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L’integrazione socio-sanitaria: normativa ed evoluzione

Nel documento Rapporto CEIS 2007 - Capitolo 2 (pagine 99-104)

2.6 I modelli regionali di integrazione

2.6.1 L’integrazione socio-sanitaria: normativa ed evoluzione

Il sistema di welfare italiano ha storicamente assunto, come uno dei propri capisaldi, il principio dell’integrazione sociosanitaria (Longo, 2001). Con questo termine, si fa riferi- mento al coordinamento tra interventi di natura sanitaria e interventi di natura sociale, volto a dare risposte unitarie e integrate alla crescente domanda di salute, sempre più complessa, attraverso il coinvolgimento e la valorizzazione di tutte le competenze e le risorse, istituzionali e non, presenti sul territorio.

Il mutamento del quadro demografico, sociale e culturale avvenuto in Italia negli ultimi decenni ha provocato un aumento dei bisogni delle fasce più deboli della popolazione: si tratta di bisogni compositi3 che determinano domande multidimensionali a cui occorre rispondere in maniera efficace attraverso interventi integrati. Il superamento di servizi set- toriali e l’alternativa introduzione di servizi integrati si fonda sulla necessità di considera- re la globalità della persona in tutte le sue dimensioni, contribuendo al raggiungimento di uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale (WHO, 1946)4.

Il tema dell’integrazione e del coordinamento fra servizi sociali e snitari cattura l’atten- zione e l’impegno di approfondimento di politici, programmatori e operatori del settore a cominciare dagli anni ‘70 ma è a partire dal D.Lgs. n. 229/1999 che si inizia a dare forza al tema dell’integrazione socio-sanitaria e si dà avvio ad una prima definizione delle pre- stazioni e dei principali attori coinvolti nell’organizzazione e nella gestione di tale forma assistenziale. Tuttavia, il riferimento normativo fondamentale in merito all’integrazione socio-sanitaria è costituito dall’“Atto di indirizzo e coordinamento in materia di presta- zioni socio-sanitarie” (DPCM 14 febbraio 2001).

Nella tabella 1 si riportano i principali provvedimenti legislativi che trattano di integrazio- ne socio-sanitaria, accompagnati da brevi riepiloghi tematici.

1La ricerca è frutto della riflessione comune degli autori. In fase di stesura dello stesso sono da attribuirsi ad A. Marino

il paragrafo 1 e a D. Cepiku i paragrafi 2, 3 e 4.

2Facoltà di Economia, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”.

3Per approfondimenti sul percorso generativo dei bisogni, si veda Cepolina, 2002.

4Il concetto di salute, sulla base della Costituzione del World Health Organization (WHO), è definito come “state of com-

plete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity” (World Health Organization, 1946).

Tabella 1 – I principali riferimenti normativi in tema di integrazione socio-sanitaria

Prevede che “tutte le funzioni amministrative relative all’organizzazione e alla erogazione dei servizi di assistenza e di beneficenza […] sono attribuite ai Comuni […]. La Regione de- termina con legge, sentiti i comuni interessati, gli ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi sociali e sanitari, promuovendo forme di cooperazione fra gli enti locali territo- riali e, se necessario, promuovendo […] forme anche obbligatorie di associazione fra gli stessi. Gli ambiti territoriali di cui sopra devono concernere contestualmente la gestione dei servizi sociali e sanitari.

La legge istitutiva del SSN stabilisce quale principio fondamentale la globalità del proble- ma della salute intesa come benessere fisico, psico-sociale e la relativa tutela su tutto il ter- ritorio nazionale; spetta alle Regioni “coordinare l’intervento sanitario con gli interventi ne- gli altri settori economici, sociali e di organizzazione del territorio di competenza delle Re- gioni”. L’Unità sanitaria locale è individuata quale luogo di possibile integrazione tra servi- zi sanitari e servizi sociali.

Prevede che “per l’esercizio delle proprie competenze nell’attività di tipo socio-assisten- ziale, gli enti locali possono avvalersi, in tutto o in parte, delle USL, facendosi completa- mente carico del relativo finanziamento. Sono a carico del Fondo Sanitario Nazionale gli oneri dell’attività di rilievo sanitario connesse a quelle socio-assistenziali”. Non trovano an- cora adeguata identificazione le attività di rilievo socio-sanitario connesse con quelle di ti- po assistenziale.

Si precisa che: “le attività di rilievo sanitario connesse a quelle di tipo socio-assistenziali […] sono quelle che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio- assistenziali, purché siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della salu- te del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell’attività sanitaria di preven- zione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza dei quali l’attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti”. Si individuano le categorie di persone inte- ressate da questo tipo di intervento: i malati di mente; i portatori di handicap; i tossicodi- pendenti, gli anziani non autosufficienti. Questo decreto ha raggiunto l’obiettivo fonda- mentale di rendere disponibili le risorse necessarie per avviare un primo tentativo di inte- grazione delle prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali: le attività esclusivamente socio-assistenziali non dovevano gravare sul Fondo Sanitario Nazionale, mentre per le at- tività di rilevo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali era prevista l’imputazione degli oneri a carico della sanità.

Nel sancire la separazione delle risorse materiali, economiche, umane tra l’ambito sanitario e quello socio-assistenziale e la possibilità di gestione unitaria attraverso la delega, i de- creti hanno stimolato un ripensamento complessivo della tematica dell’integrazione. Con questi decreti si distinguono le funzioni politiche di governo e le funzioni tecniche di ge- stione. Le funzioni di governo sono così suddivise: a livello centrale è affidato l’esercizio della funzione programmatoria, espressa attraverso il piano sanitario nazionale in cui si de- finiscono i livelli uniformi di assistenza e anche le attività socio-assistenziali di rilievo sani- tario; alle Regioni spetta la ridefinizione complessiva del sistema regionale e la definizione delle aziende sanitarie; agli enti locali spetta il diritto dovere di farsi carico dei bisogni so- cio-sanitari della comunità locale. Inoltre, i tre livelli menzionati sono tenuti anche a perse- guire l’integrazione dei servizi sanitari con quelli socio-assistenziali. Non sono definite le modalità per realizzare questa integrazione, nel rispetto degli oneri sui diversi fondi di rife- rimento per le prestazioni sanitarie e per quelle socio-assistenziali.

DPR n. 616/1977 L. n. 833/1978 L. n. 730/1983 DPCM 8/8/1985 D.Lgs. n. 502/1992 e D.Lgs. n. 517/1993 Segue

A fine anni ‘90 si ribadisce che le prestazioni sociali di rilevanza sanitaria sono di compe- tenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge re- gionale. Con questo decreto legislativo, si riconferma altresì che l’integrazione deve esse- re affrontata dalla legislazione regionale con i piani di zona dei servizi socio-sanitari, incen- tivando economicamente la gestione integrata dei servizi, tramite delega gestionale o ac- cordi di programma, predisponendo progetti e azioni finalizzate a questo obiettivo. L’art. 3- septies identifica l’integrazione socio-sanitaria con “tutte le attività atte a soddisfare, me- diante un complesso processo assistenziale, bisogni di salute alla persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni a protezione sociale”.

La legge quadro sul sistema integrato di interventi e servizi sociali ribadisce la centralità del territorio per la realizzazione, attraverso i piani di zona, della rete di servizi sociali e il loro coordinamento e la loro integrazione con gli interventi sanitari. Comunque la legge subor- dina il tutto a indirizzi regionali e soprattutto alla sostenibilità delle spese.

Con l’“Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie” sono iden- tificate le prestazioni relative all’area socio-sanitaria, i principi di programmazione e di or- ganizzazione delle attività e i criteri di finanziamento delle stesse.

Il DPCM che definisce i livelli essenziali di assistenza (LEA) in relazione al capitolo dedica- to all’integrazione socio-sanitaria indica le percentuali di costo non imputabili al SSN per le prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano distinguibili e stabilisce che rimangono a carico del Comune e/o degli utenti le percentuali dei costi rela- tive ad alcune prestazioni (allegato 1C).

D.Lgs. n. 229/1999

L. n. 328/2000

DPCM 14/02/2001

DPCM 29/11/2001

Fonte: elaborazione propria.

Dal complesso quadro normativo poc’anzi descritto emergono diverse sfaccettature del concetto di integrazione socio-sanitaria e ruoli di policy e gestionali per i diversi attori isti- tuzionali e livelli di governo.

Le “prestazioni socio-sanitarie” sono definite come quelle attività atte a soddisfare, mediante percorsi integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. Esse sono classificate, in base alla prevalenza dei bisogni (natura del bisogno, complessità e intensità dell’intervento assistenziale, durata) e delle risorse implicate nei processi assistenziali, in (DPCM 14 febbraio 2001):

• prestazioni sanitarie a rilevanza sociale; • prestazioni sociali a rilevanza sanitaria;

• prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria.

Avremo prestazioni sanitarie a rilevanza sociale nei casi in cui l’efficacia dell’intervento sanitario dipende dalla capacità di integrazione con altri fattori e responsabilità sociali. Al contrario avremo prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ogni volta che l’intervento avvie- ne in presenza di problemi collegati allo stato di salute che possono trovare soluzione effi- cace con processi di inserimento e integrazione sociale. Vi è, inoltre, un’altra categoria che fa riferimento alle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che, data l’intensità del fabbisogno sanitario a cui esse devono rispondere, rientrano nei livelli essen- ziali di assistenza e sono poste a carico del fondo sanitario nazionale. Tali prestazioni sono

caratterizzate dalla inscindibilità degli apporti professionali sanitari e sociali e dalla indivi- sibilità dell’impatto congiunto degli interventi stessi e attengono prevalentemente alle aree di bisogno dove è più frequente la necessità di integrazione tra sanitario e sociale. L’integrazione socio-sanitaria dovrebbe realizzarsi a tre principali livelli:

• istituzionale, in termini di collaborazione tra aziende sanitarie, amministrazioni comu- nali, ecc. che si organizzano per conseguire comuni obiettivi di salute. Può avvalersi di un’ampia dotazione di strumenti giuridici quali le convenzioni, gli accordi di pro- gramma, i protocolli d’intesa in cui devono essere specificati, oltre gli obiettivi da rag- giungere nella singola area, anche le competenze di ogni soggetto istituzionale coin- volto, le risorse messe a disposizione, le modalità per la gestione integrata, tutti gli strumenti di monitoraggio, verifica e valutazione partecipata;

• gestionale, ovvero a livello di struttura operativa, in modo unitario nel distretto5 e in modo specifico nei diversi servizi che lo compongono, individuando configurazioni organizzative e meccanismi di coordinamento atti a garantire l’efficace svolgimento delle attività, dei processi e delle prestazioni. Si realizza attraverso l’integrazione delle risorse delle diverse istituzioni;

• professionale, strettamente correlata alla presenza della cultura dell’integrazione e alla condivisione e interiorizzazione delle logiche proprie del lavoro d’équipe e del lavoro di squadra, presuppone l’esistenza di un piano o programma d’intervento, di proce- dure operative chiare e la presenza di obiettivi comuni e condivisi; si realizza tra diver- se figure professionali e all’interno dello stesso servizio e con servizi facenti capo ad altre istituzioni. Condizioni necessarie dell’integrazione professionale sono: (a) la costituzione di unità valutative integrate, (b) la gestione unitaria della documentazio- ne, (c) la valutazione dell’impatto economico delle decisioni, (d) la definizione delle responsabilità nel lavoro integrato, (e) la continuità terapeutica tra ospedale e distret- to, (f) la collaborazione tra strutture residenziali e servizi domiciliari territoriali, (g) la predisposizione di percorsi assistenziali appropriati per tipologie d’intervento, (h) l’u- tilizzo di indici di complessità delle prestazioni integrate.

Un ulteriore grado di integrazione, ricompreso tra i precedenti ma che vale la pena sot- tolineare, riguarda il livello finanziario in cui si delinea l’imputazione ai fondi dei due com- parti sanitario e sociale, rispettivamente per le attività e prestazioni sanitarie e quelle assi- stenziali a rilievo sanitario. Una corretta ripartizione degli oneri relativi alle prestazioni socio-sanitarie è possibile a condizione che nella programmazione finanziaria siano defi- nite chiaramente le quote di responsabilità di ogni ente rispetto alle attività da garantire. Risulta evidente, pertanto, l’importanza da attribuire in sede programmatoria alla defini- zione di accordi tra tutte le istituzioni coinvolte nel processo. In sintesi, l’integrazione socio-sanitaria consiste nel mettere in rete le risorse umane, professionali, finanziarie e strutturali di un territorio per rispondere al bisogno globale di salute dei cittadini/utenti.

5 Il D.Lgs. n. 229/1999 identifica il distretto quale luogo privilegiato per l’integrazione socio-sanitaria. In merito al

concetto di distretto inteso come modello istituzionale e/o come modello economico-aziendale si veda Testa, Buccione, 2002; Longo, 1999; Marceca, Orzella, 2004.

Il secondo aspetto che emerge dalla normativa riguarda il ruolo dei diversi attori istitu- zionali: Azienda sanitaria o ospedaliera, ente locale, Regione, eccetera. Il processo di tutela della salute, infatti, è tutt’altro che limitato all’interno di una singola struttura (Borgonovi e Meneguzzo, 1985). Una reale integrazione è possibile soltanto attraverso il coinvolgimento e la partecipazione coordinata di tutti i diversi soggetti coinvolti nel pro- cesso, al fine di sviluppare una strategia unitaria e garantire una risposta completa ai bisogni sempre più complessi che la comunità esprime.

In particolare, in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, le Regioni e gli enti locali, in virtù di una maggiore responsabilizzazione e in qualità di garanti dello sviluppo dei diritti di cittadinanza, hanno visto accrescere il proprio ruolo di attori fondamentali nella realizzazione del sistema sanitario e di welfare locale.

Se l’azienda ospedaliera ha dei compiti specifici e non può svolgere le funzioni vicarie delle attività che sono invece proprie della medicina del territorio, quest’ultima è tuttora costituita da entità sparse che si stenta a vedere cooperanti in maniera ordinata tra di loro e con gli ospedali. Una situazione migliore si registra in quelle Regioni nelle quali il distret- to diventa un committente, collabora con la conferenza dei sindaci, con la conferenza socio-sanitaria cittadina o della zona e in tal modo si migliorano i rapporti della medicina del territorio in tutte le sue espressioni professionali e strutturali. A livello nazionale le aziende sanitarie si trovano in una situazione molto differenziata. Alcune aziende copro- no anche attività riguardanti il sociale, mentre in altre la sanità si fa carico di tutto, in quanto storicamente non esistono nei Comuni di appartenenza le condizioni tecniche e finanziarie per offrire servizi. A queste si aggiungono situazioni in cui i Comuni sono in condizione di gestire in maniera soddisfacente il sociale e le aziende gestiscono la sani- tà anche attraverso la tecnostruttura comunale6.

Sia le diverse concezioni di integrazione sia i diversi atteggiamenti assunti dagli attori isti- tuzionali contribuiscono a delineare un quadro disomogeneo sul territorio. Il presente lavoro mira a fornire una mappatura dello stato dell’arte e focalizza l’attenzione sul ruolo che le Regioni svolgono per il governo delle politiche relative all’integrazione socio-sani- taria in termini di organizzazione, programmazione e innovazione gestionale.

In relazione alla definizione di un sistema integrato di interventi e servizi socio-sanitari e all’identificazione delle competenze afferenti alla sfera sanitaria e sociale, le Regioni hanno il compito di:

• identificare i servizi che richiedono l’integrazione;

• definire criteri e parametri di ripartizione degli oneri in relazione alle modalità assi- stenziali e tipologie di servizi, con riferimento ai livelli di assistenza socio-sanitaria; • determinare gli indirizzi per i processi autorizzativi e di accreditamento delle strutture

e dei servizi che erogano prestazioni nell’area dell’integrazione;

• individuare le procedure per la definizione di intese tra enti locali e aziende unità sani- tarie locali nella loro articolazione zonale per l’erogazione integrata degli interventi e

6 Si vedano le relazioni di E. Guzzanti e F. Ripa di Meana al convegno organizzato in occasione del decennale di

delle prestazioni nell’ambito dei percorsi assistenziali specifici;

• definire le modalità per la valorizzazione del ruolo del non profit e per la regolazione dei rapporti per l’affidamento dei servizi, anche in relazione alle forme di selezione dei soggetti.

Più specificamente, nell’ambito della programmazione degli interventi socio-sanitari la Regione: (a) determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i criteri di finanziamento; (b) svolge attività di vigilanza e coordinamento sul rispetto di dette indicazioni da parte delle aziende sanitarie e dei Comuni al fine di garantire uniformità di comportamenti a livello territoriale7.

La normativa assegna alle Regioni complesse competenze di programmazione e regola- zione, all’interno delle quali rientra la rilevante questione del finanziamento degli interventi e dell’imputazione dei costi delle prestazioni socio-sanitarie.

Le Regioni sono tenute quindi a disciplinare i criteri e le modalità mediante le quali Comuni e aziende sanitarie garantiscono l’integrazione, su base distrettuale, delle pre- stazioni socio-sanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali socio-sanitari8.

Nel documento Rapporto CEIS 2007 - Capitolo 2 (pagine 99-104)