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L’impatto della Crisi Finanziaria in Italia 24

2   LA CRISI FINANZIARIA E LA STRETTA CREDITIZIA 20

2.2   L’impatto della Crisi Finanziaria in Italia 24

La crisi finanziaria internazionale ha prodotto i suoi effetti anche in Italia, ma inizialmente non sono stati necessari interventi urgenti.

Il sistema bancario italiano, definito un sistema di attività “fondamentalmente sano”10, è basato nell’attività bancaria tradizionale che ha permesso di limitare l’incidenza della recessione in atto e ha retto meglio di altri paesi avanzati l’impatto della crisi. L’Italia, rispetto alle altre banche europee, fonda la sua attività principalmente sulla concessione di prestiti alla clientela, mentre le attività finanziarie sono secondarie.

Vi sono inoltre anche altri elementi che hanno contribuito a far si che l’impatto della crisi sulle banche italiane non fosse così violento, tra questi:

 il minor livello di indebitamento rispetto a quello degli altri paesi;  un adeguata soglia patrimoniale;

 l’attività svolta dalla Banca d’Italia in tema di regolamentazione del capitale e vigilanza che consente all’Italia di avere un quadro normativo esteso e prudente;

 la scarsa presenza di strumenti ibridi di capitalizzazione che ha consentito alle banche una migliore qualità patrimoniale rispetto agli altri gruppi europei. Le banche italiane non hanno infatti registrato elevate perdite derivanti dai prodotti strutturati presenti nei loro portafogli.

Le ripercussioni più evidenti per le banche italiane all’inizio della recessione sono stati il blocco delle transazioni sui mercati all’ingrosso e i rilevanti picchi al ribasso dei mercati azionari. Ma anche l’economia reale sta risentendo della crisi finanziaria in atto e le conseguenze hanno inciso anche sul portafoglio crediti delle banche.

      

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Fino a metà del 2008, i prestiti bancari al settore privato non finanziario sui dodici mesi corretto per l’effetto contabile delle cartolarizzazioni si sono mantenuti elevati e avevano raggiunto anche valori superiori al 12%. Successivamente, con il potenziamento della crisi finanziaria e con il peggioramento dell’economia sia nazionale che internazionale si è assistito ad un continuo rallentamento che è durato dalla seconda metà del 2008 e per tutto il 2009 passando dal 12% ad un valore nullo tra fine 2009 e inizio 2010. Nei primi mesi del 2010 si sono registrati i primi segnali di ripresa, la graduale crescita del credito bancario è perseguita per tutto l’anno raggiungendo il 5% sui 12 mesi, ma non è stata persistente. Nella seconda metà del 2011 la crisi del debito sovrano ha influito sull’offerta di credito, il deterioramento del quadro economico ha allentato la domanda di prestiti e ha inasprito la qualità dei debitori. Tutti questi fattori si sono rispecchiati nell’andamento dei prestiti che è progressivamente diminuito e ha raggiunto a fine del 2012 valori inferiori allo zero e addirittura inferiori a quelli raggiunti tra fine del 2009 e 2010.

L’andamento congiunturale, che illustra le tendenze in atto e che viene misurata dalle variazioni percentuali sui tre mesi, conferma quanto appena evidenziato dalle variazioni sui dodici mesi.

Grafico 2.1: Prestiti al Settore Privato non Finanziario (variazione percentuale sui 12 mesi e sui 3 mesi)

Come si più osservare dal grafico 2.2, i finanziamenti sono stati concessi in modo difforme a seconda delle diverse dimensioni delle banca. In questi ultimi anni le banche più grandi, ed in particolare i primi cinque gruppi bancari, hanno fortemente ridotto l’ammontare di credito erogato rispetto agli intermediari più piccoli. Nei due anni seguenti l’inizio della recessione la percentuale dei prestiti alle imprese concessi dai primi cinque gruppi bancari è diminuita di oltre cinque punti percentuali. Le motivazioni sono riconducibili sia ad aspetti congiunturali che ad aspetti strutturali. Dal punto di vista congiunturale emergono i seguenti aspetti:

1) le grandi banche hanno maggiormente risentito dell’impatto della crisi, in quanto una parte consistente della loro provvista giunge dai mercati finanziari internazionali all’ingrosso. Inoltre l’apertura ai mercati internazionali è stata più difficoltosa a causa dell’ampia intuizione del rischio di controparte che ha limitato la concessione di prestiti da parte dei grandi gruppi bancari internazionali;

2) i grandi gruppi bancari italiani, all’avvento della crisi, erano coinvolti in processi di ristrutturazione indispensabili a seguito delle operazioni di concentrazione. A seguito degli interventi di ristrutturazione vi è stato un riesame del portafoglio crediti che ha razionalizzato le esposizioni dei debitori precedentemente affidati dalle banche che hanno preso parte al processo;

3) le grandi banche rispetto agli altri intermediari possiedono una dotazione patrimoniale limitata e un livello di indebitamento più ingente.

Andando ad analizzare l’aspetto strutturale emerge quanto segue:

1) le banche di minori dimensioni valutano il merito di credito avvalendosi delle informazioni ottenute dal contatto diretto con in cliente, informazioni non solo quantitative, ma anche qualitative. Questo gli attribuisce una maggiore attitudine a soddisfare le esigenze di finanziamento delle imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, la cui valutazione del merito di credito non è così agevole date le loro peculiarità. Si differenziano dalle imprese di grandi dimensioni per il più basso grado di capitalizzazione, per la più delimitata attitudine all’investimento e per una redditività più moderata.

Proprio per le caratteristiche di queste tipologie di imprese le informazioni qualitative hanno un valore aggiunto rispetto alle altre;

2) le banche di maggiore dimensione non hanno ancora individuato un modello organizzativo in grado di soddisfare in modo appropriato le necessità delle imprese di minore dimensione. È importante che le grandi banche operino per identificare una soluzione a tale problema data la loro importanza nel sistema bancario italiano. Prima dell’avvio della recessione sono state compiute alcune iniziative in tal senso, ma alcune questione non sono ancora state definite.

Grafico 2.2: Prestiti per dimensione della banca (dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)

Fonte: Banca d’Italia