Il delicato rapporto tra legge e contrattazione collettiva nella “fase 2” del
diritto del lavoro è contrassegnato da una forte crisi dell’inderogabilità della
legge. “Il sistema giuridico perde così la sua rigidità a beneficio di una nuova
flessibilità, da piramide diventa rete (corsivo nostro), le cui maglie sotto il peso
della società civile si allargano e si lasciano pervadere da nuove istanze
normative, da nuove razionalità”
477, quelle economiche, con un conseguente
affidamento alla contrattazione collettiva della funzione c.d. gestionale.
Nella legislazione degli anni ’80 “si riduce la centralità dell’azienda nella
dinamica contrattuale; si modificano i contenuti e la funzione stessa della
contrattazione; diminuisce il consenso dei lavoratori all’azione dei sindacati
interconfederali (sì da ridurne il grado di rappresentatività)”
478.
La svolta del decennio è stata simbolicamente individuata dalla dottrina
479nella c.d. “marcia dei quarantamila” svolta a Torino il 14 ottobre 1980
480.
L’episodio, indubbiamente significativo, si inserisce “in un contesto
economico che ne chiarisce il significato in quanto contraddistinto da una crisi di
produttività e di commesse delle principali aziende italiane e dalla necessità ormai
irrinunciabile di realizzare una radicale riorganizzazione del sistema produttivo
con una forte innovazione tecnologica e forme innovative di organizzazione del
lavoro”
481.
pone alcuna riserva a favore di una esclusività dell’autonomia sindacale. Il problema, pertanto, è più politico che giuridico: può dar luogo a comportamenti più elastici del legislatore, ma non a rottura del rapporto di subordinazione della «fonte» contratto alla legge”.
477 DE LUCA TAMAJO R., Il problema dell’inderogabilità, cit., p. 236 (nella versione contenuta in La crisi economica e i fondamenti del diritto del lavoro, Atti delle giornate di studio Aidlass, Bologna, 16-17 maggio 2013, Giuffrè, Milano).
478 RUSCIANO M., Contratto collettivo e autonomia sindacale, cit., p. 151.
479 FERRARO G., Gli anni ’80: la dottrina lavorista dalla marcia dei quarantamila a Maastricht, in Il diritto del lavoro nell’età repubblicana. Teorie e vicende dei giuslavoristi dalla Liberazione al nuovo secolo, ICHINO P. (a cura di), Giuffrè, Milano, 2008, p. 167 ss.
480 Su cui si v. GHEZZI G., Processo al sindacato. Una svolta nelle relazioni industriali: i 61
licenziamenti FIAT, LASSANDARI A., MARTELLONI F. (a cura di), Ediesse, Roma, 2012, e ROMITI C., Questi anni alla Fiat, Rizzoli, Milano, 2004.
134
Sul versante della legislazione dell’emergenza
482, la tendenza che ha
contrassegnato non solo il decennio ma tutta la stagione che, inaugurata a partire
da quegli anni, è proseguita fino ai giorni nostri, è andata nel senso di allentare il
precedente modello garantista incentrato come detto sulla tecnica
dell’inderogabilità della norma legale
483.
Pertanto, la scelta di dedicare un apposito paragrafo al diritto del lavoro
dell’emergenza nella stagione della deregulation nasce proprio dal fatto che, a
partire da quel periodo (per essere precisi, a partire dalla seconda metà degli anni
‘70) l’allentamento delle tutele apprestate alla persona che lavora è passato
proprio attraverso un attacco alla norma di legge, la quale, depotenziata, ha
cominciato a confrontarsi con sempre maggiore frequenza ed intensità con le
ragioni economiche avanzate dalle varie crisi succedutesi nel tempo
484.
Tale politica del diritto, connotata dalla “attenuazione dei connotati
dell’inderogabilità della disciplina del lavoro subordinato, finirebbe per lasciare
alla mercé dei mutevoli rapporti di forza contrattuale una serie di beni ed interessi
di rilievo sicuramente generale, demandandone in concreto la gestione a soggetti
sindacali, che se il più delle volte sono sicuramente rappresentativi e responsabili,
si muovono pur sempre e, tanto più oggi, all’interno di una logica di necessario
compromesso e contemperamento, i cui referenti, si badi, sono anche politici”
485.
Il nodo problematico nell’analisi del delicato rapporto tra legge e contratto
collettivo degli anni ‘80, riguarda dunque l’individuazione di una linea di confine
tra il garantismo (per mezzo della norma inderogabile) e il controllo sindacale in
482 Su cui in generale si v. DE LUCA TAMAJO R., VENTURA L. (a cura di), Il diritto del lavoro
dell’emergenza, Jovene, Napoli, 1979.
483 Si v. ZOPPOLI A., Il declino dell’inderogabilità?, in DLM, 2013, I, p. 60.
484 Sottolinea TURSI A., Autonomia contrattuale e contratto collettivo di lavoro, Giappichelli, Torino, 1996, pp. 52-53, che “con la legislazione «promozionale» non si realizza ancora un intervento diretto sulla struttura, il contenuto e l’efficacia della contrattazione collettiva. Tale intervento incomincia a prendere corpo, sia pure in maniera disorganica e non univoca, quando, sotto l’impulso dell’esigenza di un governo socialmente condiviso della crisi economica, si afferma un modello di interazione tra legge e contrattazione collettiva che prevede il conferimento ai sindacati maggiormente rappresentativi del potere di derogare o integrare la disciplina legale vincolistica in materia di lavoro. Questo modello sembra infine progressivamente piegato a logiche di istituzionalizzazione dell’autonomia collettiva, da quella serie di provvedimenti normativi susseguitisi dall’inizio del decennio ’80, ispirati alla filosofia della «delegificazione» del diritto del lavoro, realizzata con moduli che prevedono la combinazione modulare di potestà amministrative e contrattazione collettiva, o, più in generale, «la interdipendenza (…) di tipo circolare-sistemico tra le fonti», secondo i canoni del «diritto riflessivo»”.
485DE LUCA TAMAJO R., «Garantismo» e «controllo sindacale» negli sviluppi recenti, cit., p. 83.
135
funzione di una maggiore flessibilità nell’impiego della forza lavoro, linea non
facilmente individuabile perché l’esame dei rapporti tra contrattazione collettiva e
legislazione statale “è l’analisi non solo del valore e dell’efficacia delle regole
disegnate dallo Stato e dei confini entro i quali il conflitto industriale si esercita,
ma anche del ruolo di contenimento e/o di promozione che lo stesso Stato ha
assunto nella amministrazione del potere contrattuale dei soggetti privati”
486.
È interessante notare che il depotenziamento della norma inderogabile di legge
nel tempo è intervenuto attraverso una pluralità di tecniche normative per
giungere alla semi-imperatività delle norme; ora, che le motivazioni politiche che
inducono lo Stato ad intervenire siano legate di volta in volta a ragioni contingenti
è fuori discussione, ma che tali ragioni contingenti portino con sé la necessitata
conseguenza di una limitazione ex lege della capacità espansiva della
contrattazione collettiva è un esito affatto scontato, nel senso che l’autonomia
collettiva, oltre che ad essere ostacolata dalle varie crisi economiche, lo è anche a
causa dell’allentamento delle tutele legali, producendosi di fatto una doppia
difficoltà.
Per non parlare del fatto che l’allentamento dei vincoli legali garantistici
espone il delicato rapporto tra legge e contratto collettivo a due esiti contrapposti:
da un lato alla completa liberalizzazione del mercato del lavoro (che porta alla
auto-regolazione delle condizioni di lavoro), dall’altro al fatto che il compito di
allentare i vincoli garantistici non viene svolto dal legislatore ma dalle stesse parti
negoziali
487.
Nello specifico, vi sono state ipotesi nelle quali è venuta meno la disciplina di
legge a prescindere da una specifica attivazione del soggetto sindacale in funzione
surrogatoria
488, altre nelle quali il legislatore ha invece rinviato ad una
regolamentazione collettiva che integrasse o attuasse il precetto legislativo, nel
senso di permettere che l’accordo sindacale potesse adeguare la disciplina alle
486 VENEZIANI B., Legge e contrattazione, cit., p. 628.
487 VENEZIANI B., Stato e autonomia collettiva, cit., pp. 131-132.
488Tra gli esempi possibili è possibile ricordare l’art. 5, legge 24 novembre 1978, n. 738, che in occasione del trasferimento di aziende assicurative poste in procedure di liquidazione coatta amministrativa risolse i rapporti di lavoro ed azzerò l’anzianità di servizio nell’ipotesi di assunzione presso l’azienda cessionaria. Per ulteriori approfondimenti si v. DE LUCA TAMAJO R., «Garantismo» e «controllo sindacale» negli sviluppi recenti, cit., pp. 58-59.
136
peculiarità di alcune realtà territoriali
489; altre ancora nelle quali l’intervento
legislativo ha previsto una procedura di negoziazione delle tutele tra autonomia
collettiva e organo terzo (generalmente amministrativo) al fine di disciplinare con
la più ampia discrezionalità materie ed istituti in precedenza riservati ad
importanti vincoli garantistici
490.
In tutte queste ipotesi, come accennavamo, il legislatore per mezzo della
delega (che la dottrina ha ritenuto essere l’elemento principale per sostenere la
supremazia della legge sulla contrattazione collettiva
491) alla contrattazione del
potere di derogare alla legge stessa e dunque di permettere al soggetto collettivo
di allentare i vincoli garantistici delle norme, si deresponsabilizza, nel senso che
non prende posizione rispetto ai punti più delicati del conflitto, e scarica i suoi
obblighi di derivazione costituzionale direttamente sui soggetti sindacali (magari
quelli aziendali, maggiormente investiti dalla crisi economica), oppure (al
contrario) comprime la contrattazione collettiva al punto da fissare dei “tetti”, dei
limiti cioè che non permettono alla contrattazione collettiva di derogare né in
pejus né in melius.
489 Si vedano, ad esempio, gli artt. 1, co. 4, e 5, co. 2, della legge sulla parità uomo-donna (legge n. 903/1977), che consentono alla contrattazione collettiva di porre in essere deroghe in pejus delle condizioni legali attraverso la modificazione e la rimozione del divieto di lavoro notturno per le donne. Per un approfondimento critico della legge si rinvia a VENTURA L., La legge sulla parità fra uomo e donna nel rapporto di lavoro, in Il diritto del lavoro nell’emergenza, cit., p. 257 ss., il quale, spec. a p. 303 ss., specifica che la formulazione dell’art. 5, co. 2, sembra dimostrare la “volontà del legislatore di giungere alla rapida eliminazione di quel divieto notturno che per quasi un secolo è apparso come una delle pietre angolari del sistema di difesa del lavoro femminile”, ed evidenzia che “la mancanza di ogni cautela nel richiamo al contratto collettivo, che è indicato in modo del tutto generico e che quindi può essere stipulato a qualsiasi livello e da qualsiasi associazione sindacale” non consentiva una vera selezione dei soggetti abilitati alla deroga, con la conseguenza che il solo limite alla validità dell’accordo fosse da rinvenire nell’art. 17, l. n. 300/1970, ossia nel divieto di costituire sindacati di comodo al solo fine di stipulare accordi derogatori. Si v., inoltre, BORGOGELLI F., Il lavoro femminile tra legge e contrattazione: una ricerca sulla contrattazione collettiva in tema di lavoro femminile, Franco Angeli, Milano, 1985, p. 31 ss.
490 In questo senso l’esempio più pregnante è forse rappresentato dalla legge 26 maggio 1978, n. 215 (il cui meccanismo è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 30 luglio 1980, n. 143), che in presenza di uno stato di crisi aziendale riconosce ai sindacati maggiormente rappresentativi la possibilità di disciplinare tempi e modi di attuazione del trasferimento del personale anche in deroga all’art. 2112 c.c.; per approfondimenti si v. PERSIANI M., LUNARDON F., Fondamenti di diritto sindacale, Giappichelli, Torino, 2017, p. 143.
491 DE LUCA TAMAJO R., «Garantismo» e «controllo sindacale» negli sviluppi recenti, cit., p. 83-84, “ed infatti, argomentando a contrario, è proprio il carattere testuale e circoscritto della «delega» a testimoniare la sua eccezionalità e, dunque, della perdurante vigenza di un generale divieto per la contrattazione sindacale di valutare i margini di attualità della disciplina legislativa e, comunque, di apprestare una disciplina difforme”.
137
Si tratta, tuttavia, a ben vedere, di tecniche attraverso le quali il legislatore di
fatto mirava al contenimento del costo del lavoro
492con l’ausilio della
contrattazione collettiva
493, alla quale veniva riservato il compito di fare il “lavoro
sporco”, anche se sul punto è opportuno effettuare alcune precisazioni.
La dilatazione tematica dei contenuti del contratto collettivo e l’accrescimento
delle funzioni ad esso riservate affondano le proprie radici nel “ruolo istituzionale
che l’ordinamento giuridico e la Costituzione materiale assegnano all’autonomia
sindacale (corsivo nostro)”
494(meglio sarebbe dire riconoscono), ma l’evoluzione
dei contenuti della contrattazione collettiva degli anni ’80 ha finito per alterare la
tradizionale funzione di mediazione nel conflitto tra capitale e lavoro e a delineare
un modello sicuramente inedito rispetto al passato: quello della contrattazione c.d.
triangolare
495, nel quale il soggetto pubblico abdica al suo tradizionale ruolo
meramente garantistico e assume il ruolo di parte contrattuale in senso stretto, con
i suoi propri interessi ed istanze da tutelare, e pertanto, è per effetto dell’intervento
massiccio dello Stato nell’economia e nell’intreccio sempre più stretto tra
problemi di natura economica e problemi di politica industriale e del lavoro che
tutta una serie di materie che tradizionalmente erano oggetto della contrattazione
collettiva “scivolano nel mercato politico”
496, nel duplice senso di una diretta
492 Per una analisi si v. MAZZAMUTO S., TOSI P., Il costo del lavoro tra legge e contrato, in
RGL, 1977, I, p. 219 ss., e per una recente giustificazione del meccanismo legislativo si v. MAGNANI M., Il rapporto tra legge e autonomia collettiva, in DRI, 2017, 1, p. 3, che precisa come “si tratta, a ben vedere, di fenomeni connessi, dettati dall’esigenza di far fronte ad un ipergarantismo legislativo, o talora contrattuale, che fa a pugni o comunque non è compatibile con la crisi economica in corso o, in ogni caso, con l’arresto del supersviluppo”.
493 Si v. GRECO R., Norma giuridica, azione collettiva e garanzie individuali nella crisi della
società industriale, in FI, 1983, 3, p. 93 ss, ora in Diritto e giustizia del lavoro oggi. Analisi e proposte di Magistratura democratica, Franco Angeli, Milano, 1984, p. 60.
494 DE LUCA TAMAJO R., L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie, cit., p. 238.
495 Per un’analisi dettagliata degli accordi triangolari a partire dalle esperienze della seconda metà degli anni ’70 si v. BELLARDI L., Concertazione e contrattazione. Soggetti, poteri e dinamiche regolative, Cacucci, Bari, 1999.
496 Come preconizzava DE LUCA TAMAJO R., Garantismo legislativo e mediazione politico-
sindacale: prospettive per gli anni ’80, in RIDL, 1982, I, pp. 44-45, “non è difficile prevedere che gli anni ’80 risulteranno caratterizzati da una valorizzazione di forme e tecniche di regolamentazione sicuramente più atomizzate, più politiche, meno propense ad ipostatizzare determinati valori, e sostanzialmente fondate su accordi o mediazioni nei quali lo Stato interviene nelle vesti di «mediatore» o «contraente»”. In quello scritto l’A. avvertiva anche che “la rilevazione, e in qualche misura la valutazione positiva, degli spazi guadagnati da forme di «controllo-contrattazione sindacale» ai danni del c.d. «garantismo legislativo» non deve far velo all’esigenza di preservare il nucleo centrale del patrimonio garantistico e di non alterare le fondamenta stesse del modello costituzionalizzato del diritto del lavoro e delle relazioni industriali. Il quale, pur riconoscendo la più ampia possibilità di svolgimento alla dialettica sociale e alle sue espressioni paranormative, intende salvaguardare in definitiva – nei rapporti di concorrenza – il
138
incidenza delle politiche governative su temi tipicamente sindacali e della
rilevanza di tali interventi sugli equilibri economici complessivi
497.
Cambia dunque lo stesso ruolo della norma (inderogabile) di legge, che
comincia a dialogare sempre più intensamente con le ragioni economiche in una
fitta trama di “relazioni pericolose”, ed è proprio su tali relazioni che occorre
interrogarsi.
A partire dagli anni ’80, infatti, è prevalsa l’opinione, criticata da alcuni
economisti, secondo cui “la soluzione alle ‘rigidità’ determinate dal diritto del
lavoro passava attraverso la «deregolamentazione», la rimozione di tutta o parte
della legislazione del welfare state e l’incoraggiamento della flessibilità del
lavoro”
498.
Con la crisi economica degli anni ottanta, infatti, “inizia una nuova fase del
diritto del lavoro, detta prima dell’’emergenza’ e poi della ‘crisi’, che pone i germi
del processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro. La sua nota dominante è
la valorizzazione dell’autonomia collettiva in funzione di flessibilizzazione della
disciplina del rapporto e del mercato del lavoro”
499.
Nello specifico, posto che uno degli elementi caratterizzanti del diritto del
lavoro è la presenza di labour standard, ossia di forme di etero-elaborazione di
regole che avvengono per via legislativa in luogo delle regolamentazione riservata
alle sole parti contrattuali nella elaborazione del contratto, questi standard
prendono la forma di “diritti minimi”, ossia norme poste a base della
primato della legge e dei soggetti che istituzionalmente presiedono alla sua formazione”, ma pochi anni dopo prese atto della circostanza per cui tale avvertimento non fu colto dal legislatore e dalle parti sociali, tanto da scrivere che “in effetti, ciò che è veramente incompatibile con il precetto costituzionale non è la mera disciplina legislativa in materia tradizionalmente affidata alla contrattazione sindacale, bensì l’esautoramento definitivo di quest’ultima, la preclusione a tempo indeterminato di rivedere l’assetto degli interessi fissato in via eteronoma”; si v. DE LUCA TAMAJO R., L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie, cit., p. 277.
497 DE LUCA TAMAJO R., L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie, cit., p. 265.
498 Per una critica complessiva di tali teorie economiche si rinvia a DEAKIN S., WILKINSON F.,
Il diritto del lavoro e la teoria economica: una rivisitazione, in DLRI, 1999, p. 588.
499 MAGNANI M., Il diritto del lavoro e le sue categorie. Valori e tecniche nel diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2006, pp. 11-12. Si v. inoltre NAPOLI M., Rapporto tra legge e contrattazione collettiva nella gestione del mercato del lavoro, in ID., Conflitto e consenso. Quadro legale e relazioni industriali negli anni ottanta, Edizioni Lavoro, Roma, 1983, pp. 120-121, ove si legge che “oggi sembra essere il legislatore a porre obiettivi alla contrattazione collettiva, sia affidando la specificazione di dettaglio dei principi fissati in sede legislativa, sia addirittura attribuendo alle parti negoziali il compito di rimuovere l’inderogabilità delle norme poste dalla legislazione stessa (corsivo nostro) (…) Si tratta, in definitiva, di saper utilizzare tutta la carica di promozionalità contenuta nelle leggi che esigono non una semplice applicazione, ma una gestione dinamica affidata all’iniziativa sindacale”.
139
regolamentazione delle parti collettive che, quindi, nel suo agire è limitata alla
mera facoltà migliorativa dei trattamenti legali
500.
Queste regole minime hanno indubbiamente la funzione di regolare la
concorrenza nel mercato del lavoro, ma al contempo hanno anche la funzione di
indirizzare, di guidare i risultati contrattuali; “gli standards che sono rigidamente
vincolanti, in aree come la salute e sicurezza o la parità di trattamento, indicano
normalmente la scelta assolutamente prioritaria in una politica tesa a favorire
l’assenza di forme particolari di costi privati a carico del singolo lavoratore.
Tuttavia, molti di questi standards hanno anche scopi economici. In
particolare, essi possono avere la funzione di limitare le divergenze fra costi
sociali e privati che nascono dagli alti costi di transazioni o da esternalità”
501.
Ma “se si elimina un’opzione se ne incoraggiano altre”
502, e di conseguenza
l’indirizzo dell’andamento del mercato per mezzo della regolamentazione legale
non conduce necessariamente a risultati di inefficienza.
Tuttavia, anche se dal punto di vista dell’economista ortodosso qualsiasi
intervento legislativo è idoneo a turbare l’equità e l’efficienza del mercato,
garantite solo dal fatto che gli operatori del mercato possono contrattare in piena
libertà, è da sottolineare che l’intervento del legislatore deve essere proporzionato
rispetto al fine.
In questo senso è utile richiamare le considerazioni di Perulli, il quale
sottolinea che il rapporto tra prescrizione e fine legislativo debba essere effettuato,
oltre che in termini di adeguatezza-idoneità, secondo un parametro di
proporzionalità, che serve appunto a garantire “l’adeguatezza dei mezzi ad un
fine”
503.
È chiaro però che le valutazioni in materia di proporzionalità dipendono
dal referente assiologico scelto dal legislatore, e di conseguenza se ritenessimo
500 DEAKIN S., WILKINSON F., Il diritto del lavoro e la teoria economica, cit., p. 591, precisano che “caratteristica importante dei labour standards (è che) essi raramente sostituiscono completamente l’autonomia contrattuale delle parti. Il campo di applicazione degli standards previsti dalla legge che sono veramente «inderogabili» è abbastanza limitato (…)”.
501 DEAKIN S., WILKINSON F., Il diritto del lavoro e la teoria economica, cit., p. 591. 502 DEAKIN S., WILKINSON F., Il diritto del lavoro e la teoria economica, cit., p. 591.
503 PERULLI A., Razionalità e proporzionalità nel diritto del lavoro, in DLRI, 2005, p. 1 ss., cui si rinvia per ulteriori precisazioni e per gli opportuni approfondimenti in merito al concetto di proporzionalità. In particolare l’A. sottolinea che nel giudizio di proporzionalità “spesso convivono riscontri di adeguatezza strumentale, giudizi di tipo quantitativo nonché ponderazioni e bilanciamenti”.
140