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L’influenza delle abitudini nella scelta del percorso

l’apprendimento e gli atteggiamenti degli utenti rispetto al rischio

Capitolo 4 – L’ABITUDINE NEI COMPORTAMENTI DI VIAGGIO

6 L’influenza delle abitudini nella scelta del percorso

Nelle situazioni di scelta di percorso tra una data origine e una data destinazione diversi aspetti giocano contemporaneamente un ruolo di grande interesse, tra cui: la capacità del viaggiatore di apprendere dalle esperienze passate, la propensione al rischio in condizioni di incertezza, la forza dell’abitudine e l’influenza delle informazioni sulla scelta degli itinerari e sull’apprendimento. Questi aspetti, pur essendo interconnessi (si veda la Fig. 4.2), verranno descritti separatamente senza eccessivo dettaglio.

In figura 4.2 viene illustrato come i fattori sopra citati contribuiscono a determinare la

percezione del viaggiatore, tra cui:

 le precedenti scelte di percorso. Un viaggiatore ha esperienze personali che gli consentono di poter imparare a valutare le caratteristiche dei percorsi scelti in passato (ad esempio in termini di tempo medio di percorrenza e affidabilità), di sapere come interpretare le informazioni di viaggio (ad esempio come definire, in termini di ritardo, una coda di un chilometro) e il loro grado di affidabilità;

 le informazioni in merito ad altre alternative. Consentono al viaggiatore di conoscere le caratteristiche dei percorsi che non ha mai scelto e per i quali, pertanto, non dispone di un set di conoscenza;

 la propensione al rischio. Influenza la forza d’inerzia e quindi la volontà del decisore di confermare o meno le proprie scelte abituali;

 l’abitudine. Le abitudini, specialmente quelle molto forti, portano alla scelta del percorso abituale piuttosto automaticamente. Pertanto, al fine di prendere in esame percorsi alternativi, è indispensabile un livello di attenzione molto elevato.

 le caratteristiche individuali del viaggiatore. Età, sesso, condizioni socio-economiche possono influenzare la facilità con cui l’individuo impara, forma e cambia le abitudini e il livello di rischio considerato accettabile. Anche lo scopo del viaggio è molto importante, ad esempio un individuo non accetterà un percorso rischioso per recarsi ad un importante incontro per cui è richiesta la puntualità.

Figura 4. 2 Gli aspetti rilevanti nella scelta del percorso e le loro relazioni Fonte: E. A. I Bogers, F. Viti, S. P. Hoogendoorn, 2004

Dopo aver brevemente elencato gli aspetti rilevanti nella scelta del percorso, di seguito si andrà ad accennare brevemente al ruolo dell’abitudine e della propensione al rischio in condizioni di incertezza. Simon (1956) fu tra i primi a criticare l’assunzione utilizzata

in economia secondo la quale le persone sono razionali e pienamente informate. Ritenendo questo “ homo economicus” irrealistico, decise di proporre un modello di comportamento di scelta, secondo il quale le persone mostrano razionalità limitata, e una certa tendenza a cercare le scelte soddisfacenti, piuttosto che le migliori in senso assoluto. Inoltre, anche se le persone sono pienamente informate, non hanno la capacità cognitiva di elaborare simultaneamente tutte le informazioni a loro disposizione.

La razionalità limitata svolge un ruolo importante nella scelta del percorso, dal momento che i limiti cognitivi delle persone sono sempre presenti, e che una scelta di percorso spesso deve essere fatta in tempi ristretti. Pertanto è importante comprendere in che misura le persone sono in grado di ricordare ed elaborare le esperienze di viaggio passate. Per tener conto di questa razionalità limitata è stata ipotizzata l’esistenza di

bande di indifferenza, cioè di intervalli di valori dei tempi di percorrenza all’interno dei quali il viaggiatore non è indotto a cambiare la sua scelta abituale (approfondimento al paragrafo 8).

In genere i conducenti basano le loro scelte di percorso su valori dei costi stimati precedentemente prediligendo i percorsi già utilizzati, per il solo fatto che sono già stati scelti in passato. Tale utilità, essendo un concetto fittizio, è in pratica rappresentata dagli attributi che la compongono. Quindi, se un conducente deve scegliere tra due percorsi, di cui uno già utilizzato in precedenza, e la differenza di costo è piccola, è verosimile che il conducente selezioni il percorso già scelto. Si è visto che il comportamento abituale può, anche se con qualche difficoltà, essere misurato e la sua intensità, legata alla stabilità del contesto e al grado di ripetitività, può notevolmente influenzare il processo di decisione. Nel caso di un’abitudine molto forte, il soggetto sarà spinto a scegliere il percorso abituale piuttosto automaticamente, senza alcun processo di scelta consapevole. Più in generale, il viaggiatore percepisce la sua scelta abituale come la migliore (ma non è detto lo sia), senza valutare razionalmente tutte le alternative disponibili e i loro rispettivi punti di forza e di debolezza. Ciò avviene perché all’aumentare del numero di utilizzi di un certo percorso, l’utilità della scelta ripetuta cresce in quanto il comportamento è più facile e meno rischioso negli esiti, ed è richiesto sia un minor sforzo mentale (il costo di ricerca di nuove alternative è assente) sia una minor attenzione. L’abitudine non solo ha una forte influenza sulle scelte degli

individui, ma è anche difficile da eliminare a seguito di una singola esperienza negativa (ad esempio un forte ritardo causato da un incidente stradale).

Nel secondo capitolo è emerso che le persone, nel fare scelte economiche, non seguono le regole di massimizzazione dell’utilità attesa, ma hanno una certa percezione della probabilità di un certo esito e del valore di tale risultato (si veda la teoria di Tversky e Kahneman al capitolo 2). Pertanto ci si chiede fino a che punto questa teoria è applicabile anche alle decisioni di scelta di percorso. In primo luogo, le conseguenze di una “brutta” scelta di percorso (ad esempio essere dieci minuti di ritardo) non possono essere direttamente confrontate con le conseguenze di una decisione che ha condotto a un cattivo investimento (ad esempio la perdita di un migliaio di euro). In secondo luogo, le persone spesso hanno meno tempo per pensare a una scelta di percorso, piuttosto che a una decisione economica, soprattutto in caso di informazioni ricevute durante il viaggio. Tuttavia, alcuni ricercatori hanno trovato che l’atteggiamento delle persone verso il rischio è in linea con la teoria di Tversky e Kahneman. Così, le persone hanno una certa avversione al rischio (in particolare al rischio di arrivare in ritardo) e preferiscono solitamente il percorso più affidabile.

7 L’impatto dell’inerzia sui comportamenti di viaggio