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L’esperienza del viaggio e le teorie filosofiche Candide

Nel documento Voltaire e i viaggi della ragione (pagine 123-144)

Viaggiatori e ragionatori nei Romans et contes philosophiques

VI. L’esperienza del viaggio e le teorie filosofiche Candide

Il racconto di viaggio come pratica filosofica. – La speculazione astratta sottoposta al vaglio dell’esperienza: il disordine del mondo contro l’ordine della teoria. – Il senso della possibilità e il principio di realtà. – “Le grand livre du monde”: errare e filosofare. – Sapere aude! – L’esperimento filosofico di Candide: particolare vs. universale; contingenza vs. ragion sufficiente. – Ironia filosofica e confutazione socratica. – Le distorsioni della “panglossia” e la realtà di fatto. – Il caso dell’annegamento di Jacques. – Determinismo, discontinuità e finalismo. – Dal mondo al giardino: la rinuncia teoretica. – Un cauto scetticismo voltairiano. – L’Histoire d’un bon bramin e l’infelice sapienza. – Gli interrogativi metafisici e i libri di filosofia. – L’Ingénu: dal libro del mondo al mondo dei libri.

La narrativa voltairiana è caratterizzata da una rara purezza filosofica. Nei Contes philosophiques le trame hanno le caratteristiche di un’ipotesi, le avventure che si susseguono l’aspetto di esperimenti, e gli epiloghi la forma di conclusioni. Senza venir meno alla propria natura letteraria e senza d’altronde utilizzare il linguaggio proprio dei filosofi dichiarati, il racconto in Voltaire produce l’equivalente di una filosofia. I Contes philosophiques possono essere definiti come delle “illustrazioni di idee”, delle “idee illustrate”, nella misura in cui ciò che vi è di filosofico nel racconto non si sviluppa e non si spiega, ma s’impone attraverso l’arabesco della narrazione, degli eventi, dei luoghi e dei personaggi dialoganti messi in scena dall’autore.221

L’elemento comune a tutti i racconti di Voltaire è il viaggio, ovvero una dimensione di continuo movimento, capace di provocare incontri e avvenimenti, perdite e ritrovamenti, polemiche e digressioni. In Micromégas, Babuc, Zadig, Scarmentado, e ancora, in Candide, L’Ingénu, La Princesse de Babylone, Amabed, Jenni, il viaggio cambia, trasforma, fa conoscere. Vi è un aspetto propriamente conoscitivo e filosofico che si trasmette attraverso il viaggiare e l’errare. Il viaggio è innegabilmente uno strumento privilegiato di conoscenza, punto d’osservazione particolare, “storia filosofica”, come recita il sottotitolo di Micromégas, che a buona ragione potrebbe adattarsi a tutti i racconti filosofici di Voltaire. La filosofia nei

221 Cf. Y. Beleval, « Le conte philosophique », The age of the Enlightment. Studies presented to

racconti è essenziale quanto il racconto stesso: lo stile di Voltaire riesce ad unire indissolubilmente narrazione e pensiero, spirito e ragione.222

La forma narrativa del conte è un modello fondamentale della logica voltairiana: raccontare una storia, o meglio ancora un viaggio, significa considerare l’esperienza come un itinerario, ovvero iscrivere nello spazio e nel tempo lo sviluppo della ragione umana. Gli eroi dei racconti filosofici imparano a pensare e a riflettere a partire da sensazioni ed emozioni elementari e le loro storie li riconducono in tutta semplicità, attraverso narrazioni stravaganti, alle fonti irrefutabili della vera filosofia: i sensi e l’esperienza. L’invenzione del narratore manifesta l’impotenza della speculazione astratta, distrugge le costruzioni e le architetture metafisiche, risvegliando il senso della realtà e della contingenza.

La philosophie exige que l’on passe par la contingence, qu’elle intègre ou dont elle tient compte. D’où la linéarité du récit, le choix de l’événementiel, d’un romanesque en définitive empirique.223

Il mondo dei contes si allarga e si restringe a piacimento per piegarsi alle esigenze della filosofia e, allo stesso tempo, la filosofia è chiamata a interagire con i dati della realtà e dell’esperienza. I viaggi narrati da Voltaire, le sue spedizioni intorno al mondo, sono una pratica filosofica volta a mettere alla prova le possibilità della ragione in un perpetuo esercizio critico e scettico del pensiero. L’esperienza del viaggio, pertanto, è affidata al senso della possibilità piuttosto che al principio di realtà: l’economia del tempo narrativo assicura rapidi spostamenti da un luogo all’altro e rende possibile un’accumulazione straordinaria di esperienze attraverso uno spazio terrestre percorribile in tutti i sensi.

La mobilità del pensiero voltairiano deriva in gran parte dall’espressione della dualità e dell’asimmetria inerente ad ogni cosa che passi sotto la sua penna, secondo una tecnica che Starobinski ha chiamato « la loi de fusil à deux coup de Voltaire ». I racconti offrono una descrizione caotica del mondo, nel quale i contrari si alternano senza soluzione di continuità, come ne Le Blanc et le Noir, per esempio, dove tutto è bene e un istante più tardi tutto è male: in un mondo così non è possibile raggiungere alcuna sintesi filosofica, si è costretti a contraddirsi, a cambiare continuamente opinione, a rimettersi in viaggio.

222 Cf. L. Bianchi, Introduzione a Zadig e altri racconti, Milano, 1994 223 P. Cambou, Le traitement voltairien du conte, Paris 2000, p. 239

La loi du fusil à deux coups, on le voit, est l’expression d’une vision du monde. Il n’y a pas de bien sans mal, ni de mal sans bien, et cela dans de proportions inégales. Le monde cloche. […] Les propositions contradictoires sont vraies à tour de rôle, ou simultanément. Dans le rythme binaire de ce monde qui cloche et où la parfaite cohérence est à jamais impossible, ce n’est ni le premier ni le second temps qui représente la vérité définitive : l’ironie philosophique constate que l’un ne va jamais sans l’autre, et que si le monde ne clochait pas son mouvement s’arrêterait. De ce mouvement incessant, le conte voltairien nous propose l’image accélérée et caricaturale, oscillant de la nature à la culture, du vice à la vertu, du rire aux larmes, du pessimisme à l’optimisme – pour nous laisser dans le double sentiment de la confusion générale et de la netteté du détail disparate.224

L’apparente disordine del mondo narrato da Voltaire cela, tuttavia, la coerenza del suo pensiero: tale disordine è un disordine sistematico volto a dimostrare la vanità di tutti i sistemi, giacché se un sistema esiste, in Voltaire, è quello dell’odio nei confronti di ogni sistema. Tutti i suoi scritti filosofici insistono nell’opporre alle rigorose costruzioni deduttive alla maniera di Descartes, Mallebranche, Leibniz, o Spinoza, il metodo induttivo della scienza e dell’empirismo, quello di Bacon, di Locke e di Newton. La filosofia inglese pervade tutti i racconti voltairiani: Micromégas è un’illustrazione delle nuove acquisizioni della scienza newtoniana; Zadig, oltre al tema della provvidenza simboleggiato dalla celebre figura dell’angelo Jesrad, è anche una professione di deismo, ovvero di una religione che si sottrae non solo ad ogni costruzione dogmatica, ma anche ad ogni sistematica filosofica; il viaggio di Candide, per molti aspetti, può essere inteso come un esercizio di filosofia sperimentale volto a mettere alla prova il Tout est bien di Leibniz in tutte le latitudini possibili; L’Ingénu illustra il funzionamento della tabula rasa di Locke, ovvero come l’intelletto umano acquisisca le idee attraverso i sensi e l’esperienza. Il metodo stesso della narrazione, nei contes, è analogo a quello della filosofia empirica, la quale rifugge dagli assiomi e dagli edifici dottrinari, muove dall’esperienza e dall’osservazione, ovvero dai fenomeni, per risalire analiticamente ai principi. Ritroviamo questo stesso movimento analitico del metodo induttivo in tutti i racconti filosofici di Voltaire, nei quali la ragione si afferma come unico strumento di indagine e ricerca della verità, indagini e ricerche che derivano dall’esperienza e che solo in essa trovano le proprie conferme e i

224 J. Starobinski, Le remède dans le mal. Critique et légitimation de l’artifice à l’age de Lumières,

propri limiti. Il luogo privilegiato dell’esperienza, nei contes, è il viaggio: è attraverso il viaggio, infatti, che i “ragionatori peregrinanti” di Voltaire possono fare le loro esperienze intorno a un mondo che è un enorme serbatoio di fenomeni da osservare.

Il viaggio si erige allora a metodo del filosofare e coincide con il modello scientifico della ricerca della verità, quello indicato da Bacon e seguito da Newton, il quale lo riassume nel suo celeberrimo detto, hipoteses non fingo.

N'allons donc point d'abord imaginer des causes et faire des hypothèses: c'est le sûr moyen de s'égarer: suivons pas à pas ce qui se passe réellement dans la nature; nous sommes des voyageurs arrivés à l'embouchure d'un fleuve; il faut le remonter avant que d'imaginer où est sa source.225

Il filosofo è come un viaggiatore arrivato sulla sponda di un fiume, se vuole conoscere la sua fonte, egli non può limitarsi ad immaginare la sua ubicazione, ma deve innanzitutto risalire il suo corso. Allo stesso modo, l’iniziazione alla filosofia dei personaggi dei contes deve passare attraverso un certo numero di esperimenti sulla realtà, attraverso un inventario di esperienze vissute in prima persona che permettano di suffragare o invalidare un’idea e di avvicinarsi gradualmente alla fonte della verità.

L’insieme di questi elementi – l’arbitrarietà del reale, il metodo dell’investigazione, consistente in un’illustrazione di idee e in un inventario di esperienze mirate, utili a trovare le pour et le contre di tali idee, e la funzione educativa, iniziatica del viaggio alla filosofia – ci permettono di definire il viaggio voltairiano non come realistico, né picaresco, bensì filosofico.

Esiste un legame strettissimo tra l’errare e il filosofare. Poco importa dove ci si reca e perché, l’essenziale risiede nel fatto che, per Voltaire, l’accesso alla saggezza non è un apprendimento libresco e astratto, bensì un’esperienza, la cui realizzazione è condizionata dall’imperativo del viaggio, del periplo sotto cieli diversi. Montaigne, nel saggio De l’institution des enfants, aveva già sottolineato la necessità che il suo scolaro uscisse dal villaggio e che avesse come libro “ce grand monde”. Egli aveva definito espressamente il viaggio come una pratica filosofica volta a formare il giudizio umano nel riconoscimento della propria imperfezione e

225Eléments de la philosophie de Newton, III partie, « Physique newtonienne », cap. II, V.F. 15, cit.,

della propria naturale debolezza.226 Anche Rousseau lamenta il fatto che tanti libri facciano trascurare “le grand livre du monde” e corona l’educazione di Emile con un viaggio intorno all’Europa. La voce « Voyage » de l’Encyclopédie è quasi interamente consacrata al viaggio pedagogico inteso, ancora una volta, come esercizio filosofico: « les voyages étendent l’esprit, l’élèvent, l’enrichissent de connaissances, et le guérissent des préjugés nationaux », scrive il suo autore, il cavaliere de Jaucourt. Quando il viaggio libera dai pregiudizi, ovvero i principali nemici della ragione e della verità, allora esso conduce alla filosofia.

L’audacia della vocazione illuministica riassunta nella celebre formula kantiana, Sapere aude!, ha come effetto naturale l’inquieto viaggiare ed errare accettando il rischio permanente dell’errore. La progressiva emancipazione dalla tutela delle scuole filosofiche e della teologia significa togliere le ancore delle certezze metafisiche e lanciarsi nella conquista e nell’esplorazione del globo intellettuale e reale: siccome nulla è acquisito una volta per tutte, la ricerca della verità è una perpetua erranza.

Il “filosofo tipo” della letteratura illuministica tende pertanto a definirsi come un uomo che viaggia, o meglio, come un viaggiatore che ragiona.227 Il philosophe assume i tratti dello straniero in seno alla società del suo tempo nella quale non si riconosce più e si diverte a indossare maschere esotiche per svelarne le ridicole contraddizioni, secondo il modello delle Lettres persanes del Montesquieu. Così Voltaire si traveste e si moltiplica, ora in bramino, ora in urone, ora persino in extraterrestre per portare uno sguardo nuovo su un mondo familiare e a tratti nemico, il mondo delle idee, la cui geografia è fatta di luoghi filosofici, piuttosto che reali. Alla critica della società si sovrappone una vera e propria attività filosofica e l’iniziazione a un preciso modo di filosofare, il quale reclama innanzitutto la libertà e l’indipendenza dall’autorità della tradizione e delle idee consolidate. Voltaire nei suoi racconti intraprende dei grands tours philosophiques

226 « Il se tire une merveilleuse clarté, pour le jugement humain, de la fréquentation du monde. Nous

sommes tous contraints et amoncelés en nous, et avons la vue raccourcie à la longueur de notre nez. On demandait à Socrate d’où il était. Il ne répondit pas : "d’Athènes" mais : "du monde". […] Ce grand monde, que les uns multiplient encore comme espèces sous un genre, c’est le miroir où il nous faut regarder pour nous connaître de bon biais. Somme, je veux que ce soit le livre de mon écolier. Tant d’humeurs, de sectes, de jugements, d’opinions, de lois et de coutumes nous apprennent à juger souverainement de nôtres et apprennent notre jugement à reconnaître son imperfection et sa naturelle faiblesse: qui n’est pas un léger apprentissage ». Montaigne, Essais, Libro I, cap. XXVI, « De l’institution des enfants », Œuvres, cit., pp. 156, 157

227 Cf. R. Pomeau, « Voyage et lumières dans la littérature française du XVIIIe siècle », SVEC n. 57,

mettendosi nei panni dei propri personaggi, i quali si fanno strada nel teatro del mondo per emanciparsi dalle dottrine e dalle scuole, dai pregiudizi sociali e dagli schematismi mentali inculcati dall’educazione. L’esperienza del mondo fa emergere la verità nello spazio e nel tempo, permette la scoperta, la smentita o la conferma della verità potenziale.

Candide è il massimo esempio del procedere filosofico-narrativo voltairiano volto a mettere alla prova la plausibilità degli enunciati di verità consolidati all’interno di un rigoroso sistema astratto come quello della Teodicea leibniziana. Candide, come tutti sanno, è un gran viaggiatore. Egli è la prova vivente e ambulante del Tout est mal e sembra destinato a fornircene la dimostrazione da un capo all’altro della terra, che egli percorre con gli occhi di Voltaire. Il mappamondo di Candide è dipinto con le tinte fosche del pessimismo, ma non si deve assumere tale immagine come una visione del mondo, né come una presa di posizione definitiva di Voltaire, bensì come un esperimento filosofico volto a falsificare alcuni aspetti della teoria dell’ottimismo metafisico, colpevole di trascurare completamente la realtà della condizione umana.

L’idea leibniziana del migliore dei mondi è un’entità troppo generale, puramente metafisica, vuota di contenuto, giacché oltrepassa il verdetto dell’esperienza e le possibilità cognitive della ragione, la quale non può elevarsi a una visione totalizzante del mondo, poiché essa stessa è soltanto una sua parte. Si tratta in definitiva della denuncia di illegittimità della dichiarazione di una verità universale astratta.

Nella Teodicea il mondo è un insieme coordinato di esseri e di avvenimenti passati, presenti e futuri. Sebbene infinito, esso è un’individualità numerica, un tutto invariabile e indivisibile. Il mondo creato è il migliore possibile, essendo il risultato di un calcolo divino infinito nel quale ogni variante di mondo, ogni possibile, è stato esaminato nei suoi legami necessari o contingenti con gli altri possibili, secondo il principio di non contraddizione e il principio della ragion sufficiente, all’interno di un’enorme macchina di corrispondenze. Di qui il concetto dell’armonia prestabilita e la spiegazione del male come una realtà inevitabile dovuta ai limiti spazio- temporali della coesistenza degli avvenimenti e a una sorta di inerzia delle creature, le quali non possono inglobare singolarmente le determinazioni infinite a loro

destinate da Dio. Il creatore è infinitamente saggio e buono. Egli non ha creato, né voluto il male, ma lo permette come tributo necessario per il migliore dei mondi.228

Ebbene, Candide contrappone a tale visione globale del mondo, una visione parziale, illustrando i dettagli e la singolarità degli avvenimenti e la presenza ingiustificabile del male dal punto di vista delle creature, non del creatore. La presenza del male si incide nella carne stessa dei personaggi: mutilazioni e amputazioni contribuiscono a contraddire l’euforia del sistema del Tout est bien: Pangloss perde un occhio e un orecchio, la vecchia una natica, lo schiavo guineano la gamba sinistra e la mano destra e così via…

Voltaire oppone il particolare all’universale e la contingenza alla ragion sufficiente. L’immagine del mondo offerta dal racconto filosofico è quella di un mondo irregolare, dispari, contrastato, dove non vi è alcun segno delle mirabili corrispondenze e dell’arrangiamento armonioso di cui parlano metafisici e teologi.

Autorité usurpée : tels apparaissent le discours théologique et son succédané, le discours métaphysique, une fois démontrée la différence entre le monde comme il va et le monde de la théodicée optimiste. Autant qu’une critique de la réalité contemporaine,

Candide est la critique des affirmations abstraites qu’une théorie satisfaite développe

sur la totalité du monde. Les événements du voyage, dans leur singularité, dans le détail de leur succession, infligent à la leçon de Pangloss démenti sur démenti.229

Candide è un viaggio di formazione, durante il quale un ragazzo ingenuo, smarrito dagli insegnamenti di un cattivo maestro si libera delle illusioni teoriche alimentate dai sublimi sistemi filosofici a contatto con l’esperienza della vita, e accede a un approccio personale del mondo derivante da un pensiero e da un giudizio autonomi. « Il est certain qu’il faut voyager »,230 esclama Candide in Eldorado, per scoprire che il paradiso in terra non è che un sogno ottimista che esiste soltanto nell’immaginazione metafisica dei filosofi che non hanno mai visto, né sperimentato la vita reale della moltitudine umana.

Il roman si apre in un universo immobile, un microcosmo astratto retto dai principi della filosofia di Pangloss, il quale elargisce le sue lezioni di

228 Cf. Leibniz, Essais de Theodicée sur la bonté de Dieu, la liberté de l’homme et l’origine du mal,

« Preface », ed. italiana con testo francese a fronte, Milano, Bompiani, 2005, p. 35

229 J. Starobinski, Le remède dans le mal, cit., p. 129

230 Candide ou l’Optimisme,cap. XVIII, «Ce qu’ils virent dans le pays d’Eldorado», Romans et

« métaphysico–théologo-cosmolonigologie ».231 Il castello di Westfalia è il luogo geograficamente ben scelto per raffigurare il provvidenzialismo e l’eterna perfezione di un mondo dal quale ogni divenire è escluso, e il punto di partenza ideale per procedere alla critica della filosofia di Leibniz e di Wolf. Voltaire rompe improvvisamente questa perfezione immobile esibendo una temporalità fatta di viaggi e trasformazioni.

La prima parte del racconto è un’immensa corsa affannosa attraverso l’Europa, una fuga perpetua dalla guerra, dai terremoti, dai fanatici e da tutte le altre calamità che affliggono il vecchio continente. Di fronte a tanti orrori e ingiustizie, Pangloss continua a intestardirsi sul suo Tout est bien. Lo credevamo morto e sepolto a Lisbona in seguito a quel bell’autodafé organizzato dall’Università di Coimbra per impedire i terremoti, ma eccolo resuscitato nelle acque del Mar Nero, in mezzo a una ciurma di forzati che remano fino a Costantinopoli…

– Eh bien! Mon cher Pangloss, lui dit Candide, quand vous avez été pendu, disséqué, roué de coups, et que vous avez ramé aux galères, avez-vous toujours pensé que tout allait le mieux du monde? – Je suis toujours de mon premier sentiment, répondit Pangloss, car en fin je suis philosophe: il ne me convient pas de me dédire, Leibniz ne pouvant pas avoir tort, et l’harmonie préétablie étant d’ailleurs la plus belle chose du monde, aussi bien que le plein et la matière subtile.232

Pangloss ha davvero viaggiato invano, in pura perdita, senza nemmeno imparare la lezione filosofica durante il cammino. Ad ogni modo, il viaggio può condurre questo personaggio sulla strada della verità, infatti egli detiene un ruolo fondamentale nel racconto: quello di ridicolizzare fino all’ultimo il sistema di Leibniz che egli incarna. Così, Voltaire dimostra l’assurdità della teoria dell’ottimismo metafisico facendo ricorso agli esempi e procedendo per analogie, appoggiandosi su fatti concreti. Egli non resiste alla tentazione di prendersi gioco di Leibniz, si diverte a porlo di fronte ai mali del mondo e lo fa persino impiccare a Lisbona, subito dopo quel “sisma filosofico” del giorno d’Ognissanti del 1755. Il viaggio non conduce Pangloss alla filosofia, ma vi conduce il lettore, persuadendolo che la teoria leibniziana non ha alcun senso, come attesta la ridicola contraddizione di un derelitto umano che continua ad affermare che tutto va per il meglio quando ciò che gli accade prova con evidenza il contrario.

231 Ibid., cap. I, « Comment Candide fut élevé dans un beau château, et comment il fut chassé

d’icelui », p. 146

Nel documento Voltaire e i viaggi della ragione (pagine 123-144)