IL «CARATTERE» SECONDO DAVID HUME
2.2 L’ «Enquiry Concerning Human Understanding»
Fin dalle prime pagine della Ricerca sull'intelletto umano60 viene sottolineata la duplice possibilità sul modo di affrontare la scienza della natura umana, denominata da Hume come filosofia morale: l'uomo considerato come soggetto d'azione, guidato in primo luogo dal gusto e dal sentimento, oppure l'uomo come essere ragionevole, impegnato principalmente nella formazione del suo intelletto. Coloro che sono occupati nel primo tipo di indagine indirizzano il loro sguardo alla vita comune degli individui, traendo da essa gli esempi e gli aneddoti che meglio possono rappresentare le differenze tra vizio e virtù:
Essi scelgono dalla vita comune le osservazioni e gli esempi più atti a colpire, danno opportuno rilievo al contrasto di opposti caratteri e, attraendoci sulla via della virtù con prospettive di gloria e di felicità, guidano i nostri passi in essa coi precetti più giudiziosi e coi più famosi esempi.61
Gli altri esaminano invece accuratamente la natura umana, trattandola come un vero e proprio oggetto di speculazione, alla ricerca dei principi che guidano l'intelletto e che «ci fanno approvare o riprovare qualche particolare oggetto, azione o comportamento»62. Proprio in apertura dell‟opera, Hume mostra di propendere per quegli scrittori e quei filosofi che sono riusciti, anche se con una filosofia facile ed ovvia, a descrivere in maniera veritiera la vita degli uomini, i principi che li spingono ad agire riuscendo talvolta a modificare il loro comportamento. Proprio qui Hume menziona La Bruyère, testimonianza
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Ibidem, p. 655 60
D. Hume, Ricerca sull'intelletto umano, in Opere filosofiche 2, a cura di E. Lecaldano, Laterza, Roma-Bari, 2004 (1ªedizione1987)
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Ibidem, p. 3 62
88 questa del fatto che, con la sua opera, l‟autore francese aveva suscitato interesse anche al di fuori della Francia e dell‟attrazione che la materia del carattere continua a suscitare in lui .
Se un filosofo si propone soltanto di seguire il senso comune degli uomini ritraendolo con colori più belli e più attraenti, quando per caso gli capiti di cadere in errore, non va più innanzi, ma torna ad appellarsi al senso comune ed ai sentimenti naturali dell‟animo e tosto è in grado di riportarsi sulla giusta strada e di mettersi al sicuro da pericolose illusioni. La fama di Cicerone dura fino al presente, mentre quella di Aristotele è completamente scaduta. La Bruyère passa i mari e conserva ancora la sua reputazione, mentre la gloria di Melabranche ha per confini la nazione e l‟età in cui visse.63
Osservazioni specifiche sul carattere si trovano agevolmente nel corso dell'opera, a partire dalla sezione ottava, intitolata «Libertà e necessità». Il filosofo introduce i due concetti: «Pare evidente che, se tutte le situazioni della natura cambiassero continuamente in modo che nemmeno due eventi avessero qualche rassomiglianza l'uno con l'altro, ma ogni soggetto fosse del tutto nuovo, senza alcuna somiglianza con qualsiasi cosa vista prima, in questo caso, noi non conseguiremmo mai la minima idea di necessità, o di una connessione tra tali oggetti»64. Ogni oggetto è dunque guidato da un certo grado e da una direzione di movimento. La necessità deriva dal fatto che noi conosciamo la costante unione degli oggetti e siamo portati a stabilire delle inferenze. Nelle operazioni della natura è possibile osservare una certa uniformità, oggetti simili tra di loro sono in qualche modo legati tra di loro, e la mente può stabilire l'inferenza di uno dall'apparire dell'altro. Si tratta di un principio applicabile anche alle azioni umane:
Si riconosce universalmente che c'è grande uniformità fra le azioni degli uomini, in tutte le nazioni e in tutte le età, e che la natura umana resta sempre la stessa nei suoi principi e nelle sue operazioni. Gli stessi motivi producono sempre le stesse azioni; gli stessi eventi derivano dalle stesse cause. Le passioni come l'ambizione, l'avarizia, l'amor proprio, la vanità, l'amicizia, la generosità, il forte desiderio del bene pubblico, mescolate in vari gradi e distribuite attraverso la società, sono state dal principio del mondo, e sono ancora, la fonte di tutte le azioni e di tutte le imprese che si sono verificate nella storia del genere umano.65 63 Ibidem, p. 5 64 Ibidem, p. 88 65 Ibidem, p. 89
89 L'umanità resta la stessa indipendentemente dalle nazioni, dalle età, dai sessi, a prescindere dalle diverse circostanze e situazioni. Si tratta di stabilire se effettivamente esiste un'unione costante fra le nostre azioni, le circostanze, i caratteri. Così come esiste un andamento di generale uniformità all'interno della natura per quanto riguarda, ad esempio, i movimenti del sole o le variazioni del clima, allo stesso modo la natura umana r esta la medesima nei suoi principi, spinta ad agire dalle passioni più varie che sono distribuite nel mondo e nelle società. In tutto questo, l'esperienza investe il ruolo di guida per poter comprendere le caratteristiche degli uomini, le loro inclinazioni ed i loro moventi, a partire dalle azioni osservate, dai gesti e dalle espressioni. Da essi noi partiamo per risalire alla conoscenza delle loro caratteristiche. Allo stesso modo è possibile il procedimento inverso, per cui possiamo meglio comprendere le azioni a partire dalle inclinazioni degli individui. Se non vi fosse alla base uniformità nelle azioni degli uomini sarebbe impossibile giungere a delle osservazioni generali sul genere umano. Questo costituisce l'essenza della necessità. Hume sottolinea ancora una volta come non si tratti di un principio assoluto, dal momento che non tutti gli uomini, posti nelle medesime circostanze, agiscono allo stesso modo.
Ma se non vi fosse uniformità nelle azioni umane e se ogni esperimento che potessimo fare a questo riguardo fosse irregolare ed anomalo, sarebbe impossibile raccogliere osservazion i generali qualsiasi intorno al genere umano; e nessuna esperienza, per quanto accuratamente elaborata dalla riflessione, potrebbe mai servire a qualche proposito. […] Non dobbiamo, tuttavia, aspettarci che quest‟uniformità delle azioni umane possa esser spinta a tal punto che tutti gli uomini, nelle stesse circostanze, siano per agire sempre precisamente nella stessa maniera, senza alcuna concessione alla diversità dei caratteri, dei pregiudizi e delle opinioni. Una uniformità in tutti i particolari non si trova in alcuna parte della natura. Al contrario, con l‟osservazione della varietà del comportamento in diversi uomini, riusciamo a formare una più grande varietà di massime, la quale suppone ancora un grado di uniformità e di regolarità.66
Le azioni umane sembrano incostanti, così come anche le passioni, i desideri, la condotta; Hume si chiede allora se è vero che le abitudini e gli stili di vita variano di popolo in popolo, così come anche nelle differenti età e si interroga se effettivamente il
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90 comportamento e la condotta mutano a seconda del sesso. L‟osservazione del comportamento, dei sentimenti, delle inclinazioni degli uomini mostra infatti una tendenza a determinate massime che prevalgono in alcune età piuttosto che in altre:
Anche i caratteri propri di ciascun individuo hanno una uniformità nel loro influsso; altrimenti la nostra conoscenza delle persone e la nostra osservazione della loro condotta non potrebbe mai farci conoscere le loro disposizioni né potrebbe servire a dirigere il nostro comportamento nei loro riguardi.67
La necessità va valutata secondo diversi gradi di evidenza e di probabilità, d'altra parte si riscontra una certa instabilità in questo senso anche all'interno dei corpi. Questo principio permette a coloro che conoscono in maniera dettagliata il carattere di un agente, di fornire dei chiarimenti circa le sue azioni e i suoi comportamenti, anche se inaspettati. Hume non manca di riportare esempi tratti dalla vita quotidiana: una persona di comportamento cortese, colpita dal mal di denti, può rispondere in maniera rabbiosa; un individuo solitamente inerte può dimostrare di essere particolarmente alacre nel caso in cui si imbatta improvvisamente in una grossa fortuna. L‟incostanza e l‟irregolarità dei caratteri costituiscono, secondo il filosofo, un aspetto costante della natura umana:
noi sappiamo, in generale, che i caratteri degli uomini sono, fino a un certo grado, incostanti e irregolari. Questo è, in certo modo, il carattere costante della natura umana; per quanto si possa applicarlo, in modo più particolare, ad alcune persone che non hanno regola fissa per la loro condotta, ma vanno avanti in una corsa continua di capriccio e di incoscienza. I principi ed i motivi interni possono operare in maniera uniforme, nonostante queste apparenti irregolarità.68
Nonostante la costanza dei motivi interni e dei principi che agiscono nell‟individuo, l‟irregolarità sembra essere inevitabile, ma si tratta di una irregolarità che, a quanto pare, non mina l'aspetto dominante del carattere. È possibile allora affermare l'uniformità della natura umana, indipendentemente dalla molteplicità di circostanze, molteplicità che permette in ogni caso di distinguere differenti campi di indagine, specifici per ogni singola
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Ibidem, p. 92 68
91 varietà considerata. Anche nei caratteri più particolari viene mantenuta questa uniformità ed è su di essa che si fonda la nostra conoscenza delle persone, del loro comportamento ed atteggiamento; ed è proprio l'osservazione della varietà con la quale gli uomini affrontano le situazioni che permette di stabilire delle massime il cui principio costituente è dato dal grado di uniformità e regolarità individuato.
Il filosofo cerca di stabilire, come già accadeva nel Treatise, una relazione causa-effetto fra moventi e azioni volontarie. L'osservazione dell'esperienza trascorsa svolge un ruolo guida proprio perché il grado di uniformità osservata nelle azioni passate ci permette di trarre delle inferenze a loro riguardo:
gli uomini comprendono, nei loro progetti di vita, una sempre maggiore varietà di azioni volontarie che essi si aspettano che, sulla base di moventi propri, cooperino con le loro iniziative personali. In tutte queste conclusioni essi prendono le loro misure sulla base dell'esperienza passata, nello stesso modo che nei loro ragionamenti intorno agli oggetti esterni; e credono fermamente che gli uomini, come gli elementi, continueranno ad agire come hanno sempre riscontrato nel passato.69
Il tipo di inferenze menzionate è quello che permette ad uno spettatore di addurre delle conclusioni circa la possibilità che un individuo, a partire da un carattere osservato, agisca in una determinata maniera. Così come sostiene Hume, non possiamo conoscere il carattere di una persona in maniera immediata, ma solamente attraverso l‟inferenza dei sentimenti che lo costituiscono. Allo stesso modo non siamo in grado di conoscere immediatamente nemmeno le passioni di un individuo, ma lo facciamo mediante i loro effetti e attraverso i segni che possiamo leggere nell‟aspetto esterno dell‟individuo70
. Nel caso del carattere, possiamo trovarne indicazione proprio in quei segnali esterni, dei quali il carattere stesso ne è la causa.
I caratteri investono un ruolo primario nella determinazione di una fo ndazione della morale proprio perché capaci di far sorgere sentimenti particolari, che agiscono in modo diretto e costante sulle azioni degli individui. La permanenza dei tratti del carattere diviene un
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Ibidem, p. 95 70
Scrive P. Russel nell‟opera Freedom and Moral Sentiment. Hume’s way of Naturalizing Responsibility, New York-Oxford, Oxford University Press, 1995, p. 61: “[…] inference requires regular succession between one object and another-in this case, character and action, via the passions. To be aware of any other person‟s character as an object, we must infer it from those external signs of which it is a cause”.
92 elemento importante per i nostri giudizi morali; mancando infatti la caratteristica di essere durevole del carattere non saremmo in grado di emettere giudizi morali di alcun tipo:
Che sarebbe della storia, se non avessimo fiducia nella veracità dello storico, in relazione all'esperienza che abbiamo fatto dell'umanità? Come la politica potrebbe essere una scienza, se leggi e forme di governo non avessero un influsso uniforme sulla società? Dove andrebbe la fondazione della morale, se i caratteri particolari non avessero un certo e determinato potere di produrre particolari sentimenti e se questi sentimenti non operassero in modo costante sulle azioni? E con quale diritto esprimeremmo il nostro giudizio critico su qualche poeta o su qualche letterato, se non potessimo pronunciarci sull'essere la condotta e i sentimenti dei suoi personaggi corrispondenti a determinati caratteri e in determinate circostanze?71
La generalità cui Hume allude si estende al campo dell'esperienza in t utte le sue varietà ed è allora dedotta sulla base dell'osservazione di ogni singolo caso particolare. Gli uomini sono interessati dalle azioni degli altri, su cui fanno facilmente ricadere i loro giudizi. Allora, «poiché è evidente che le azioni hanno una congiunzione regolare coi moventi, colle circostanze e coi caratteri, e poiché sempre noi facciamo inferenze dall'uno all'altro campo, siamo tenuti a riconoscere nelle parole quella necessità, che abbiamo già ammessa in ogni deliberazione della nostra vita ed in ogni passo della nostra condotta e del nostro comportamento»72, ed ecco perché uno spettatore è in grado di stabilire le nostre azioni semplicemente osservando i nostri moventi ed il nostro carattere, «ed anche quando non lo può, conclude in generale che lo potrebbe, se avesse perfetta conoscenza di ogni circostanza della nostra situazione e del nostro temperamento, nonché delle fonti più segrete della nostra complessione e disposizione»73. Su questo principio si basa la dottrina humeana della necessità74.
Per quanto riguarda il concetto di libertà, Hume intende con esso un potere di agire o di non agire secondo le determinazioni della volontà: generalmente, parlando di necessità,
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D. Hume, Ricerca sull’intelletto umano, op. cit., p. 95-96 72
Ibidem, p. 99-100 73
Ibidem, p. 100 74
La differenza tra le circostanze più disparate in cui si manifesta l‟uno o l‟altro carattere rappresenta il punto su cui Hume stabilisce le inferenze di tipo causale, la necessità causale. N. K. Smith nel suo saggio The philosophy of David Hume, p. 93, parla di un “feeling of being necessitated”, di una propensione intesa come parte di un bagaglio istintivo naturale proprio dell‟uomo, un aspetto del carattere.
93 siamo portati a pensare ad azioni costrittive, dunque non libere. La libertà va allora intesa come opposta alla violenza da un lato, e come negazione della necessità e delle cause dall‟altro. La necessità consiste invece nella congiunzione costante di oggetti simili, oppure nell‟inferenza dell‟intelletto da un oggetto all‟altro; per Hume la necessità appartiene comunque alla volontà dell‟uomo. Allorché parliamo di necessità di una azione non pensiamo ad una qualità di colui che agisce, ma ad una qualità della mente, considerata al di fuori dell'azione. Si tratta di una qualità propria a qualsiasi essere pensante o intelligente e coincide con la capacità del suo pensiero ad inferire l'esistenza dell'azione da qualche oggetto precedente. La libertà, in opposizione alla necessità, è allora la mancanza di quella determinazione. Per quanto un individuo possa sentirsi libero nel compiere una determinata azione, la necessità sorge nel momento in cui uno spettatore, osservando i caratteri di quell'individuo, è in grado di concludere circa le sue azioni.
La mente umana è così formata da natura che, al mostrarsi di certi caratteri, disposizioni o azioni, immediatamente prova il sentimento di approvazione o di biasimo; né ci sono emozioni più essenziali alla sua struttura e costituzione. I caratteri che richiedono la nostra approvazione sono principalmente quelli che contribuiscono alla pace ed alla sicurezza della società umana, come i caratteri che suscitano biasimo sono principalmente quelli che tendono al detrimento ed al turbamento della società; di qui si può ragionevolmente presumere che i sentimenti morali sorgono, sia mediatamente che immediatamente, da una riflessione su questi opposti interessi.75
Il filosofo conclude la sezione alludendo, come già accadeva nel Trattato, al principio della simpatia, anche se non lo nomina esplicitamente. La mente umana per sua natura è portata ad immedesimarsi o ad allontanarsi al presentarsi di determinati caratteri, comportamenti o azioni: c'è una sorta di istinto che spinge ad approvare quei caratteri che contribuiscono al benessere e alla sicurezza all‟interno della società, al contrario ad allontanarci da quelli che ne possono turbare il buon andamento. Da qui nascono i sentimenti morali, i quali si differenziano a seconda della loro provenienza: da una riflessione mediata o immediata sugli interessi in questione. La nostra partecipazione simpatetica, il sentimento che sorge in noi come spettatori, induce la nostra immaginazione a concentrarsi maggiormente sui tratti del carattere della persona, piuttosto che sulle sue azioni, e le valutazioni morali sorgono
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94 come pratica sociale, in relazione all'influenza delle azioni sulla qualità della vita.
2.3 «Trattato» e «Ricerca» a confronto
Hume mostra nel suo pensiero un perenne stato di tensione tra l‟aderenza all‟esperienza da un lato, e l‟aspirazione alla massima generalità dall‟altro, una sorta di posizione intermedia tra l‟individuale e l‟universale: solo l‟individuale, può dare alla scienza un valido fondamento, e solo l‟universale può costituire la scienza stessa nel suo terreno più specifico. Leggiamo:
Ma se qualcuno attribuisse a difetto della scienza dell‟uomo questa impossibilità di spiegare i principi primi, mi permetterei di fargli notare che, allora, un tale difetto è comune a tutte le scienze e le arti, sia quelle coltivate nelle scuole dai filosofi o praticate nelle botteghe dai più umili artigiani. Nessuna di esse può andar oltre l‟esperienza o fondare un principio se non su questa autorità.76
La tendenza all‟universale, sulla base della quale solamente si può garantire il livello scientifico di una ricerca, emerge nelle parole humeane:
I moralisti sono stati abituati finora, nell‟atto di considerare la vasta moltitudine e diversità delle azioni che provocano l‟approvazione o il biasimo, a cercare qualche principio comune, dal quale far dipendere tale varietà di sentimenti. E sebbene essi abbiano a volte spinto la cosa troppo oltre, per eccessivo attaccamento a qualche principio generale, si deve tuttavia confessare che essi vanno scusati in quanto si aspettavano di trovare dei principi generali in cui giustamente risolvere tutti i vizi e le virtù.77
La distinzione è tra quell‟esperienza che non permette alcuna unificazione e quella determinazione dell‟universale che costituisce un dominio unitario di tutti i fenomeni. Ne consegue che solo la conoscenza astratta è in grado di condurre a quei risultati teorici che
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D. Hume, Trattato sulla natura umana, op. cit. p. 9 77
95 costituiscono, nel suo progetto, il sapere scientifico.
La scienza dell‟uomo, elaborata dal filosofo scozzese, consiste nella descrizione di una innumerevole quantità e varietà di rapporti, relazioni e principi che stanno alla base di essa, e la cui funzione è di descrivere la portata e i limiti della conoscenza, la formul azione dei giudizi morali, le regole della vita associata. Ecco che “la scienza che egli, insomma, intende costruire, ha una chiara impronta descrittiva; ed in ciò sta anzi, a giudizio dell‟autore, il suo carattere scientifico e propriamente teoretico; a fondamento della costruzione devono stare i fatti, cioè dei dati percettivi ben attestati; ed ogni conclusione critica deve risultare, per dir così, motivata ed indicata dalla stessa realtà fattuale”78.
Negli anni della composizione del Treatise, egli si occupa di questioni riguardanti il piacere estetico sia in ambito letterario che artistico, così come anche problemi di tipo morale, nel senso più ampio del termine79. Riferimenti alle arti e alle belle lettere compaiono di frequente sia in quest'opera che nell‟Enquiry. In quest‟ultima in particolare è possibile individuare uno spostamento d‟attenzione verso una descrizione in termini positivi dell‟umanità, ovvero di quelle caratteristiche che le permetterebbero di essere virtuosa e socialmente approvata. Come scrive Santucci: “Quel che gli premeva, e si tratta della novità dell‟Enquiry, era il ritratto di un‟umanità virtuosa che avesse come colori le qualità più apprezzabili al mantenimento della società. Così lo storico e il politico si sostituivano poco a poco allo scienziato e ne ripetevano gli argomenti, adattandoli alle circostanze"80. Rispetto a quanto accadeva nel Trattato, il discorso predilige una dimensione per così dire più umana, indebolendo almeno in parte il ricorso al principio della simpatia. Hume non si concentra tanto sulla suddivisione tra virtù naturali ed