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Nuove opzioni: l’approccio suggerito da Robert Seaman e la “buy-back option”

back option”

Nel febbraio del 1976 la delegazione guidata da Robert Seaman direttore del Energy Research and Development Administration (ente predecessore del Dipartimento per l’Energia), incontrò lo Scià. Da quel che emerse dalla conversazioni lo Scià apparve desideroso di giungere a una conclusione condivisa con Washington sul problema del ritrattamento, allo stesso tempo però la sua posizione sulla possibilità di un impianto multinazionale rimase inalterata. Reza Pahlavi sostenne che “se l’obiettivo statunitense della non proliferazione fosse stato perseguibile attraverso un impianto di ritrattamento sul suolo iraniano compatibile con la sovranità del paese con i suoi impegni nel TNP, avrebbe ricevuto la massima considerazione”208.

Secondo Seaman la posizione statunitense del veto sul ritrattamento era ormai inaccettabile per l’Iran e allo stesso modo avevano ormai scarse possibilità di successo anche le proposte di un impianto multinazionale o binazionale. Il governo americano condivideva solo in parte le idee di Seaman e Washington pur continuando ad insistere per spingere l’Iran ad accettare l’idea di un impianto multinazionale o al massimo binazionale con il

206

National Security Adviser Brent Scowcroft to President Ford, "Letter to the Shah," n.d. [Circa 19 February

1976]. In Gerald Ford Library

207 Ibidem 208

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coinvolgimento degli Stati Uniti, iniziò a considerare nuove opzioni vista la constata scarsa propensione dello Scià ad accettare qualsivoglia forma di

veto209. Una di queste emerse proprio da Seaman il quale, basandosi su quanto

emerso dagli incontri a Teheran, formulò al governo una proposta che a suo parere avrebbe incontrato il parere favorevole degli Iraniani. Secondo il direttore dell’ERDA da parte iraniana doveva esserci il massimo impegno per fare quanto possibile per realizzare un impianto di ritrattamento multinazionale o binazionale con l’accordo che gli Stati Uniti potessero partecipare nella realizzazione e nella gestione. A suo parere però, gli Stati Uniti dovevano accordare all’Iran la possibilità di ritrattare il combustibile nucleare americano se Teheran non fosse riuscita, per mancanza di partner o altre ragioni, a percorrere la strada di un impianto multinazionale o binazionale. Nell’eventualità della costruzione di un impianto per il ritrattamento domestico l’Iran doveva accettare di sottoporre l’impianto alle clausole di sicurezza previste dalla IAEA e assegnare personale americano all’impianto se gli Stati Uniti lo avessero giudicato necessario. Quali erano i vantaggi di questo approccio? Secondo Seaman avrebbe causato un rallentamento di qualsiasi mossa iraniana verso il ritrattamento, fornendo così tempo utile per continuare a propagandare il concetto multinazionale. Inoltre la presenza di personale americano sarebbe stata accolta favorevolmente dal Congresso. Seaman era anche consapevole che l’assenza di un meccanismo capace di vietare il ritrattamento in Iran poteva essere il punto debole di questo approccio e che qualche elemento del Congresso avrebbe giudicato che l’aggiunta di clausole di sicurezza all’impianto non compensava la preoccupazione di vedere costruito in Iran un impianto di ritrattamento, ma a suo giudizio era preminente la chiusura dell’accordo poiché era certo che comunque gli Iraniani non avrebbero intrapreso la strada del ritrattamento domestico210.

209

National Security Study Memorandum 324, 20 April 1976. In Gerald Ford Library

210

Memorandum from Deputy Secretary of State Charles W. Robinson to Henry Kissinger, "Meeting on

Nuclear Negotiations with Iran," 14 April 1976, with memorandum attached from Myron B. Kratzer and Alfred L. Atherton to the Secretary, "Next Step in Our Nuclear Negotiations with Iran," 25 March 1976, Secret/Exdis. In

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Quella di Seaman non fu l’unica proposta che scaturì dagli incontri con lo Scià. Altra soluzione avanzata dal Dipartimento di Stato fu quella di proporre all’Iran, qualora avesse fallito nel tentativo di realizzare un impianto multinazionale o binazionale nel proprio territorio, la possibilità da parte degli Stati Uniti di riacquistare il combustibile spento prodotto dai reattori iraniani. Secondo questa soluzione nota come buy-back option gli Stati Uniti avrebbero fornito l’uranio arricchito utile al funzionamento dei reattori, una volta terminato il ciclo all’interno dei reattori il combustibile spento sarebbe stato acquistato nuovamente dagli Stati Uniti e l’Iran sarebbe stato compensato attraverso nuovo uranio arricchito oppure attraverso un corrispettivo in denaro. Con questo sistema Washington intendeva evitare che l’Iran potesse disporre del combustibile spento proveniente dai reattori per trasformarlo in plutonio (utile a scopi militari) o semplicemente stoccarlo per poterne disporre in un successivo momento. La buy-back option rappresentava una forte leva per prevenire il ritrattamento nazionale in Iran. Secondo alcuni però questa opzione poteva essere dannosa e controproducente. Essa non era mai stata menzionata nei precedenti incontri tra i funzionari dei due governi e introdurla allora poteva apparire agli Iraniani come un nuovo ostacolo che gli americani intendevano frapporre alla chiusura dell’accordo. Infatti in quel momento si stava cercando di appianare le divergenze soprattutto in seguito alle esternazioni dello Scià che considerava il ritrattamento un diritto nazionale per un paese aderente al TNP. Ciononostante l’ipotesi parve incontrare l’interesse di Kissinger, il quale raccomandò che venisse esplorata la sua possibilità in occasione dei prossimi incontri negoziali. Se si fosse rivelata non perseguibile Kissinger chiese che fosse esplorata da parte dei diplomatici

americani ogni altra forma di pressione sull’Iran211.

Il direttore del Arms Control and Disarmament Agency (ACDA), Fred Ikle, giudicava che non ci fosse ragione di preoccuparsi al momento del ritrattamento iraniano e raccogliendo gli spunti provenienti dalla proposta di

National Archives and Records Administration.In NARA, RG 59 Records of Deputy Secretary of State Charles W.

Robinson 1976-1977 211

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Seaman e della buy-back option elaborò la propri a proposta. Secondo Ickle l’Iran non era interessato al momento a premere per avere un impianto di ritrattamento nazionale, il quale avrebbe rappresentato un’esigenza ad uno stadio più maturo del programma nucleare. La questione era incentrata su un fatto di principio: l’Iran non poteva accettare che venisse imposto un divieto al ritrattamento perché lo giudicava un diritto nazionale. Le esigenze del paese erano al momento molto più pragmatiche e incentrate nell’acquisto dei reattori, del combustibile e di tutti gli elementi che avrebbero consentito di accelerare gli sviluppi del programma. Ciò lo portava a considerare che gli Stati Uniti avessero tutto il tempo e la tranquillità per raggiungere un accordo con l’Iran che non snaturasse gli obiettivi americani sulla proliferazione. L’Iran aveva inoltre ribadito, anche in occasione dell’incontro con Seaman, che prima di imbarcarsi nella costruzione di un impianto di ritrattamento avrebbe analizzato seriamente la questione con gli Stati Uniti e che, se e quando fattori tecnici ed economici, avessero portato alla scelta di effettuare il ritrattamento, il governo iraniano avrebbe cercato di realizzare un impianto multinazionale. Nei successivi passi del negoziato, secondo Ikle, bisognava tenere conto di questi elementi e presentare una posizione che permettesse a Washington di avere l’opzione di acquistare il plutonio prodotto nei reattori

iraniani qualora l’opzione multinazionale fosse fallita212.

Questa approccio, pensato per non indebolire gli obiettivi di lotta alla proliferazione, massimizzare le possibilità di approvazione del Congresso e lasciare all’Iran un ragionevole ventaglio di opzioni per trattare il combustibile spento, consisteva nel portare l’Iran a ribadire l’impegno, attraverso una comunicazione ufficiale, a consultarsi con gli Stati Uniti prima di intraprendere qualsiasi passo verso il ritrattamento e, qualora questo fosse stato necessario, l’Iran doveva assicurare che prima di tutto avrebbe cercato una soluzione al problema tramite un impianto multinazionale o binazionale che vedesse il coinvolgimento degli Stati Uniti. Quanto al ritrattamento Ikle

212

David Elliott, Robert Oakley, National Security Council Staff, to Brent Scowcroft, "Nuclear Negotiations

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suggeriva che l’approccio al negoziato prevedesse delle opzioni mutualmente escludenti che andavano dalla più restrittiva alla mano restrittiva per l’Iran. In primo luogo doveva permanere il diritto di veto americano per il ritrattamento; fallita questa possibilità gli Stati Uniti dovevano esplorare la possibilità di imporre la buy-back option; in ultima istanza si doveva accordare all’Iran il ritrattamento domestico a patto che l’impianto nazionale in questione rispondesse alle clausole di sicurezza della IAEA e fosse facoltà degli Stati

Uniti assegnare personale americano di supporto213.

Secondo Ickle era importante che gli Stati Uniti procedessero a una serie di incontri bilaterali con i principali paesi esportatori, Francia e Repubblica Federale di Germania in particolare, per discutere i contenuti degli accordi di cooperazione sul ritrattamento verso paesi terzi e cercare di ottenere consenso intorno alle posizioni americane prevedendo che diventassero lo standard per tutti i futuri accordi. Una volta ottenuto un certo grado consenso attraverso incontri bilaterali la stessa idea di impianto multinazionale sarebbe stata più facilmente perpetrabile. Infine Ikle suggeriva che gli Stati Uniti mantenessero vivo il dialogo con l’Iran facendo leva sull’orgoglio dello Scià invitandolo ad esercitare un ruolo guida verso i paesi della regione. Tale impegno poteva ad esempio consistere nella costituzione di una commissione regionale che si occupasse dei fattori tecnici ed economici legati alle decisioni sui ritrattamenti dove l’Iran avrebbe potuto esercitare notevole influenza per

disincentivare la realizzazione di impianti di ritrattamento nazionali214.