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CAPITOLO III: L’analisi del clima organizzativo

4.3 L’equilibrio organizzativo dei servizi indagati

Richiamando la review della letteratura realizzata nel capitolo II secondo cui è possibilie ipotizzare il clima organizzativo come variabile utile per misurare lo stato di equilibrio organizzativo e riprendendo le valutazioni del clima realizzate nel capitolo III, si fornisce in questo paragrafo una valutazione dell’equilibrio organizzativo dei tre servizi indagati.

A questo fine si fa riferimento nella presente analisi, al grafico che descrive i climi dei tre settori indagati, mostrato in figura 4-5, ed usato nel capitolo III.

Figura 4-5- La valutazione dell’equilibrio dei tre servizi analizzati Settore III

Settore II

85

I tre servizi presentano tre differenti climi, cui corrispondono, secondo l’impostazione di questo contributo, a tre stati di equilibrio organizzativo.

In particolare, è possibile osservare che il Settore II non è in una condizione di “stato armonico delle relazioni e delle dinamiche tra le parti e tra i partecipanti (equilibrio organizzativo)”(Cafferata, 2008: pag. 174), in quanto, analizzando ad esempio il solo aspetto relazionale (coinvolgimento, coesione e supporto) è possibile cogliere come i valori siano deboli, e comunque distanti dal valore centrale, e tali da lasciar dedurre che non vi sia armonia intepersonale ed in generale un rapporto coeso tra capo e subordinato. L’assenza di equilibrio tra incentivi e contributi è confermato analizzando i risultati emersi dai focus group in cui, in molte delle affermazioni prodotte dai dipendenti si coglie la carenza di armonia tra partecipanti, di coinvolgimento, di adeguatezza al compito. Si evidenzia ad esempio come i dipendenti di questo servizio sostengano che “i dirigenti non pensano che noi lavoriamo secondo un concetto di qualità ed inoltre abbiamo la sensazione di non essere presi pienamente in considerazione”. Sotto il profilo delle attività, si legge che “il carico di lavoro non è equidistribuito e a volte è dispersivo. Spesso abbiamo la sensazione di non avere possibilità di decidere su questioni che riguardano i nostri compiti operativi”. Questa situazione ha sicuramente ha un impatto sulla produttività del servizio e sulla motivazione, come infatti si sostiene “mi sento a volte demotivata nello svolgere il mio lavoro”. Da questo punto di vista, in letteratura, è già stato evidenziato come sia importante “creare un ambiente psicologico motivante a partecipare e produrre, prevenire i conflitti o arginare i costi a tutto ciò inerenti” (Cafferata, 2008: pag. 175).

Nel Settore I, è possibile asserire che il quadro sia leggermente migliore rispetto il precedente, anche se questo settore presenta caratteristiche e dinamiche tali da non poterlo considerare in equilibrio organizzativo.

Ad esempio, si evidenzia da questo punto di vista, la mancanza di coinvolgimento da parte dei dipendenti alle scelte che vengono prese dal servizio, scelte che si ripercuotono sui dipendenti in quanto sono loro stessi a doverle poi realizzare attraverso le loro mansioni. Tale aspetto, che evidenzia una carenza di chiarezza nelle comunicazioni emerge nelle indicazioni fornite dai partecipanti: “spesso le richieste non sono prese in considerazione”. “Sarebbe bello”, viene espresso dai dipendenti del servizio, “fare un incontro alla settimana di brainstorming, per poterci relazionare con i colleghi, in modo da poter scambiare le informazioni, e venire a conoscenza anche di altri aspetti che riguardano il nostro lavoro. Spesso tutto ciò è rimesso al buon senso, e non viene istituzionalizzato, e questo crea conflitto interpersonale. Secondo noi non vi è l’abitudine a comunicare, allo scambio di informazioni utili singolarmente ad ogni dipendente ma allo stesso tempo utili all’organizzazione”.

Questo aspetto denota, sotto il profilo dell’equilibrio organizzativo, una scarsa capacità di realizzare interazioni sinergiche tra parti e tra partecipanti e di prevenzione dei pericoli di caduta della razionalità nelle decisioni, infatti, gli incentivi ricevuti dai dipendenti sembrano insufficienti a garantire l’equilibrio dell’organizzazione.

Il settore III evidenzia invece una condizione (stimata) di equilibrio organizzativo in quanto in generale i valori rilevati presentano un trend positivo, in particolare sull’aspetto delle relazioni interpersonali.

Infatti, in tale servizio ad esempio si rileva, tra gli aspetti emersi dai focus group la volontà dei dipendenti di essere orientati all’utente ed uno spirito di coesione con i superiori. “Cerchiamo di dare una risposta diretta all’utente sia direttamente che indirettamente. Anche se non rientra nei nostri compiti proviamo ad indirizzare l’utente all’uffico giusto, anche se sappiamo che non tutti si comportano così. Questo atteggiamento lo abbiamo ereditato dai nostri capi. Il problema più grande per il nostro dirigente, e quindi per noi, è dare una risposta per evitare di non dare un

disservizio”. “Per quanto riguarda la soddisfazione dell’utenza, infatti, a volte andiamo oltre, spesso con minuziosa precisione dicendo come fare le cose, anche per aiutare noi stessi oltre che gli utenti”. “Facciamo anche incontri periodici per verificare obiettivi ed attività di diversi servizi, dove si possono sollevare questioni e ottenere delle risposte”.

Questo tipo di affermazioni, che trovano riscontro anche sull’analisi di clima organizzativo, lasciano trapelare una “situazione di armonia interpersonale (coesione, lealtà, fiducia) che favorisce il conseguimento della desiderata produttività del lavoro, agevola i rapporti tra capo e subordinato, favorisce l’incontro col cliente, minimizza cioè i costi di coordinamento” (Cafferata, 2008: pag. 176), tipica dell’equilibrio organizzativo.

Questa valutazione dell’equilibrio organizzativo conduce ad una serie di riflessioni teoriche. Lo stato di insoddisfazione che permea i due settori, sui tre indagati, può indurre, secondo la teoria dell’equilibrio organizzativo, i dipendenti a lasciare o meno l’organizzazione (J.G. March & Simon, 1995). Questa decisione è funzione sia della desiderabilità percepita di lasciare, che, in assenza di soddisfazione, come nel caso in esame si suppone essere elevata, che dalla possibilità percepita di trovare alternative, che risulta invece bassa, in coerenza all’attuale situazione socio- economica generale del Paese. Dato questo scenario, per il settore I ed il settore II è possibile commentare che i dipendenti (non considerando l’alternativa di lasciare l’organizzazione), continuino a partecipare con una bassa motivazione a produrre.

Modificando alcuni aspetti della partecipazione, come ad esempio il miglioramento del supporto organizzativo o un potenziamento nella identificazione al compito per il partecipante, si potrebbero creare guadagni di atmosfera e miglioramento della produttività.

Nel prossimo paragrafo viene descritto un modello di riferimento per supportare un processo di cambiamento applicabile ad esempio, anche alla situazione indagata, che richiede almeno in due settori, un nuovo equilibrio organizzativo.