussi di raccolta e di erogazione non possono essere tra essi compensati, ma se ne deve dare distinta indicazione;

- laddove si sia realizzata nell’esercizio una raccolta di fondi vincolati, ma questi al termine dell’esercizio non siano più integralmente disponibili per effetto delle operazioni di gestione, il fondo andrà “reintegrato” imputando la differenza (evidentemente negativa) a carico in primo luogo dei fondi disponibili esistenti e solo laddove queste non esistano e siano insufficienti ai fondi disponibili in quanto capienti e, per la parte residua, con segno negativo nei medesimi fondi disponibili.

- Conto Economico Gestionale: per dare opportune informazioni circa gli aspetti economici della gestione, è stato scartato il Conto Economico così come viene redatto secondo la IV Direttiva CEE, preferendo la redazione di un rendiconto gestionale, che permette una informazione più efficace sulla provenienza e sull’utilizzo delle risorse, sotto illustrato:

18 Per un approfondimento cfr. CNDC – Raccomandazione n. 4 «Prospetto di rappresentazione della

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35 ONERI Anno X Anno X-1 PROVENTI E RICAVI Anno X Anno X-1 1) Oneri da attività tipiche 1) Proventi e ricavi da attività tipiche

1.1) Acquisti 1.1) Da contributi su progetti

1.2) Servizi 1.2) Da contratti con enti pubblici

1.3) Godimento beni di terzi 1.3) Da soci ed associati

1.4) Personale 1.4) Da non soci

1.5) Ammortamenti 1.5) Altri proventi e ricavi

1.6) Oneri diversi di gestione

2) Oneri promozionali e di raccolta

fondi 2) Proventi da raccolta fondi

2.1) Raccolta 1 2.1) Raccolta 1

2.2) Raccolta 2 2.2) Raccolta 2

2.4) Attività ordinaria di promozione 2.4) Altri

3) Oneri da attività accessorie 3) Proventi e ricavi da attività accessorie

3.1) Acquisti

3.1) Da Attività connesse e/o gestioni commerciali

accessorie

3.2) Servizi 3.2) Da contratti con enti pubblici

3.3) Godimento beni di terzi 3.3) Da soci ed associati

3.4) Personale 3.4) Da non soci

3.5) Ammortamenti 3.5) Altri proventi e ricavi

3.6) Oneri diversi di gestione

4) Oneri finanziari e patrimoniali 4) Proventi finanziari e patrimoniali

4.1) Su rapporti bancari 4.1) Da rapporti bancari

4.2) Su prestiti 4.2) Da altri investimenti finanziari

4.3) Da patrimonio edilizio 4.3) Da patrimonio edilizio

4.4) Da altri beni patrimoniali 4.4) Da altri beni patrimoniali

4.5) Oneri straordinari 4.5) Proventi Straordinari

5) Oneri di supporto generale

5.1) Acquisti

5.2) Servizi

5.3) Godimento beni di terzi

5.4) Personale

5.5) Ammortamenti

5.6) Altri oneri

Risultato gestionale positivo Risultato gestionale negativo

Come possiamo notare, nel rendiconto gestionale “ordinario” di competenza si ha la rappresentazione di:

 proventi classificati per categoria e funzione gestionale;

 oneri classificati per destinazione alle diverse funzioni gestionali.

La classificazione funzionale di proventi ed oneri è orientata a rappresentare come il risultato gestionale dell’organizzazione si determini per effetto della destinazione delle risorse economiche alle varie funzioni svolte nell’ente non profit.

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Circa le “modalità di rappresentazione dei dati di sintesi” notiamo che la struttura scalare prevista dalla direttiva comunitaria e rappresentata nell’art 2425 del codice civile, può rispondere all’esigenza di porre in rilievo, mediante la rilevazione dei risultati intermedi, le distinte aree di gestione e stabilire il contributo che ciascuna di esse dà alla determinazione del risultato, ma non sempre riesce ad evidenziare in modo corretto le componenti specifiche delle singole aree gestionali. Di conseguenza, si precisa che redazione del rendiconto gestionale è più un consiglio che un obbligo, in quanto la sua predisposizione ha natura facoltativa e non obbligatoria.

- Rendiconto degli incassi, dei pagamenti e patrimoniali: introduciamo un modello alternativo al bilancio ordinario per le organizzazioni medio-grandi, ossia il sistema informativo di Bilancio semplificato, parametrato sulle dimensioni aziendali (totale entrate di esercizio non superiore a 50.000 Euro). Infatti i soggetti con ricavi e proventi inferiori a 250.000 euro potranno redigere, in luogo dello stato patrimoniale e del rendiconto gestionale

un solo prospetto suddiviso in due sezioni:

 sezione A (Incassi e pagamenti): riporta i flussi monetari in entrata e in uscita, manifestatisi nel corso del periodo amministrativo;

 sezione B (situazione attività e passività ): fornisce le informazioni sulle più significative voci che compongono l’attivo e il passivo dell’azienda non profit senza un vincolo di quadratura: a tal fine sono evidenziati i totali delle attività e delle passività.

Gli incassi e i pagamenti riportano i flussi monetari derivanti nel corso del periodo amministrativo confrontandoli con quelli dell’esercizio precedente. Definito ”Rendiconto gestionale semplificato di pura cassa” , esso è composto da un unico prospetto che, partendo dai fondi finanziari esistenti all’inizio del periodo e rileva le entrate e le uscite monetarie.

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37

La “logica di compilazione” del prospetto è la seguente: 1. si parte dai fondi finanziari di inizio periodo;

2. si rilevano le entrate (incassi) e le uscite (pagamenti);

3. si giunge alla determinazione dei fondi finanziari di fine periodo, che andranno riconciliati con la documentazione bancaria.

Passando all’analisi delle due sezioni, si distingue fra:

 incassi e i pagamenti della ‘‘gestione corrente’’, ossia quelli che si realizzano in modo definitivo nel corso del periodo amministrativo ed esplicitati nella sezione A;

 incassi e i pagamenti riferibili alla “gestione in conto capitale” che conseguono a variazioni di natura patrimoniale negli investimenti, nei disinvestimenti, nell’accensione e nel rimborso dei debiti che verranno rilevati nella sezione B del prospetto nei corrispondenti valori delle attività e delle passività.

Tuttavia le variazioni monetarie riconducibili alla gestione in conto capitale troveranno corrispondenza nella sezione B (la sezione B del prospetto fornisce le informazioni sulle voci che compongono l’attivo e il passivo dell’azienda non profit).

Con esclusivo riferimento alla sezione B, le “attività” sono suddivise in tre categorie:

 fondi liquidi;

 attività monetarie e finanziarie (investimenti in titoli delle disponibilità liquide);

 attività detenute per la gestione dell’ente (beni ad utilizzo pluriennale di proprietà dell’azienda non profit);

Le “passività” espongono i debiti dell’azienda non profit con l’indicazione dell’ammontare dovuto, ed eventualmente della scadenza. Il “punto di forza” rappresenta la semplicità di compilazione, mentre il “punto di debolezza” consiste nella carenza dal punto di vista tecnico, in quanto non

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è in grado di dar conto degli aspetti patrimoniali ed economici della gestione. Inoltre, essendo che segue il criterio, esso rappresenta una sorta di Rendiconto finanziario19 per gli enti non profit, in quanto ciò che li accomuna è il fine del prospetto, ossia la rappresentazione dei flussi finanziari attraverso l’aumento o diminuzione dell’ammontare delle disponibilità liquide e conseguente ricostruzione della variazione intervenuta dall’esercizio precedente a quello oggetto di analisi (analisi comparativa). Di seguito illustriamo lo schema:

Periodo amministrativo T T-1

SEZIONE A Incassi e Pagamenti

Dati in Euro Dati in Euro

A1 INCASSI DELLA GESTIONE

Attività tipiche Raccolta di fondi Attività accessorie Incassi straordinari Dotazione Altri incassi sub totale A2 INCASSI IN C/CAPITALE

Incassi derivanti da disinvestimenti Incassi da prestiti ricevuti

sub totale A3 TOTALE INCASSI

A4 PAGAMENTI DELLA GESTIONE

Attività tipiche

Attività promozionali e di raccolta fondi Attività accessorie

Attività di supporto generale Pagamenti straordinari Altri pagamenti

sub totale

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A5 PAGAMENTI IN CONTO CAPITALE

Investimenti Rimborso prestiti sub totale A6 TOTALE PAGAMENTI

DIFFERENZA TRA INCASSI E PAGAMENTI

A7FONDI LIQUIDI INIZIALI

A8FONDI LIQUIDI A FINE ANNO

Periodo amministrativo ………..

SEZIONE B Situazione attività e passività al termine dell'anno

Categorie Dettagli Euro

B1 FONDI LIQUIDI

Totale fondi liquidi Concordanza con il totale

sezione A8 Dettagli Euro B2 ATTIVITÀ MONETARIE E FINANZIARIE

Dettagli Costo (optional)

Valore corrente (optional)

B3 ATTIVITÀ DETENUTE PER LA

GESTIONE DELL'ENTE

Dettagli Ammontare dovuto Scadenza (optional)

B4 PASSIVITÀ

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- Nota integrativa: essa assolve lo scopo di fornire ulteriori informazioni rispetto ai prospetti di bilancio, con criterio descrittivo ed analitico, ritenute utili ai fini di una chiara comprensione delle evidenze riportate nei documenti di Stato Patrimoniale e Rendiconto gestionale.

Tale allegato di bilancio, si divide in due parti:

 una prima parte contiene le voci tipiche della nota integrativa di cui all’art. 2427 del c.c., opportunamente adattate ai fini di considerare in base alle peculiarità dell’ente ed esporre in termini comparativi i valori riferibili all’esercizio precedente;

 l’altra parte, generalmente riferibile al rendiconto gestionale, quello più innovativo rispetto alla disciplina civilistica, che dà conto delle seguenti voci:

 caratteristiche quali-quantitative e valore stimato dei beni immobili utilizzati a titolo gratuito dall’ente per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali;

 informazioni dettagliate sui servizi e sui beni ricevuti a titolo gratuito per la successiva distribuzione gratuita o vendita;

 i criteri di valutazione adottati per le immobilizzazioni materiali e immateriali oltreché la descrizione, i dettagli e la movimentazione delle stesse;

 stima del valore dei servizi ricevuti a titolo gratuito da persone fisiche e giuridiche (con esclusione del lavoro volontario);

 dettaglio dei compensi e rimborsi spese a favore degli amministratori e dei sindaci o di persone fisiche o giuridiche a loro riconducibili, illustrandone le ragioni;

 informazioni di dettaglio relativamente a sovvenzioni, donazioni, atti di liberalità, erogazioni di beni o di servizi in favore di altri enti anche durante l’esercizio in appositi prospetti, dettaglio dei costi sostenuti e dei correlati proventi conseguiti per ciascun ‘‘progetto’’, con specifica indicazione del saldo risultante.

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41

2.3 La relazione di missione (o relazione sulla gestione per le società)

Per il documento oggetto di analisi, ho volutamente dedicato un paragrafo “ad hoc”, in quanto rappresenta una vera e propria differenza rispetto ai documenti che compongono il fascicolo di un bilancio civilistico.

La Relazione di missione20 dev’essere innanzitutto redatta dagli Amministratori

dell’Ente e deve indicare il loro giudizio sui risultati raggiunti dalla gestione. Inoltre devono indicare la destinazione del risultato positivo o la copertura della perdita con i conseguenti provvedimenti da mettere in atto. Essa ha la funzione di integrare gli altri documenti di Bilancio e deve riguardare, in particolare tre ambiti:

a) la missione dell’Ente; b) le attività istituzionali; c) le attività strumentali.

La relazione di missione costituisce il quarto fondamentale documento informativo di cui si compone il bilancio d’esercizio delle organizzazioni non profit.

La particolare importanza di tale relazione deriva dal fatto che per le organizzazioni non profit il perseguimento dell’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, pur essendo un requisito essenziale per la loro sopravvivenza e/o autonomia, non costituisce la loro missione istituzionale, che è invece data, in senso generale, dalla ‘‘produzione di utilità/benessere sociale’’ attraverso comportamenti coerenti con determinati valori e principi etici.

Da ciò deriva che, diversamente da quanto avviene per una impresa for profit, il reddito di esercizio non fornisce indicazioni sulla capacità dell’organizzazione di perseguire la sua missione istituzionale e, quindi, sulla sua efficacia.

20 Agenzia per le ONLUS, Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli Enti non

(39)

42

Tale grandezza non fornisce nemmeno adeguate informazioni sulla efficienza complessiva dell’organizzazione, a causa della presenza di risorse consumate ottenute a titolo gratuito e/o di beni e servizi prodotti forniti senza corrispettivo o con un corrispettivo inferiore al prezzo di mercato.

La Relazione di missione ha quindi la funzione di integrare gli altri documenti di

bilancio per garantire un’adeguata rendicontazione sull’operato

dell’organizzazione e sui risultati ottenuti, con una prospettiva centrata sul perseguimento della missione istituzionale.

In merito al suo contenuto, in primo luogo deve essere esplicitata la missione che costituisce il riferimento fondamentale per l’analisi della coerenza e dell’efficacia dell’operato dell’ente.

In particolare, devono essere puntualmente individuate:

 le finalità istituzionali, che esprimono la ragion d’essere dell’ente in termini sia di “problemi” che questo vorrebbe contribuire a risolvere o affrontare, sia di cambiamenti che vorrebbe determinare attraverso la svolgimento delle sue attività;

 il sistema di valori e di principi che qualifica le finalità e, unitamente a queste, permette di orientare le scelte strategiche ed i comportamenti operativi dei membri dell’ente;

 le principali tipologie di attività attraverso le quali l’ente intende perseguire le finalità istituzionali, coerentemente con il sistema di valori e principi. Nell’esplicitare la missione dovrebbero inoltre essere messi in rilievo:

 i soggetti primariamente interessati all’operato dell’ente (stakeholder);  l’ambito territoriale di riferimento per l’ente;

 le caratteristiche distintive dell’ente, rispetto ad altri che svolgono attività analoghe.

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Inoltre l’esposizione dell’identità dell’organizzazione deve essere alimentata da informazioni aggiuntive sulla compagine sociale (precisandone consistenza e composizione), nonché sul sistema di governo e controllo, illustrandone articolazione, responsabilità e composizione di organi e regole che ne determinano il funzionamento.

Più precisamente gli ambiti che essa deve coprire, o meglio di cui deve contenere informazioni:

 identità dell’organizzazione;

 attività istituzionali (volte al perseguimento diretto della missione);

 attività ‘‘strumentali’’ (la cui realizzazione serve a raggiungere obiettivi strumentali rispetto al perseguimento dei fini istituzionali);

 attività di raccolta fondi e di promozione istituzionale;  attività accessorie.

A ciò si aggiungono le informazioni relative alle risorse economico-finanziarie e

dotazione patrimoniale, ad integrazione delle informazioni contenute negli altri

documenti del bilancio21.

La rendicontazione sulle attività istituzionali, volte a perseguire in via diretta la missione, deve essere articolata per “macro-aree di intervento”.

Con tale termine si intende un insieme di attività istituzionali aggregate sulla base di criteri di rilevanza rispetto alla missione dell’ente e di comprensione da parte degli stakeholder interessati ai risultati sociali raggiunti.

Per ogni macro-area devono essere descritte le diverse attività realizzate, prendendo in esame, in modo tra loro coordinato, i seguenti elementi:

1. bisogni rispetto ai quali l’ente è intervenuto e soggetti destinatari; 2. obiettivi, strategie, programmi di intervento;

3. risultati raggiunti, in termini di quantità e qualità delle realizzazioni prodotte;

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44

Sulla base di tali elementi si dovrebbe condurre un’analisi che metta in evidenza anche eventuali criticità di:

 efficacia, intesa come capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e di soddisfare i bisogni e le aspettative dei soggetti cui è indirizzata l’azione;  efficienza, intesa come capacità di minimizzare le risorse utilizzate a parità

di risultati ottenuti;

 coerenza con gli impegni assunti;

A tal fine, possono essere utilizzati specifici indicatori per misurare gli aspetti individuati come rilevanti e per effettuare un confronto tra i valori ottenuti nell’esercizio in esame e altri valori di riferimento (quali: valori di esercizi precedenti, obiettivi predefiniti, standard di riferimento, benchmark, ecc.).

Quindi come abbiamo ampiamente descritto, la relazione di missione contiene informazioni qualitative e quantitative, contabili ed extracontabili, tra loro coordinate per fornire un quadro completo e consentire un’interpretazione corretta dell’operato e dei risultati dell’organizzazione e un quadro di programmazione della gestione dell’ente.

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45 2.4 Il bilancio sociale

Il presente paragrafo, ha l’obiettivo di spiegare brevemente le finalità, il contenuto e le fasi salienti per la predisposizione di un documento che, a differenza del settore profit in cui viene raramente redatto se non da grandissime realtà aziendali e che operano nello sfruttamento del territorio (ad esempio il Gruppo Eni), ma molto diffuso invece nel terzo settore.

Il Bilancio Sociale, è un documento redatto su base volontaria e di corredo al bilancio d’esercizio, che permette di perseguire le presenti finalità:

 consente alla Organizzazione Non Profit di dare atto ai propri stakeholder del grado di perseguimento della missione, degli impegni assunti, dei comportamenti posti in essere e soprattutto dei risultati prodotti nel tempo;  costituisce un documento ai fini informativi molto importante, in quanto

permette ai terzi di acquisire elementi utili ai fini della valutazione delle strategie, e dei risultati generati dall’Organizzazione nel tempo;

 infine favorisce lo sviluppo, all’interno dell’Organizzazione, di processi di rendicontazione e di valutazione e controllo dei risultati, che possono contribuire ad una gestione più efficace e coerente con i valori e la missione. Tuttavia affinché possa concretamente porsi come documento informativo essenziali, nella sua predisposizione, bisogna rispettare alcuni parametri:

 bisogna considerare la pluralità dei propri stakeholder, dove per ciascuno di essi bisogna: individuare il tipo di relazione esistente, valutare la coerenza tra i risultati raggiunti e i loro bisogni e aspettative; ovviamente il rispetto di queste condizioni deve costituire un obiettivo del redattore del Bilancio Sociale da perseguire nel tempo;

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