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L'Imitazione del padre: arte come creazione ontologica.

IL SOGNO E L'UOMO-DIO LASCITO BERGSONIANO NELL'ESPERIENZA DEL REALE.

5.3 L'Imitazione del padre: arte come creazione ontologica.

Vedremo come la valorizzazione e l'unione della dimensione della spiritualità religiosa (rafforzata dopo la conversione 'ufficiale' degli anni '20 e lo studio delle origini e dei maggiori protagonisti del cristianesimo) e dell'arte di Papini si realizzarono nel pensiero sul Rinascimento. Se l'insegnamento di Bergson perdurò, unito alla centralità dell'azione di James, creando in Papini la necessità di un pensiero che nascesse dall'essenziale momento dell'esperienza verso una comunicazione che fosse anche trasformazione della realtà, nel Rinascimento e nel rapporto che egli individuò tra artista e Dio, si compì la realizzazione di quella riflessione, che aveva visto le sue origine nell'egotismo giovanile e nell'indiarsi di Un uomo finito.

Nel 1941 su La Rinascita uscì un articolo dal titolo “Accusa senza scusa”245 scritto a nome della “redazione”, ma che dallo stile può essere

ricondotto a Papini. L'autore definì le critiche, che accusavano la rivista di promuovere la cattolicizzazione del Rinascimento, “un sussurrio di […] nostalgiche e agre pive che tante volte conobbero l'interna parete dei sacchi. E quel sussurrio, in verità, assai fievole e rado, vorrebbero esprimere un'accusa contro l'opera del nostro Centro e della sua rivista

[...]”246. Invitava poi il suddetto critico e il pubblico a riprendere con la

lettura le opere della rivista e a constatare con il loro occhi come in realtà il metodo, ben lontano dal fuorviante tentativo di evangelizzare il Rinascimento, dovesse essere considerato “scientifico”, grazie alla “interpretazione disinteressata dei documenti nuovi e di quelli già noti”247.

Questa scientificità non respingeva “i tentativi di vedute generali che si discostino dai luoghi comuni che corron le strade d'Europa da sedici lustri almeno”248. L'unico interesse della rivista era quello della ricerca,

dell'analisi libera da pregiudizi storiografici e da ristrettezze idealistiche; essa, concentrandosi soprattutto sull'analisi dei documenti originali e sulla riscoperta di testi ancora mai presi in considerazione, si proponeva di dare al Rinascimento una forma nuova, che non fosse uno sconvolgimento premeditato delle sue caratteristiche, ma una “illuminazione” su quei molteplici aspetti ancora ignorati o frettolosamente interpretati. Papini inoltre ribatteva: “E può darsi che certe tesi o certe ricerche non siano garbate ai “conservatori” di una teoria, diciamo così, paganeggiante, immanentista e anticattolica dl Rinascimento. Ma costoro, invece di borbottare di un nostro tendenzioso filocattolicismo generico, dovrebbero dimostrare che quelle tesi son false, che quelle ricerche sono incomplete o sbagliate. Non basta dire che una teoria è “cattolicizzante” per

246 Ivi, p. 163 247 Ivi, p. 164. 248 Ibidem.

comprovarne l'assurdità e l'errore. Che cosa direbbero questi famosi permalosi, che dappertutto vedono anticlericalismo e individualismo, se noi si volesse annichilarli con le semplici e sempliciste accusa ch'essi vogliono “frammassonizzare” e “anarchizzare” il Rinascimento”249. L'autore

sottolineava inoltre: ”Una rivista come la nostra ha il dovere e l'obbligo di essere aperta a tutte le correnti e di ospitare le idee più contrastanti, purché sostenute, con vivezza d'ingegno e appoggio di prove”.

Anche se gli articoli presi in considerazione non sono direttamente connessi dal punto di vista temporale uno dei maggiori oppositori al progetto della rivista e del Centro gestiti da Papini era, ancora una volta, Croce, che su “La Critica” nel 1941 scrisse:

“Papini, essendosi accorto dello scandalo e della nausea mossi dall'opera, a cui precipuamente ha finora atteso la sua rivista, che è di divulgare la tesi essere stato l'umanesimo essenzialmente una rinnovata patristica a sostegno della Chiesa cattolica (un'idea così apertamente contrastante coi fatti, che i preti stessi, i quali sono prudenti, non mostrano di volerne per alcun conto sapere) dichiara che siffatta idea del Rinascimento è “di per sé” rispettabile, quanto quella del Rinascimento pagano” (come se si trattasse di “idee per sé”, cioè di immaginazioni, e non già d'idee storiche), e che l'età della Rinascita contiene tutto e non si può chiudere in una “formula unitaria” (la qual cosa prova che il suddetto direttore ignora come si formino, e che cosa siano, i concetti delle età storiche e vien poi infiorando coteste dichiarazioni di uno dei consueti suoi elevati e nobili inviti: “Mettiamoci tutti d'accordo almeno nel proposito di cercare onestamente la verità” (quasi che vi possa essere persona al mondo che sia disposta a prender compagno di caccia nella venatio veritas, nella ricerca della verità, proprio il signor Papini, col suo passato, col suo presente e col suo avvenire)”250

249 Ivi, pp. 164-165.

250 B. Croce, La Rinascita rivista del Centro nazionale di studi, in La Critica. Rivista di storia e letteratura, vol XXXIX (III della quarta serie), 20 gennaio 1941, Laterza&figli editore, Napoli, 1941.

Partendo dalla critica di Croce possiamo individuare alcuni elementi importanti, e proprio per questo ardentemente contestati, dell'approccio di Papini allo studio e all'interpretazione del Rinascimento.

Il primo nucleo concettuale da prendere in esame è il ruolo che Papini affida all'elemento religioso. Inizieremo con il primo articolo apparso su La

Rinascita: Pensieri sul Rinascimento. In quella che possiamo considerare

la prima divulgazione ufficiale delle ricerche svolte dal Centro, Papini individua come segno distintivo del Rinascimento l'accostamento essenziale che avviene tra uomo e Dio. Ciò che distinse profondamente il Rinascimento dall'epoca precedente e da quella che lo seguì fu la nuova posizione dell'uomo rispetto a se stesso, rispetto al mondo e rispetto a Dio; un uomo nuovo, perché nuova era la collocazione in cui la sua azione e il suo intelletto potevano inserirsi. Non più pura ragione e demistificazione della capacità operante della natura umana ma, al contrario, esaltazione di un senso dell'attività viva e della capacità dell'uomo sia di porsi come collaboratore al fianco del Creatore, sia di distinguersi da ogni altro essere, in quanto esistenza creata per realizzare e garantire l'armonia delle parti che compongono l'universo. Qui è possibile riconoscere gli elementi essenziali del pensiero filosofico di Papini: gli elementi della valorizzazione dall'operatività dell'uomo sulla natura del pragmatismo di James, la nuova dimensione dell'uomo nel