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L’applicazione del meccanismo di inversione

1.4 L’istituto del reverse charge

1.4.3 L’applicazione del meccanismo di inversione

1.4.3 L’applicazione del meccanismo di inversione contabile

Come è emerso dall’analisi storica sviluppata nel precedente paragrafo, la disciplina derogatoria dell’inversione contabile è stata oggetto, nel tempo, di diversi interventi normativi che hanno interessato vari aspetti nelle modalità di applicazione del tributo. Nato con la funzione di alleggerimento degli obblighi finanziari di taluni operatori economici, il reverse charge, in seguito, ha dapprima rivestito la funzione di strumento atto all’adempimento degli obblighi iva nelle operazioni intracomunitarie e poi assunto la funzione di contrasto al fenomeno delle frodi iva. L’assunzione delle diverse finalità si traduce, sotto il profilo normativo, nella definizione di due discipline dell’istituto non del tutto coincidenti fra loro. L’art. 17 del d.P.R. 633/72, nei commi 2, 3 e 4 regola il c.d. reverse charge esterno, ossia

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l’applicazione dell’inversione contabile nelle prestazioni di servizi intracomunitarie prodotta dalle regole territoriali ed in quelle verso soggetti non residenti, mentre i commi seguenti disciplinano, invece, il c.d. reverse charge interno, relativo a quelle operazioni nazionali in cui il legislatore ha indicato il cessionario o committente quale debitore d’imposta57. Quest’ultimo riprende sostanzialmente il medesimo meccanismo di fatturazione già previsto per gli scambi intracomunitari58, prevedendo di fatto in capo al cessionario l’obbligo di integrare la fattura con indicazione dell’aliquota e della relativa imposta. Tuttavia il reverse charge si differenzia dalla disciplina degli scambi intra-UE nel presupposto d’imposta del tributo: considerando che l’acquisto intracomunitario è indicato dal legislatore quale autonomo presupposto d’imposta, emerge chiaramente che mentre negli scambi intracomunitari l’acquirente è soggetto passivo in base ad un fatto generatore del tributo proprio, nella disciplina del reverse charge interno, invece, pur riconoscendo al pari degli scambi intra-UE il soggetto acquirente quale debitore d’imposta, il fatto generatore del tributo è unico59. Nel meccanismo dell’inversione contabile,

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In merito alla distinzione fra reverse charge interno ed esterno si veda SIMONELLI E. M. e MARCONI M., L’estensione dell’obbligo d’inversione contabile del <<reverse charge>>, in Rivista dei dottori commercialisti n. 01/2010.

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L’art. 46 del D.l. 331/93 dispone l’obbligo per il cessionario o committente di numerare ed integrare con il controvalore in euro, nonché con l’aliquota iva applicabile, la fattura ricevuta dal cedente o prestatore comunitario. Così in MATTIA S. e MELILLO C., Vat

Package Recenti modifiche alla disciplina Iva dei servizi internazionali, in Il Fisco n.

46/2009.

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Così in SALVINI L., Il <<reverse charge>> nelle prestazioni di servizi transnazionali, in Corriere Tributario n. 12/2010, l’autore giustamente sottolinea che “in capo al cessionario

si viene quindi a verificare un vero e proprio fatto generatore del tributo; nel caso delle operazioni intracomunitarie si verificano così due fatti generatori, uno in capo al cedente e uno in capo all’acquirente soggetto passivo”.

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pertanto, come già evidenziato in precedenza, occorre verificare fino a che punto il cessionario o committente può essere responsabile per fatti, imputabili al cedente o prestatore, che vanno ad incidere sul tributo da versare.

L’elemento caratterizzante del meccanismo del reverse charge risiede nella previsione che “gli obblighi connessi all’assolvimento del tributo vengano realizzati dal destinatario della cessione o della prestazione, se soggetto passivo nel territorio dello Stato, in luogo del cedente o del prestatore, pur restando ferma la responsabilità di questi ultimi in relazione alla natura e alla effettiva sussistenza dell’operazione di riferimento”60. Tuttavia, a differenza delle operazioni interne sottoposte al regime in questione per cui il comma 5 dell’art. 17 del d.P.R. 633/72 dispone l’obbligo di integrare la fattura posto a carico del cessionario, la disciplina delle prestazioni di servizi verso soggetti non residenti stabilisce invece, come emerge dal disposto del terzo comma del medesimo articolo, che il committente debba emettere apposita autofattura, con indicazione dell’iva, da registrare contestualmente sia nel registro delle fatture emesse che in quello degli acquisti. Le differenze esistenti nelle fattispecie applicative dell’inversione contabile, quando non costituiscono incertezze sull’esatta qualificazione dell’operazione e sulla conseguente applicazione della disciplina prevista, rappresentano comunque un aggravio degli oneri gestionali per gli operatori economici, in netto

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Così in LETIZIA L., Profili evolutivi della disciplina del reverse charge nell’ordinamento

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contrasto con il principio di neutralità che vuole esclusivamente il consumatore finale quale soggetto percosso di fatto dal tributo61.

Il principio di neutralità è stato perseguito dal legislatore comunitario mediante l'applicazione di un particolare meccanismo impositivo che prevede una tassazione plurifase ad ogni stato della catena produttiva del bene, identificando negli operatori economici i soggetti passivi colpiti in via di diritto dal tributo, ma introducendo al tempo stesso un meccanismo di deduzione-rivalsa che rende l'imposta neutrale agli stessi soggetti economici, andando invece ad incidere di fatto sul consumatore finale, cui non spetta il diritto di deduzione previsto per coloro che operano nelle fasi intermedie antecedenti all'immissione del bene al consumo. Infatti, come sostenuto da autorevole dottrina, “il meccanismo di applicazione dell'IVA non è stato costruito dal legislatore avendo riguardo solo all'obiettivo di percepire nel modo più semplice e sicuro possibile il tributo compatibilmente alla natura del tributo e alle esigenze dell'accertamento, […] ma si è invece voluto rendere prevalenti su tali elementi la finalità […] di non provocare discriminazioni tra gli operatori economici e di colpire in via definitiva il consumo”62. Un elemento essenziale da cui non si può prescindere è pertanto rappresentato dalla necessità che

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Nella direzione di uniformare la disciplina, si segnala la Legge n. 217/2011 che ha recepito la legge comunitaria 2010, secondo cui a partire dal 17 marzo 2012 sulle prestazioni di servizi generici intracomunitari viene prevista l’integrazione della fattura da parte del cessionario anziché l’emissione di apposita autofattura.

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Così in GALLO F., Profili di una teoria dell’imposta sul valore aggiunto, Tipografia Editrice Cavour, Roma 1974.

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il soggetto passivo formale non resti in alcun caso definitivamente gravato dal tributo, potendo sempre trasferire in avanti tale onere, essendo gli imprenditori intesi, nel modulo impositivo scelto dal legislatore, in senso puramente strumentale al fine di perseguire il risultato fiscale di tassazione del consumo. Naturalmente, una piena neutralità del tributo richiederebbe altresì di non far gravare sugli operatori economici oneri amministrativi derivanti dall’applicazione dell’imposta; le differenze esistenti invece sulle varie modalità applicative del tributo, come prima evidenziato, vanno nel senso opposto.

Il legislatore, in sede di definizione, ha costruito l'iva come un tributo plurifase non cumulativo. La scelta di costruire l'iva in tal modo, prevedendo che colpisca soggetti diversi da quelli cui è riferibile la capacità contributiva, rappresenta una tecnica impositiva rivolta, per ragioni di cautela fiscale, ad una graduale riscossione dell'imposta in via anticipata. La non cumulatività del tributo invece è assicurata dall'istituto della deduzione, applicato col metodo imposta da imposta, che conferisce ai soggetti passivi il diritto a detrarre l'imposta pagata sui propri acquisti da quella applicata alle proprie cessioni e dovuta invece allo Stato. L'alternativa a tale tecnica impositiva sarebbe stata la previsione di un sistema monofase, di non imponibilità lungo la catena produttiva e di tassazione nella fase finale di immissione al consumo. Tale opzione, però, è stata accantonata essenzialmente per due motivi: una necessità di cautela fiscale dovuta al rischio di evasione dell'intera

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imposta al momento della vendita al dettaglio ed una necessità di natura finanziaria in quanto l'applicazione plurifase del tributo anticipa la riscossione rispetto al sistema monofase. Tuttavia, il meccanismo del reverse charge, che oggi vede ampliarsi il numero di settori in cui viene applicato, si fonda proprio sulla tecnica impositiva monofase in quanto, con il sistema di addebito al cessionario e di contestuale maturazione del diritto di deduzione previsto, durante gli scambi intermedi del ciclo produttivo non si ha un’effettiva riscossione del tributo63, che invece viene traslato in avanti fino al momento della cessione al consumatore finale64. Dall’originaria scelta dell’imposizione dei consumi tramite un tributo plurifase, sembra, pertanto, che oggi vi sia invece un tendenziale ripensamento del sistema impositivo, seppure in settori limitati, con l’abbandono del principio della riscossione frazionata e l’adozione di un sistema d’imposta monofase. L’esame delle criticità che emergono dall’ipotesi di generalizzazione di un sistema monofase, nonché di possibili correttivi che il legislatore potrebbe apportare alla disciplina dell’iva, sarà oggetto delle prossime pagine del presente lavoro.

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Per completezza, si evidenzia che fa eccezione il caso in cui trovasse applicazione la regola del pro rata, che comporterebbe un parziale versamento dell’imposta da parte del cessionario in virtù del minore diritto di deduzione riconosciutogli rispetto all’operazione effettuata.

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Tale meccanismo ha peraltro il vantaggio di evitare la rilevanza dell’iva sui passaggi intermedi di reti distributive molto ramificate. Si veda al riguardo GIORGI M., Regimi

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