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PER UN CAMBIAMENTO POSSIBILE

1. L’impossibile realtà

Chiunque, agli inizi del mese di febbraio di quest’anno, anche se solo avesse immaginato quello che poi è successo nei mesi successivi, sarebbe stato preso per pazzo e internato in un manicomio.

È questo un approccio che può sembrare poco scientifico ma è il solo possibile come premessa per prendere subito atto della gravità di quanto è accaduto e che ancora stiamo vivendo.

In sintesi:

• la Pandemia COVID-19 è stato un fenomeno mondiale che non ha conosciuto confini e limiti alla sua diffusione, pur se in alcune aree è stata più grave e più duratura di altre e in altre è stata meno incisiva:

• agli inizi si è pensato che la pandemia fosse diffusa presso le classi di età più in age perché era stato detto che colpiva prevalentemente gli ultrasettantenni, in particolare quelli con qualche acciacco sulle spalle.

Poi è stato verificato che poteva colpire chiunque anche i soggetti sani e anche i giovani sani;

• anche per tali motivi agli inizi, a fine febbraio e inizio marzo, la pandemia è stata quasi ovunque sottostimata ma subito dopo sono stati posti vincoli e limitazioni molto strette al vivere individuale, economico e sociale dei soggetti;

• si sono sconvolte le abitudini dei singoli e le loro relazioni sociali, la vita individuale e quella collettiva;

• è restato un fenomeno poco definibile scientificamente, nel senso che gli esperti, dai virologi e dagli immunologi agli altri medici, non rilevano principi interpretativi comuni del fenomeno, universalmente accettati; spesso sono sembrate prevalere le opinioni sulla realtà fattuale;

• anche la politica è sembrata più smarrita e più incerta del solito proprio per la mancanza di punti scientifici di appoggio alle proprie azioni;

• se tutti i settori produttivi e sociali sono stati sconvolti dalla pandemia alcuni lo sono stati meno ed altri di più.

I settori del pubblico ne hanno risentito meno perché più garantiti socialmente e comunque spesso hanno continuato a operare in remoto e con varie formule di homeworking, magari riducendo la propria attività operativa; il comparto delle imprese private, invece, ha visito ridurre in modo immediato il proprio ciclo di attività ed il proprio ciclo risorse finanziarie-investimenti-prodotto-riscossione, entrando fortemente in crisi;

• il comparto produttivo entrato maggiormente in crisi è stato quello delle imprese turistiche, insieme a quelli ad esso direttamente riconducibili come ad esempio i trasporti e in particolare quelli aerei;

Si è realizzata un’ipotesi che era impensabile e che mai si era verificata e che mai si pensava si potesse verificare, quella dello zero turismo:

mancanza assoluta del turismo perché tale fenomeno è sempre stato fondato sulla mobilità delle persone e tale mobilità, anche quella minima, è stata negata dal Covid-19.

Per questo motivo il turismo è stata l’attività più colpita. perché per più di tre mesi non è stata vista neppure l’ombra di un cliente,

La crisi causata dal Covid-19 si è manifestata proprio in uno dei momenti di maggiore attenzione critica per il movimento vacanziero, quando si era in piena discussione sull’overtourism in alcune grandi città e anche in altre località come quelle balneari, sugli effetti nefasti delle crociere sull’ambiente di alcune destinazioni, sulla necessità di diluire i flussi in più spazi e luoghi, sulla necessità di volgere il turismo all’esperienzalità, sulla necessità di preservare i valori delle identità locali.

Sono temi che a intervalli irregolari di tempo sono sempre apparsi nella letteratura turistica ma che negli ultimi due anni sono stati spinti dai media che hanno preso spunto da alcune occasioni concrete: nel 2018 vi è stata l’introduzione dei tornelli per regolare l’accesso dei turisti a Venezia soffocata dal troppo affollamento delle sue calli; a giugno 2019, sempre a Venezia, si è verificato lo sbilanciamento della nave crociera MSC “Opera” nel canale della Giudecca del bacino di Sam Marco, causando lo scontro con la barca fluviale River Countess ormeggiata sul canale.

I due fatti hanno fatto scatenare un forte dibattito, anche molto emotivo, che ha visto contrapposti coloro che si sono sempre dichiarati contro l’utilizzazione senza limiti della laguna a scopo di lucro e coloro che ne giustificano l’utilizzazione per portare ricchezza alla città.

Negli anni precedenti vi era stata una accesa discussione sulla utilizzazione dei monumenti storici, e opere d’arte per scopo commerciale che aveva avuto un suo punto di culmine nel 2013, quando, contro il pagamento di una somma ritenuta abbastanza rilevante di circa 100.000 euro, era stata concessa l’utilizzazione di Ponte Vecchio per la festa dell’automobile Ferrari, un evento teso anche a valorizzare il

Ponte a chiunque non partecipasse alla festa, dalle 17 alle 23.

Molti puristi si erano opposti affermando che i beni culturali sono per loro natura un bene pubblico e, come tali sono sottratti alle leggi del mercato.

Una piazza o un ponte non sono merce da vendere. Un bene pubblico come Ponte Vecchio è un capitale dell’umanità che deve essere sempre lasciato libero affinché tutti abbiano sempre il diritto di fruirne e non può essere concesso in uso esclusivo neppure per un minuto.

Quello che è accaduto in questa prima metà dell’anno ha fatto passare in subordine i problemi sopra ricordati e anche la contrapposizione fra la fazione pro turismo e la fazione contraria al turismo.

La vicenda Covid-19 è scoppiata subito dopo la fine della BIT (Borsa Internazionale del Turismo) tenutasi a Milano dalla Domenica, 9 febbraio al martedì 11 febbraio.

Durante la Bit, in occasione della presentazione del XXIII Rapporto sul turismo italiano del 9 febbraio 2020 parlammo del Corona Virus dietro le quinte, non in pubblico, ma ne parlammo in modo quasi scherzoso.

Solo dopo poco più di una settimana, il 21 febbraio, le cose erano già precipitate e, anche se non si aveva ancora un’idea di quanto e come la pandemia sarebbe ulteriormente degenerata, non era più possibile scherzare. Anzi era sopravvenuto un senso di grande preoccupazione.

Allora si pensava ancora ad un effetto contenuto sul turismo, con la previsione di variazioni che restavano abbondantemente sotto il -10%.

Comunque erano ipotesi che non si erano mai verificate in passato, dal secondo dopoguerra del secolo scorso fino ad allora, e sembravano già molto orientate in negativo.

Per questo motivo quello che è accaduto con tre mesi di blackout totale, da inizio marzo a fine maggio, è fuori di ogni regola economica ed ha natura esasperatamente esogena, così come l’hanno avuta l’attentato alle Torri gemelle del 2011 e la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) nel 2003.

Con un puro esercizio matematico, supponendo anche solo i tre mesi di chiusura totale che il turismo ha subito nel 2020, dal primo marzo al 31 maggio, supponendo per i restanti mesi dell’anno le stesse presenze dell’anno precedente e proiettando il dato fine anno le perdite sarebbero state di circa il -18,4%, per il calo del 19,5% dei flussi nazionali e del -15,7% di quelli esteri.

Nella realtà anche il mese di giugno è stato fortemente compromesso così come lo sono anche i mesi di luglio, agosto e settembre e gli altri restanti, sperando che lo siano in modo assai più ridotto.

Il movimento turistico maggiormente in crisi sembra quello degli stranieri, in particolare quello delle provenienze long haul mentre resta da decifrare il comportamento dei flussi stranieri di prossimità tradizionalmente diretti verso le spiagge del Nord Est anche perché Lombardia e Veneto sono le regioni più colpite dalla pandemia.

L’analisi che presentiamo di seguito è divisa in due parti:

▪ la valutazione del fenomeno del turismo in Sicilia al momento dell’avvento della Pandemia Covid-19, considerando l’arco temporale dell’ultima decina di anni dal 2008 al 2018 ed al 2019;

la stima degli effetti del covid-19 supponendo alcune condizioni ceteris paribus considerando prima le trenta principali destinazioni della regione e poi l’andamento delle singole province.

Le difficoltà per simili stime sono notevoli perché non c’è un aggancio tecnico scientifico al quale affidarsi.

Il problema è che alcuni aspetti non possono essere quantificati perché causati da una psicologia comportamentale assai variabile e condizionabile.

Appare evidente, ad esempio, che la notizia della ripresa della pandemia in alcuni stati anche se lontani determina ancora una maggiore preoccupazione nei clienti- turisti e ne limita ulteriormente gli spostamenti,

Come prova di tale fatto si rileva che, in Italia, è già in atto un riorientamento della pubblicità dei tour operator e delle agenzie di viaggio verso le destinazioni dell’Italia per il turismo domestico.

Si prevede anche un forte aumento degli escursionisti dalla mattina alla sera, ad esempio verso le località marine che di fatto sono tutte non molto lontano dalle destinazioni interne dell’Italia.

Sembra opportuno rilevare, però, che le escursioni giornaliere sono una delle forme di fruizione turistica che non appare, perché statisticamente sono rilevati dall’Istat come presenze solo i pernottamenti; se un soggetto non dorme in una località non esiste come cliente-turista.

Agli inizi di questo scritto sia consentito un ringraziamento ad Alfonso Morvillo che con me ha curato il volume apparso come supplemento del XXIII Rapporto sul turismo italiano Dalla crisi alle opportunità per il futuro del turismo italiano, pubblicato a metà giugno 2020. Nel ringraziamento sono accumunati anche gli altri autori del volume.

2. Le tendenze del turismo in Sicilia