• Non ci sono risultati.

L’Iran respinge l’impianto multinazionale come soluzione al ritrattamento

Nonostante l’attento esame della situazione effettuato dalle agenzie governative per preparare al meglio l’incontro negoziale con lo Scià la chiusura dell’accordo subì un’importante battuta d’arresto.

Teheran si mostrò disponibile a profondere il massimo impegno nella costruzione di un impianto regionale multinazionale, ma fece notare a Washington che considerava l’impegno nella ricerca di possibili partner da coinvolgere nel progetto quale condizione necessaria ma altresì sufficiente per avere dagli Stati Uniti l’approvazione al ritrattamento del materiale fornito. Secondo Etemad e lo Scià il paese non doveva essere penalizzato qualora non si fosse riusciti nell’intento di trovare altre nazioni disponibili a entrare a far parte del progetto, posto che questa era una pretesa statunitense.

Non dello stesso avviso era invece il governo di Washington per il quale le buone intenzioni dell’Iran non erano condizione sufficiente, ma “le maggiori sicurezze offerte dal coinvolgimento di paesi terzi dipendevano

96

esclusivamente dall’effettivo coinvolgimento di altre nazioni nel progetto e non solo dallo sforzo per quanto intenso messo in campo per raggiungere il traguardo”185.

Il Presidente Ford, il Segretario di Stato Kissinger e il Dipartimento di Stato avevano sempre meno possibilità di manovra stretti com’erano dalle rivendicazioni iraniane, che in parte condividevano, e quelle del Congresso che non ne voleva sapere di accettare un accordo “standard” per un paese come l’Iran.

Ma quali erano i motivi che portarono l’Iran a rifiutare l’idea di un impianto multinazionale situato nel suo territorio?

Jack Miklos, primo segretario dell’Ambasciata americana a Teheran analizzò l’interesse iraniano al programma nucleare e trasmise un rapporto al proprio governo. Lo Scià si era imbarcato in un programma nucleare civile molto ambizioso con il principale proposito di sostituire nel più breve tempo possibile il petrolio con l’atomo quale principale fonte di produzione di energia e preservare le sempre più scarse riserve di petrolio iraniane per l’uso industriale interno.“ Il petrolio è un materiale troppo nobile per poter essere bruciato, per questo contiamo di riuscire a produrre nel più breve tempo

possibile 23.000mw di energia da impianti nucleari 186.

Secondo Miklos però nessun funzionario iraniano era stato in grado di spiegare in forma esaustiva come l’Iran intendesse assorbire una produzione suppletiva di circa 23.000 MW di energia nucleare nei successivi dieci anni; il fatto che lo Scià seguisse personalmente ogni singolo passo del programma era un indicazione chiara dell’importanza che questo rivestiva nell’agenda iraniana. Per queste ragioni agli occhi del governo americano il programma nucleare iraniano e le sue finalità continuavano ad apparire non

completamente chiare187.

185

State Department Briefing Books, State Visit of the Shah of Iran May 15-18, 1975. In NARA, RG 59,

Memorandums of the Executive Secretariat 186

Poneman D., Nuclear Policies in Developing Countries. In International Affairs (Royal Institute of International Affairs 1944-), Vol. 57, No. 4 (Autumn, 1981), pp. 568-584

187

Tehran Embassy cable 5939 to State Department, "Multinational Nuclear Centers: Assessment of Iranian

97

Le posizioni ufficiali dello Scià avevano sempre sostenuto che il Programma nucleare facesse parte del suo più ampio processo di modernizzazione del paese e che il possesso di impianti nucleari e la gestione dell’intero ciclo del combustibile nucleare rappresentassero un importante punto di arrivo. Ma il governo degli Stati Uniti non si sentiva di “escludere completamente la possibilità che in caso di proliferazione nucleare nella regione, l’Iran sentisse il desiderio di dotarsi di armi nucleari” 188. Proprio questo interesse per “acquisire il know-how americano nel settore nucleare e il plutonio potevano essere motivate dall’intenzione dello Scià di mantenere aperta la possibilità dello sviluppo di armi nucleari qualora gli equilibri di

potere nella regione fossero mutati”189. Secondo Miklos, armi nucleari a parte,

l’Iran nutriva un forte desiderio di sviluppare un proprio ciclo del combustibile nucleare autonomo, questo fatto era stato confermato in più occasioni dallo Scià e da altri funzionari del governo iraniano e l’AEOI era sempre stata molto attiva nella ricerca di fonti di minerali di uranio e nell’assicurarsi tutti i servizi connessi. L’Iran inoltre non aveva mai nascosto la volontà di avere un proprio impianto di ritrattamento nazionale. Questo desiderio era ora così forte che l’insistenza americana che l’uranio arricchito fornito dagli Stati Uniti se ritrattato all’interno dell’Iran lo potesse essere solo in un impianto multinazionale appariva il più grande ostacolo alla firma dell’accordo di cooperazione tra i due paesi.

Alcuni funzionari iraniani pensavano che un impianto condotto congiuntamente ad altri paesi dell’area sarebbe risultato ingestibile e che, vista la volontà dell’Iran di condurre l’intero ciclo del combustibile, un accordo siffatto non avrebbe raggiunto l’obiettivo. Per il Governo americano il vero motivo di tanta riluttanza verso la soluzione “multinazionale” era unicamente imputabile alla volontà di Teheran “di non sottoporre i propri impianti a controllo esterno”190. 188 Ibidem 189 Ibidem 190 Ibidem

98

Durante il mese di ottobre del 1975 i rappresentanti del governo iraniano e di quello americano s’incontrarono a Vienna in occasione della conferenza della IAEA. Gli incontri non portarono però a una soluzione sul problema del ritrattamento, anzi la posizione tenuta da Etemad apparve ancora più ferma nel giudicare insostenibili le condizioni contenute nelle proposte americane. Secondo il capo dell’AEOI l’approccio statunitense era inaccettabile considerando le tendenze internazionali nel campo della cooperazione nucleare. Per spiegare la propria posizione Etemad esternò la propria preoccupazione con queste parole: “le condizioni per il trasferimento della tecnologia nucleare sembrano divenire continuamente più restrittive e

sotto queste circostanze l’Iran non può legarsi le mani per 30 anni”191.

Secondo Etemad il governo americano nelle trattative con il suo paese aveva abbandonato il Trattato quale base per la cooperazione nucleare, di conseguenza se si prescindeva dal Trattato e se le sue clausole di sicurezza non erano più considerate adeguate era necessario proporre qualcosa di nuovo192. Il capo della AEOI fece presente che le trattative con altri paesi fornitori procedevano senza intoppi, ragione per la quale l’Iran avrebbe potuto semplicemente abbandonare le trattative fino a quando non si fossero create condizioni migliori per una più fattiva collaborazione. Parlando con i rappresentanti delle industrie nucleari americane Etemad indicò che l’Iran non avrebbe mai concluso affari con gli Stati Uniti, né sul fronte dell’acquisto dei reattori, né su quello dell’arricchimento dell’uranio fino a quando Washington non fosse stata preparata a basare la cooperazione sui principi del TNP e non fosse risultato chiaro che l’Iran non veniva trattato come un alleato di seconda

classe193. Etemad che parlava in nome del governo iraniano prese le distanze

anche dalla proposta americana di un impianto multinazionale e considerò “oneroso e denigrante” il tentativo americano di vietare lo stoccaggio di uranio arricchito del quale l’Iran sarebbe entrato in possesso in seguito al

191

U.S. Mission, Vienna, cable 8210 to State Department, “U.S.-Iran Nuclear Cooperation,”,September 25,

1975. In NARA, RG 59, Records Relating to Iran 1965-1975

192 Ibidem 193

99

trasferimento della quota spettante a compensazione degli investimenti nell’impianto di arricchimento della Bechtel Corporation, ancor più considerando che la tipologia di uranio che veniva trasferita non era in grado di essere utilizzata per scopi militari