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L’influenza intellettuale di Reinhold Niebuhr

Da Atlanta a Montgomery

1.2 L’influenza intellettuale di Reinhold Niebuhr

Gli incontri ed i confronti con altri pensatori teologici divennero per King occasioni per radicare alcune delle sue intuizioni fondate sulla sua esperienza di afroamericano ed anche per correggerne altre. In un periodo decisivo della propria formazione si confrontò a lungo con il pensiero di Karl Paul Reinhold Niebuhr, grande teologo ed autore del rinomato libro Moral Man and Immoral Society del 1932, che divenne una pietra miliare nel dibattito teologico dell'epoca. L'importanza storica di quest'opera risiedeva nel rifiuto della concezione protestante liberale della società in nome della stessa tradizione protestante.

I protestanti liberali avevano affermato che il cristianesimo era sia una fede individuale, sia un programma sociale, e che la legge dell'amore era applicabile ad entrambe le sfere. Niebuhr, invece, sosteneva che la legge dell'amore si applicava alla sfera individuale ma non a quella sociale. La società umana non era un potenziale regno di Dio ed i cristiani erano chiamati ad applicare nella società non l'amore ma la giustizia. Tra moralità individuale e moralità di gruppo esisteva una differenza radicale ed insanabile. Lo scontro tra l'etica individuale e l'etica di gruppo determinava una serie di problemi, e quest'ultimo era reso più difficile dai desideri di espansione e dalle attitudini non etiche che si sviluppavano naturalmente all'interno del gruppo come entità corporativa. I gruppi, come tali, avevano più difficoltà a mantenere attitudini morali verso altri gruppi più di quanto non lo fosse per gli individui verso altri individui di razza o politiche diverse. Tutti i gruppi umani tendevano ad essere più avidi degli individui che li componevano.31

L'opera scritta da Niebuhr non era solo un rifiuto del protestantesimo liberale, ma anche di gran parte del liberalismo laico: infatti, molti pensatori americani tra il 1880 ed il 1930, avevano radici protestanti e condividevano la visione di una società comunitaria che avrebbe trasceso le tensioni della società industriale. La maggior parte cullava il sogno di una comunità organica che sarebbe stata raggiunta con la diffusione della conoscenza scientifica o la rinascenza di una sensibilità estetica. Niebuhr attaccò

31 Massimo Rubboli, Politica e Religione negli Usa, Reinhold Niebuhr e il suo tempo (1892-1971), Milano, Franco Angeli, 1986, p. 111.

questo sogno ancora prevalente cercando di contrapporgli una nuova visione sociale e politica.

Con Moral Man and Immoral Society, Niebuhr aveva elaborato e tradotto in termini etico-politici più sistemici la sua critica alla società capitalistica grazie all'influenze del marxismo e della teoria della crisi definita anche come “neo- ortodossa”. In nome di una visione realistica della natura umana, Niebuhr, aveva sferrato un attacco all'illusione che gli uomini fossero essenzialmente ragionevoli e disinteressati. Se questo poteva valere fino ad un certo punto per l'individuo singolo, era assolutamente falso per quanto riguardava i gruppi, come la storia e la vita quotidiana avevano permesso di dimostrare. Si trattava del ritorno del concetto teologico del peccato originale che era stato messo da parte dalla tradizione teologica liberale.32

L'idealismo del pensiero liberal aveva portato a sottovalutare il problema del potere. La lezione che Niebuhr voleva trasmettere alla sua generazione era che la persuasione morale e razionale poteva stabilire relazioni giuste tra singoli individui ma era praticamente inefficace nelle relazioni tra gruppi. Queste ultime dovevano sempre essere considerate in modo realistico, ossia dovevano essere determinate dalla proporzione di potere che ogni gruppo possedeva non meno che da ogni valutazione razionale e morale dei bisogni e delle pretese di ogni gruppo. In altre parole, dati gli ineliminabili impulsi egoistici che controllavano le collettività sociali, il rispetto del singolo in una comunità poteva essere garantito non da un sistema educativo più perfezionato o da una religione più rigorosamente etica, ma soltanto da un sistema di equilibri che perseveri per ogni gruppo una quantità di potere sufficiente a controbilanciare in maniera efficace quelle di ogni altro gruppo. Nell'ordinamento sociale, il principio informatore non era dato dall'amore ma dalla giusta distribuzione di potere. L'ipocrisia ed il conformismo delle classi abbienti apparivano ora nella loro veste di giustificazione ideologica dei privilegi economici e sociali, veniva smascherato il carattere repressivo del potere politico al servizio del potere economico e veniva messo in risalto il fatto che anche le istituzioni democratiche non avevano risolto, anzi avevano spesso aggravato, il problema della presenza coercitiva del potere nelle società. Il capitalismo veniva sostenuto proprio da quelle istituzioni democratiche che

avevano per fine il controllo del potere dei governanti; in realtà non erano mai state del tutto svincolate dagli interessi particolari delle classi commerciali che le avevano ideate e sviluppate. Queste ultime, essendo interessate a distruggere le restrizioni politiche poste all'attività economica, avevano indebolito l'autorità dello stato e l'avevano adeguata alle loro esigenze. Con l'aumento della concentrazione del potere economico, tipico dell'industrializzazione moderna, questo fenomeno stava a significare semplicemente che la società in quanto tale non controllava il potere economico nella misura in cui sarebbe necessario per il bene sociale e che quest'ultimo, più di quello politico e militare, era diventato la forza di concezione peculiare dell'età moderna: esso sfidava l'autorità dello stato e ne piegava le istituzioni ai propri interessi33.

Alcune concezioni teologiche di Niebuhr, in particolare quella del potere e quella del peccato, divennero importanti nello sviluppo del pensiero di King. Nella sua odissea intellettuale verso la nonviolenza venne attratto dagli elementi profetici e realistici del grande teologo e si appassionò al suo stile. Secondo King, il grande contributo di Niebuhr alla teologia contemporanea consisteva nel suo rifiuto del falso ottimismo, caratteristico di una grande parte del liberalismo protestante, senza cadere nell'anti-razionalismo del teologo Karl Barth o nel semi-fondamentalismo di altri teologi dialettici. Inoltre, Niebuhr, grande conoscitore della natura umana, aveva studiato ed approfondito specialmente il comportamento delle nazioni e dei gruppi sociali ed era per questa ragione consapevole della complessità delle motivazioni umane e della relazione fra moralità e potere: la sua teologia, infatti, era un persistente richiamo della realtà del peccato ad ogni livello dell'esistenza dell'uomo e denunciava come fatuo e mistificatorio l'atteggiamento di quei moralisti cristiani che affidavano la rigenerazione sociale al progressivo miglioramento degli individui in forza della capacità di persuasione e dell'attivazione del loro zelo morale. L'idea ottimistica della teologia liberale di un movimento evolutivo dell'uomo e della sua storia, anche alla luce della catastrofica Seconda Guerra Mondiale, veniva ricondotta alla convinzione che la condizione umana restava segnata essenzialmente dal peccato. La critica del liberismo utopistico e l'elaborazione di una tendenza realistica lo portarono al punto di giudicare politicamente inefficace il pacifismo ed a contestare chi considerava immorale la violenza rivoluzionaria. Questo perché l'assunto che la violenza e la rivoluzione fossero

intrinsecamente immorali era fondato su due errori: il primo consisteva nel ritenere la violenza come un'espressione inevitabile di cattiva volontà e, perciò, intrinsecamente cattiva al contrario della nonviolenza intrinsecamente buona. Il secondo errore, per cui veniva considerata immorale la violenza in termini intrinseci, era dovuto ad un'identificazione acritica dei valori operativi della tradizione con gli intrinseci valori morali; in pratica non vi era alcuna intrinseca differenza morale fra la resistenza violenta e nonviolenta. Le conseguenze sociali dei due metodi erano differenti ma queste diversità erano di grado piuttosto che di genere. Più tardi Niebuhr cominciò a mettere in evidenza l'irresponsabilità di confidare sulla resistenza nonviolenta quando non c'era alcun fondamento per credere che essa avrebbe avuto successo nell'impedire la diffusione della tirannide totalitaria. Essa avrebbe potuto avere successo, egli sosteneva, soltanto se i gruppi contro cui tale resistenza avveniva avessero posseduto in qualche misura una coscienza morale. Secondo Niebuhr, il perfezionismo etico dei pacifisti assoluti era un segno evidente dell'incapacità del protestantesimo liberale di riconoscere il carattere coercitivo della vita politica ed economica. In realtà i pacifisti assoluti sapevano bene che il sistema politico ed economico si serviva della coercizione ed anche della violenza; ciò che li separava da Niebuhr era un diverso modo di considerare e di risolvere la terribile tensione tra l'ideale cristiano dell'amore e la dura realtà della vita. La legge dell'amore costituiva la norma fondamentale dell'etica cristiana, mentre Niebuhr riteneva che, a causa della condizione di peccato dell'individuo e della società, non fosse possibile metterla in pratica. Egli ebbe modo di criticare il pacifismo anche per la sua idea di non dover intervenire contro il regime nazista e li accusò di complicità con Hitler, in quanto si erano rifiutati di ricorrere alle armi per rovesciare il suo regime mettendo così fine alle atrocità da lui compiute; era assurdo ed inutile continuare a restare fedeli a determinati principi invece di raggiungere la giustizia sociale. Nella sua teoria il cristianesimo doveva fare il possibile per eliminare la violenza, ma non era realistico pensare di poter arrivare ad una società migliore senza qualche forma di conflitto o di scontro violento; il rifiuto di usare ogni metodo coercitivo significava che non si erano resi conto che ognuno li usava già continuamente e che tutti vivevano in un sistema politico ed economico che manteneva la sua coesione anche con l'uso di varie forme di coercizione politico economica.34

Il rifiuto finale del pacifismo era basato principalmente sulla concezione dell'uomo. Egli sosteneva che il pacifismo non era in grado di rendere giustizia alla dottrina della riforma della giustificazione per fede, sostituendo ad essa un perfezionismo settario, il quale credeva che la grazia divina realmente sollevava gli uomini fuori dalle immorali contraddizioni della storia e poneva l'uomo al di sopra dei peccati del mondo. Le letture delle opere di Niebuhr, fece nascere dei dubbi in King riguardanti alcune teorie associate alla teologia liberale ed in particolare la dottrina sull'uomo che lo rese consapevole della complessità dei moventi umani e della realtà del peccato ad ogni livello dell'esistenza dell'uomo; egli giunse a riconoscere maggiormente la complessità delle responsabilità sociali dell'individuo e la realtà evidente del male collettivo. Si rese conto che il liberalismo era stato troppo sentimentale nei confronti della natura umana e propendeva verso un falso idealismo. Inoltre il superficiale ottimismo di questa teoria nei riguardi della natura umana trascurava il fatto che la ragione era oscurata dal peccato; più King rifletteva su questo argomento, più scorgeva come la tragica inclinazione al peccato incoraggiava a razionalizzare le azioni. Il liberalismo mancava di mostrare che la ragione di per sé era poco più che uno strumento per giustificare i modi di pensare con cui l'uomo si difendeva. La ragione, priva del potere purificatore della fede, non avrebbe potuto liberarsi dalle distorsioni e dalle razionalizzazioni. Pur rifiutando alcuni aspetti del liberalismo, King non accettò completamente la teoria neo-ortodossa che, pur essendo stata un efficace correttivo di un liberalismo sentimentale, non offriva un'adeguata risposta ai suoi quesiti fondamentali. Se il liberalismo era troppo ottimista riguardo la natura umana e su altre questioni importanti, la neo-ortodossia era troppo pessimista; infatti nel suo tentativo di presentare la trascendenza di Dio, trascurata dal liberalismo e da un'eccessiva accentuazione della sua imminenza, la neo-ortodossia giungeva all'estremo, insistendo su un Dio nascosto, sconosciuto ed interamente altro. Nella sua rivolta contro l'esagerata accentuazione del potere della ragione nel liberalismo, la neo- ortodossia cadeva in una tendenza all'irrazionalismo, accentuando un angusto biblicismo acritico. King si convinse che la verità intorno all'uomo non si trovava né nel liberalismo né nella neo-ortodossia, in quanto ciascuna delle due rappresentava una realtà parziale. Un'adeguata comprensione dell'uomo non si trovava all'interno di ogni singola teoria , bensì in una sintesi che conciliava le verità di entrambi, in quanto un

vasto segmento del liberalismo protestante definiva l'uomo solo nei termini della sua natura essenziale e della sua capacità di bene; la neo-ortodossia invece, tendeva a definire l'uomo solo nei termini della sua natura esistenziale e nella sua capacità di male.35

Questi studi portarono King verso un pacifismo realistico giungendo a considerare la posizione pacifista non senza peccato, ma con il minor male. Egli sosteneva che il vero pacifismo non era una irrealistica sottomissione al potere del male ma piuttosto una coraggiosa opposizione del bene al male stesso, nella fiducia che fosse meglio essere vittima che artefice della violenza, poiché il carnefice non faceva che moltiplicare l'esistenza della violenza e dell'amarezza nell'universo. Inoltre era convinto che la Chiesa non potesse rimanere in silenzio mentre il genere umano era di fronte alla minaccia dell'annientamento nucleare, bensì, se era fedele alla sua missione, avrebbe dovuto chiedere la fine di ogni conflitto bellico36 .

35 King Jr, I Have a Dream, cit., p. 29.

36 King Jr, Pilgrimage to Nonviolence, in A Testament of Hope. The Essential Writings of Martin Luther

CAPITOLO 2

La posizione di M. L. King da Montgomery alla