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L’INTERESSE ALLA RICERCA DELLA VERITÀ E LA RITRATTAZIONE

SOMMARIO: 1. L’interesse alla ricerca della verità come ‘obiettivo tendenzia- le’ del processo e la ratio della ritrattazione. – 2. La querelle sulla funzione del processo: strumento di pacificazione sociale attraverso la risoluzione di un conflitto o strumento di attuazione della legge fondato sulla ricerca del- la verità? – 2.1. La ricerca della verità nel procedimento penale e la Costi- tuzione. – 3. La ricerca della verità nei diversi sistemi processuali inquisi- torio ed accusatorio. Il nuovo testo dell’art. 111 Cost. ed il chiarimento di un pericoloso equivoco. – 4. Il problema della verità nel processo: verità processuale versus verità materiale. – 5. La disciplina della ritrattazione e l’interesse di un ordinamento giuridico alla ricerca della verità attraverso il processo.

1. L’interesse alla ricerca della verità come ‘obiettivo tendenziale’ del

processo e la ratio della ritrattazione

Come si è detto, un’analisi dommatica della ritrattazione va, a no- stro sommesso avviso, preceduta da un (breve) discorso relativo al pro- blema dell’esistenza o meno nel novero dei τλοι tendenziali del pro- cesso (vale a dire degli scopi che esso deve perseguire, ma non neces- sariamente realizzare1) dell’interesse all’accertamento della verità sto-

rica dei fatti.

Il doveroso chiarimento di tale aspetto può agevolare nel prosieguo della presente indagine l’individuazione e la messa a fuoco tanto della

ratio della ritrattazione, quanto della sua natura giuridica; contempo-

raneamente, un approfondito studio della disciplina della ritrattazione può consentire di gettare luce sul problema del ruolo attribuito alla ri-

2Il tema dei rapporti intercorrenti tra verità e diritto è stato di recente affron-

tato sotto tutt’altro profilo nella dottrina costituzionalistica tedesca da P. HÄBER- LE, Wahrheitsprobleme im Verfassungsstaat, 1995, Baden-Baden, trad. it. a cura di

F. Fiore, Diritto e verità, Torino, 2000, passim. In seguito alla (duplice) drammati- ca esperienza dello Stato totalitario in Germania si è cercato di comprendere in che modo il moderno Stato costituzionale potesse estirpare alla radice ogni remo- to rischio di nuove esperienze degenerative di tipo autoritario. La risposta data da Häberle a tale interrogativo ha chiamato in causa, per l’appunto, il rapporto tra di- ritto e verità. Ad avviso dell’illustre Autore, la democrazia occidentale deve a tale scopo prioritariamente rifiutare l’idea dell’esistenza di un’unica verità, in quanto se c’è la verità al singolare non ci possono essere opinioni, discussioni, compro- messi, elezioni, votazioni, maggioranze, dissenso e dialettica tra le parti, ma può esistere unicamente l’assolutismo politico. Laddove, infatti, il potere politico e la forza storica di cui è espressione diventano l’unica verità rendendo falso tutto ciò che ostacola il perseguimento dei loro fini – come già rivelava G. CAPOGRASSI, Giu-

dizio processo scienza verità, in Riv. dir. proc., 1950, p. 21, pubblicato anche in G.

CAPOGRASSI, Opere, vol. V, Milano, 1959, p. 75, il cui discorso, però, concerneva

prevalentemente l’ambito processuale del rapporto tra diritto e verità – tutto fini- sce: «il diritto, il processo, il mondo umano della storia».

Ciò che deve invece caratterizzare un sistema democratico moderno che ab- bia la forma dello Stato costituzionale è la costante tensione verso la ricerca dia- lettica della verità: «Lo Stato costituzionale in quanto ordine e quadro della so- cietà aperta conosce la verità al “plurale”, le verità intese come condizioni cultu- rali che connettono libertà, democrazia, giustizia e bene comune» ed è l’unica forma di Stato capace «di avvicinarsi in modo creativo-innovativo all’ “eterno” obiettivo della ricerca della verità» (p. XVI).

Ad avviso del giurista tedesco, la tensione del diritto verso tale obiettivo è da considerarsi, peraltro, in piena sintonia con il contestuale riconoscimento da parte della «umanità nel suo complesso (…) del valore culturale della ricerca della verità» nonché, sul piano filosofico ed epistemologico, con il razionalismo critico di Popper (p. XVII).

cerca della verità nel processo. Insomma, tra i due argomenti esiste un legame di stretta interdipendenza, di modo che le soluzioni condivise per l’uno condizionano anche il diradarsi dei dubbi esistenti sull’altro.

Questa prospettiva rende possibile, sotto un primo profilo, trattare un tema come quello della ritrattazione, apparentemente di mero di- ritto positivo, alla luce di interessanti acquisizioni di gnoseologia pro- cessuale; e, sotto altro profilo, affrontare i tradizionali interrogativi che da sempre animano il dibattito dottrinario attorno al problema del rapporto processo/verità (il processo tende all’accertamento della ve- rità? Ma di che verità si tratta, di una verità materiale o di una verità formale meramente processuale? Quale modello cognitivo è funziona- le alla sua ricerca? Esiste nell’ordinamento un interesse alla ricerca della verità tutelato penalmente? E che tipo di tutela è garantita ad es- so?) muovendo da un differente angolo di visuale di carattere preva- lentemente normativo2.

3Ha ben messo in luce che i delitti di falsità in giudizio sono posti a tutela (an-

che) del bene della verità, G. RUGGIERO, Profilo sistematico delle falsità in giudizio,

Napoli, 1974, p. 331, nella parte in cui afferma che «quello della verità (è un valo- re) innegabilmente operante nella realtà sociale e dotato di giuridica rilevanza». Una conferma esplicita dell’esistenza di un effettivo interesse giuridicamente rile- vante da parte del sistema penale nei confronti dell’accertamento della verità vie- ne desunta dallo stesso Autore dalla disciplina della ritrattazione; molto acuta- mente, infatti, egli osserva a tal proposito che: «se la disciplina della ritrattazione si fosse ispirata alla sola esigenza di raggiungere la prova del falso, il bene della ri- cerca della verità non ne avrebbe tratto alcun apprezzabile ausilio dappoiché il giudice procedente sarebbe stato sì illuminato sulla falsità dell’attestazione, ma non anche sulla verità dei fatti che gli incombeva di accertare nel giudizio nel qua- le il falso si è inserito. Il fatto che, al contrario, la legge esiga nella ritrattazione an- che la manifestazione del vero, costituisce la dimostrazione decisiva che è l’attività della ricerca della verità ad essere protetta al di sopra di ogni altro bene». Ovvia- mente, chiarisce l’A., l’ordinamento giuridico non tutela l’accertamento della ve- rità in sè, ma in una prospettiva strumentale, reputandolo una condizione indi- spensabile per la fondatezza e per la correttezza delle decisioni del giudice (p. 335).

In tal modo, invece di cercare di attingere le risposte a queste do- mande esclusivamente nell’epistemologia o nella teoria generale del processo, si incentra l’attenzione anche su quelle disposizioni norma- tive di rango costituzionale ed ordinario che in ogni ordinamento giu- ridico, esplicitamente o implicitamente, regolano tali aspetti.

Così operando emerge, da un lato, che la nostra Carta fondamenta- le offre un solido appiglio costituzionale, soprattutto per quanto attie- ne al processo penale, alla teoria (già dominante nella dottrina proces- sual-civilistica) che attribuisce al processo la funzione di strumento per la ricerca della verità; dall’altro, che esiste nell’ambito dell’intero ordinamento giuridico una ‘norma indicatore’ che, proprio perché po- sta a tutela di questo interesse alla ricerca della verità, è in grado di orientare in maniera attendibile e razionale le risposte agli altri inter- rogativi poc’anzi elencati.

Tale parametro normativo di riferimento (la ‘norma indicatore’) è costituito dalla disciplina che un sistema penale appronta per l’even- tuale ritrattazione di precedenti dichiarazioni (endo)processuali men- daci costituenti reato. Essa, difatti, risulta essere un punto di osserva- zione privilegiato sui temi di cui si discute, dal momento che la diffe- rente efficacia attribuita alla ritrattazione (nessuna; attenuante; o esi- mente) segnala in modo quanto mai chiaro l’esplicito riconoscimento in un sistema giuridico non solo dell’esistenza di un interesse alla ri- cerca della verità all’interno del processo, bensì di un bisogno di predi- sporne una adeguata tutela penale nell’ambito del diritto sostanziale3;

ancor più precisamente aiuta ad identificare il grado di rilevanza ad esso attribuito dall’ordinamento giuridico ed il suo bilanciamento con altri interessi giuridici contrapposti.

4Definisce la verità come ‘ideale regolativo’ del processo P. FERRUA, Processo

penale e verità, in Dem. dir., 2000, p. 209, traslando in ambito giuridico le asser-

zioni di K. POPPER, Congetture e confutazioni, cit., vol. I, spec. p. 393. In termini

analoghi si esprime anche L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo

penale, Roma-Bari, 1989, p. 16 ss.

5Sui rapporti tra diritto penale e processo penale si rinvia a T. PADOVANI, Il

crepuscolo della legalità nel proceso penale. Riflessioni antistoriche sulle dimen- sioni processuali della legalità penale, in Ind. pen., 1999, p. 527 ss., nonché in Stu- di in ricordo di Giandomenico Pisapia, I, Milano, 2000, p. 305 ss.

Allo stesso tempo, però, la ratio e la disciplina della ritrattazione non possono essere comprese appieno se non vengono lette alla luce della risposta data al primo quesito sulla funzione del processo. Se è vero, cioè, che la ritrattazione consente di comprendere qual è il rap- porto verità-diritto penale sostanziale in un determinato assetto ordi- namentale, è anche vero che, prima ancora, una volta dimostrata l’esi- stenza di un interesse (anche costituzionalmente rilevante) alla ricerca della verità all’interno del processo, la sua disciplina (non punibilità o attenuazione della pena) risulta essere correlata proprio alla capacità di tutelarlo in extremis.

In altre parole, la riscoperta di un interesse giuridico alla ricerca della verità come ‘ideale regolativo del processo’4induce a risolvere in

maniera sicura i dubbi (su cui torneremo in seguito) sulla natura giu- ridica della ritrattazione a favore della tesi oggettivistica. Diversamen- te, se si nega che il processo persegua questa funzione, viene anche meno la possibilità di interpretare la ritrattazione nella prospettiva te- leologica-oggettiva della tutela dell’interesse alla verità, residuando l’alternativa di interpretarla come esimente (o attenuante) ‘eticamente’ connotata, imperniata sul dato soggettivo del pentimento e della resi- piscenza del reo.

In sintesi, un tale tipo di indagine, condotta parallelamente su due differenti piani (quello dei principi-guida del diritto processuale e quello della specifica disciplina approntata da una norma di diritto pe- nale sostanziale) fa affiorare con nitidezza lo stretto legame funziona- le esistente tra il diritto penale sostanziale e quello processuale, con- fermando come le acquisizioni dell’uno condizionino l’altro (e vicever- sa) al di fuori di qualsivoglia preteso rapporto asimmetrico di serven- za/supremazia5.

In ogni caso ai fini di una piena comprensione della reciprocità ed interdipendenza dei rapporti correnti tra processo, ricerca della verità e ritrattazione, nonché di un chiarimento sulla ratio e sull’importanza di questa (apparentemente) marginale causa di non punibilità, occor- re procedere con ordine ed affrontare brevemente i primi termini di questa relazione, partendo proprio dal rapporto processo-verità.

6Si pensi al manifesto filosofico di F. NIETZSCHE, Also sprach Zarathustra. Ein

Buch für Alle und Keinen, trad. it. a cura di M. Montinari, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, Milano, 2003; nonché ai suoi Frammenti postu- mi 1885-1887, in Opere di Friederick Nietzsche, ed. it. diretta da G. Colli e M.

Montinari, Milano, vol. VIII, t. I, 1975, n. 2.

7Così G. CAPOGRASSI, Giudizio processo scienza e verità, cit., pp. 56 e 74. 8Su tale problema si veda per fecondi spunti S. MOCCIA, Verità sostanziale e

verità processuale, in Il diritto e la differenza. Scritti in onore di Alessandro Barat- ta, a cura di R. De Giorgi, Lecce, 2002, p. 421 ss.; nonché in Deviance et societe,

2000, p. 109 ss.; nello stesso numero della rivista si vedano anche i lavori di A. BARATTA-R. HOHMANN, Vérité procédurale ou vérité substantielle? Introduction, p.

91 ss.; M. VAN DEKERCHOVE, La vérité judiciaire: quelle vérité, rien que la verité,

toute la verité?, p. 95 ss.; K. VOLK, Quelques vérités sur la vérité, la réalité et la ju-

stice, p. 103 ss.

9K. POPPER, Le fonti della conoscenza e dell’ignoranza (1960), Bologna, 2000,

spec. p. 85 ss.; ID., Congetture e confutazioni, cit., pp. 369 ss. e 393. Ad avviso del-

l’illustre Autore, contrariamente a quanto asserito da quelli che lui definisce i ‘verificazionisti’, anche i falsificazionisti come lui sono seriamente interessati alla verità ed alla sua ricerca. «Il fatto è che, in realtà, anche noi consideriamo la scienza come ricerca della verità e che [...] non abbiamo più timore di dirlo. In effetti, è soltanto in rapporto a tale scopo, la scoperta della verità, che pos- siamo affermare come, pur essendo fallibili, speriamo di imparare dai nostri er- rori. È soltanto l’idea della verità che ci consente di parlare sensatamente di er- rori e di di critica razionale, e rende possibile la discussione razionale, cioè la 2. La querelle sulla funzione del processo: strumento di pacificazio- ne sociale attraverso la risoluzione di un conflitto o strumento di attuazione della legge fondato sulla ricerca della verità?

Una volta incrinata quella che Capograssi definiva l’ingenua, ma ra- zionale, convinzione degli antichi giuristi classici secondo la quale «la ipsa ratio judicii è la lex veritatis», ed una volta insinuatasi nell’espe- rienza giuridica la forza relativizzatrice del nichilismo filosofico di de- rivazione nietzschiana6e, più in generale, di «pragmatismi di ogni ge-

nere»7, la questione se il processo abbia o non abbia tra le sue finalità

istituzionali l’accertamento della verità dei fatti rilevanti per la deci- sione ha costantemente alimentato dubbi ed incertezze nella dottrina moderna8. Volàno ulteriore per il riacuirsi di questo dibattito è stato

poi il rinnovato interesse alla ricerca della verità emerso, più a monte, negli ultimi decenni sul piano filosofico ed epistemologico con il ra- zionalismo critico inaugurato da Popper ed imperniato sull’idea che la falsificabilità di ogni asserzione scientifica, diversamente da quanto ri- tenuto dai suoi detrattori ‘verificazionisti’, sia uno strumento fonda- mentale per garantire, non il pieno raggiungimento, ma la maggiore approssimazione possibile, alla verità che si ricerca9.

discussione critica nella ricerca degli errori, con la seria intenzione di eliminar- ne quanti più possiamo, al fine di avvicinarci alla verità. Dunque, l’idea stessa di errore e di fallibilità, comporta quella di una verità oggettiva, come modello che possiamo essere incapaci di eguagliare (in questo senso, l’idea della verità è re-

golativa). [...]

La nostra idea di approssimazione alla verità, o di verosimiglianza, ha lo stesso carattere oggettivo e lo stesso valore ideale o regolativo, dell’idea di verità oggettiva o assoluta» (p. 401).

10Si vedano al riguardo nella recente dottrina processual-civilistica, anche

per ulteriori rinvii bibliografici, i bei lavori di M. TARUFFO, Note per una riforma

del diritto delle prove, in Riv. dir. proc., 1986, p. 246 ss.; ID., La prova dei fatti giu-

ridici. Nozioni generali, Milano, 1992, p. 1 ss.; M. DAMASˇKA, I volti della giustizia e

del potere. Analisi comparatistica del processo, (1986), trad. it. a cura di A. Gius-

sani e F. Rota, Bologna, 1991, passim; S. CHIARLONI, Processo civile e verità, in

Quest. giust., 1987, p. 504 ss. Nell’ambito degli studi di stampo processual-pena-

listico, per un’ampia prospettiva giusfilosofica del tema della verità all’interno del processo penale, si veda L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo

penale, cit., p. 20 ss.; G. UBERTIS, La ricerca della verità giudiziale, in La conoscen-

za del fatto nel processo penale, a cura di G. Ubertis, Milano, 1992, p. 57 ss. Sui

rapporti tra processo penale e verità si rinvia poi agli interessanti ed originali contributi di P. FERRUA, Contraddittorio e verità nel processo penale, in P. FERRUA,

Studi sul processo penale. Anamorfosi del processo accusatorio, vol. II, Torino,

1992, p. 47 ss.; ID., Processo penale e verità, cit., p. 207 ss.; ID., L’avvenire del con-

traddittorio, in Crit. dir., 2000, p. 25 ss.; ID., L’indagine entra in dibattimento solo

attraverso il contraddittorio, in Dir. giust., 2001, n. 7, p. 9; ID., Il ‘giusto processo’,

Bologna, 2005, p. 67 ss. In argomento cfr. anche A. BALSAMO, L’istruttoria dibat-

timentale e l’attuazione dei principi costituzionali: efficienza, garanzie e ricerca del- la verità, in Cass. pen., 2002, p. 387 ss.; L.G. LOMBARDO, Ricerca della verità e nuo-

vo processo penale, ivi, 1993, p. 751 ss.

11Si veda in tal senso F. CARNELUTTI, Sistema di diritto processuale civile, I,

Padova, 1936, p. 40 ss., 231 ss.; ID., Diritto e processo, Napoli, 1958, p. 54 ss.; ID.,

Le prove civili e le prove penali, in Riv. dir. proc., 1925, p. 18 ss.; B. CAVALLONE,

Critica della teoria delle prove atipiche, in Riv. dir. proc., 1978, p. 722; cfr. anche

In via di estrema sintesi si possono individuare nel pensiero giuri- dico moderno fondamentalmente due diversi orientamenti che hanno caratterizzato il dibattito soprattutto tra gli studiosi di diritto proces- suale civile: uno volto a dimostrare che la funzione del processo è uni- camente quella di risolvere un conflitto tra soggetti (processo civile) o tra un singolo e la collettività (processo penale) e l’altro diretto a di- mostrare che lo scopo fondamentale del processo sia l’applicazione og- gettiva delle norme ai fatti verificatisi nella realtà10.

Secondo il primo orientamento il processo (soprattutto quello civi- le) è finalizzato a risolvere, nei circoscritti limiti delineati dal principio del dispositivo, il conflitto tra le parti ed a perseguire istanze di pacifi- cazione sociale escludendo la possibilità del ricorso a forme di giusti- zia privata11. Da tale angolo visuale, da cui appaiono prevalenti nel

P. CALAMANDREI, Verità e verosimiglianza nel processo civile (1955), in Opere giu-

ridiche, vol. V, Napoli, 1972, p. 615 ss., sebbene non si esprima chiaramente a

favore di questo orientamento ma ne condivida solo alcuni aspetti. Distingueva in maniera netta la ricerca della verità nel processo civile da quella nel processo criminale E. CARNEVALE, Carattere della verità nel processo criminale (1925), in E.

CARNEVALE, Diritto criminale, vol. III, Roma, 1932, p. 398 ss., ad avviso del quale

mentre nel processo civile si tendeva ad accertare una verità ‘soggettivamente li- mitata’, nel processo penale (di stampo tendenzialmente inquisitorio ai tempi in cui scriveva l’Autore) si tendeva alla ricerca della verità oggettiva.

12Sul punto cfr. molto chiaramente M. TARUFFO, La prova dei fatti giuridici,

cit., p. 18, il quale definisce l’accertamento della verità all’interno di un proces- so così inteso un «buy-product eventuale dell’attività processuale, al quale non bisogna prestare particolare attenzione»; ID., Note per una riforma del diritto del-

le prove, cit., p. 241. In argomento vedi anche M. DAMASˇKA, I volti della giustizia

e del potere, cit., p. 173 ss., il quale, nella sua completa analisi sui diversi model-

li processuali, sostiene che il modello (meramente ideale) di processo come ri- soluzione di conflitti si adegua all’ideologia di uno Stato radicalmente laissez-

faire, in cui si ricerca un sistema adversial puro e non sussiste un interesse og-

gettivo all’accertamento della verità. Secondo questo Autore, infatti, «un pro- cesso diretto a massimizzare lo scopo della risoluzione dei conflitti non può (…) aspirare contemporaneamente a massimizzare l’esattezza dell’accertamento del fatto. In realtà questo processo non ricerca la precisione dell’accertamento del fatto come finalità indipendente dalla risoluzione dei conflitti, neanche entro il raggio ristretto delle questioni definite dalle parti. La decisione nel modello del- la risoluzione dei conflitti non è tanto una descrizione del vero stato delle cose, quanto una decisione che risolve la discussione tra le parti, come un trattato di pace che pone termine ai combattimenti. (…) Il processo di risoluzione di con- flitti è indifferente a come siano andate effettivamente le cose: wie es eigentlich

gewesen» (p. 212-213).

processo, rispetto alle finalità conoscitive, quelle di eliminazione di si- tuazioni di conflitto di interessi, l’accertamento della verità dei fatti non è, però, categoricamente escluso dagli obiettivi del processo, ben- sì ne rappresenta una mera finalità eventuale: vale a dire che se, da un lato, non si ritiene che sussista una necessità vera e propria per il pro- cesso di conseguire la verità, dall’altro, allo stesso tempo non si nega l’eventualità che essa possa essere conseguita12.

Ciò significa che lo scopo del processo è quello di pervenire ad una conclusione secondo criteri legalmente determinati e mediante l’accer- tamento in tempi rapidi dei fatti sulla base di prove, ma non anche di stabilire al suo esito la verità dei fatti provati; quest’ultima è una ac- quisizione ulteriore e non indispensabile, bensì semplicemente oppor- tuna.

Con altre parole, ed in termini più radicali, si dice che il processo in quanto tale non ha nulla a che fare con l’obiettivo dell’accertamento della verità dei fatti e con la produzione di pronunce giurisprudenziali veritiere, ma è funzionale prevalentemente alla risoluzione delle con-

13In tal senso G. CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, Napoli,

1928, p. 78 s., ad avviso del quale «la destinazione fondamentale del processo re- sta l’attuazione della legge esistente. […] Giuridicamente la volontà della legge è

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