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L’eliminazione dell’interpretazione autentica.

1. Il quadro normativo di riferimento e la ratio deflattiva.

1.2 L’eliminazione dell’interpretazione autentica.

Forte argomento di critica ha espresso la dottrina in relazione alla parziale riproposizione della disciplina già prevista nell’accertamento preventivo nel pubblico impiego.

Il riferimento è in particolare alla mancata introduzione di uno strumento idoneo ad introdurre nel processo e, dunque, tra gli elementi di valutazione del giudice, l’accordo interpretativo autentico proveniente dagli stessi soggetti stipulanti.80

In base alla previsione dell’art. 64 infatti, viene sollecitato l’esercizio da parte dei soggetti collettivi dei loro poteri negoziali. Infatti, laddove il giudice individui una questione da risolvere in via pregiudiziale, la solleverà con ordinanza ed ordinerà alla cancelleria la trasmissione all’Aran degli atti di causa. A questo punto, infatti, l’Aran può convocare i sindacati firmatari, per addivenire ad una modifica consensuale della clausola o alla sua interpretazione autentica. 81

L’eventuale accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica «sostituisce la clausola in questione sin dall’inizio della vigenza del contratto», ai sensi dell’art. 49 d.lgs. n. 165 del 2001. In mancanza di accordo – o di inutile decorso del termine di novanta giorni – la questione insorta viene decisa dal giudice con sentenza non definitiva,

80 La perplessità della dottrina al riguardo è decisa :”Vi è da chiedersi quali benefici possano derivare

dall’art. 420 bis cod. proc. Civ. se è scisso il collegamento tra le disposizioni processuali e la sollecitazione ricolta ai soggetti sindacali sull’attuazione dei loro poteri di composizione negoziale dei conflitti, a prescindere dalla qualificazione degli atti relativi” così GRAGNOLI E., L’interpretazione dei

contratti collettivi sul lavoro privato e le ultime novità processuali” in www.csdn.it per il quale

inoltre, “resta oscuro come si possa pensare di imperniare l’intera strategia del legislatore nel lavoro privato solo su meccanismi processuali, senza che sia neppure tentato un dialogo con le risorse dell’ordinamento intersindacale”

81 Se l’accordo viene raggiunto si verifica la sostituzione della clausola fin dall’inizio della vigenza

impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, ricorso che determina la sospensione automatica del processo.

Peraltro, già con riguardo a questo meccanismo del pubblico impiego si erano avanzate perplessità sulla effettiva funzionalità dell’istituto e sulla capacità deflativa in relazione alle norme seriali.82

Diversamente, il nuovo procedimento per il settore privato si presenta privo di tale incidente stragiudiziale, essendo la questione interpretativa trattata e risolta interamente all’interno del giudizio, senza spazio per alcuna fase esterna al processo.

Alle lamentele e perplessità circa la mancata partecipazione dei soggetti sindacali nel procedimento interpretativo nell’ambito delle controversie di lavoro privato, è stato replicato che la differenziazione trova la sua

ratio in primo luogo nel fatto che nel lavoro privato, a differenza di

quello pubblico, manca un interlocutore datoriale unico.83

Del resto, è stata rimarcata la possibile funzione suppletiva al riguardo della disposizione ex art. 421 cod. proc. civ. in forza della quale, sulla base dei poteri istruttori del giudice, a questi è sempre ammesso richiedere informazioni scritte o orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti come sottoscrittrici del contratto e accordo nazionale, ovvero

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Ciò che va sottolineato è che l’esperienza di questi anni dimostra che le ipotesi di rinvio dal giudice del lavoro all’ARAN perché verifichi in contraddittorio con le organizzazioni sindacali la possibilità di un accordo non sono numerose[8]; le organizzazioni sindacali (ed in particolare la CGIL) si mostrano sempre più restie a partecipare agli incontri indetti dall’Aran[9]; poche sono le sentenze non definitive rese dal giudice del lavoro sulla questione “pregiudiziale”; rari sono i ricorsi in cassazione proposti avverso tali decisioni e poche sono le decisioni della Suprema Corte”, in questi termini ad esempio si è espresso TRISORIO LIUZZI G., L’accertamento pregiudiziale dei contratti collettivi dal

d.lgs. n. 80 del 1998 al d.lgs. n. 40 del 2006, in www.judicium.it

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v. in questo senso lo stesso TRISORIO LIUZZI G., op cit., il quale peraltro sottolinea il “sostanziale fallimento di questa fase stragiudiziale - sindacale [i pochi casi di accordo sono intervenuti oltre il termine di novanta giorni, perché la procedura per giungere a siffatti accordi è identica a quella prevista per la stipula dei contratti collettivi di lavoro (art. 47 d.lgs. n. 165 del 2001); il tempo medio che intercorre tra la comunicazione dell’Aran e la sottoscrizione è di quasi due anni]”.

della richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali ex art. 425 cod. proc. civ..

In realtà la differenza tra il rimedio di interpretazione autentica e le informazioni assunte in sede sindacale sono di un certo rilievo e di carattere sostanziale.

E’ solamente tramite il primo strumento infatti, che si dà vita ad una vera e propria sostituzione, con effetto retroattivo, in quanto la clausola contrattuale della cui interpretazione si controverte, viene sostituita dall’inizio della vigenza del contratto, vincolando così anche il relativo accertamento del giudice.

A questo filone interpretativo, peraltro, ha dato adesione anche la giurisprudenza di legittimità che ha concordato sull’efficacia retroattiva dell’accordo di interpretazione autentica e sulla vincolatività di questo, tanto per le parti quanto per il giudice.

Si è così escluso qualsiasi attrito costituzionale sulla base del fatto che l’accordo si fonda sulla rappresentatività delle parti stipulanti e ne valorizza il potere di autonomia negoziale, potendo quindi anche incidere sui diritti dei lavoratori, anche sostituendo diritti economici e normativi di cui godevano. 84

84 In questo senso v. Cass. 1 giugno 2005 n. 11671, in Giust. Civ. 2006, 1011, conferma

l’orientamento affermando che «quando venga meno la clausola contrattuale che forma oggetto dell’accertamento pregiudiziale, in quanto sostituita, sin dall’inizio della vigenza, dal sopravvenuto accordo di interpretazione autentica, ovvero di modifica della stessa clausola, si verifica - in qualsiasi stato e grado dello stesso sub-procedimento - la cessazione della materia del contendere”.