L’internazionale situazionista nasce nel 1957 e agisce durante il decennio degli anni sessanta. E’ un movimento che si forma sotto una spinta rivoluzionaria, sia in campo politico che artistico allo stesso tempo. Nasce per appoggiare la parte non mediocre della vita e stimolarla attraverso la creazione di situazioni, definite come momenti di vita costruiti tramite una organizzazione collettiva, delle occasioni create di proposito per aumentare la vitalità dell’individuo e la sua sfera passionale. Gli attivisti del movimento puntano alla creazione di situazioni di vita attraverso la collettività e la partecipazione attiva comune: situazioni che si modellano sullo spazio pubblico e urbano. Nasce da una riflessione sulla società e sul modo di rapportarsi tra le persone, dalla convinzione che l’uomo all’interno del sistema capitalistico ha assunto le sembianze di un alienato e non è più in grado di reagire alla velocità dei cambiamenti spaziali e temporali. Lo spettacolo infatti, trasforma il tempo in un eterno presente e lo spazio viene banalizzato, tutti i luoghi tendono sempre più ad assomigliarsi. Elaborano le loro teorie partendo dall’idea che se si riesce a modificare la condizione di vita dell’uomo agendo culturalmente, allora l’uomo stesso reagirà, modificandosi a sua volta. <<I Situazionisti hanno scelto con “situazione” un termine che evoca contemporaneamente il tempo e lo spazio, il luogo e l’azione, e si sono dati strumenti che insistono incessantemente su questa compresenza>>119. Fondano un’arte
quotidiana alla quale chiunque può partecipare, creano delle situazioni che siano in grado di trasmettere sensazioni. Riattivando i sensi sopiti dell’individuo, questo ritorna in sé e reagisce allo stato di alienazione pregresso. In un articolo della
119 Poli F., Arte Contemporanea, le ricerche internazionali dalla fine degli anni 50 ad oggi, Electa, Milano, 2005,
rivista Internazionale Situazionista, affermano che <<l’educazione capitalista dello spazio non è altro che l’educazione in uno spazio in cui si perde la propria ombra, in cui si finisce per perdersi a forza di cercarsi in ciò che non si è>>120. I membri concordano nell’affermare che il problema del
sopimento risiede nel capitalismo, in quanto sta causando una trasformazione della società, tramutando gli individui in meri spettatori passivi di un flusso continuo di immagini scelte e imposte dal potere, le quali si sostituiscono progressivamente alla realtà. Debord ne parla nel suo testo <<La società dello
spettacolo>>121 e identifica lo spettacolo come il prodotto puro
del processo di mercificazione della vita dell’individuo. La società è frammentata e le immagini, mostrando ciò che manca nella vita degli uomini, ne ricompongono l’unità illusoriamente e questo meccanismo crea il fenomeno dell’alienazione. Vi è una evidente separazione tra il vissuto e la sua rappresentazione, in quanto il vissuto diventa solo un esperienza marginale volgendo verso la forma di rappresentazione totale e falsa. Si vuole uscire dall’individualismo e riscoprire il piacere della condivisione e dello stare insieme.
La comunità si può ricreare solo se si dà la possibilità a tutti di accedere alle informazioni e se tutti sono in possesso dei mezzi decisionali. Il movimento ha deciso di applicare le sue teorie allo spazio e all’urbano e le ha rese pratiche attraverso lo studio della psicogeografia, una nuova teoria architettonica che prevede una suddivisione urbanistica dei quartieri in base agli stati d’animo umani. Con la deriva e con il detournement, una sorta di citazione modificata con cui un linguaggio o un concetto già utilizzato da altri viene invertito dandogli un significato totalmente nuovo (con il detournement esprimono la loro idea di rifiuto di proprietà privata intellettuale), i
120 Commenti contro l’urbanismo, in Internazionale Situazionista n°6, pag. 6. 121 Debord G., La società dello spettacolo,(1967), Edizioni BCD, Milano, 1997.
situazionisti mettono in atto la loro ricerca. La deriva è una delle tecniche situazioniste proposte per evadere dalla spettacolarizzazione della vita e riprenderne possesso. Si presenta come una passeggiata veloce lungo un percorso vario, durante la quale gli individui che vi partecipano non camminano come usano fare abitualmente, cioè per spostarsi da un luogo all’altro con uno scopo, come andare al lavoro o in qualche altro posto prestabilito, ma si lasciano andare all’infinità di stimoli che lo spazio gli offre e alle relazioni che si instaurano con gli altri individui che si incrociano lungo il percorso. La sollecitazione agli stimoli sarà sempre diversa e relazionata ai luoghi che si percorreranno e alle persone con cui si interagirà durante la deriva. La deriva può essere condotta da soli o in piccoli gruppi, ma mai più di dieci, altrimenti si creerebbero più derive simultanee, e dura in media una giornata intera, dal mattino alla notte. Attraverso questa tecnica è possibile analizzare gli effetti di spaesamento che si manifestano dal non avere degli impegni, degli obblighi. L’uomo, dovendo lasciarsi andare allo spazio, al tempo, è spaesato, perché si ritrova ad osservare ciò che lo circonda per la prima volta.
Guy Debord, situazionista, tratta della Deriva in uno dei suoi testi, ricollegandola alla psicogeografia e a nuove forme di urbanismo122. Nel manifesto del 1960 la cultura situazionista
connette all’arte la partecipazione sociale, contrappone l’organizzazione di un momento vissuto direttamente all’arte conservata, una produzione collettiva e senza dubbio anonima all’arte unilaterale123. Oggi il collettivo Canecapovolto, propone nuovamente l’analisi della passeggiata come studio di nuove sensazioni stranianti. Il progetto “Nemico Interno” o “Progetto per un viaggio psichico 122 Debord G., Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, Bruxelles, n. 9/11/1965. 123 Manifesto 17/05/1960, in Internazionale Situazionista n.4/06/1960.
nel ventre della città” è un’idea che si concretizza in forma di happening che prevede gruppi di quindici persone, dotati di lettori audio, che ascolteranno lo stesso racconto individualmente, ogni partecipante con i suoi auricolari, e uno spazio urbano all’interno del quale agiranno. Il racconto che verrà ascoltato è della durata di quaranta minuti approssimativi e attraverso questo verranno date delle istruzioni su come muoversi nello spazio. Il percorso attraversa 23 settori, tematici e strettamente dipendenti dall’istinto dell’ascoltatore e dalla interpretazione che ne viene data, infatti le istruzioni date sono molto aperte e il senso può cambiare da soggetto a soggetto, e in base all’esperienza che si sta vivendo al momento. Le indicazioni riguarderanno elementi e percezioni che si manifesteranno lungo il percorso, il partecipante si ritroverà così a pedinare o a dovere interagire con alcuni tipi di persone, a dovere effettuare telefonate a gente sconosciuta. L’unico obbligo imposto ai partecipanti è quello di non interrompere mai l’ascolto dell’audio. Al termine dell’happening, tutti si incontreranno in uno stesso luogo. Canecapovolto con questa operazione vuole analizzare le reazioni individuali e collettive alle suggestioni create dal suono e dalle indicazioni vocali e allo stesso tempo offrire al viaggiatore la possibilità di lasciarsi andare e trasportare dall’irrazionalità. Lo stesso collettivo definisce questa esperienza come un viaggio psico‐geografico in una dimensione urbana nascosta.
Anche il collettivo Stalker riutilizza il camminare come pratica artistica per mappare nuovamente la fisicità cittadina, dei suoi pieni e i suoi vuoti; in questo caso tale ricerca viene definita da loro transurbanza. Si riallacciano alla psicogeografia e ridefiniscono attraverso la critica lo spazio e le sue funzioni. Il “Giro di Roma”, realizzato nel 1995 dal collettivo, prevedeva l’effettuazione di un giro completo del perimetro della città di Roma, passando per le periferie e per quegli spazi per i quali
non è stata prevista alcuna funzione specifica. Il giro fu completato in quattro giorni e alla conclusione il gruppo ha realizzato una rappresentazione grafica che rivela una Roma distorta, di forma quasi sferica che evidenzia l’eccessiva urbanizzazione. La mappa così creata ci ritrasmette l’esperienza di vita condotta. <<Il camminare diviene così pratica estetica oltre che strumento conoscitivo>>124. Queste
pratiche ci permettono di ampliare la nostra visuale e modificare il nostro livello di percezione in modo da riacquisire stimoli sopiti e riabituarci all’idea di un pensiero critico sullo spazio che ci circonda.