Altri tipi di scud
3. L’ICONOGRAFIA DELLE ARMI – Analisi conclusive
Dopo aver esaminato i principali elementi che costituiscono l’equipaggiamento militare minoico-miceneo sia dal punto di vista dei rinvenimenti archeologici sia attraverso lo studio delle raffigurazioni, possiamo ora effettuare alcune considerazioni che credo riassumano in modo sufficientemente chiaro l’argomento trattato.
Il confronto tra reperti e raffigurazioni consente, per un periodo che va dalla fine del Medio Bronzo fino alla fine del TM/TE III C, di rilevare con sufficiente chiarezza il processo evolutivo che subisce l’equipaggiamento militare, che passa dall’utilizzo limitato di corti pugnali nella Creta Minoica di epoca più antica fino alla creazione di elaborate panoplie, complete di scudi, lance, spade, elmi, corazze, schinieri, nel corso del Tardo bronzo.
Pur con la frequente semplificazione stilistica che caratterizza la maggior parte delle raffigurazioni, lo studio delle immagini consente non solo di cogliere con sufficiente chiarezza le numerose varianti che spesso caratterizzavano ciascuna classe di armi, pensiamo per esempio alle tipologie di spade e lance, ma si rivela frequentemente l’unico mezzo a nostra disposizione attraverso il quale riconoscere l’utilizzo di armamenti non attestati dai ritrovamenti archeologici, come nel caso di armi in materiale deperibile, quali i grandi scudi-armatura, oppure l’effettiva presenza del giavellotto nell’armamentario Egeo, che negli esemplari reali non risulta facilmente distinguibile dalla lancia. Per quanto riguarda alcune tipologie di armi rinvenute negli scavi archeologici, quali l’elmo in bronzo o l’armatura di Dendra, le raffigurazioni non sembrano invece offrire alcun confronto possibile. Se è vero che per l’elmo in bronzo la mancata identificazione può dipendere dalla nostra incapacità di distinguere con sicurezza l’arma nelle immagini, l’armatura di Dendra non sembra tuttavia confondibile a livello iconografico con le tipologie finora riconosciute. Nonostante queste eccezioni, l’importanza dell’analisi iconografica nello studio dell’equipaggiamento militare rimane invariata.
Lo studio dei modelli iconografici ha permesso inoltre di stabilire il tipo di situazioni in cui le armi stesse erano utilizzate. Nel caso dei pugnali, ma soprattutto delle spade e delle lance, abbiamo visto come la rappresentazione visiva di questi oggetti assuma in numerose occasioni una valenza simbolica legata all’affermazione di un superiore status sociale dell’individuo a cui sono associate. Non mancano inoltre le raffigurazioni in cui a questi oggetti sembra essere attribuito un valore cultuale-religioso, legato in qualche modo alla
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sfera sacrificale, come nel caso delle numerose scene che rappresentano un animale ferito, oppure il combattimento tra un uomo e un animale. Per quanto in alcuni casi è possibile che le scene rappresentate siano semplici immagini di tipo venatorio, il numero notevolmente elevato di esempi, basti ricordare la vasta quantità di raffigurazioni di animale ferito, sembra confermare che in queste immagini il significato andasse ben al di là della semplice descrizione di un’attività quotidiana. Alcuni tipologie di armi, quali lance e scudi a otto, sembrano in taluni casi essere impugnate da figure di carattere divino, sia maschili, che femminili, in scene di omaggio o di preghiera nelle quali emerge chiaramente l’elemento religioso. In un momento non definito, l’uso figurativo di queste armi come attributi divini subisce un’evoluzione concettuale, che traduce l’arma stessa in icona della divinità. L’esempio più significativo proviene dalle numerose raffigurazioni, soprattutto nell’ambito della glittica, che restituiscono l’immagine di scudi a otto usati come elemento sacralizzante, privo cioè di una reale funzione pratica, ma rappresentato solo dal punto di vista simbolico. Sempre per quanto riguarda lo scudo a otto, ma lo stesso processo si riscontra anche con l’elmo a zanne di cinghiale, nelle fasi iniziali del TE III il modello iconografico dell’arma subisce un’ulteriore mutamento che sembra desacralizzarne il significato, attribuendogli infine un carattere prevalentemente decorativo. Non più in uso ormai da lungo tempo nell’equipaggiamento militare, lo scudo a otto diviene l’elemento decorativo per eccellenza, riprodotto pressoché universalmente su ogni tipo di supporto. Anche l’elmo a zanne di cinghiale, pur non con la stessa intensità, diviene un elemento decorativo di grande successo.
Oltre alle scene di tipo religioso/cultuale, e alle rappresentazioni a puro scopo decorativo, nell’arte Egea si riconoscono anche raffigurazioni di chiara valenza militare. Sin dal Medio Bronzo, ma soprattutto a partire dall’epoca delle tombe a fossa di Micene, non mancano infatti le rappresentazioni di battaglie e scontri armati, spesso tradotte in scene di duello tra guerrieri, armati con lance o spade e grandi scudi-armatura. Nonostante ci sia la possibilità che alcune di queste rappresentazioni potessero riguardare combattimenti legati ad eventi di tipo sacrale o ludico, per esempio gare o giochi in occasioni di cerimonie funerarie, ritengo non sia possibile negare l’elevata carica di violenza che traspare da alcune scene, per le quali un intento agonistico mi sembra alquanto inverosimile. Nelle fasi avanzate del Tardo Bronzo la rappresentazione di battaglie o duelli cede il passo a scene che pur mantenendo una connotazione militare, abbandonano l’elemento violento e raffigurano
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perlopiù scene di processioni di soldati, in partenza per la caccia o per la guerra. In proposito si deve notare che in questo tipo di raffigurazioni l’arma principale dei guerrieri sembra essere la lancia o il giavellotto, mentre la spada è generalmente portata da figure di alto rango, di nuovo come elemento di distinzione sociale. Un altro modello iconografico notevolmente diffuso è quello del guerriero su carro, un chiaro segno della profonda evoluzione che modifica radicalmente il concetto stesso di guerra, rispetto alle fasi più antiche dell’Età del Bronzo. Meno diffusa, ma pur sempre attestata, è la raffigurazione di guerrieri in scene di carattere navale, che trova riscontro in alcuni esempi di ceramica dipinta, nonché nel famoso Affresco della Flotta di Akrotiri, Thera.
Si deve infine riconoscere la presenza nel mondo minoico e nel mondo miceneo di due distinti “gusti” iconografici, con una notevole preferenza in area cretese per le scene di carattere religioso/cultuale e in generale per un utilizzo simbolico dell’arma. Ciò, almeno nelle prime fasi del Tardo Bronzo, in contrasto con l’ambiente continentale miceneo dove pur non mancando quel tipo di raffigurazioni, notiamo una maggior diffusione delle scene di battaglia e combattimenti. Tutto ciò è stato nei decenni precedenti utilizzato a conferma della (ormai sorpassata) teoria del carattere pacifico della civilità minoica, in contrasto con il militarismo considerato tipico della cultura micenea.460 Alla luce del fatto che sia l’origine della spada di tipo A, che l’invenzione dello scudo a torre sono stati collocati a Creta, in aggiunta all’analisi iconografica che ha dimostrato come anche dall’isola provengano scene di duelli e combattimenti già in epoca antica, non è assolutamente possibile una teoria che neghi da parte della civilità cretese qualsiasi pratica dell’arte militare. Risulta tuttavia innegabile che già durante il TM/TE II, quando Cnosso viene considerata sotto il controllo Miceneo, lo stile artistico sembra uniformarsi e dare luogo quasi a una sorta di koinè Egea. Nelle fasi finali del TE III al contrario, le raffigurazioni iniziano a presentare una notevole varietà di forme sia nelle armi difensive che in quelle offensive, fenomeno che può essere collegato alla frammentazione del mondo miceneo, che dopo il crollo dell’organizzazione palaziale perde la sua omogeneità e si apre a influssi esterni, tra i quali elementi di provenienza vicino-orientale, che mescolati a caratteri tipicamente Egei abbiamo potuto esaminare in alcuni reperti di area cipriota.
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