ANALISI COMPARATIVA
3.1. L’importanza di quantificare la sostenibilità
3.1.1. Nascita e diffusione dei protocolli: dalla scala dell’edificio alle aree urbane
1990
1996
1998 2002
2001 2006
BREEAM
(Regno Unito) LEED
(USA) Green STAR
(Australia)
HQE
(Francia)
CASBEE
(Giappone)
PROTOCOLLO ITACA
(Italia) DGNB
(Germania) Rapporto Bruntland
1987 Carta di Lipsia
sulle città sostenibili 2007
Carta di Toledo sulla rigenerazione urbana
2010 Conferenza di Rio
1992 Carta di Aalborg sulle città sostenibili
1994
Contestualizzazione storica tappe e accordi internazionali Protocollo
di Kyoto 1997
Figura 137. Timeline principali protocolli valutativi alla scala dell’edificio (Fonte: adattamento da Wilkinson et al., 2011)
Come illustrato in Figura 137, il primo protocollo è stato il Building Research Establishment Environmental Assessment Methodology (BREEAM), sviluppato nel Regno Unito nel 1990 (Haapio & Viitaniemi, 2008; Braganca & Castanheira, 2014). A distanza di tre anni dalla pub-blicazione del Rapporto Brundtland (Brundtland, 1987), questo protocollo fu sviluppato alla scala dell’edificio con la finalità di diventare uno strumento di supporto alla progettazione e di certificazione del grado di sostenibilità ambientale del progetto in esame. Inoltre, il proto-collo inglese, grazie al sistema di benchmarks consentiva la comparabilità tra edifici e progetti differenti.
Osservando direttamente la struttura di questo strumento di valutazione della sostenibilità, si nota la presenza di un sistema rating basato essenzialmente su due elementi: criteri e indicatori. I primi sono caratteristiche tematiche ritenute rilevanti in materia di valutazione della sostenibilità. Invece, gli indicatori sono strumenti quantitativi/qualitativi o misure descrittive, utili a esprimere una valutazione misurabile per ciascun criterio (Haapio, 2012;
Sharifi & Murayama, 2013; Braganca & Castanheira, 2014).
Dal punto di vista tematico, questo primo protocollo era caratterizzato da una grande atten-zione all’efficienza energetica - ambientale, la quale presentava il peso maggiore sulla valu-tazione globale dell’edificio (Tabella 8) (Berardi, 2012; Markelj et al., 2013):
Tabella 8. Pesi di ciascuna categoria nel 1° protocollo di valutazione (Fonte: adattamento da Berardi, 2012; Markelj et al., 2013)
Aspetti ambientali 58,3 %
Aspetti sociali 21,5 %
CATEGORIE e PESI protocolllo BREEAM - scala dell’edificio
Aspetti economici 1,6 %
Aspetti tecnici 4,6 %
Processo e management 10,4 %
Luogo e sito di intervento 3,6 %
Come illustra Tabella 8, il BREEAM ha dato molta importanza alla dimensione ambientale (58,3 %), dimostrando nuovamente il contesto illustrato nel capitolo 1 sul differente peso tra i tre pilastri della sostenibilità (Figura 12) (Colantonio, 2009). Infatti, gli aspetti sociali presentavano un peso pari al 21, 5% e addirittura solo 1,6 % per il pilastro economico (Mar-kelj et al., 2013).
La predominanza di aspetti ambientali è diretta conseguenza del fatto che fosse l’esigenza più urgente e importante all’interno del contesto di fine anni ‘90 del Novecento, e creare uno strumento capace di dare risposte in tal senso era sicuramente molto utile all’interno del mercato edilizio del periodo (Berardi, 2013). Pertanto, il protocollo ebbe subito una rapida diffusione nel panorama inglese e poi internazionale.
Sulla base dei primi risultati di questo protocollo, alla fine degli anni ’90 del Novecento emerse in molti contesti internazionali l’importanza e l’utilità di questo nuovo strumento, quale fonte molto utile per vari attori coinvolti nel processo: governi nazionali e locali, utenti, pianificatori e progettisti.
Infatti, c’era la convinzione di redigere un nuovo strumento attuativo capace di assolvere e rispondere a molteplici funzioni:
- strumento di analisi critica, di verifica e supporto nel processo decisionale;
- strumento valutativo;
- linea guida nella progettazione costruttiva;
- applicazione del concetto Triple Bottom Line indicato nel rapporto Brundtland (Brundtland, 1987)
Così, come indica la Figura 137, all’interno di un contesto dove si tennero la Conferenza di Rio 1992 (United Nations, 1992), la stipulazione della Carta di AalBorg sulle città sostenibili e la pubblicazione del Protocollo di Kyoto (United Nations, 1997) si diffusero numerosi altri protocolli (Sharifi & Murayama, 2014) tra cui anche il protocollo italiano Itaca, pubblicato nel 2001.
Tuttavia, sulla base percorso iniziato dal BREEAM, non si svilupparono solo i protocolli illustrati in Figura 137. Infatti, anche grazie agli accordi e alle tappe internazionali del nuovo millennio, alla scala dell’edificio il panorama internazionale nel corso del tempo ha visto un grande sviluppo di protocolli, e oggi ciascun paese sviluppato ne possiede uno a livello nazionale (Figura 138) (Hakkinen, 2007; Wilkinson et al., 2009; Berardi, 2012; Tebbouche et al., 2017; Madad et al., 2019).
Figura 138. Panoramica internazionale sullo stato dell’arte in materia di protocolli di sostenibilità alla scala dell’edificio (elaborazione propria su Fonte: Tebbouche et al., 2017; Madad et al., 2019)
BREEAM
ITACA, CasaClima e
GBC Italia DGNB LEED
GBC Mexico ENERGY STAR
GREEN GLOBES HQE
GBC Brasile
GREEN
GREEN STAR SpagnaGBC
LIDER Verdee
GREEN STAR NABERS Energy
MINERGIE
CASBEE HK BEAM
GREEN BUILDING Index GREEN BUILDING Label
LOTUS Qatar
Sustainability Assessment
GREEN MARK MLJIO
COBET
EDAMA iiSBE
Come illustrato in Figura 138, la diffusione dei protocolli ha visto un andamento esponenzia-le. Attualmente i protocolli principali per la sostenibilità alla scala degli edifici superano quota 30, (Tebbouche et al., 2017; Madad et al., 2019) ma questo numero è in continuo aumento. Infatti, se i Paesi sviluppati ormai ne possiedono tutti almeno uno a livello nazio-nale, fatta eccezione per l’America che ne presenta 5 (Figura 138), la prossima sfida in materia di protocolli è l’adozione di questo strumento di valutazione anche nei Paesi in via di sviluppo, sull’esempio del Sud Africa (Madad et al., 2019).
Questa evoluzione dei protocolli, tuttavia, non si è espressa solo nel progressivo aumento quantitativo su scala mondiale, bensì anche nei concetti e nelle caratteristiche intrinseche (Berardi, 2012).
In linea con il BREEAM (Tabella 8), i modelli valutativi di fine anni anni ‘90 del Novecento erano caratterizzati da un’attenzione predominante verso la componente ambientale (Be-rardi, 2012; Haapio, 2012; Markelj et al., 2013; Tam et al., 2018; Madad et al., 2019).
All’interno della stessa sfera ambientale, tuttavia, i temi non presentavano analoga impor-tanza. Infatti, il parametro chiave e più importante riscontrabile nei principali protocolli era la componente energetica (Figura 139) (Berardi, 2011; 2012), tema certificato di assoluta importanza poi nel 1997 con il Protocollo di Kyoto (United Nations, 1997).
Materiali e risorse Qualità ambiente interno Efficienza energetica
5%
Sostenibilità del sito Efficienza idrica 10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
Rifiuti e inquinamento Gestione - Innovazione Figura 139. Peso e importanza di 7 categorie della dimensione ambientale all’interno di 5 principali protocolli alla scala dell’edificio
(Fonte: Berardi, 2011; 2012)
BREEAM LEED CASBEE
SBTool ITACA
Figura 140. Confronto sul peso dei tre pilastri nel contesto e all’interno dei principali protocolli tra il 1980 e il 2010 (rielaborazione propria su Fonti: Colantonio, 2009; Markelj et al., 2013)
1980s/mid 1990s late 1990s 2000s-2010s, balance?
Environmental Environmental Environmental
Economic Economic Economic
Social
Social Social
Environmental Environmental Environmental
Economic
Economic
Economic Social
Social
Social
PROTOCOLLICONTESTO
Tuttavia, questa predominanza della dimensione ambientale/energetica si è trasformata progressivamente nel nuovo millennio nella volontà di dare equilibrio e parità alle tre dimen-sioni della sostenibilità, secondo il principio Triple Bottom Line (Elkington, 1994; 1997). In ambito dei protocolli, il DGNB tedesco è diretta testimonianza di questo cambiamento con-cettuale (Figura 140).
Il confronto tra l’evoluzione storica dell’importanza dei tre pilastri e l’applicazione nei proto-colli evidenzia analogie ma anche differenze (Figura 140). A livello di analogie, si riscontra la tendenza con il tempo alla apertura verso una sostenibilità tripartita. Invece, per quanto riguarda le differenze, si nota un differente peso per la dimensione sociale e l’ambito econo-mico. Infatti, se amministrazioni e governi hanno sempre avuto difficoltà ad applicare i con-cetti di sostenibilità sociale (capitolo 1), i protocolli promossi su base volontaria hanno sempre riconosciuto l’importanza della componente sociale di un edificio, intesa in termini di benessere e qualità dell’ambiente (Markelj et al., 2013).
Infatti, già nel protocollo BREEAM il peso della sfera sociale è pari al 21,6 %. In linea con il BREEAM, anche nel LEED è analoga la percentuale relativa a temi sociali.
Invece, a differenza dal contesto, la sostenibilità economica è stata la meno approfondita all’interno dei protocolli alla scala dell’edificio. Tuttavia, dal BREEAM (1990) al DGNB (2006) la visione della sostenibilità economica è sicuramente ampliata, assumendo una posizione paritetica agli altri due pilastri della sostenibilità.
All’interno di questo contesto di apertura verso la sostenibilità economica e sociale, l’edificio è cominciato ad essere ritenuto uno spazio troppo limitato per parlare di sostenibilità. Infatti, sebbene ancora oggi ci sia una forte richiesta di procedure di valutazione alla scala dell’edi-ficio, queste si sono negli ultimi anni dimostrate insufficienti a garantire a pieno la sostenibili-tà dell’ambiente costruito (Hakkinen, 2007; Cole, 2010; Berardi, 2012; 2013; Braganca &
Castanheira, 2014). Infatti, come sottolineato in Figura 141, a partire dal 2005, l’attenzione si spostò verso una scala urbana di più grandi dimensioni, come il quartiere o la stessa città (Kyrkou & Karkhaus, 2011; Hamedani & Huber, 2012; Orova & Reith, 2013):
BREEAM LEED (protocollo americano) DGNB (protocollo tedesco)